Posts written by #Michelle

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    Titolo: A little bit gay
    Fandom: Sons of Anarchy
    Personaggi: Juice Ortiz, Chibs Telford
    Genere: Introspettivo, Erotico
    Rating: Rosso
    Avvertimenti: OneShot, Lemon, Slash
    Conteggio Parole: 530
    Prompt: Chibs Telford/Juice Ortiz, Palle Rasate
    Note: 1. Scritta per il p0rnfest #7.
    2. Nella prima serie c’è un dialogo tra Mezza Sacca e Juice dove si capisce che Juicy si rasa le palle X°D
    3. Non betata quindi perdonate gli errori ç_ç


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    « Questo... è un po' gay», mormorò Chibs quando abbassò finalmente i boxer del suo compagno.
    « Molto più gay del fatto che te le metti in bocca?», ribatté Juice rosso in volto sia per l’eccitazione che per quei commenti.
    « Ti rasi le palle, ragazzo!», rincarò lo scozzese vagamente divertito.
    « Se preferisci succhiare delle palle pelose, avvertimi okay?», ribadì il più giovane, alzando il bacino alla ricerca della bocca dell’altro - avevano passato l’ultima mezz’ora a baciarsi e a carezzarsi, e ormai poteva dirsi al limite.
    « Sai come la penso. Mi piace che siano belle piene», dichiarò Chibs, inarcando leggermente un sopracciglio e rivolgendogli un piccolo ghigno.
    « Cazzo Chibs… datti una mossa», ringhiò invece Juice esasperato, emettendo poi un verso quando lo scozzese gli carezzò i testicoli con le dita.
    « Questo non cambia il fatto che sia leggermente gay», ripeté Chibs prima di far calare la bocca sull’erezione tesa ed arrossata di Juice, stringendola tra le labbra prima di iniziare a succhiarla con energia.
    « A-ah… disse quello con un… ahn… cazzo in b-bocca», ansimò con un mezzo sorriso il portoricano, portando le mani sui capelli dell’altro per dargli il ritmo che desiderava.
    Chibs lo assecondò subito, piegando le labbra divertito prima di inclinare il capo per far sfregare il glande sul palato, costringendo Juice ad emettere un nuovo gemito.
    Alzò lo sguardo sul volto del più giovane, succhiando con più forza l’erezione prima di allontanarsi del tutto.
    « Che cazzo fai?!», gracchiò Juice, sussultando quando Chibs si distese accanto a lui, facendo con l’indice segno di muoversi.
    Non ci voleva un genio per capire quali fossero le intenzioni dello scozzese, ed più giovane, nonostante i brividi di piacere che ancora percorrevano il suo corpo, non riuscì a non sorridere.
    « Dovevo sospettarlo», esordì, muovendosi fino a salirgli sopra, mettendo le ginocchia ai lati della testa dello scozzese, « Il classico sessantanove», concluse, aprendogli i pantaloni per liberare finalmente il sesso eretto di Chibs.
    « Dare per ricevere, signorina», ribatté lo scozzese, carezzandogli i fianchi ed alzando il capo per succhiare ancora l’erezione di Juice che, gemendo, cercò subito di imitarlo.
    Sfregò la mano sull’asta, leccando il glande prima di ingoiarlo lentamente.
    Entrambi potevano sentire i loro gemiti tremare contro le rispettive erezioni, ma quello non li fermò dal continuare a toccarsi e a succhiare con crescente energia. Anche quando i fianchi iniziarono a muoversi assecondando le necessità dei loro corpi.
    Con dei soffocati ‘mh’, Juice fu il primo a raggiungere l’orgasmo, riversando il proprio seme dentro la bocca di Chibs e serrando la presa sul sesso di questo. Senza fiato, accolse i successivi movimenti del bacino dello scozzese che si fecero sempre più veloci fino a quando non sentì anche la sua bocca riempirsi di sperma.
    Chibs mugugnò a sua volta, tendendosi per qualche istante prima di rilassandosi, e sculacciando pigramente il sedere di Juice lo aiutò a spostarsi e a distendersi accanto a lui.
    Si scambiarono una rapida occhiata, con ancora il viso arrossato e sudato, il fiato corto e con la bocca invasa dal sapore del seme dell'altro.
    « Resti comunque gay con le palle rasate», gli ricordò ridendo Chibs.
    « Resti comunque un succhia palle rasate», ribatté a sua volta Juice, sporgendosi verso il suo compagno per reclamare un bacio.



  2. .
    Titolo: After this night
    Fandom: Sons of Anarchy
    Personaggi: Juice Ortiz, Chibs Telford
    Genere: Introspettivo, Erotico
    Rating: Rosso
    Avvertimenti: OneShot, Lemon, Het
    Conteggio Parole: 505
    Prompt: Chibs Telford/Juice Ortiz, "Tha gaol agam ort"
    Note: 1. Scritta per il p0rnfest #7.
    2. "Tha gaol agam ort" significa “ti amo” in gaelico scozzese ed ovviamente la dedico al mio amore<3
    3. Non betata quindi perdonate gli errori ç_ç




    Juice si stringeva forte a lui, soffocando i gemiti contro la spalla di Chibs martoriata dai suoi denti.
    Quando scopavano si ritrovavano spesso a scherzare o a discutere, avevano sempre la battuta pronta... ma non in quel momento. In quell'istante lo ‘scherzo’ era stato sostituito dalla ‘disperazione’.
    Era piacevole. Estremamente piacevole. Eppure mentre Chibs lo penetrava con forza, spingendosi sempre più a fondo nel suo orifizio, Juice si sentiva solo in grado di abbracciarlo, come per timore che il suo amante sparisse da un momento all'altro, e di morderlo, lasciando come ricordo dei dolorosi segni ben visibili.
    Perché dopo quella notte non ci sarebbe più stato Chibs accanto a lui. Per quattordici mesi Juice sarebbe stato rinchiuso in prigione e quello era un 'addio'.
    Tirò su con il naso a quel pensiero, trattenendo dietro gli occhi chiusi le lacrime, riuscendo però a trovare una nuova ondata di piacere quando lo scozzese iniziò a masturbarlo.
    Abbandonò allora la spalla di Chibs, e con necessità andò a cercarne le labbra, catturandole in un lungo bacio spezzato solo dai rispettivi gemiti.
    Anche Chibs avvertiva quella stessa disperazione, unità al terrore che potesse accese qualcosa al suo compagno mentre erano separati - Juice era stato chiuso in prigione per pochi giorni ed era stato utilizzato come esca e poi accoltellato, quello non era di certo un record positivo e rassicurante -, ma cercava ugualmente di mettere a tacere quelle sensazioni e di pensare solo a quel momento.
    Voleva che Juice avesse un piacevole ricordo di quella notte.
    Voleva che il giorno dopo, camminando, sentisse ancora la sua presenza dentro di sé.
    Gli succhiò le labbra, prendendo poi tra i denti quello inferiore fino a sentire Juice mugugnare. Le leccò subito, come per cancellare le molestie dei denti, e lo penetrò con più forza riuscendo a rubandogli un gemito ben più alto dei versi precedenti.
    Strinse la mano sul sesso, pompandolo con crescente energia e cercando di emulare i movimenti frenetici del suo bacino contro quello del portoricano.
    Juice si dimostrò ormai incapace di trattenere i propri gemiti, e dimenticando i pensieri negativi raggiunse l'apice qualche attimo dopo, schizzando il suo seme tra i loro corpi.
    Il sesso di Chibs si trovò quasi intrappolato tra i caldi muscoli del corpo del portoricano, e mugugnando lo scozzese tentò di riprendere a muoversi velocemente.
    Entrò ed uscì dal corpo di Juice, facendo sbattere e scivolare la propria pelle contro quella del suo compagno ad ogni affondo.
    Cercò di strappargli altri gemiti, fino a quando anche lui, baciandolo, non raggiunse l'orgasmo.
    « Tha... gaol a-agam ort», sussurrò istintivamente Chibs sulle labbra di Juice, senza riuscire a nascondere l'amore che provava per il suo compagno.
    « C-cosa?», ansimò Juice, incapace di comprendere quella lingua, avvertendo però un brivido percorrergli la schiena - non era solo la voce di Chibs, ma anche il modo con il quale aveva pronunciato quelle parole.
    Lo scozzese sorrise e lo baciò di nuovo.
    « Te lo dirò quando uscirai di prigione», rispose e Juice, sorridendo a sua volta, annuì conscio di aver appena trovato qualcosa a cui aggrapparsi durante quei lunghi mesi che li avrebbero tenuti separati.


  3. .
    Titolo: Inevitable
    Fandom: Sons of Anarchy
    Personaggi: Juice Ortiz, Kerrianne Larkin-Telford
    Genere: Introspettivo, Erotico
    Rating: Rosso
    Avvertimenti: OneShot, Lemon, Het
    Conteggio Parole: 545
    Prompt: Juice Ortiz/Kerrianne Larkin-Telford, "Non sei neanche maggiorenne!"
    Note: 1. Scritta per il p0rnfest #7.
    2. Non so perché l’ho scritta°° comunque Kerrianne è quasi maggiorenne ma è comunque consenziente.
    3. Non betata quindi perdonate gli errori ç_ç





    Juice poteva dire di aver tentato di resistere in ogni modo - dai: « Non posso fare questo a tuo padre», ai ben più disperati: « Non sei neanche maggiorenne!» -, ma alla fine non era riuscito a fare a meno di trovarsi con le labbra attaccate a quelle di Kerrianne.
    Ad essere sinceri però, non era stato poi così tanto 'deciso', perché quella ragazza gli piaceva sin da Belfast - così come lui, da quel che aveva capito, piaceva a Kerrianne.
    Quindi quando lei era giunta a Charming per trovare suo padre, Juice era andato a sua volta a vedere come stava - senza alcun doppio fine, ovviamente. Avevano iniziato a flirtare, dapprima in modo innocente, poi le cose gli erano sfuggite di mano... e dopo aver superato la fase del rifiuto, l'aveva baciata e si era ritrovato infine con la testa tra le gambe nude di Kerrianne, seduta sopra il tavolo della cucina.
    Aveva sfregato il naso tra i ricci peli che nascondevano la sua femminilità e ne aveva inspirato il profumo prima di scostarli con le dita per andare a leccarle lentamente il clitoride. Lo succhiava e lo colpiva con la punta della lingua, facendola poi scivolare più in basso, assaporando il sapore della ragazza e godendosi i gemiti che la facevano tremare.
    « Juan C-Carlos», ansimava con quel suo accento quasi musicale - era l'unica a chiamarlo con il suo vero nome, e Juice adorava sentirlo pronunciato in quel modo.
    Spinse allora la lingua ancora più in basso, aiutandosi con le dita ad allargare un poco le labbra di Kerrianne per poter lambire l'orifizio prima di penetrarlo lentamente.
    La ragazza gemette di nuovo, sussultando e stringendo le mani sulle spalle di Juice come per sorreggersi. Il portoricano provò quasi un moto d'orgoglio nel sentirla tremare in quel modo, e continuando a muovere la lingua dentro e fuori la sua femminilità, portò il pollice e l'indice sul clitoride.
    Mosse le dita con attenzione, sfregandole e stringendole delicatamente fino a farla quasi inarcare per il piacere.
    « J-Juan... ahn... Juan», Kerrianne lo chiamò con crescente necessità, e Juice incrementando l'intensità delle sue intime carezze, la sentì emettere un alto verso di piacere quando raggiunse l’apice.
    Il portoricano si allontanò lentamente, ansimando a sua volta senza fiato ed osservando l'umido orifizio della ragazza contrarsi e rilassarsi, facendo scivolare fuori il suo orgasmo.
    Alzò lo sguardo con un sorriso soddisfatto e quasi tenero, e quando si sollevò le prese il volto tra le mani, scostandole i capelli ricci che si erano attaccati con il sudore sulla fronte e sulle guance.
    « Va tutto bene?», le chiese dolcemente, e Kerrianne, sorridendo a sua volta, annuì alzando le braccia per stringerlo a sé.
    « Mai stata meglio, Juan», sussurrò, cercando poi le labbra del portoricano per un veloce bacio.
    « Sei consapevole che quando tuo padre lo scoprirà mi ucciderà, vero?», mormorò Juice vagamente divertito.
    « Non deve mica scoprirlo», ribatté lei, aggiungendo poi un: « Prima o poi dovrà capire che non sono più una bambina», che la fece arrossire un poco. Diventando poi ancor più rossa quando il portoricano si allontanò un poco come per volerla guardare e giudicare da capo a piedi.
    « Beh... si vede», commentò Juice, e ridacchiando - ed ignorando momentaneamente la sua erezione -, reclamò ancora una volta le labbra di Kerrianne, baciandola con trasporto.


  4. .
    Titolo: Dopo tanto tempo
    Fandom: Sons of Anarchy
    Personaggi: Chibs Telford, Fiona Larkin
    Genere: Introspettivo, Erotico
    Rating: Rosso
    Avvertimenti: Flashfic, Lemon, Het
    Conteggio Parole: 290
    Prompt: Chibs Telford/Fiona Larkin, Dopo tanto tempo
    Note: 1. Scritta per il p0rnfest #7.
    2. Sono belli çAç quindi una fic mi toccava scriverla e dedicarla al mio amore ù_ù
    3. Non betata quindi perdonate gli errori ç_ç




    Le labbra di Fiona percorsero lentamente il tatuaggio sul petto di Filip. Lettera dopo lettera, baciò il nome di Kerrianne mentre abbassava un poco il bacino sull’erezione dell'uomo fino a farla penetrare del tutto dentro di sé.
    Mugugnò per quel movimento, restando immobile per qualche istante - abituandosi a quell’intrusione - prima di riprendere a muoversi.
    « Fi…», mormorò Chibs, ma Fiona lo mise subito a tacere con un bacio ed un basso: « Shhh…».
    Filip accennò un piccolo sorriso contro le sue labbra. Le prese il volto tra le mani, carezzandole gli zigomi con i pollici, alzando poi un poco il capo per far unire le loro labbra in un altro bacio.
    Attese paziente che Fiona riprendesse a muoversi, e quando questa iniziò a far ondeggiare il bacino lui stesso cercò di assecondarla, spingendosi verso di lei. Penetrando nella sua umida femminilità fino a farla sussultare e mugugnare.
    Lentamente i loro movimenti si fecero più rapidi e sicuri. Più piacevoli e quasi familiari nonostante tutto il tempo che avevano trascorso lontani. Scoprendo gemito dopo gemito che era ancor più piacevole scoprire che dopo tutti quegli anni lontani l’uno dall’altra, quelle sensazioni non erano cambiate.
    Chibs la strinse allora con un braccio, insinuando una mano tra i ricci di Fiona per tenerla più vicino a sé mentre continuava a spingersi dentro di lei. La donna mugugnò contro le sue labbra, piegandole in un mezzo sorriso nel ricambiare quell'abbraccio con altrettanto trasporto.
    Soffocarono i loro gemiti con altri baci, incrementando il ritmo dei loro movimenti fino a farlo diventare via via sempre più rapido e frenetico.
    L'orgasmo li colse poco dopo, e ancora stretti in quel caldo abbraccio entrambi si lasciarono cullare dai furiosi battiti dei loro cuori, che erano rimasti sempre uniti nonostante la distanza ed il tempo.




  5. .
    Titolo: I’m Proud of you
    Fandom: Sons of Anarchy
    Personaggi: Jax Teller, Juice Ortiz
    Genere: Introspettivo, Erotico
    Rating: Rosso
    Avvertimenti: Oneshot, Lemon, Slash, Dub-Con
    Conteggio Parole: 690
    Prompt: Jax Teller/Juice Ortiz, "Ho bisogno che tu faccia un’altra cosa per me"
    Note: 1. Scritta per il p0rnfest #7.
    2. Non li shippo… però questa è una scena che vedo ‘fattibile’ durante la sesta stagione °A°
    3. Non betata quindi perdonate gli errori ç_ç




    Le braccia di Jax lo strinsero con fermezza, e Juice non riuscì ad impedirsi di chiudere gli occhi quando sentì le labbra del suo Presidente posarsi sul collo.
    « Sono fiero di te», diceva Jax, ma Juice non provava alcun orgoglio nel sentire quelle parole. Si sentiva al contrario ‘pesante’, costretto a fare il ‘lavoro sporco’ per guadagnarsi la fiducia dell’unica famiglia che aveva.
    Strinse i pugni come per trattenersi, e riaprì gli occhi quando Jax posò la fronte contro la sua, carezzandogli lentamente la nuca.
    « Ho bisogno che tu faccia un’altra cosa per me», sussurrò Teller, e Juice annuì istintivamente, pronto a tutto per compiacere il suo Presidente - per smettere di sentire su di sé gli sguardi diffidenti dei suoi compagni.
    Jax non parlò, si limitò a spostare le mani sulle spalle del portoricano esercitandovi poi una leggera pressione. Non lo stava costringendo, eppure Juice si mosse come un automa.
    Si inginocchiò, portando le mani sui jeans dell’altro certo che fosse quello il desiderio di Teller.
    Evitò di guardarlo in volto mentre gli slacciava la cintura e l’unico bottone dei pantaloni, e chiuse di nuovo gli occhi quando fece scorrere la zip verso il basso.
    Deglutì nello scostare i boxer, trattenendo poi il respiro quando prese tra le mani il sesso del suo ‘compagno’. Lo carezzò lentamente, sentendolo diventare duro sotto le sue attenzioni, e quando riuscì a trovare il coraggio aprì la bocca per succhiarne il glande.
    Jax lo premiò con un mugugno, ma Juice lo ignorò concentrandosi invece solo sul ‘suo lavoro’.
    Leccò e succhiò l’erezione, respirando con il naso e trattenendo la crescente voglia di piangere e di gridare per quell’ennesima umiliazione.
    Mosse il capo avanti ed indietro, stringendo le labbra e tenendo la base del sesso con una mano, lasciandosi sfuggire dei bassi mugugni per lo sforzo.
    Sentì di nuovo le dita di Jax su di sé. Gli carezzava ‘dolcemente’ la testa, percorrendo con i polpastrelli la striscia di capelli ed i tatuaggi.
    « Guardami», ordinò Teller, ma Juice, serrando la mandibola, lo ignorò continuando a succhiare.
    Le carezze di Jax si fecero improvvisamente irritate, ed afferrandolo per la nuca lo costrinse ad ingoiare l’erezione senza alcun preavviso.
    Juice mugugnò, emettendo un lamento soffocato che si trasformò in sollievo quando Teller allentò quella presa.
    « Ho detto: guardami», ripeté Jax con tono più deciso, ed il portoricano si costrinse ed alzare lo sguardo, rosso in volto per lo sforzo e per l’umiliazione.
    Continuò a muovere il capo, facendo scivolare l’erezione dell’altro dentro e fuori le sue labbra, assecondando il bacino del Presidente di SAMCRO che aveva iniziato a muoversi.
    Lo fissò ancora, facendo fondo a tutta la sua forza per non distogliere lo sguardo dal viso di Jax contratto dal piacere che gli stava procurando - si costrinse a mantenere il contatto visivo anche quando dalla bocca di Jax iniziarono ad uscire dei gemiti sempre più alti, intervallati dal suo nome: « Juice… Juice...».
    I movimenti di fianchi di Teller si fecero presto più frenetici, e la mano di questo dietro la nuca del portoricano gli impedì di allontanarsi. Juice cercò di rilassarsi e di accogliere quelle spinte anche quando Jax lo avvertì che stava per venire… anche quando sentì lo sperma di questo scivolare nella sua bocca, nauseandolo.
    Solo in quel momento Juice chiuse gli occhi, cercando di ingoiare quel caldo liquido per compiacere il suo Presidente.
    Jax rallentò gradualmente i suoi movimenti fino a fermarsi del tutto, e quando fece scivolare fuori dalle labbra di Juice la propria erezione, questo poté finalmente asciugarsi la bocca con il palmo della mano - nascondendo una smorfia disgustata.
    Teller si sistemò i pantaloni in silenzio, chinandosi poi sul portoricano per essere alla sua altezza.
    « Grazie Juice», mormorò sollevandogli il volto per guardarlo negli occhi. Juice lo fissò senza alcuna emozione, trattenendo però il respiro quando le labbra di Jax si posarono sulle sue.
    Un leggero bacio, forse un premio, prima di abbandonarlo.
    Solo quando Juice sentì la porta della clubhouse chiudersi si concesse un mezzo rantolo, permettendo finalmente alle lacrime di scorrere lungo il suo volto.
    Strinse i pugni e si trascinò lentamente verso il bagno, non riuscendo a non chiedersi quanto ancora si sarebbe dovuto umiliare per essere di nuovo considerato degno della fiducia dei suoi 'fratelli'.





  6. .
    Titolo: Lace Panties
    Fandom: Sons of Anarchy
    Personaggi: Chibs Telford, Juice Ortiz
    Genere: Introspettivo, Erotico
    Rating: Rosso
    Avvertimenti: Oneshot, Lemon, Slash
    Conteggio Parole: 730
    Prompt: Chibs Telford/Juice Ortiz, Mutande in pizzo
    Note: 1. Scritta per il p0rnfest #7.
    2. Dopo aver visto la scena tagliata di Juice che butta delle mutandine nel cesso della clubhouse (quelle che poi sono uscite fuori a Bobby X°D) mi sono chiesta: « Perché buttarle se erano di una donna?», in quanto mi sembrava un atteggiamento ‘strano’ e quindi mi sono detta: « Perché, ovviamente, NON erano state indossate da una donna» ehehe
    3. La dedico al mio amore che desiderava tanto questa ficXD
    4. Non betata quindi perdonate gli errori ç_ç




    Come Juice fosse riuscito a far indossare a Chibs quelle mutandine in pizzo risultava un mistero per lui stesso. Avevano bevuto troppo - decisamente troppo -, avevano scherzato e flirtato come sempre fino ad arrivare a chiudersi nell'appartamento... e lì le "cose" gli erano sfuggite di mano. Prima di potersene rendere conto, si era ritrovato faccia a faccia con l'erezione di Chibs semi-nascosta dalla stoffa di quell'intimo.
    « Me lo sento tra le chiappe», si lamentò lo scozzese, cercando di evitare che le mutandine finissero tra le sue natiche - ovviamente con insuccesso.
    Juice ridacchiò, e pur non sapendo spiegarsi il motivo di quell'assurda situazione, non poté fare a meno divertirsi un poco per quella 'scomodità' e di fissare poi quasi famelico il netto rigonfiamento tra le gambe dell'uomo.
    Chibs non era di certo un figurino o una modella di intimo. Anzi, era estremamente ridicolo conciato in quel modo, ma Juice lo trovava ugualmente eccitante.
    Non esitò quindi ad allungare la mano, percorrendo prima la stoffa e poi il profilo dell'erezione, che rispose a quella carezza con un fremito. Chibs stesso smise di lamentarsi per emettere un verso d'appezzamento per quel leggero tocco, ed il portoricano si sentì ‘quasi obbligato’ a continuare.
    Juice iniziò allora a massaggiare con cinica attenzione il sesso di Chibs senza mai scostare la stoffa, godendo nel vedere il corpo dello scozzese muoversi in risposta e tendersi contro le sue dita.
    Si leccò le labbra, poi piegandosi in avanti, percorse il rigonfiamento con la bocca.
    « Cazzo», ansimò lo scozzese, e Juice - sorridendo - continuò a muovere le labbra sull’erezione, sfiorandola poi con la lingua quando vide la stoffa inumidirsi con le prime gocce di sperma del suo amante.
    « Dovresti vederti, Chibbie…», sospirò senza allontanarsi troppo, « Sei maledettamente eccitante…»
    Chibs emise un grugnito che divenne subito un gemito quando la lingua di Juice tornò sull’intimo.
    « Vuoi sentire quanto me lo hai fatto diventare duro?», chiese ancora il portoricano senza smettere di sorridere e di leccare l’erezione dell’uomo.
    « Toglimi quelle cazzo di cose», borbottò Chibs alzando il bacino per andargli incontro.
    « … no», Juice scosse il capo, succhiando il sesso da sopra la stoffa, « Sei più eccitante così», aggiunse prima di tornare di nuovo con le labbra sul rigonfiamento.
    Sordo alle lamentele ben poco convinte di Chibs, che tra i gemiti gli chiedeva ancora di togliergli le mutandine, Juice continuò ostinato a molestarlo. Leccò e succhiò l’erezione senza mai scostare l’intimo, lasciando che l’alone umido creato dalla sua saliva e dalle piccole gocce dello sperma dello scozzese si mischiasse.
    Sorrise nell’osservare la sua opera e, riprendendo a lambire il sesso, andò ad afferrare le mutandine proprio sotto i testicoli di Chibs, tirandole leggermente verso di sé fino a farle scivolare tra le natiche dell’uomo.
    Lo sentì emettere un nuovo mugugno che lo spinse a tirare ancora, facendo sfregare la stoffa sulla sensibile pelle del suo compagno.
    Quelle stimolazioni, accompagnate dal fatto che Chibs fosse più ubriaco che altro, lo costrinsero presto ad inarcarsi alla ricerca della bocca di Juice e di quella soddisfazione che sembrava quasi essergli negata dall’umida barriera creata da quelle maledette mutandine.
    « J-Juicy…», ansimò, ed il portoricano - iniziando a sua volta a masturbarsi furiosamente -, decise di succhiare con più energia quel rigonfiamento, aiutandosi con la mano a massaggiare i testicoli.
    Non era quello che Chibs desiderava - non voleva altro che la bocca di Juice stretta attorno alla sua erezione e quei grandi occhi castani fissarlo mentre lo succhiava -, ma quello non gli impedì di raggiungere ugualmente l’orgasmo che si scontrò contro la stoffa, venendo poi leccato via dalla lingua del portoricano. Neanche quest’ultimo riuscì a resistere oltre, e muovendo con più energia il pugno contro il suo sesso, si sollevò sulle ginocchia, raggiungendo a sua volta l’apice con degli schizzi che andarono a colpire le cosce e le mutandine di Chibs.
    Soddisfatto per l’orgasmo, Juice si mise a sedere tra le gambe dello scozzese che, aprendo un occhio, ricambiò lo sguardo che gli era stato rivolto.
    « Figlio di puttana», bofonchiò.
    « Forse», rispose Juice scrollando le spalle e strappando un rumoroso sospiro a Chibs.
    « Giuro che se non ti sbarazzi di quelle cose…», borbottò poco dopo lo scozzese, abbassando gli occhi per guardare le mutandine, « Ti costringo ad indossarle, sporche, per tutta la prossima riunione».
    Juice ridacchiò ancora, cercando poi di sfilargliele.
    « Okay okay», acconsentì, anche se non poté fare a meno di pensare che buttarle era un vero e proprio peccato.
  7. .
    Titolo: At least once in a lifetime
    Fandom: Sons of Anarchy
    Personaggi: Tig Tragger, Venus Van Dam
    Genere: Introspettivo, Erotico
    Rating: Rosso
    Avvertimenti: Oneshot, Lemon
    Conteggio Parole: 1840
    Prompt: Tig Trager/Venus Van Dam, "Amo provare ogni cosa nella vita"
    Note: 1. Scritta per il p0rnfest #7.
    2. Adoro questi due çAç Venus è bellissima e Tig… è Tig! Andiamo! Si può odiare quell’uomo?!
    3. Dedicata prima di tutto al mio amore ed anche a Phoenixstein che shippano questi due *O*
    4. Non betata quindi perdonate gli errori ç_ç


    Koqg2nC



    Tig aveva un motto: " Provare ogni cosa almeno una volta nella vita".
    Non gli importava quanto fosse 'disgustoso' o 'inumano', lui doveva provare ogni singola cosa. Aveva scopato con un cadavere una volta - e gli era ‘piaciuto’ -, aveva anche molestato un'animale - quello era stato meno piacevole viste le conseguenze -, ed aveva fatto orgie con uomini e donne senza distinzioni.
    Ma Venus... Venus era diversa.
    Lei era una di quelle donne che non si potevano semplicemente scopare e poi mollare - non era una croweater. Con Venus non si potevano fare ‘stronzate’, lei era una di quelle per cui Tig avrebbe messo la testa a posto - per modo di dire, ovviamente.
    « Hai tutto quello che un uomo può desiderare, bellezza», commentò, facendo scorrere lo sguardo sulle forme della donna, « Tette enormi ed un cazzo duro». Venus ridacchiò, insinuando le dita tra i capelli di Tig.
    « Dipende dall’uomo, honey». Tig sorrise, e chinandosi tra le sue gambe le leccò l’ombelico, lasciando che il suo mento sfregasse sull’erezione che le mutande nascondevano appena.
    « Assolutamente», acconsentì, « Ma per me sei perfetta».
    La donna sospirò e piegò le labbra in un sorriso malizioso che costrinse Tig a stringere le gambe per cercare di contenere l’eccitazione.
    « Spero tu sia tanto bravo con la bocca tanto quanto lo sei con le parole», rispose con tono zuccheroso, giocando con i riccioli dell’uomo.
    Tig allora le carezzò i fianchi, afferrando l'elastico dell'intimo per poterlo far scorrere verso il basso.
    « Non ti deluderò, piccola», mormorò prima di far calare le proprie labbra sul sesso della donna. Strinse la bocca sul glande, leccandolo e succhiandolo fino a quando non la sentì sussultare ed emettere un verso compiaciuto.
    Soddisfatto da quella reazione, Tig aprì ulteriormente la bocca per ingoiare lentamente l’erezione.
    Stava maledettamente bene in quella situazione. Potevano prenderlo per il culo quanto volevano... ma stava proprio dove voleva stare: tra le gambe di Venus a succhiarle il cazzo come se non ci fosse un domani.
    Piegò il capo, muovendolo avanti ed indietro sull'asta eretta fino a spargere la propria saliva fino alla base. Succhiò ancora ed ancora, stringendo le labbra e respirando furiosamente con il naso, accompagnando poi i suoi movimenti con le dita che scivolarono prima sulle cosce e poi sui testicoli, manipolandoli fino a far sussultare la donna.
    « Andiamo, tigre...», lo incoraggiò Venus, stringendo ancora la presa sui capelli dell'uomo ed allargando le gambe per permettergli di muoversi come meglio desiderava, e Tig non si fece pregare oltre.
    Tirò indietro il capo, facendo sfregare i denti sull'erezione della donna, fino a farla scivolare fuori dalla sua bocca.
    Si leccò le labbra, alzando lo sguardo su Venus e sul florido petto che si alzava ed abbassava al ritmo del suo respiro. Tornò allora su di lei, baciandole il ventre per poi risalire sul seno, leccando i capezzoli fino a sentirli diventare duri sotto le sue attenzioni.
    « Sei bellissima», commentò, cercando con la mano il lubrificante abbandonato sul comodino.
    « Non mi compri con tutti questi complimenti», ribatté lei, prendendogli il viso tra le mani.
    Tig sorrise e si sporse su di lei per baciarla.
    « Sì, lo so», assentì, cercando di aprire il tubetto del lubrificante, venendo però bloccato da Venus.
    « Finisci di spogliarti», mormorò, mordendogli un labbro, « E vediamo anche la tua mercanzia».
    L'uomo annuì sollevandosi sulle ginocchia per aprirsi i pantaloni rapidamente. Li abbassò insieme ai boxer, cercando poi di sfilarseli senza allontanarsi troppo dal caldo corpo di Venus... riuscendo solo dopo qualche tentativo - forse un po' goffo vista la situazione e la posizione - a spogliarsi del tutto.
    « Non male», commentò Venus allungando la mano per carezzargli il petto, giocando brevemente con la peluria che lo ricopriva, « Distenditi», ordinò e Tig, curioso, non poté far altro che ubbidire a quell'ordine.
    Era in suo potere. Avrebbe fatto di tutto per compiacerla.
    Venus si sollevò lentamente fino a mettersi a cavalcioni di su lui, muovendo lentamente il bacino sull'erezione dell'uomo.
    « Vuoi questo, tigre?», chiese, lasciando che il sesso di Tig sfregasse tra le sue natiche.
    « Assolutamente sì», esalò lui, alzando i fianchi per andarle incontro.
    « O vuoi che sia io a scoparti?», domandò ancora, portando una mano sui testicoli dell'uomo, stringendoli con sicurezza.
    « Oh ma... puoi farmi quel che vuoi», dichiarò boccheggiando, sgranando poi gli occhi carico di aspettativa quando Venus gli prese il tubetto del lubrificante.
    Le labbra della donna erano piegate in un sorrisetto malizioso, e Tig non riuscì a non trattenere il respiro quando la vide aprire con una lentezza quasi estenuante il tubetto, spremendolo poi sulle dita.
    Venus sfregò le falangi tra di loro, spargendo il gel trasparente con attenzione prima di spostarsi, abbandonando il corpo dell'uomo.
    « Voltati», ordinò con quel suo tono zuccheroso che fece sospirare Tig.
    Le diede allora le spalle, puntando le ginocchia sul materasso e tenendo il sedere ben sollevato, in attesa della sua prossima mossa.
    La prima cosa che avvertì furono le labbra di Venus che andarono a tracciare le cicatrici dei morsi.
    « Ti piace essere morso?», chiese, muovendo la bocca contro le natiche.
    « Gelosa, bellezza?», ribatté.
    « Un poco», commentò Venus, sfregando i denti sulla pelle senza però morderlo.
    « Mordimi...», la pregò qualche istante dopo, ricevendo come premio una bassa risata che lo fece tremare.
    « Adoro sentire gli uomini pregarmi», dichiarò, facendo sorridere anche Tig prima di morderlo lentamente e di premere le dita umide contro l'apertura.
    L'uomo sussultò emettendo un alto gemito nel sentire i denti su di sé.
    « Cazzo sì...», mugugnò, « Potrei venire anche solo... per questo...», aggiunse a bassa voce, piegando il busto più in avanti ed allargando un poco le gambe.
    Venus sorrise contro la sua pelle, leccando il segno dei suoi denti mentre con le dita continuava a tracciare i bordi ruvidi dell'apertura di Tig.
    Lo stuzzicava, premendo le falangi solo per poi allontanarle e far mugugnare l'uomo, decidendo di dargli quello che desiderava solo quando dalla bocca di Tig uscirono delle suppliche ben chiare.
    Spinse allora le dita dentro l'orifizio, allargandolo e scivolando sul lubrificante.
    L'uomo si lamentò un poco per l'intrusione, ma il desiderio lo spinse a chiederle ancora di più. Sempre di più.
    Si lasciò fottere dalle dita di Venus senza alcuna vergogna, ansimando e sospirando contro il cuscino.
    Iniziò presto a muovere anche il bacino a quello stesso ritmo, cercando di imporle la velocità che desiderava e la giusta posizione per farlo impazzire.
    La donna lo assecondò riuscendo sin da subito a strappargli dei bassi mugugni d'apprezzamento.
    « Suppongo non sia la prima volta», commentò d'un tratto Venus, sfilando le dita lentamente.
    Tig scosse il capo.
    « Amo provare ogni cosa nella vita», ammise, sentendo già la mancanza di quelle falangi che si muovevano veloci dentro il suo corpo ed avvertendo al tempo stesso la necessità di qualcosa di più grande.
    Si leccò le labbra, andando poi con la mano ad afferrare uno dei preservativi sul comodino - sospirando e mugugnando ancora quando sentì la bocca di Venus tornare sulle sue natiche per percorrere con la lingua le cicatrici.
    « Voltati, tigre», dichiarò la donna permettendogli di rigirarsi nel letto, aggiungendo poi con tono quasi più affettuoso un: « Voglio guardarti mentre lo facciamo».
    Tig sorrise nel sentire quelle parole, dolci ma al tempo stesso eccitanti, ritrovandosi poi ad alzare il bacino quando Venus prese uno dei cuscini per metterglielo sotto i fianchi per avere una posizione più comoda.
    Per Tig tutto quello era, per modo di dire ovviamente, 'nuovo', perché non era mai stato 'sotto' in quel modo. Secondo il suo punto di vista, il guardare qualcuno in faccia mentre si scopava era, come dire, 'troppo intimo'. Quando era stato lui a prenderlo nel culo - e viceversa - si trovava sempre a quattro zampe... ma Venus era diversa anche in quello.
    Tig a causa sua non aveva mai desiderato tanto essere scopato in vita sua, né si era mai sentito così coinvolto e 'piacevolmente sottomesso' - Venus era una dominatrice in fondo, e lui trovava immensamente erotico il farsi dominare in quel modo.
    La osservò incantato mentre indossava il preservativo, sospirando quando la vide masturbarsi lentamente per farlo aderire sull'asta. Si scambiarono una breve occhiata maliziosa e Tig non poté far altro che allungare le braccia per attirarla a sé.
    « Scopami», ghignò, infilando le dita tra i suoi capelli e baciandola con foga.
    Venus mugugnò contro la sua bocca, rispondendo con altrettanto trasporto e cercando con la mano di guidare la sua erezione sull'orifizio dell'uomo.
    La punta sfregò lentamente contro l'apertura, molestandola e carezzandola prima di premere con più decisione.
    Il corpo di Tig rifiutò quasi istintivamente quell'intrusione, ma cercando di concentrarsi su quei baci - e sul seno che fregava dolcemente sul suo petto ad ogni leggero movimento di Venus -, tentò di rilassarsi.
    La donna sembrò volersi prendere un tempo che parve quasi infinito a Tig prima di entrare in lui con una vigorosa spinta. Era stata paziente, e facendo ondeggiare i fianchi, aveva atteso che fosse l’uomo stesso a permetterle di penetrare nel suo corpo.
    Era stato ovviamente fastidioso - anche per Tig che tra morsi, risse e ferite da arma da fuoco, poteva vantare un’alta sopportazione del dolore -, ma dopo alcune spinte incerte entrambi trovarono il giusto ritmo e la posizione per trasformare l’iniziale disagio in piacere.
    Tig la strinse ancora in un abbraccio, continuando a carezzarle i capelli e a mugugnare contro le sue labbra ad ogni affondo - accompagnando talvolta quei movimenti con dei bassi: « Oh sì… così… ahh… ancora, baby», che sembrarono quasi incitare Venus ed aumentare il ritmo.
    La donna si limitò a gemere con l'incrementarsi della necessità e dell'intensità di quell'amplesso, tant'è che dovette quasi mordersi le labbra per non gemere troppo forte. Tig stesso faticò a trattenere i propri versi, muovendo al tempo stesso i fianchi per assecondare Venus.
    L'orgasmo li colse entrambi qualche attimo dopo. Tig venne con dei caldi getti contro la mano della donna, senza riuscire ad impedire al suo corpo di inarcarsi e di intrappolare in una calda prigione il sesso di Venus, che muovendo ancora un poco il bacino, si lasciò a sua volta andare ad un gemito vagamente acuto.
    Soddisfatto per l'orgasmo appena provato, l'uomo ricadde con la schiena sul materasso, fissando il soffitto con un sorriso in volto e lasciando che la sua amante riprendesse fiato appoggiandosi contro il suo petto.
    Cercò di abbracciarla, sentendosi quasi in dovere di coccolarla - restando poi piacevolmente stupito quando si rese conto che non si trattava di 'dovere' ma di 'volere'.
    Venus tuttavia scivolò via dal suo abbraccio, e si allontanò scendendo dal letto per buttare nel cestino il preservativo usato.
    L’uomo la osservò muoversi per la stanza, grattandosi pigramente la pancia prima di mettersi quasi seduto quando Venus tornò vicino a lui, baciandolo e carezzandogli il mento con la punta delle dita.
    « Vorrei restare qui con te, tesoro», dichiarò con voce roca, spostandosi lentamente verso l’orecchio, « Ma non sono solita concedere l’esclusiva a qualcuno».
    Tig ovviamente sospirò chiudendo gli occhi, provando un vago senso di delusione per quelle parole - aveva davvero sperato di poter avere ‘qualcosa’ con Venus.
    La donna si allontanò, e dopo essersi sistemata di nuovo il vestito addosso gli rivolse uno sguardo divertito.
    « Un giorno però potrei cambiare idea», esordì con tono quasi dolce, « Ed in quel caso tu sarai il primo della lista, tigre».


  8. .
    Titolo: Extremely Fuckable
    Fandom: Sons of Anarchy
    Personaggi: Chibs Telford, Juice Ortiz
    Genere: Introspettivo, Erotico
    Rating: Rosso
    Avvertimenti: Oneshot, Slash, lemon
    Conteggio Parole: 1460
    Prompt: Chibs Telford/Juice Ortiz, Prospect!Juice, "Perché non mi fai una sega, ragazzo?"
    Note: 1. Scritta per il p0rnfest #7.
    2. Dedicata all’amore mio >w<
    3. Non betata<3






    Juice non era costretto a farlo, ne era pienamente consapevole.
    Pur essendo un Prospect - e di lavori umilianti quindi ne faceva a bizzeffe -, quello non era un suo compito. Anzi: non doveva proprio esserlo.
    I membri effettivi di SAMCRO scherzavano spesso facendo battute a sfondo omosessuale, si stuzzicavano e giocavano tra loro, ma non avevano mai superato la barriera della 'parola' per farla sfociare nel 'fisico'. Quindi, quello che stava per fare andava ben oltre i limiti imposti dai loro ‘ruoli’... ma gli era bastato sentire Chibs pronunciare le parole « Perché non mi fai una sega, ragazzo?», per decidere che sì: gli avrebbe fatto quella stramaledetta sega e qualsiasi altra cosa gli avesse chiesto.
    Si sedette allora sul tavolino davanti alla poltrona nella quale era seduto Chibs e gli rivolse un leggero sorriso - tastava il terreno perché c’era sempre l’opzione dello scherzo e non voleva saltare a delle conclusioni affrettate.
    « D’accordo», rispose.
    Chibs alzò un sopracciglio e piegò le labbra verso l’alto.
    « Non pensavo avessi queste… inclinazioni», dichiarò.
    « Ti fai qualche problema per una mano? Non ti sto dando mica il culo, Chibs», ribatté Juice prontamente.
    L’uomo si sollevò un poco per avvicinarsi a lui, come se non volesse alzare troppo la voce.
    « Me lo daresti?», chiese con un tono basso e roco che riuscì a far arrossire un poco il portoricano.
    « Se... se me lo chiedi gentilmente», sussurrò in risposta Juice.
    Stavano scherzando o stavano realmente ‘progettando di scopare’?
    Juice si morse le labbra per il nervoso, restando in attesa di una risposta da parte di Chibs che, fortunatamente, non tardò ad arrivare.
    « Se sei bravo con la mano, possiamo lavorarci».
    Non era ancora del tutto certo riguardo alle intenzioni dello scozzese, ma giunto a quel punto Juice si sentiva quasi in dovere di osare , e spinse semplicemente la mano tra le gambe di Chibs.
    Chiuse istintivamente gli occhi, pronto a subire l’ira dell’uomo. Tuttavia questo non reagì in modo 'violento', e Juice prese quella reazione sia come una risposta affermativa che come autorizzazione ed andare avanti.
    Mosse quindi la mano sui jeans di Chibs, alzando lo sguardo giusto per vedere l'uomo leccarsi lentamente le labbra. Quel gesto donò al portoricano un lungo brivido lungo la schiena, ma non lo fermò dal continuare a muovere le dita sul sesso di Chibs, sentendolo diventare sempre più duro in risposta alle sue attenzioni.
    Lo scozzese non commentò, ma aprì un po' di più le gambe e si lasciò sfuggire un sospiro che ebbe il potere di far gonfiare il petto di Juice per l'orgoglio. Soddisfatto, il giovane proseguì con le sue lente carezze, interrompendole solo quando decise di aprire i jeans di Chibs.
    Una piccola parte di sé quasi non credeva ancora a quello che stava facendo, e quando scostò i boxer e strinse finalmente tra le dita l'erezione dello scozzese quasi non aveva il coraggio di abbassare lo sguardo. Gli bastava sentirla sulla mano per sapere quanto era grande e dura… e la cosa non poté far altro che donargli un brivido di piacere.
    Juice trattenne un gemito e non riuscì a non pensare stupidamente che era tutto vero.
    Stava facendo davvero una sega a Chibs, e vista la discussione precedente, con molte probabilità ci avrebbe anche fatto sesso.
    Non poteva chiedere di meglio. Era attratto dall'uomo sin da quando gli aveva consegnato il gilet da Prospect.
    « Ti renderemo la vita un inferno», gli aveva detto con quel suo maledetto accento, per poi aggiungere con tono quasi più confidenziale e 'paterno' un: « Ma se vuoi davvero portare i nostri colori, devi stringere i denti e andare avanti, Juicy», accompagnando il tutto con un leggero sorriso che aveva messo in evidenza le sue cicatrici. E Juice aveva rapidamente cancellato il 'paterno' dall'elenco di aggettivi per descriverlo per sostituirlo con un 'estremamente scopabile'.
    Quindi, tutto in quella situazione sembrava volgere a suo favore, e stringendo il pugno attorno all'erezione di Chibs iniziò a pomparla con energia, soffermandosi di tanto in tanto sul glande e sui testicoli, senza mai interrompere il contatto visivo tra i suoi occhi e quelli dell'uomo... se non per abbassarlo quando vide di nuovo la lingua dello scozzese fare capolino fuori dalla bocca socchiusa ed a sua volta si leccò le labbra, incantato da quel movimento e dai rochi sospiri che gli sentiva emettere.
    Non fece quasi in tempo a pensare a come sarebbe stato farsi baciare da Chibs - era una cosa troppo 'intima' e 'romantica' -, che questo si spinse rapidamente verso di lui, afferrandolo per la nuca per far scontrare le loro labbra in un bacio.
    Mugugnò stupito per quel gesto inaspettato, gemendo quando la lingua dello scozzese penetrò nella sua bocca, sollecitandolo a rispondere.
    Juice faticò un poco per riprendersi da quell'assalto - sentiva in bocca il sapore della birra che Chibs aveva bevuto fino a qualche istante prima -, e riprendendo a muovere la mano, cercò di ricambiare il bacio con altrettanta foga.
    Chiuse gli occhi, inspirando il profumo del suo compagno e provando poi solo un leggero fastidio nel sentire la barba di questo pizzicargli il volto - non era davvero 'fastidioso', poteva benissimo farci l'abitudine.
    « Noto un certo... impegno, ragazzo», mormorò lo scozzese qualche momento dopo, concedendogli di riprendere fiato, « Vuoi proprio essere scopato».
    Juice non riuscì a non arrossire per quell'affermazione, e stringendo il pugno con più decisione contro l'erezione di Chibs cercò quasi di punirlo.
    « Non mi sembra che ti dispiaccia», ribatté cercando di farsi più vicino, allargando a sua volta le gambe per poter sfregare il palmo aperto della mano sul suo sesso ancora rinchiuso dentro i jeans.
    « Mai detto il contrario», rispose l'uomo, rubandogli un altro bacio e donandogli delle leggere carezze sulla nuca rasata. Juice rabbrividì per quei lievi tocchi, e sospirando contro le labbra di Chibs cercò di continuare a masturbarlo e a muovere la mano sulla sua erezione.
    Si scambiarono altri baci con foga, ansimando bocca contro bocca quando il respiro veniva a mancare ad entrambi.
    « E se ti chiedessi... di succhiarmelo?», domandò d'un tratto Chibs, mordendogli il labbro inferiore.
    Juice tremò ancora, mugugnando per quell'erotica proposta e per i denti dello scozzese che molestavano ancora la sua bocca.
    « Chiedimelo», mormorò dopo aver trattenuto per qualche istante il respiro.
    « Succhiamelo».
    E senza aggiungere altro, il portoricano abbassò lo sguardo prima di scivolare in ginocchio tra le gambe di Chibs. Tremò per l’eccitazione nel trovarsi in quella posizione, e stringendo la mano sui suoi pantaloni, massaggiò ancora l'erezione dello scozzese con le dita poi, chiudendo gli occhi, fece calare le labbra sul glande.
    Lo leccò lentamente compiendo dei piccoli movimenti concentrici prima di inclinare il capo e far scivolare l'asta all'interno della bocca.
    Sentì la punta sfregare contro il palato e i denti sfiorare quella sensibile pelle calda e dura. Mosse il capo all’indietro, poi di nuovo avanti stringendo le labbra e piegando la testa di lato per muoversi meglio senza rischiare di soffocare - era maledettamente grande, non era certo di riuscire a prenderla del tutto in bocca.
    Per la prima volta sentì lo scozzese emettere un vero e proprio gemito, e compiaciuto per quel risultato continuò a leccare e a stringere la bocca, aiutandosi con la mano ancora stretta attorno alla base.
    Serrò con più forza gli occhi per lo sforzo, mugugnando quando sentì di nuovo le dita di Chibs carezzargli la nuca - percorrevano con i polpastrelli i tatuaggi ed i capelli.
    Solo in quel momento trovò il coraggio per guardare l’uomo, ed alzando lo sguardo incrociò subito le liquide iridi dello scozzese che lo osservavano quasi fameliche.
    Per quanto assurdo potesse sembrare, Juice si sentì arrossire ancor di più, ed aumentando il ritmo cercò di soddisfare Chibs il più possibile, ottenendo come ‘premio’ per lo sforzo dei gemiti e dei leggeri movimenti del bacino, che divennero quasi degli scatti nervosi quando questo raggiunse l’orgasmo.
    Il portoricano rimase immobile quando sentì il seme di Chibs schizzargli in bocca, e sconvolto per quanto era appena successo neanche si rese conto di essere venuto a sua volta nei pantaloni.
    Si allontanò quasi subito, tappandosi la bocca con la mano per evitare di sputare tutto sul pavimento. Non era la prima volta che aveva un rapporto orale con qualcuno - era cresciuto nel Queens: era praticamente impossibile non avere esperienze -, ma non aveva mai lasciato che i suoi amanti venissero nella sua bocca.
    Con Chibs però non era stato in grado di allontanarsi. Era troppo coinvolto.
    « Tutto bene, ragazzo?», domandò lo scozzese, notando la sua espressione stupita.
    Juice annuì, riuscendo ad ingoiare il seme dell’uomo, e rivolgendogli poi un mezzo sorriso come per rassicurarlo.
    Anche Chibs ricambiò piegando le labbra verso l’alto, e prendendogli il volto tra le mani si spinse verso di lui per baciarlo - Juice non si stupì più di tanto, lo scozzese era molto 'fisico' e dimostrava il proprio affetto con abbracci e baci.
    « Non male», commentò, strappando una risata al portoricano.
    « Mi devi una scopata, Chibbie», ribatté Juice.



  9. .
    Titolo: Más Fuerte
    Fandom: Sons of Anarchy
    Personaggi: Chibs Telford, Juice Ortiz
    Genere: Introspettivo, Erotico
    Rating: Rosso
    Avvertimenti: Oneshot, Slash, lemon
    Conteggio Parole: 520
    Prompt: Chibs Telford/Juice Ortiz, Tavolo
    Note: 1. Scritta per il p0rnfest #7.
    2. Dedicata all’amore mio >w<
    3. Non betata<3






    Chibs sapeva benissimo che era una mezza bugia il fatto che Juice non sapesse parlare lo spagnolo.
    Capiva giusto poche parole - quelle di uso comune, più alcune altre -, e quelle che sapeva utilizzare erano a detta dello scozzese la prova che i porno fossero istruttivi.
    Perché non c'era niente di più eccitante che sentire Juice parlare spagnolo mentre veniva sbattuto contro una qualsiasi superficie, verticale od orizzontale che fosse.
    « Más f-fuerte», lo supplicava, ansimando e gemendo contro il tavolo da biliardo, e Chibs - che a sua volta aveva un'istruzione da porno - sapeva di doverlo prendere con più energia.
    Entrava ed usciva dal suo corpo con crescente velocità. Si spingeva sempre più a fondo, fino a far sbattere i testicoli contro le natiche di Juice che, voglioso e quasi senza pudore, lo implorava di fotterlo con più forza - « Más duro... d-duro, por f-favor».
    Chibs adorava sentirlo parlare in quel modo, quasi quanto amava sentire i muscoli di Juice intrappolare il suo sesso all'interno dell'orifizio... tuttavia c'era anche qualcos'altro che adorava quasi allo stesse modo.
    « Juan Carlos»
    Era il vero nome di Juice e amava pronunciarlo direttamente nelle orecchie del giovane, lambendole con le labbra e poi con la lingua.
    « Vuoi che ti fotta più forte?», chiese.
    « Sí... s-sí», assentì Juice con gli occhi chiusi ed un'espressione persa in viso, stringendo le mani attorno alla stecca del biliardo - era colpa del portoricano, che si piegava in una maniera quasi indecente su quel tavolo, se erano finiti in quella situazione.
    « Vuoi venire?», domandò ancora, carezzandogli i fianchi e Juice mosse il capo affermativamente, senza pero riuscire a parlare - se non per emettere un gemito.
    Chibs però rallentò.
    « Non ho sentito, Juan Carlos», lo riprese con voce ferma.
    « A-ah... sí, lo necesito... p-por favor, C-Chibs», ansimò Juice e lo scozzese, soddisfatto, riprese a muoversi portando al tempo stesso una mano tra le gambe del suo compagno.
    « Quanto lo desideri?», chiese, masturbandolo velocemente
    « M-mucho... lo quiero mucho».
    « Voglio sentirti gemere come una delle nostre croweater, Juan Carlos», sussurrò, « Lo farai per me?», chiese, ricevendo in risposta un lussurioso verso di piacere.
    Ogni sua successiva spinta venne accompagnata da quei gemiti alti e lascivi - talvolta intervallati da dei « Fu-fuerte... p-por f-favor.... lo q-quiero... más f-fuerte», che facevano girare la testa di Chibs.
    Solo dopo qualche momento, lo scozzese decise di dargli una tregua, permettendo a Juice di venire, facendo schizzare il suo seme sul tavolo da biliardo.
    Gemette a sua volta nel sentire i muscoli del portoricano stringersi attorno alla sua erezione e, masturbandolo ancora fino a farlo svuotare del tutto, anche Chibs dopo qualche altra forte spinta riuscì a raggiungere l'orgasmo, riempiendo il preservativo con il suo sperma.
    Soddisfatto, si piegò per baciare la nuca del giovane prima di uscire dal suo corpo e Juice, muovendosi indolenzito ma soddisfatto, si voltò verso di lui.
    « Siamo un po' prepotenti, eh Chibs?», domandò ironico, tirandosi su i pantaloni ed appoggiando il sedere sul tavolo - che, ovviamente, avrebbe dovuto pulire.
    Lo scozzese sbuffò una mezza risata e, abbracciandolo, lo baciò con forza, imponendo sin da subito il suo ritmo a quello scontro.
    « Puoi dirò forte, Juan Carlos~»


  10. .
    Titolo: Distraction from Pain
    Fandom: The Hobbit
    Personaggi: Kìli, Fìli
    Genere: Introspettivo, Erotico
    Rating: Rosso
    Avvertimenti: Flashfic, Slash, Incest, OralSex
    Conteggio Parole: 360
    Prompt: Fili/Kili, wounded!Kili, "Vediamo se riesco a distrarti dal dolore…"
    Note: 1. Scritta per il p0rnfest #7.
    2. Ispirata alla fanart della Aly .w. La fanart è questa
    3. Non betata<3





    « Vediamo se riesco a distrarti dal dolore…»
    Erano state quelle le ultime parole che Kìli aveva sentito uscire dalla bocca di Fìli, prima che questa calasse sulla sua erezione per leccarla lentamente.
    Non era stato in grado di fermarlo - e a dirla tutta: perché avrebbe dovuto?
    Aveva aperto bocca come per dirgli che era una cattiva idea, ma aveva permesso a Fìli di aprirgli la tunica e di abbassargli i calzoni. Aveva tentato anche di dirgli che, pur trovandosi in un'altra stanza, i loro compagni li avrebbero potuti sentire... ma quello non gli impedì di gemere sotto le umide carezze di suo fratello.
    La gamba gli faceva male, tuttavia la lingua di Fìli che percorreva lentamente la sua erezione, e le dita che solleticavano i suoi testicoli, erano davvero d'aiuto per distrarlo.
    Sospirò, godendosi quelle piacevoli sensazioni, fino a quando il suo corpo non iniziò a muoversi verso le labbra di suo fratello, supplicandolo di porre fine a quella piacevole tortura. Ma Fìli lo afferrò per i fianchi, costringendolo a stare immobile.
    Kìli si lamentò per quell'imposizione sentendo però suo fratello sorridere contro l'erezione, continuando a tenere le dita affondate sui suoi fianchi per tenerlo fermo. Con malizia Fìli continuò a leccare e a succhiare il suo sesso eretto senza però dare al più giovane quello che desiderava.
    Voleva che dimenticasse il dolore.
    Voleva che il piacere durasse il più a lungo possibile.
    Ma quando Kìli iniziò a supplicarlo e a dirgli di essere ormai al limite, non poté far altro che accontentarlo e far scivolare l'erezione in bocca, fino a sentirla in gola.
    Entrambi chiusero gli occhi, godendosi quella sensazione, poi quando Fìli iniziò a succhiare con forza e a muovere il capo avanti ed indietro, quelle sensazioni sembrarono quasi moltiplicarsi fino a scoppiare nella testa del minore, costringendolo ad un orgasmo che lo lasciò senza energie.
    Fìli si sollevò, leccandosi le labbra.
    « Va tutto bene, nadadith?», domandò, sporgendosi verso il minore per baciargli la guancia.
    Kìli annuì stravolto, con gli occhi chiusi ed un'espressione soddisfatta in viso.
    Sapeva che il dolore sarebbe tornato - non era così sciocco da pensare il contrario -, ma in quel momento poteva solo essere grato a suo fratello per quel piacevole sforzo.



  11. .
    Titolo: Achrâch
    Fandom: The Hobbit
    Personaggi: Kìli, Re Goblin, Vari Goblin, Fìli, Thorin Oakenshield
    Genere: Introspettivo, Erotico
    Rating: Rosso
    Avvertimenti: Oneshot, Slash, Rape, Non-Con, Gangbang, What if? (E se…)
    Conteggio Parole: 2545
    Prompt: Goblin/Kìli, " Cominciate con i più giovani."
    Note: 1. Scritta per il p0rnfest #7.
    2. Ehm… beh, non so che dire XD ah si! "Achrâch" (Khuzdul/Neo-Khuzdul) -> "Provare dolore”
    3. Come potete ben notare… non è betata. La correggerò in seguito!





    « Azog avrà la tua testa, Thorin Scudodiquercia», dichiarò compiaciuto il mastodontico sovrano dei Goblins, strappando alla sua gente delle insane risate, « Ma del resto di voi... cosa possiamo farci?»
    Camminò avanti ed indietro, fingendosi pensieroso. Seguito dagli sguardi attoniti ed irosi dei Nani.
    « Possiamo fare quello che vogliamo, giusto?», domandò esaltato il Re, ricevendo in risposta degli ululati d'approvazione da parte degli altri Goblins.
    Thorin cercò di subito ribellarsi quando i Goblins iniziarono a legarlo per eseguire gli ordini del loro sovrano, ma la sua mente era già lontana.
    Incredulo aveva appena ricevuto la notizia che Azog, l'Orco Pallido, colui che aveva ucciso suo nonno davanti ai suoi occhi, era ancora vivo. Doveva essere morto...
    Anzi, la verità era che lo aveva semplicemente creduto morto e, come si disse laconico, la sua doveva essere stata solo una sciocca convinzione.
    Silenzioso, cercò di riprendersi dal suo stato di stupore e di liberarsi dalle corde che lo avevano imprigionato con i suoi compagni - si erano ribellati ed avevano combattuto senza risparmiarsi, ma l'inferiorità numerica li aveva costretti alla sconfitta.
    Thorin abbassò il capo dandosi dello sciocco per essersi lasciato sopraffare dalle emozioni, e quella sua mancanza stava mettendo a repentaglio la vita dei suoi nipoti e dell'intera compagnia.
    « Cosa dicevamo miei cari, carissimi ospiti?», ciarlò il Re, fingendosi smemorato, « Ah sì! Guarderai il tuo seguito soffrire, signor Nessuno. Sarai l'ultimo di loro a lasciare la mia città e porterai all'inferno il peso delle loro vite!»
    La minaccia, date le loro condizioni, ebbe il potere di far tremare la compagnia e, al primo tentativo di ribellione, i Goblins non esitarono a colpirli tra risate di scherno.
    « Cominciate con i più giovani», ordinò il sovrano, schiacciando con la sua mole dei suoi simili per sedersi ancora sul trono.
    « No!», gridò Thorin, intervenendo di nuovo per bloccare la chiara esecuzione, « Libera i miei compagni, la loro unica colpa è l'avermi seguito. È me che volete».
    « Il volerti sacrificare non renderà il tuo fardello più leggero, signor Nessuno», ribatté il Re, facendo scorrere lo sguardo sui Nani.
    Rabbia e preoccupazione si alternavano nei loro sguardi, e quando scorse la paura nel volto di uno dei Nani, il sorriso sul suo grasso viso si allargò: aveva trovato il più giovane.
    Socchiuse la bocca, ma ancor prima di riuscire ad indicare il prescelto, una voce lo fermò.
    « Io! Sono io il più giovane!»
    Kìli cercò di alzarsi, attirando su di sé l'attenzione dei Goblins e dei suoi compagni.
    Il suo sguardo era fiero e non temeva la sorte che lo attendeva.
    « Ragazzo sta giù...», sibilò Dwalin, cercando di farlo abbassare mentre Ori, pallido come un cencio, li guardava senza riuscire a parlare.
    Tutti sapevano quali erano le intenzioni di Kìlo. Si era fatto avanti per proteggere Ori e per quanto quel gesto fosse nobile, il giovane Nano non riusciva ad avvertire né il sollievo né la gratitudine. Non poteva esserci conforto nel sacrificio di un amico.
    « Ho detto che sono io il più giovane! Sei per caso sordo? O hai paura di batterti con me?», esclamò il giovane.
    « Kìli sta al tuo posto!», tuonò Thorin, intervenendo anche prima di Fìli - troppo sconvolto per riuscire a formulare quanto stava per accadere -, venendo poi colpito senza alcuna pietà dai Goblins, divertiti dalla sua reazione.
    « Sei tanto smanioso di essere il primo?», ghignò il Sovrano ignorando il Principe dei Nani per rivolgere tutte le sue attenzioni su Kìli.
    Con un gesto ordinò di portarlo al suo cospetto, ed i Goblins ubbidirono senza batter ciglio, afferrandolo e trascinandolo fuori dal gruppo, nonostante i tentativi di ribellione.
    « No! Lasciatelo! Kìli! Kìli!», la disperata reazione di Fìli, ormai resosi conto della situazione, « Sono io il più giovane!», gridò nel tentativo di fermare quell'esecuzione.
    Non lui. Non il suo Kìli, si ripeté mentre veniva colpito dalle fruste dei loro carcerieri, incaricati di mantenerli calmi fino al loro turno.
    « Fermi!», istintivamente Kìli cercò di mettersi tra il fratello e quegli esseri, ma nonostante gli sforzi venne trascinato via.
    « Bel tentativo, Nano», commentò il Sovrano squadrando Fìli, « Presto sarà il tuo turno», aggiunse come per rassicurarlo.
    « Lasciate andare mio fratello!», gridò questo, dimenandosi e lanciando delle occhiate disperate verso Kìli che non poté far altro che ricambiare.
    Lo sguardo che si scambiarono, per quanto breve, era carico di dolore e rassegnazione.
    Sembrava quasi una richiesta di perdono da parte di Kìli, che ancor prima di poter aggiungere qualsiasi cosa, venne spintonato senza alcuna pietà fino ad incespicare e cadere in ginocchio davanti al Re dei Goblins.
    Alle sue spalle i suoi compagni continuarono a strepitare per liberarsi e combattere, incapaci di restare a guardare il destino scelto dal giovane senza muovere un dito.
    Kìli, incoraggiato un poco dalla testardaggine dei suoi amici, strinse i denti mostrando al quel ripugnante essere il suo disgusto.
    Non era pentito di aver aiutato Ori ed era pronto a sacrificarsi per salvare i suoi compagni - per salvare Fìli e Thorin -, e avrebbe resistito fino allo stremo pur di ritardare il giudizio degli altri.
    Non voleva morire ovviamente, ma... morire per le persone amate era un buon modo per farlo.
    In quella situazione gli era sembrata la cosa giusta da fare.
    « Sei giovane», assentì il Re dopo averlo studiato per bene, « Guardate! Questo Nano non ha neanche la barba!», esclamò poi, facendo esplodere i suoi sudditi in forti risate di scherno.
    Kìli rimase immobile, stringendo le labbra e facendo vagare gli occhi su quel lurido palco di legno fino ad scovare loro armi abbandonate poco più in là.
    Uno scatto e le avrebbe potute prendere e... che sarebbe successo?
    Si sarebbe liberato ma nel frattempo orde di Goblins avrebbero attaccato lui e i suoi compagni ancora imprigionati dalle corde.
    Socchiuse gli occhi, cercando di ideare un altro piano, qualsiasi cosa gli fosse servita per prendere un po’ di tempo e salvare il resto della Compagnia.
    « Quanti anni hai, Nano?», domandò il Re con curiosità.
    « Abbastanza per ucciderti se avessi un’arma in mano», sputò Kìli con rabbia, suscitando invece l’ilarità dei suoi carcerieri.
    « Coraggioso ed anche stupido», si congratulò il Re, « Ucciderti sarebbe troppo semplice», annunciò poi con fare teatrale, ricevendo delle ovazioni affermative dal suo 'pubblico'.
    « Combatti, maledetto! Vedrai quanto è difficile uccidere un Nano!», ruggì Dwalin senza pero ottenere udienza.
    Kìli annuì però. Non sarebbe morto tanto facilmente.
    Si sollevò sulle ginocchia lentamente, come per non attirare l'attenzione, poi con uno scatto rotolò di lato verso le armi.
    Poteva combattere anche con le mani legate, si disse sicuro di sé, ma ancor prima che le sue dita si chiudessero sull'elsa di un’ascia, lo scettro del Re dei Goblins lo colpì con forza sul fianco facendogli mancare il respiro.
    Tossì, chiudendosi in posizione fetale come per proteggersi. Aprì bocca per riprendere fiato ma subito delle mani lo afferrarono per riportarlo dinnanzi al grande Goblin.
    Questo sorrideva compiaciuto, divertito dalla sua tenacia.
    « Mi chiedo», esordì piegando le labbra in un sorriso, « Come sarebbe strapparti via tutta questa tua voglia di vivere? Portarti a desiderare la morte?»
    Gli occhi del Goblin corsero sugli altri Nani che si erano zittiti nel sentire le sue parole. Compiaciuto da quell'attenzione, si rivolse allora ai suoi sudditi.
    « Vediamo quanto questo giovane Nano è all'altezza della mia città!», annunciò solenne facendo rimbombare la sua voce, per poi aggiungere con un tono più basso e quasi 'intimo': « Che gli vengano tolti gli indumenti»
    Quell'annunciò suscitò subito le reazioni dei Nani e di Kìli, che non appena senti i Goblins su di sé, iniziò subito a dimenarsi e a scalciare. Tuttavia la superiorità numerica lo mise alle strette e quegli esseri, colpendolo senza alcuna pietà, lo costrinsero disteso con la pancia in giù sul pavimento, mentre gli abbassavano i pantaloni tra uno strattone e l'altro.
    La certezza di quello che stava per accadere lo colpì come uno schiaffo, soprattutto quando sentì quelle mani estranee toccarlo. Non riuscì ad impedirsi dal lasciarsi sopraffare dal terrore per qualche istante, tremando visibilmente.
    Continuò a dimenarsi, ma quelle ruvide e sporche mani rimanevano sul suo corpo. Lo toccavano insinuandosi tra le sue gambe, costringendolo ad allargarle con la forza.
    Tentò di voltarsi e di spingere via i suoi carcerieri, tuttavia tutti i suoi muscoli si gelarono quando sentì le dita dei Goblins sulle sue natiche.
    Strinse le labbra terrorizzato, ma nonostante tutto anche quel tentativo si rivelò vano e dalla sua bocca uscì un lamento quando le falangi di quegli esseri penetrarono in lui.
    Diverse dita iniziarono a muoversi nel suo orifizio, allargandolo e spingendosi sempre più a fondo per umiliarlo e fargli emettere ancora quei lamenti.
    Cercò di trattenersi e di ribellarsi, ma la sua bocca veniva violata da quei versi di dolore e non riusciva a fare niente per fuggire.
    Lo afferrarono per i capelli, tirandogli il capo all'indietro e costringendolo ad aprire la bocca, e per quanto volesse rifiutare quell'ennesima umiliazione non poté evitare che le sue labbra venissero penetrate dall'erezione di uno dei suoi carcerieri.
    Il sesso, amaro e duro, gli scivolò in gola causandogli dei conati di vomito ma quello non fermò il Goblin dal muoversi avanti ed indietro nella sua bocca.
    Emise un lamento, tossendo in modo soffocato e trattenendo a stento le lacrime. Cercò allora di mordere quell'erezione, ma ancor prima di poter chiudere i denti attorno a quella carne sentì un liquido acido scivolargli in bocca e sul mento insieme alla sua saliva ed al vomito.
    Sputò e tossì ancora quando il sesso gli liberò la bocca, e senza dargli un attimo di sollievo una seconda erezione prese il posto della prima.
    Chiuse gli occhi per lo sforzo, sentendo su di sé gli sguardi dei suoi compagni, mortificati, spaventati ed anche terrorizzati... forse addirittura disgustati.
    Non aveva la forza di incrociare i loro occhi.
    Non voleva leggere quei sentimenti negli occhi di Fìli e Thorin.
    Non voleva che lo guardassero.
    Lo avrebbe urlato, li avrebbe pregati di volgere lo sguardo altrove... ma non poteva.
    Poteva solo gridarlo forte nella sua mente e sperare di non sentire più quegli occhi su di sé.
    Quanto tempo era passato? Voleva già morire?
    Non aveva più la forza di combattere, poteva solo subire e sperare che finisse presto.
    Non reagì neanche quando le dita abbandonarono il suo orifizio, che venne riempito dall'erezione di un Goblin.
    Soffocò un gridò di dolore attorno al sesso che si muoveva nella sua bocca, ma il suo corpo non si ribellò.
    Forse sarebbe soffocato nel suo stesso vomito e nello sperma, si disse. Ormai vedeva la morte non come un atto eroico, ma come una via di fuga per quel mondo improvvisamente nero.
    Si lasciò andare, smise del tutto di combattere pronto ad abbracciare la sua fine. Tuttavia, come un fulmine, un forte lampo di luce spazzò via i Goblins che lo tenevano, ed avvertì chiara e decisa la voce di Gandalf esortarli ad alzarsi e a combattere.
    Kìli però non si mosse. Tremava e trovò solo la forza per aprire gli occhi quando sentì delle altre mani toccarlo.
    Thorin. Era lui che stava cercando di soccorrerlo, liberandogli le mani e ad aiutandolo ad alzarsi.
    « Ti porterò fuori da questa montagna, figliolo...», dichiarò il Nano, tirandogli su i pantaloni, « Te lo giuro, Kìli... ti chiedo solo... un ultimo sforzo...»
    Nella sua voce, un tempo fiera e forte, Kìli avvertì solo la preoccupazione e la vergogna, ma nella mente del giovane Nano si ripeterono solamente due parole: ultimo sforzo.
    Thorin gli chiedeva solo quello e lui non poté far altro che annuire e raccogliere tutte le forze che gli erano rimaste per iniziare a correre.
    Correre, combattere e continuare a correre, ubbidire alla richiesta che Thorin gli aveva fatto... anche ogni movimento sembrava quasi lacerarlo. I suoi muscoli tiravano e sembravano quasi rifiutarsi di muoversi ancora, ma non voleva deludere suo zio.
    Dovevano fuggire, e come per inerzia le sue gambe continuarono a muoversi senza meta, seguendo semplicemente la compagnia fino a quando non si fermarono all'esterno della montagna.
    Solo in quell’istante Kìli cedette, ma fortunatamente la sua rovinosa caduta fu evitata da Fìli, ed in un attimo anche Thorin gli fu accanto.
    « Kìli... Kìli... mi senti?», la voce di suo fratello era quasi lontana, carica di preoccupazione, e quando aprì la bocca per parlare riuscì solo a vomitare ancora.
    « Gandalf! Fa qualcosa!», esclamò Fìli cercando di sostenere Kìli che, ansimando, cercò istintivamente di allontanare le mani che lo tenevano.
    « L-lasciami»
    « N-non...»
    Sentiva gli sguardi di tutta la compagnia su di sé, altrettanto preoccupati e carichi di compassione.
    « Sto bene! Sto bene!», ripeté con voce roca, cercando di mettere più decisione possibile nella sua affermazione, ma gli occhi dei suoi compagni erano ancora su di lui e lo giudicavano, « E smettetela di guardarmi!», gridò con rabbia, riuscendo a far abbassare lo sguardo ai Nani ed anche allo Stregone che, forse per distogliere l’attenzione da Kìli ed assecondare il suo desiderio, chiese delle sorti del loro scassinatore.
    Kìli ignorò quei discorsi, tenendo gli occhi chiusi nel tentativo di calmare il furioso battito del suo cuore e di riacquistare il controllo del suo corpo... ma le energie lo stavano abbandonando, e l'odore che sentiva su di sé insieme al sapore nella sua bocca iniziarono a fargli girare la testa.
    Si appoggiò ad un albero.
    « Kìli...», Fìli, rimasto accanto a lui gli carezzò la spalla delicatamente.
    Era pallido e preoccupato. Kìli non riusciva a sopportare quello sguardo.
    Aprì bocca.
    “ Non preoccuparti”.
    Voleva dirgli quelle semplici parole, ma dalle sue labbra non uscì neanche un fiato, e senza accorgersene il suo mondo divenne improvvisamente nero.



    Quando Kìli riaprì gli occhi, per Fìli fu come rivedere il sole.
    Aveva scalpitato e gridato nel tentativo di far rinvenire suo fratello, trattenendo il fiato mentre Gandalf si prendeva cura di lui.
    Non conosceva magie curative così potenti per cancellare quello che era accaduto, né aveva il potere di eliminarne la memoria.
    Poteva solo donargli un po’ di sollievo - un sonno forzato ma privo di incubi - mentre la Compagnia, braccata dagli Orchi, lo trasportava verso un luogo sicuro. Erano state le Aquile, chiamate dallo Stregone - conscio di non poter fuggire ai loro inseguitori in quelle condizioni -, a trarli in salvo e a condurli al sicuro.
    Si erano accampati sul Carrock, e lì Fìli aveva atteso il momento in cui suo fratello avrebbe riaperto gli occhi.
    Nessuno aveva avuto il coraggio di parlare o di commentare quanto era accaduto, soprattutto quando Kìli si era svegliato ed aveva iniziato a guardarsi attorno spaventato e confuso.
    « Sono qui, nadadith», lo riprese subito il maggiore.
    « D-dove…?»
    « Siamo al sicuro», rispose gentilmente, inumidendogli la fronte con una pezza bagnata e rivolgendogli un sorriso timido, « Le aquile ci hanno portato qui», spiegò.
    Kìli non aprì bocca, rimanendo immobile.
    « Andrà tutto bene, nadadith», riprese Fìli cercando di rassicurarlo, « Mi prenderò cura io di te».
    Il giovane si ostinò a non rispondere, continuando a fissarlo con occhi spenti e tristi. Così diversi da quelli che Fìli aveva sempre amato e conosciuto sin da quando aveva memoria.
    Nonostante questo però, il maggiore non smise di sorridere. La sua disperazione avrebbe solo causato ulteriori danni a suo fratello, voleva infondergli coraggio e non farlo sentire ancor più a disagio.
    Gli strinse la mano e la portò alle labbra per baciarla, avvertendo chiaramente Kìli tremare e reprimere a stento l’istinto di allontanare l’arto. Fìli però gli impedì di fuggire serrando la sua presa.
    « No...», mormorò chiudendo gli occhi e premendo la bocca sulle nocche del minore, « Ti chiedo solo... di perdonarmi, Kìli», aggiunse in un sussurrò, lasciando che fosse ancora il silenzio forzato del più giovane ad abbracciarli e a condurli verso quel tortuoso cammino fatto di rimpianti, vergogna ma anche di perdono e recupero.




  12. .
    Titolo: Whore
    Fandom: Pacific Rim
    Personaggi: Chuck Hansen, Tendo Choi
    Genere: Introspettivo, Erotico
    Rating: Rosso
    Avvertimenti: Oneshot, Slash, HandJob, OralSex
    Conteggio Parole: 1875
    Prompt: Chuck Hansen/Tendo Choi, “ Sei una puttana”
    Note: 1. Scritta per il p0rnfest #7.
    2. Dedicata al mio amore<3
    3. Come potete ben notare… non è betata. La correggerò in seguito!





    Tendo non sa se Chuck Hansen sia mai stato definito “puttana” da qualcuno, ma l’unica cosa che riesce a ripetere è: « Sei proprio una puttana».
    Non lo dice con cattiveria, è solo il fatto che quel ragazzino sboccato ed indisponente sia in grado di farlo impazzire in quel modo ad infastidirlo - per modo di dire, non è realmente un ‘fastidio’.
    Chuck però non commenta, e continua a stringerlo contro il suo petto un braccio e a masturbarlo con l’altra mano.
    Tendo non può vederlo da quella posizione - sono seduti sul bordo del letto, e lui sta dando le spalle a Chuck che, abbracciandolo, gli lecca il collo e l’orecchio -, tuttavia può benissimo immaginare le espressioni del giovane Hansen. Sa che le sue labbra sono piegate in un sorriso tra il compiaciuto ed il divertito… e sfortunatamente è ben consapevole di non potersi realmente arrabbiare con quel ragazzo.
    Se si trova in quella situazione è in gran parte colpa sua, perché Chuck non ha fatto altro che stuzzicarlo, donandogli i soprannomi più disparati - partendo da “Elvis” fino ad arrivare a quelli più imbarazzanti.
    È stato lui ad arrendersi. Chuck non lo ha costretto a fare niente.
    Quindi non può proprio permettersi di lamentarsi. E i gemiti che non riesce a trattenere, e la sua erezione umida ed arrossata, sono suo malgrado una prova ben palpabile del suo apprezzamento… tuttavia vorrebbe con tutto se stesso che il giovane Hansen la smettesse con quel gioco per darsi una mossa.
    Potrebbe facilmente aprir bocca e dirgli di farla finita - no, non ‘pregarlo’: Tendo non si abbasserebbe mai a tanto -, ma non è certo che le sue parole giungano dal cervello alle labbra con lo stesso significato e tono di partenza.
    Intanto Chuck continua a leccarlo - non è una sua impressione, ma il ragazzo sembra avere una particolare attenzione per il suo tatuaggio - e a muovere lentamente la mano prima sull’asta poi sui testicoli.
    Le dita di stringono di tanto in tanto, pizzicano e massaggiano la pelle dura e sempre più umida, prima di iniziare a sfregare l’erezione con foga fino a fargli sollevare il bacino per andare incontro a quelle carezze.
    Chiude gli occhi, geme cose assolutamente senza senso tremando da capo a piedi… poi, quando inizia quasi a vedere i ‘fuochi d’artificio’, Chuck smette di toccarlo e allontana del tutto la mano. Ed è quello a portare Tendo sull’orlo della follia.
    Stringe i pugni sulle ginocchia di Chuck - potrebbe allontanarlo, ma non ne ha la forza.
    « M-maledetto bastardo!»
    « Ti piace, Elvis?»
    Ancora la lingua che lo tocca sul collo ormai umido ed arrossato, ancora quella voce calda e maliziosa.
    Vorrebbe non rispondere, ma l’indice ed il pollice del ragazzo vanno puntualmente a stringersi sulla punta del suo membro, e l’unica cosa che può fare è gemere come una puttana - e la cosa potrebbe pure farlo arrossire se il suo volto non fosse già scarlatto.
    « Andiamo, vecchio…», insiste Chuck divertito, « Ti basta poco…»
    « S-sei… una puttana»
    La voce di Tendo suona ovviamente poco convinta ma almeno non è arrivato a pregare quel ragazzino che, in tutta risposta gli dona una risata, morbida e compiaciuta, contro il suo orecchio - e Choi trema nel sentirla vibrare contro di lui.
    « Mi consola sapere che non sono solo»
    La risposta del ragazzino ruba a Tendo un grugnito di disapprovazione, ma quando Chuck stringe ancora il pugno sull’asta dura, leccandogli di nuovo il collo fino a scivolare verso l’orecchio, l’uomo non riesce a sentirsi per davvero seccato.
    « Ora… scopati la mia mano».
    « Come… c-cazzo…»
    Tendo gli vorrebbe chiedere con quale coraggio riesce a dire quelle cose, come può essere così maledettamente eccitante, ma vorrebbe anche sapere da dove arriva quella voglia di scopare proprio con lui - in fondo lo ha visto girare attorno a Raleigh, comportandosi come un moccioso dell’asilo con la bambinetta più graziosa della classe.
    Ovviamente però il suo corpo, scosso dai brividi, blocca ogni singola parola sostituendola con dei nuovi gemiti.
    Tendo vorrebbe anche trattenersi e non ubbidire all’ordine di quel ragazzino, ma quando le dita di Chuck iniziano a carezzare il suo sesso non riesce a non alzare il bacino per andargli incontro.
    Ripete quel movimento, alzandosi ed abbassandosi, e spinge l'asta sul palmo del giovane Hansen fino a far aumentare gradualmente il ritmo ed i gemiti.
    Tira il capo indietro e geme chiudendo gli occhi, iniziando a scoparsi la mano di Chuck come gli era stato detto di fare - si vergogna per aver ceduto in quel modo, ma il danno ormai è fatto.
    « Sei bravissimo, Elvis», si congratula Chuck - tra tutti i soprannomi, quello è il suo preferito -, e Tendo stringe le labbra e continua a muovere il bacino.
    Contro la schiena sente anche l’erezione del ragazzo e distrattamente si chiede come sarebbe sentirla dentro di lui, poi sconvolto da quel pensiero, scuote il capo perché no: non può pensare o anche solo desiderare una cosa simile.
    Si da dello stupido più e più volte, ma per quanto sia stizzito da quell'idea, Tendo si ritrova presto a dimenticarla per continuare a scopare quella maledetta mano come se da quei movimenti dipendesse la sua stessa vita.
    Choi può vederlo solo con la coda dell'occhio, ma ancora una volta è certo che Chuck stia sorridendo davanti alle sue reazioni.
    Non commenta, né lo sfotte con qualche stupido nomignolo, si limita però a stringere il pugno sul suo sesso e a pizzicargli un capezzolo con l'altra mano.
    Tendo geme ancora, piantando le mani sulle ginocchia di Chuck per aumentare il ritmo.
    Per un istante ha paura che quel ragazzino allontani la mano, impedendogli di venire, ma quando l'orgasmo lo raggiunge non può non tirare un sospiro di sollievo.
    Si abbandona contro il petto di Chuck, provato da quell'amplesso, e quasi non trova la forza per reagire quando le dita di quel ragazzino si posano sulle sue labbra.
    È una carezza lenta ed umida quella che viola la sua bocca, costringendolo a sentire sulla lingua l'agrodolce sapore del suo sperma.
    Tendo prova a rifiutarlo, ma alla fine riesce solo ad accogliere quelle dita e a leccarle al minimo ordine di Chuck - da quando quel ragazzino ha un simile potere su di lui?
    Cerca di riprendersi ma il giovane è eccitato - lo sente contro la sua schiena - e qualcosa gli dice che non è finita e che, suo malgrado, è quasi felice che non lo sia.
    Infatti si lascia rigirare come una marionetta, ed una volta faccia a faccia con il ragazzino, gli permette di coinvolgerlo in un bacio.
    È lento e profondo. Tendo vorrebbe quasi che durasse un po' di più, ma Chuck si allontana ed è allora che vede più chiaramente il suo sorriso. Le labbra sono piegate verso l'alto, si incurvano leggermente sui lati - e Choi sente l'impulso di baciarlo ancora del notare quel particolare -, mentre sulle guance si formano addirittura delle fossette - e vorrebbe baciare pure quelle, maledizione.
    È carino. Stronzo ma indubbiamente carino.
    « Succhiamelo».
    Tendo si chiede se è in tempo per ritrattare quel suo ultimo pensiero davanti a quell'ordine, ma sa che è troppo tardi e che, come un idiota, si sta già inginocchiando tra le gambe di Chuck per ubbidire a quella perentoria richiesta.
    « Sei un...»
    Choi non trova la voce per insultare Chuck - è viziato, stronzo e capriccioso - ma riesce benissimo ad insultare ancora se stesso per quella mancanza di controllo, tuttavia è solo quando si trova davanti all'erezione di quel ragazzino impertinente che riesce a scorgere l'occasione per vendicarsi.
    Sorride per la prima volta compiaciuto, stringendo la mano sulla base del sesso come per imporsi sull'altro.
    « Il papà non ti ha mai detto che le cose si chiedono 'per favore', Chuckie?», gli domanda ed è certo di vederlo arrossire - può azzardarsi a pensare ancora che sia carino?! -, e prima che il ragazza possa ribattere Tendo lo blocca. Porta anche l’altra mano sull’asta ed inizia a muovervi sopra i pollici, la massaggia premendo le dita con un ritmo quasi studiato seguendo un immaginario percorso che lo porta a risalire sul glande già umido.
    Chuck geme, ma non sembra infastidito dalla piccola rivalsa di Tendo che, sfregando il polpastrello sulla punta, sta ben attento a spargere le gocce di sperma prima di riprendere a massaggiare l’asta.
    Tendo è ben consapevole di essere in una posizione che gli permetterebbe di torturare il ragazzo come questo ha fatto con lui fino a quel momento, ma sfortunatamente il ‘sapere qualcosa’ spesso non comprende anche il ‘poterlo fare’.
    Non è in grado di giocare con Chuck a lungo, né può resistere a quei gemiti e al sesso che continua a manipolare - Choi diventa, se possibile, ancor più rosso al solo pensiero.
    Tira allora fuori la lingua per stuzzicare il glande. Scivola verso la base ed i testicoli inclinando il capo, poi torna sulla punta succhiando e leccando.
    Chuck si muove sotto di lui e allarga le gambe come per invitarlo a mettersi più comodo, e Tendo sente quasi il petto gonfiarsi per l'orgoglio.
    Lecca ancora e colpisce la punta ad ogni lappata, poi si azzarda ad aprire la bocca per ingoiare solo il glande. Resta immobile, dimenando la lingua contro la pelle imprigionata tra le sue labbra, poi schiacciandola verso il basso si costringe a far scivolare il sesso più avanti.
    Respira con il naso, chiude gli occhi e rilassa i muscoli per accogliere l'erezione senza fastidiosi - e poco sensuali - conati di vomito.
    La mano di Chuck si posa sulla sua testa - sente le dita attraversare i capelli fino a stringerli in una presa ferrea - e lo incoraggia ad andare avanti, ed è sempre quello stesso arto a dargli il ritmo quando decide di muoversi. La sente premere e spingere, accompagnata dai gemiti e dal bacino del ragazzo.
    Tendo si sente forse un po' più soddisfatto di quanto in realtà non dovrebbe - sta facendo un ottimo 'lavoro' in fondo - ma i versi di Chuck e i movimenti sempre più frettolosi lo costringono ad ignorare ogni altro pensiero. Smette di pensare anche al fatto che inizia a fargli male la bocca, soprattutto quando il giovane Hansen lo afferra con più forza per i capelli venendogli direttamente in gola.
    Vorrebbe inghiottire, ma riesce solo ad allontanarsi e a sputare per terra lo sperma del ragazzo, tossendo con le lacrime agli occhi per lo sforzo.
    Sente la bocca sporca - ed anche il viso -, ma per l'ennesima volta il ragazzo lo spiazza. Gli carezza i capelli - può solo immaginare le pessime condizioni in cui versano - e lo bacia, assicurandosi di raccogliere con la lingua il suo stesso seme dal volto di Choi.
    Tendo sente il viso in fiamme ma non si trattiene dal tirare fuori anche la sua lingua quando quella di Chuck inizia a stuzzicarlo, mandandogli un brivido lungo la schiena.
    Sono entrambi un disastro, sudati e scomposti, ma sono altrettanto soddisfatti.
    « Hai una bella bocca, Elvis», commenta dopo un attimo di silenzio Chuck, spezzando il silenzio.
    « Ho sentito quanto la gradivi», ribatte prontamente Choi.
    Il ragazzo ghigna e gli ruba un altro bacio, spostandosi poi verso l'orecchio.
    « Immagino che gradirò anche il tuo sedere la prossima volta», sussurra Chuck e gli sfiora il lobo ad ogni parola, « Stretto e caldo attorno al mio cazzo, affamato come la tua bocca».
    Tendo allora boccheggia perché, maledizione, non può eccitarsi di nuovo. Non per una frase simile!
    « Chuck Hansen», non riesce a dire altro, « Sei una puttana».


  13. .
    Titolo: Don’t Touch
    Fandom: Pacific Rim
    Personaggi: Staker Pentecost, Hercules Hansen
    Genere: Introspettivo, Erotico
    Rating: Rosso
    Avvertimenti: Oneshot, Slash, Spanking
    Conteggio Parole: 1700
    Prompt: Herc Hansen/Stacker Pentecost, A Pentecost non piace essere toccato
    Note: 1. Scritta per il p0rnfest #7.
    2. Dedicata al mio amore<3





    Stacker Pentecost detestava essere toccato e quello Hercules Hansen lo sapeva fin troppo bene.
    L’inglese gli aveva più volte detto che trovava il ‘contatto fisico non autorizzato’ una mancanza di rispetto nei suoi confronti, ma secondo Herc quella era solo una fottutissima scusa per ammanettarlo e farlo impazzire, perché di ‘non autorizzato’ c’era ben poco nel loro rapporto.
    In fondo scopavano da quanto? Cinque anni? Sei?
    Herc aveva perso il conto - almeno in quel momento così 'delicato' -, ma una cosa era chiara: Stacker trovava eccitante bloccargli le mani dietro la schiena. E a dirla tutta, Hansen avrebbe di gran lunga preferito sentire quella spiegazione alla scusa del ‘contatto fisico non autorizzato’… e sarebbe stato anche in grado di sputargli in faccia quelle sue considerazioni se la sua bocca non fosse stata tanto impegnata a mugugnare e a sospirare cose senza senso.
    Perché Stacker oltre ad essere un maledettissimo maniaco - non che gli dispiacesse in fin dei conti - era anche fottutamente bravo in quello che faceva - per l’appunto: ad Herc non dispiaceva per niente quella situazione.
    Pentecost era in grado di farlo muovere come meglio credeva, di farlo tremare e gemere con la sola torsione delle dita, affondate nel suo orifizio così in fondo da poter sentire le nocche premute contro le natiche.
    Lo aveva costretto senza alcuna difficoltà con il viso contro il cuscino, le ginocchia piantate sul materasso ed il sedere in aria, pronto ad offrirsi al suo amante senza alcuna vergogna.
    L’orgoglio dell’australiano si sarebbe sentito sicuramente ferito nell’osservare quella scena dall’esterno ma, fortunatamente, non aveva quella capacità e Stacker sapeva bene come continuare ad utilizzare le dita.
    « Voglio sentire la tua voce», ordinò l’inglese, facendo scivolare le falangi verso l’esterno, rubando ad Herc un altro gemito ed una mezza imprecazione, bloccato dalle due dita che si allargarono lentamente vicino ai bordi ruvidi del suo orifizio.
    « M-maledetto bastardo», ringhiò Hansen in risposta, stringendo gli occhi ed ansimando a bocca aperta contro la fodera del cuscino.
    « Non ho sentito bene», ribatté Staker con una calma quasi innaturale che fece tremare l’australiano. Era assurda la sua capacità di mantenere il controllo in quelle situazioni - lo stesso Herc, nonostante le passate esperienze con il suo amante, non avrebbe mai smesso di stupirsi -, e come se fosse la cosa più naturale del mondo allontanò del tutto le dita, lasciando l’australiano a mugugnare frustrato per quell’improvviso vuoto.
    « Stacker», ansimò Hansen cercando di voltarsi verso di lui, venendo però bloccato dalla voce ferma dell’altro.
    « Un numero».
    « C-cosa?»
    « Dammi un numero», ordinò ancora Pentecost.
    « Ma che… s-sette!», ribatté Herc confuso da quell’inattesa richiesta che si scontrò con la sua spiegazione quando Stacker gli schiaffeggiò con forza una natica facendolo sussultare e gemere.
    « Scontato. Hai pensato a Lucky Seven, vero Hercules?», insinuò l’inglese, tenendo ancora la mano sulla natica offesa.
    Herc non rispose e Pentecost, con voce calma, riprese a parlare.
    « Voglio sentirti contare e mostrarmi rispetto. Siamo intesi?», chiese, colpendolo per una seconda volta e costringendolo ad esalare un basso: « Sì, signore».
    Staker era in grado di farlo capitolare con una facilità inaudita - annientava del tutto la sua testardaggine -, e quando la mano calò di nuovo sulla natica dell’australiano, questo non si stupì quando dalla sua bocca uscì un nuovo verso di dolore ed un: « U-uno, signore».
    L’inglese non diede segno di aver apprezzato la sua ubbidienza, colpendolo ancora con la stessa intensità.
    « Nh… due, s-signore».
    Hansen sentiva il viso in fiamme per quel trattamento - « T-tre, signore…» -, ma stringendo i denti continuò ad assecondare Pentecost.
    Dopo le successive due manate - « C-cin… cinque, s-signore» -, l’australiano iniziò ad avvertire non solo il sempre più pungente dolore sulla natica, che veniva colpita con forza dal palmo del suo amante, ma anche un vago piacere che andava a riversarsi tra le sue gambe.
    La sua erezione pulsava in modo sempre più doloroso, rendendo quella ‘punizione’ perversamente eccitante.
    La mano lo schiaffeggiò ancora, rubandogli un gemito diverso dai precedenti lamenti.
    « S-sei…»
    « Non ho sentito».
    Herc tremò, chiudendo gli occhi.
    « S-sei, signore…»
    « Bravo, ranger», lo lodò Stacker - stava sorridendo, Hercules ne era certo -, prima di far calare per l’ultima volta il palmo sulla natica, facendola schioccare al contatto.
    « A-ahh… s-sette, s-signore…»
    La mano rimase ferma sulla pelle ormai arrossata e sensibile, massaggiandola piano e facendo sospirare ancora l'australiano.
    « Hai compreso la lezione, Hercules?», domandò piano, ed Herc digrignando i denti si costrinse a rispondere.
    « S-sì, signore».
    Era sul punto di scoppiare.
    Di umiliarsi e di gridargli contro che voleva venire perché non riusciva più a sopportare che la sua erezione venisse ignorata in quel modo.
    Tutto il suo corpo era al limite e tremava ad ogni tocco di quella maledetta mano sulle sue natiche.
    Ancora una volta piacere e dolore si stavano mischiando ed Herc non era certo di essere in grado di lamentarsi, ed infatti a Stacker bastò poco per farlo cedere di nuovo.
    Alle narici di Hansen giunse leggero l'ormai familiare odore del lubrificante e, ancor prima di rendersene conto, le dita dell'inglese erano di nuovo dentro di lui.
    Gemette e si morse le labbra, continuando a mugugnare ad ogni movimento delle due falangi affondate nella sua carne.
    « Riesci a prenderne tre, Herc?», domandò d'un tratto Pentecost.
    Hansen mugugnò, stringendo i pugni senza però dargli una vera e propria risposta.
    Stacker allora allontanò le dita per l'ennesima volta.
    « Herc. Rispondi», mormorò con tono autoritario e quasi minaccioso.
    « S-sì», ringhiò Hansen, mostrando i denti con frustrazione.
    « 'Sì' cosa, Hercules...»
    « S-sì, signore»
    L'australiano non aveva bisogno di guardarlo neanche quella volta per sapere che stava sorridendo.
    Qualche attimo dopo, Pentecost spinse di nuovo le due falangi all'interno dell'apertura del suo compagno, strappandogli un gemito.
    « Bravo, stai imparando», dichiarò, muovendo le dita come per premiarlo, scostandosi poi solo per prendere di nuovo il lubrificante per versarlo sull'orifizio e sulle falangi.
    Herc ansimò, muovendo nervosamente le braccia che restavano bloccate dietro la schiena.
    Maledizione, pensò l'australiano, desiderava liberarsi e far vedere a Stacker di cosa era capace ma quando l'altro iniziò a sfregare le tre dita sulla sua apertura il suo corpo si gelò.
    Trattenne il respiro - come in attesa della penetrazione -, e quando le falangi scivolarono all'interno dell'orifizio, Herc si concesse un sospiro che venne subito cancellato da nuovi versi che iniziarono ad abbandonare le sue labbra senza poterli controllare.
    Era un'intrusione fastidiosa, ma Stacker non aveva perso tempo. Le dita scivolavano sul lubrificante sempre più affondo nella carne dell'australiano, allargando le pareti e cercando di colpire l'ormai sensibile prostata.
    Il suo corpo sussultava ad ogni movimento, tremava e non era neanche certo di come fosse ancora in grado di reggersi sulle ginocchia.
    Sapeva solo di aver iniziato a far ondeggiare il bacino quando Stacker - quel gran figlio di puttana - gli aveva detto: « Muoviti».
    Gli era bastata solo una parola, ed Herc aveva reagito di conseguenza facendosi scopare solo dalle dita di Pentecost e gemendo come una cagna in calore e, maledizione, era umiliante! Ma non gli importava realmente, voleva solo venire.
    Aumentò allora il ritmo, facendo rimbalzare la sua erezione contro gli addominali ad ogni movimento rendendo il piacere quasi frustrante.
    « T-toccami», ansimò, stringendo i pugni ed arrossendo se possibile ancora di più.
    « Non ho sentito bene, Herc», rispose Stacker, allontanando leggermente le dita e costringendo l'altro a seguirlo con il bacino.
    Si impose il silenzio. Era già abbastanza umiliante senza doverlo pregare - perché era quello che Pentecost voleva.
    « Hercules», lo riprese l'inglese - nella sua voce era quasi possibile avvertire l’ombra di un sorriso -, portando l'altra mano sulla punta dell'erezione dell’altro, stringendola tra l'indice ed il pollice e riuscendo a rubargli un gemito abbastanza acuto.
    « N-no», si impuntò Hansen, cercando però di andargli ugualmente incontro - era ironico ed affascinante come il suo corpo fosse in grado di desiderare e rifiutare al tempo stesso un qualcosa di così… necessario.
    Non voleva umiliarsi ulteriormente.
    Non doveva farlo.
    « Vuoi venire, Ranger Hansen?», domandò Stacker piegandosi fino a sussurrare quelle quattro parole sul suo orecchio, utilizzando un tono ben più serio ed imperativo di quello che aveva usato fino a poco prima.
    « S-sì…», rispose con voce roca l’australiano, cercando ancora di aggrapparsi a quell’ultimo residuo d’orgoglio che gli rimaneva.
    « Dillo», ordinò Pentecost, osservandolo digrignare ancora i denti nel tentativo di darsi un freno e continuando a muovere le dita dentro il suo orifizio.
    Scosse il capo, mugugnando e ricevendo come punizione una nuova manata sulle natiche.
    « A-ah!»
    « Il mio è un ordine, Ranger», gli fece presente Stacker, torcendo le dita dentro l’apertura.
    « C-cazzo... v-voglio ve-venire, signore», ansimò Herc, trovando solo la forza per arrendersi.
    Non poteva fare altro e, come se non bastasse, Pentecost sapeva essere davvero molto convincente - era in grado di lasciarlo in quello stato senza farlo venire, portarlo al limite e poi negargli l'orgasmo.
    « Vedi, Hercules, se fai il bravo... poi vieni ricompensato», dichiarò con calma l'inglese, portando di nuovo la mano tra le gambe di Hansen, stringendola attorno al suo sesso ed iniziando a massaggiarlo con lo stesso ritmo costante con il quale spingeva le falangi all’interno dell’orifizio.
    Hercules non resistette a lungo - il suo corpo era ormai un fascio di nervi sensibili, pronto a reagire alla minima stimolazione -, e venendo nella mano di Stacker, crollò definitivamente sul letto ormai a corto di fiato.
    Pentecost mosse ancora un poco le falangi dentro l’apertura per poi farle scivolare lentamente fuori.
    L’australiano si lasciò sfuggire un altro mugugno, tremando per il forte orgasmo che lo aveva appena travolto.
    Avrebbe voluto sospirare, sollevato per la fine di quella tortura, ma quando Stacker lo afferrò di nuovo per il bacino facendolo cozzare contro il suo, facendogli sentire la sua erezione ancora dura, Herc comprese suo malgrado che non era per niente finito.
    Strinse le labbra, incapace però di trattenere un mezzo sorriso.
    « M-mi permetta di dire una cosa, signore», sibilò, trattenendo un gemito quando l’erezione dell’uomo scivolò dentro di lui aiutata dal lubrificante, « lei è un grandissimo figlio di puttana».
    Pentecost parve quasi sghignazzare per quel suo commento ma, stringendo con forza i suoi fianchi entrò nella sua apertura con una spinta più profonda ed improvvisa che lo fece gemere.
    « Ti meriti una punizione, Hercules», rispose e l’australiano, pur dandosi dello stupido per quella sua mossa così azzardata, non poté non godersi quella nuova punizione alla quale Stacker lo stava sottoponendo.
    Bastardo o meno, il punto era sempre lo stesso: Stacker Pentecost era fottutamente bravo in quello che faceva.



  14. .
    Titolo: Chuck hated an endless amount of things
    Fandom: Pacific Rim
    Personaggi: Chuck Hansen, Hercules Hansen
    Genere: Introspettivo, Erotico
    Rating: Rosso
    Avvertimenti: Oneshot, Slash, Dirty Talking, Daddy!Kink, Incest
    Conteggio Parole: 770
    Prompt: Chuck Hansen/Herc Hansen, Daddy!Kink
    Note: 1. Scritta per il p0rnfest #7.
    2. Dedicata al mio amore che li shippa tantissimo >w<
    3. Non betata ç_ç<3




    Chuck odiava una quantità infinita di cose.
    Odiava quando Sasha Kaidanovsky lo trattava come un moccioso pizzicandogli le guance - ed aveva pure paura di reagire vista la mole del marito. Odiava essere battuto a basket dai Wei Triplets - spuntavano da ogni fottuta parte quei tre!
    Odiava anche vedere Max giocare con Rah-qualcosa - il suo cane era un traditore! - e odiava inoltre il fatto che Mako avesse scoperto della sua adolescenziale fase da ‘Gipsy Danger Fan’.
    Ma più di ogni altra cosa, Chuck detestava quei momenti in cui suo padre decideva di stuzzicarlo, interrompendo una di quelle che poteva benissimo essere definita la miglior scopata della sua vita.
    Sicuramente Herc trovava divertente riuscire a portarlo al limite - forse era una sorta di vendetta per come lo trattava davanti a tutto lo Shatterdome -, ma di certo il ragazzo era ben lontano dal considerare ‘divertente’ il non potersi muovere… sentire il sesso di suo padre immobile dentro di lui e le dita strette con fermezza sui suoi fianchi.
    Erano forti e ruvide. Sicure e familiari.
    Adorava le mani di suo padre, tranne quando lo tenevano bloccato in quel modo e gli impedivano di continuare a farsi scopare.
    « Sei la piccola puttana di papà...»
    Chuck ringhiò irritato, cercando di spingere il bacino verso quello di Herc e di ignorare il rossore che andava ad imporporargli il viso.
    « Vuoi il cazzo di papà?», continuò l'uomo con voce roca, leccandogli l'orecchio.
    « S-stronzo».
    « Lo vuoi, vero? Non vuoi altro che il cazzo di papà. Saresti disposto anche a pregare, vero?»
    Una spinta. Una sola e Chuck, gemendo, si morse le labbra per non parlare.
    La voce di suo padre era roca e profonda, gli carezzava le orecchie distruggendo una ad una tutte le sue difese.
    « Allora… lo desideri, piccolo mio?», insistette Herc, succhiando la pelle tesa del collo del ragazzo.
    Chuck tremò visibilmente - lo odiava! -, ritrovandosi poi a borbottare con rabbia un « S-sì», stringendo i pugni fino a far diventare bianche le nocche delle dita.
    « Cosa?», Herc gli baciò il collo, leccando i segni che aveva lasciato sulla pelle dell’altro.
    « V-voglio i-il... il cazzo di p-papà», mormorò, umiliandosi alla ricerca di quel piacere che gli veniva negato.
    Non voleva giocare.
    Chuck voleva essere scopato. Voleva solo che il cazzo di suo padre lo fottesse come era giusto che fosse.
    « Bravo, figliolo», lo lodò l'uomo chiaramente compiaciuto, donandogli una nuova spinta che lo fece gemere con più forza.
    “ Finalmente”, pensò sollevato, sentendo i brividi correre lungo tutto il suo corpo.
    « Fammi sentire la tua voce…», mugugnò Herc, riprendendo a muoversi dentro e fuori il suo orifizio con un ritmo moderato e regolare.
    Stringeva ancora le dita con forza, dettando il ritmo di quelle spinte sempre più decise, e Chuck, ormai incapace di trattenersi, non poté far altro che emettere dei versi sempre più alti, seguendo l’ordine di suo padre.
    « A-Ahhh… più f-forte… p-papà… ah… f-forte...», ed Herc, soddisfatto dai suoi versi, aumentava l’intensità delle sue spinte, costringendo l’orifizio di Chuck a stringersi su di lui ad ogni ondata di piacere.
    « Toccati…», mugugnò d’un tratto l’uomo, baciandogli la spalla senza però arrestare i suoi movimenti, « Fai vedere a... tuo padre quanto ti piace… farti fottere da lui…»
    Chuck gemette per quelle parole, e senza neanche rendersene conto portò una mano sulla sua erezione, iniziando a carezzarla con la crescente velocità degli affondi di suo padre.
    « Ahh… p-papà…»
    I suoi gemiti abbandonavano la sua bocca ormai senza freni.
    Non gli importava d'altro se non il raggiungere l'apice di quell'amplesso.
    « Vieni… vieni per me, Chuck…», ansimò Herc contro il suo orecchio, e come se non avesse aspettato altro, il ragazzo raggiunse l’orgasmo, venendo poi imitato qualche momento dopo anche dall’uomo.
    Gemendo per l'ultima volta, Chuck crollò sul letto esausto. Il suo corpo sembrava aver perso ogni residuo di forza, ed Herc stesso, a sua volta stremato ma soddisfatto, scivolò fuori dal suo orifizio per raggiungerlo disteso sul materasso.
    Chuck, gli lanciò una breve occhiata, e non riuscì a trattenersi dal donargli una debole gomitata.
    « Sei un vecchio maniaco», commentò con voce stanca, strappando però un sorrisetto all’uomo.
    « Credo sia una dote di famiglia. Tu che dici, figliolo?», ribatté allungando la mano per carezzare la schiena sudata del ragazzo, risalendo poi verso la nuca.
    " Gli stava facendo dei 'grattini'?", si chiese lasciandosi sfuggire un sospiro.
    Maledizione, erano proprio dei 'grattini'!
    Il ragazzo non poté non chiudere gli occhi, godendosi istintivamente le dita del padre ‘grattargli’ la nuca - aveva lo straordinario potere di rilassarlo.
    « Forse sì, papà», mugugnò incapace di trattenere la soddisfazione nella sua voce.
    Chuck odiava tantissime cose, ma quella era una di quelle poche situazioni in grado di fargli dimenticare quando trovasse imbarazzante farsi trattare in quel modo da Herc.


  15. .
    Titolo: Feelings
    Fandom: Pacific Rim
    Personaggi: Hermann Gottlieb, Newton Geiszler
    Genere: Introspettivo, Erotico
    Rating: Rosso
    Avvertimenti: Oneshot, Slash, HandJob
    Conteggio Parole: 1400
    Prompt: Hermann Gottlieb/Newton Geiszler, Masturbation
    Note: 1. Scritta per il p0rnfest #7.
    2. Dedicata al mio amore che li shippa tantissimo >w<
    3. Non betata ç_ç<3




    Newt sorrise, e stranamente Hermann trovò quell'espressione vagamente rassicurante.
    « Non devi vergognarti», esordì Geiszler facendo scivolare i pantaloni di Gottlieb verso il basso, « Non mi importa… cioè… sì, mi importa! Ma n-non il tuo aspetto! Intendo: m-mi vai bene così!», proseguì balbettando un poco e scoprendo le fini e pallide gambe del collega e compagno.
    Solo una cicatrice, di un innaturale colore tra il blu ed il viola, sfregiava il corpo di Hermann partendo dal fianco fino a concludersi sul ginocchio. Era quella la fonte del disagio del suo possessore.
    « Newton», mormorò Hermann, trattenendosi dal portare la mani su quello sfregio per nasconderlo per stringerle invece sulla trapunta del letto sul quale era seduto.
    L’altro però lo ignorò, studiando da vicino la cicatrice. Stava lì da anni eppure a Newt sembrò ancora fresca, tant'è che non riuscì a trattenersi dal percorrerla con l'indice.
    Hermann sussultò con il volto rosso per l'imbarazzo quando avvertì quella leggera carezza su quel punto così delicato.
    Nessuno lo aveva mai toccato in quel modo - esclusi i medici e lui stesso -, e scoprì che nonostante il disagio non era un contatto spiacevole.
    « N-Newton…», ripeté con più incertezza, incrociando subito dopo le chiare iridi dell’altro.
    « Ti fa sempre male?», domandò Geiszler.
    « Cosa? N-no».
    Il suo era per lo più un fastidio legato alla muscolatura danneggiata e altre cose che, in quel momento, non era certo di ricordare. Non con le mani di Newt che lo sfioravano leggere.
    « Trovo che sia… affascinante», riprese Geiszler, « Il fatto che sembri ‘fresca’, intendo. Ma anche tu lo sei, cioè, affascinante dico e… ti sta bene. M-mi spiego, s-staresti bene anche senza ovviamente! M-ma è… diverso…», iniziò a balbettare, senza riuscire a tirarsi fuori da quella situazione virtualmente spiacevole.
    Non voleva che un suo commento 'stonato' rovinasse quella situazione così intima.
    « Newt... va bene così», mormorò Hermann, « Parli troppo», aggiunse riuscendo a strappare un vago lamento divertito all'altro - Newton era un poco logorroico, e ne erano entrambi pienamente consapevoli.
    « Posso toccarti ancora?», ribatté allora Newt ed al leggero movimento del capo di Gottlieb portò di nuovo la mano sulla cicatrice.
    La carezzò con il palmo, poi di nuovo con le dita, ascoltando i leggeri brividi che scuotevano l’altro.
    Quasi non aveva bisogno di guardare Hermann in volto per immaginare quale fosse la sua espressione, sapeva che il suo compagno era rosso in volto e che si stava mordendo le labbra pur di non emettere un solo verso - non tanto per dispetto ma per l’imbarazzo.
    Gli rivolse allora un piccolo sorriso nel tentativo di rassicurarlo. Lui stesso era imbarazzato perché quella era la prima volta che si trovavano con così pochi vestiti addosso - avevano entrambi i boxer, Hermann indossava una camicia mentre lui era rimasto con una canottiera -, ma stava facendo quello che desiderava, e in un certo qual modo riusciva a dimenticare quella spiacevole sensazione di disagio.
    « E se… ci spostassimo sul letto?», propose lanciando un’occhiata alle spalle di Gottlieb, « Cioè… siamo già a letto… intendo, potremo distenderci», spiegò con una risatina nervosa.
    « S-sì», annuì Hermann, e sollevandosi - ignorando al tempo stesso il tremore alle gambe -, si tolse del tutto i pantaloni arrotolati ai suoi piedi. Li piegò nel tentativo di pensare a qualcos’altro e li ripose sulla cassettiera ‘nella sua parte di stanza’.
    Prese un respiro e tornò sul letto dove Newton già lo aspettava nascosto sotto le coperte, prendendo posto accanto a lui.
    Non era la prima volta che dormivano nello stesso letto ma quella nottata era iniziata con una diversa intimità ed Hermann non era certo che le cose sarebbero andate a finire ‘nel modo giusto’ - non era vergine ovviamente, ma Newton lo faceva sentire strano.
    Geiszler si girò sul fianco, avvicinandosi un poco all’altro.
    « Posso farlo ancora?», chiese, costringendo Hermann a voltarsi del tutto verso di lui.
    « C-cosa?»
    « La gamba! Se non ti da fastidio», rispose Newton allungando la mano quando Gottlieb mormorò un basso: « Sì».
    Lentamente, fece di nuovo scorrere le dita sul fianco del suo compagno. Scendendo e risalendo con dei movimenti che ebbero il potere di rilassarlo ed eccitarlo al tempo stesso, e che spinsero Hermann ad avvicinarsi ulteriormente.
    Il suo corpo cercava un contatto maggiore, ed il suo cervello, pur tentando di mantenere il controllo, desiderava la stessa cosa.
    Per quel motivo non si accorse neanche quando le sue labbra si posarono su quelle di Newt per baciarlo - o era stato l'altro a fare la prima mossa? -, sentiva solo che era... la cosa giusta da fare.
    Non esistevano libretti di istruzioni, algoritmi o altri calcoli per aiutarlo in quella situazione: poteva solo affidarsi al suo istinto.
    Cercò allora di restituire quelle carezze, allungando la mano per sfiorare il braccio nudo di Newton mentre le loro labbra continuavano ad incontrarsi in dei lenti baci.
    Non era male. Ed anche Geiszler, inizialmente stupito dall'iniziativa dell'altro, decise di osare a sua volta facendo salire le dita sull'elastico dell'intimo. Si fermò lì senza andare oltre, aspettando una reazione da parte di Hermann.
    Lo sentì tendersi un poco per quel diverso approccio ma non allontanò il suo compagno.
    « Ti sta... bene? Mi spiego», bofonchiò Geiszler, « Questo che stiamo... facendo».
    Hermann si trattenne dal chiedergli che cose effettivamente stavano facendo - era una domanda stupida, e lui non faceva mai domande di quel tipo -, e mosse invece il capo per dare all'altro il permesso di proseguire.
    Continuava ad ignorare quali sarebbero stati i risultati di quel nuovo approccio, ma era ormai chiaro che non fosse una cosa spiacevole.
    Chiuse gli occhi quando Newt spinse verso il basso i boxer, ed allontanò istintivamente i fianchi quando sentì le dita dell'altro troppo vicine al suo sesso.
    Geiszler però agì d'anticipo posando la mano sul bacino di Gottlieb per non farlo fuggire, guardandolo negli occhi alla ricerca di una risposta.
    Poteva andare avanti o doveva fermarsi?
    Ad essere sincero, Newt non si era mai spinto così avanti con un uomo - tutte le sue esperienze con il sesso maschile si riducevano alle carezze con Hermann e a qualche filmino dalla dubbia provenienza -, ma sapeva come muoversi. O, almeno, conosceva la teoria.
    Gottlieb prese un respiro, trattenendolo poi tra le labbra serrate mentre annuiva lentamente. Sembrava ‘diviso’ agli occhi di Newton, ma quello non fermò quest’ultimo dallo spostare l'arto sul sesso semi eretto del suo compagno.
    Continuò a tenerlo d'occhio mentre toccava l'asta timidamente, studiando al tempo stesso le reazioni di Gottlieb e quella parte del suo corpo ancora sconosciuta.
    Lo sentiva sussultare e talvolta anche sospirare per le sue carezze incerte, ed più continuava a percorrere con le dita il sesso di Hermann più lo avvertiva crescere e diventare duro.
    Era eccitante, e pur non toccandosi anche Newt sentiva la sua erezione reagire al piacere di Hermann, il quale ad un certo punto sembrò quasi non esitare nell'imitarlo, portando la mano tra le gambe di Geiszler.
    Sussultò stupito per quel gesto - anche per la scarica d'eccitazione che gli percorse la colonna vertebrale nel sentire le dita di Hermann sul suo sesso.
    Si scambiano un'occhiata senza più parlare, decidendo con quel muto scambio di sguardi di continuare a toccarsi a vicenda, esplorando i loro corpi per la prima volta.
    Gottlieb, pur avendo trovato il coraggio di spingersi così avanti, non riuscì tuttavia a superare l'ostacolo dell'intimo e si limitò a toccare il sesso di Newton attraverso la stoffa.
    Strinse la mano, facendola scorrere in alto ed in basso, simulando gli stessi movimenti che Geiszler faceva sulla sua erezione.
    Lentamente iniziarono entrambi a superare quell'iniziale imbarazzo e a prendere confidenza con quelle intime carezze, e più queste diventavano decise più i loro respiri si mischiavano tra le loro labbra ancora così vicine da sfiorarsi.
    Fronte contro fronte continuarono a masturbarsi l'un l'altro, ascoltando i rochi gemiti - intervallati dai loro nomi - che neanche si curavano di bloccare.
    Presto i loro stessi fianchi iniziarono a flettersi con necessità e a muoversi con quello stesso ritmo, accompagnando quei tocchi fino al raggiungimento dell'orgasmo che li lasciò senza fiato.
    Non si allontanarono l'uno dall'altro, godendosi la rispettiva vicinanza e quella piacevole sensazione di appagamento che per qualche istante riuscì a cancellare quella ben più sgradevole causata dallo sperma che macchiava le lenzuola e l'intimo.
    Forse quella nottata non si sarebbe conclusa con abbracci e baci tra due teneri innamorati. Con molte probabilità infatti sarebbe terminata tra infinite discussioni sull'igiene ed altri futili argomenti che l'indomani mattina non avrebbero neanche ricordato - come sempre d'altro canto.
    Ma almeno per quel momento erano entrambi certi di non voler pensare all'inevitabile.
    Volevano solamente concentrarsi su quelle piacevoli sensazioni appena vissute.




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