Don't Touch

NC-17 | Stacker Pentecost/Herc Hansen

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    Titolo: Don’t Touch
    Fandom: Pacific Rim
    Personaggi: Staker Pentecost, Hercules Hansen
    Genere: Introspettivo, Erotico
    Rating: Rosso
    Avvertimenti: Oneshot, Slash, Spanking
    Conteggio Parole: 1700
    Prompt: Herc Hansen/Stacker Pentecost, A Pentecost non piace essere toccato
    Note: 1. Scritta per il p0rnfest #7.
    2. Dedicata al mio amore<3





    Stacker Pentecost detestava essere toccato e quello Hercules Hansen lo sapeva fin troppo bene.
    L’inglese gli aveva più volte detto che trovava il ‘contatto fisico non autorizzato’ una mancanza di rispetto nei suoi confronti, ma secondo Herc quella era solo una fottutissima scusa per ammanettarlo e farlo impazzire, perché di ‘non autorizzato’ c’era ben poco nel loro rapporto.
    In fondo scopavano da quanto? Cinque anni? Sei?
    Herc aveva perso il conto - almeno in quel momento così 'delicato' -, ma una cosa era chiara: Stacker trovava eccitante bloccargli le mani dietro la schiena. E a dirla tutta, Hansen avrebbe di gran lunga preferito sentire quella spiegazione alla scusa del ‘contatto fisico non autorizzato’… e sarebbe stato anche in grado di sputargli in faccia quelle sue considerazioni se la sua bocca non fosse stata tanto impegnata a mugugnare e a sospirare cose senza senso.
    Perché Stacker oltre ad essere un maledettissimo maniaco - non che gli dispiacesse in fin dei conti - era anche fottutamente bravo in quello che faceva - per l’appunto: ad Herc non dispiaceva per niente quella situazione.
    Pentecost era in grado di farlo muovere come meglio credeva, di farlo tremare e gemere con la sola torsione delle dita, affondate nel suo orifizio così in fondo da poter sentire le nocche premute contro le natiche.
    Lo aveva costretto senza alcuna difficoltà con il viso contro il cuscino, le ginocchia piantate sul materasso ed il sedere in aria, pronto ad offrirsi al suo amante senza alcuna vergogna.
    L’orgoglio dell’australiano si sarebbe sentito sicuramente ferito nell’osservare quella scena dall’esterno ma, fortunatamente, non aveva quella capacità e Stacker sapeva bene come continuare ad utilizzare le dita.
    « Voglio sentire la tua voce», ordinò l’inglese, facendo scivolare le falangi verso l’esterno, rubando ad Herc un altro gemito ed una mezza imprecazione, bloccato dalle due dita che si allargarono lentamente vicino ai bordi ruvidi del suo orifizio.
    « M-maledetto bastardo», ringhiò Hansen in risposta, stringendo gli occhi ed ansimando a bocca aperta contro la fodera del cuscino.
    « Non ho sentito bene», ribatté Staker con una calma quasi innaturale che fece tremare l’australiano. Era assurda la sua capacità di mantenere il controllo in quelle situazioni - lo stesso Herc, nonostante le passate esperienze con il suo amante, non avrebbe mai smesso di stupirsi -, e come se fosse la cosa più naturale del mondo allontanò del tutto le dita, lasciando l’australiano a mugugnare frustrato per quell’improvviso vuoto.
    « Stacker», ansimò Hansen cercando di voltarsi verso di lui, venendo però bloccato dalla voce ferma dell’altro.
    « Un numero».
    « C-cosa?»
    « Dammi un numero», ordinò ancora Pentecost.
    « Ma che… s-sette!», ribatté Herc confuso da quell’inattesa richiesta che si scontrò con la sua spiegazione quando Stacker gli schiaffeggiò con forza una natica facendolo sussultare e gemere.
    « Scontato. Hai pensato a Lucky Seven, vero Hercules?», insinuò l’inglese, tenendo ancora la mano sulla natica offesa.
    Herc non rispose e Pentecost, con voce calma, riprese a parlare.
    « Voglio sentirti contare e mostrarmi rispetto. Siamo intesi?», chiese, colpendolo per una seconda volta e costringendolo ad esalare un basso: « Sì, signore».
    Staker era in grado di farlo capitolare con una facilità inaudita - annientava del tutto la sua testardaggine -, e quando la mano calò di nuovo sulla natica dell’australiano, questo non si stupì quando dalla sua bocca uscì un nuovo verso di dolore ed un: « U-uno, signore».
    L’inglese non diede segno di aver apprezzato la sua ubbidienza, colpendolo ancora con la stessa intensità.
    « Nh… due, s-signore».
    Hansen sentiva il viso in fiamme per quel trattamento - « T-tre, signore…» -, ma stringendo i denti continuò ad assecondare Pentecost.
    Dopo le successive due manate - « C-cin… cinque, s-signore» -, l’australiano iniziò ad avvertire non solo il sempre più pungente dolore sulla natica, che veniva colpita con forza dal palmo del suo amante, ma anche un vago piacere che andava a riversarsi tra le sue gambe.
    La sua erezione pulsava in modo sempre più doloroso, rendendo quella ‘punizione’ perversamente eccitante.
    La mano lo schiaffeggiò ancora, rubandogli un gemito diverso dai precedenti lamenti.
    « S-sei…»
    « Non ho sentito».
    Herc tremò, chiudendo gli occhi.
    « S-sei, signore…»
    « Bravo, ranger», lo lodò Stacker - stava sorridendo, Hercules ne era certo -, prima di far calare per l’ultima volta il palmo sulla natica, facendola schioccare al contatto.
    « A-ahh… s-sette, s-signore…»
    La mano rimase ferma sulla pelle ormai arrossata e sensibile, massaggiandola piano e facendo sospirare ancora l'australiano.
    « Hai compreso la lezione, Hercules?», domandò piano, ed Herc digrignando i denti si costrinse a rispondere.
    « S-sì, signore».
    Era sul punto di scoppiare.
    Di umiliarsi e di gridargli contro che voleva venire perché non riusciva più a sopportare che la sua erezione venisse ignorata in quel modo.
    Tutto il suo corpo era al limite e tremava ad ogni tocco di quella maledetta mano sulle sue natiche.
    Ancora una volta piacere e dolore si stavano mischiando ed Herc non era certo di essere in grado di lamentarsi, ed infatti a Stacker bastò poco per farlo cedere di nuovo.
    Alle narici di Hansen giunse leggero l'ormai familiare odore del lubrificante e, ancor prima di rendersene conto, le dita dell'inglese erano di nuovo dentro di lui.
    Gemette e si morse le labbra, continuando a mugugnare ad ogni movimento delle due falangi affondate nella sua carne.
    « Riesci a prenderne tre, Herc?», domandò d'un tratto Pentecost.
    Hansen mugugnò, stringendo i pugni senza però dargli una vera e propria risposta.
    Stacker allora allontanò le dita per l'ennesima volta.
    « Herc. Rispondi», mormorò con tono autoritario e quasi minaccioso.
    « S-sì», ringhiò Hansen, mostrando i denti con frustrazione.
    « 'Sì' cosa, Hercules...»
    « S-sì, signore»
    L'australiano non aveva bisogno di guardarlo neanche quella volta per sapere che stava sorridendo.
    Qualche attimo dopo, Pentecost spinse di nuovo le due falangi all'interno dell'apertura del suo compagno, strappandogli un gemito.
    « Bravo, stai imparando», dichiarò, muovendo le dita come per premiarlo, scostandosi poi solo per prendere di nuovo il lubrificante per versarlo sull'orifizio e sulle falangi.
    Herc ansimò, muovendo nervosamente le braccia che restavano bloccate dietro la schiena.
    Maledizione, pensò l'australiano, desiderava liberarsi e far vedere a Stacker di cosa era capace ma quando l'altro iniziò a sfregare le tre dita sulla sua apertura il suo corpo si gelò.
    Trattenne il respiro - come in attesa della penetrazione -, e quando le falangi scivolarono all'interno dell'orifizio, Herc si concesse un sospiro che venne subito cancellato da nuovi versi che iniziarono ad abbandonare le sue labbra senza poterli controllare.
    Era un'intrusione fastidiosa, ma Stacker non aveva perso tempo. Le dita scivolavano sul lubrificante sempre più affondo nella carne dell'australiano, allargando le pareti e cercando di colpire l'ormai sensibile prostata.
    Il suo corpo sussultava ad ogni movimento, tremava e non era neanche certo di come fosse ancora in grado di reggersi sulle ginocchia.
    Sapeva solo di aver iniziato a far ondeggiare il bacino quando Stacker - quel gran figlio di puttana - gli aveva detto: « Muoviti».
    Gli era bastata solo una parola, ed Herc aveva reagito di conseguenza facendosi scopare solo dalle dita di Pentecost e gemendo come una cagna in calore e, maledizione, era umiliante! Ma non gli importava realmente, voleva solo venire.
    Aumentò allora il ritmo, facendo rimbalzare la sua erezione contro gli addominali ad ogni movimento rendendo il piacere quasi frustrante.
    « T-toccami», ansimò, stringendo i pugni ed arrossendo se possibile ancora di più.
    « Non ho sentito bene, Herc», rispose Stacker, allontanando leggermente le dita e costringendo l'altro a seguirlo con il bacino.
    Si impose il silenzio. Era già abbastanza umiliante senza doverlo pregare - perché era quello che Pentecost voleva.
    « Hercules», lo riprese l'inglese - nella sua voce era quasi possibile avvertire l’ombra di un sorriso -, portando l'altra mano sulla punta dell'erezione dell’altro, stringendola tra l'indice ed il pollice e riuscendo a rubargli un gemito abbastanza acuto.
    « N-no», si impuntò Hansen, cercando però di andargli ugualmente incontro - era ironico ed affascinante come il suo corpo fosse in grado di desiderare e rifiutare al tempo stesso un qualcosa di così… necessario.
    Non voleva umiliarsi ulteriormente.
    Non doveva farlo.
    « Vuoi venire, Ranger Hansen?», domandò Stacker piegandosi fino a sussurrare quelle quattro parole sul suo orecchio, utilizzando un tono ben più serio ed imperativo di quello che aveva usato fino a poco prima.
    « S-sì…», rispose con voce roca l’australiano, cercando ancora di aggrapparsi a quell’ultimo residuo d’orgoglio che gli rimaneva.
    « Dillo», ordinò Pentecost, osservandolo digrignare ancora i denti nel tentativo di darsi un freno e continuando a muovere le dita dentro il suo orifizio.
    Scosse il capo, mugugnando e ricevendo come punizione una nuova manata sulle natiche.
    « A-ah!»
    « Il mio è un ordine, Ranger», gli fece presente Stacker, torcendo le dita dentro l’apertura.
    « C-cazzo... v-voglio ve-venire, signore», ansimò Herc, trovando solo la forza per arrendersi.
    Non poteva fare altro e, come se non bastasse, Pentecost sapeva essere davvero molto convincente - era in grado di lasciarlo in quello stato senza farlo venire, portarlo al limite e poi negargli l'orgasmo.
    « Vedi, Hercules, se fai il bravo... poi vieni ricompensato», dichiarò con calma l'inglese, portando di nuovo la mano tra le gambe di Hansen, stringendola attorno al suo sesso ed iniziando a massaggiarlo con lo stesso ritmo costante con il quale spingeva le falangi all’interno dell’orifizio.
    Hercules non resistette a lungo - il suo corpo era ormai un fascio di nervi sensibili, pronto a reagire alla minima stimolazione -, e venendo nella mano di Stacker, crollò definitivamente sul letto ormai a corto di fiato.
    Pentecost mosse ancora un poco le falangi dentro l’apertura per poi farle scivolare lentamente fuori.
    L’australiano si lasciò sfuggire un altro mugugno, tremando per il forte orgasmo che lo aveva appena travolto.
    Avrebbe voluto sospirare, sollevato per la fine di quella tortura, ma quando Stacker lo afferrò di nuovo per il bacino facendolo cozzare contro il suo, facendogli sentire la sua erezione ancora dura, Herc comprese suo malgrado che non era per niente finito.
    Strinse le labbra, incapace però di trattenere un mezzo sorriso.
    « M-mi permetta di dire una cosa, signore», sibilò, trattenendo un gemito quando l’erezione dell’uomo scivolò dentro di lui aiutata dal lubrificante, « lei è un grandissimo figlio di puttana».
    Pentecost parve quasi sghignazzare per quel suo commento ma, stringendo con forza i suoi fianchi entrò nella sua apertura con una spinta più profonda ed improvvisa che lo fece gemere.
    « Ti meriti una punizione, Hercules», rispose e l’australiano, pur dandosi dello stupido per quella sua mossa così azzardata, non poté non godersi quella nuova punizione alla quale Stacker lo stava sottoponendo.
    Bastardo o meno, il punto era sempre lo stesso: Stacker Pentecost era fottutamente bravo in quello che faceva.



     
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