9. Fin

NC-17 | Francia/Ungheria, Inghilterra/Francia, Russia

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    ~ The Huntress Princess
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    Titolo: Ah, l’Amour...
    Titolo del Capitolo: Fin
    Fandom: Axis Powers Hetalia
    Personaggi: Inghilterra (Arthur Kirkland), Francia (Francis Bonnefoy), Russia (Ivan Braginskij), Ungheria (Elizaveta Héderváry)
    Genere: Introspettivo, Malinconico, Erotico
    Rating: Rosso
    Avvertimenti: Oneshot, Het, Lemon, Yaoi, What if? (E se...)
    Conteggio Parole: 4423 (FiumiDiParole)
    Note: 1. Nessun background storico, ho inserito l’avvertimento What If perché si tratta in ogni caso di una modifica della storia dato che le cose che scrivo non sono accadute.
    2. Ultimo capitolo. Il prossimo sarà un epilogo.
    3. Partecipa a FiumiDiParole.

    { Ah, l’Amour… ~
    - 9. Fin -



    Ad ogni affondo la donna si inarcava sotto di lui, cercando di assecondare ogni spinta con il corpo. Gemeva e stringeva forte le dita sulle braccia del francese lasciando dei visibili segni rossi ma, sinceramente, in quel momento non importava a nessuno dei due quel piccolo e insignificante fattore - era una cosa assolutamente normale in quei passionali e speciali incontri l’uscirne con graffi, succhiotti e segni di vario genere.
    L'ungherese era così calda e accogliente, bella come non mai con il viso stravolto dal piacere e le labbra rosse e gonfie di baci e Francia, perso in quelle sensazioni, neanche sentiva le unghie della donna affondare nella sua carne ad ogni movimento.
    Andare a letto con Elizaveta era assolutamente stupendo, un'esperienza così unica che sarebbe sicuramente stata indimenticabile, perché lei era sempre così passionale, piena di inventiva e perversa quel tanto che bastava per far impazzire un qualsiasi uomo. Lo stesso Francis, in passato, era stato quasi geloso di Roderich per quella rara perla di sensualità che teneva in casa, e che poi era riuscito a sposare - e ricordava anche con un sorrisetto divertito le scenate di gelosia di Gilbert quando si parlava di quell’argomento.
    In ogni caso, andare a letto con Ungheria era anche perfetto per dimenticare. Dimenticare, il lasciarsi accogliere dall'oblio, lo smettere di pensare per galleggiare nel più assoluto nulla: era quello era il pensiero fisso del francese da ormai ore. Non era servito a niente andare con Belgio poco prima - ovviamente però era stato veramente piacevole, non avrebbe mai detto il contrario perché non era solito sminuire le doti sessuali dei suoi amanti, soprattutto quando non c'era proprio niente da criticare -, e quando aveva abbordato l'ungherese in uno dei corridoi, Francis era in preda ai più atroci dubbi e voleva davvero smettere di pensare o, almeno, rivolgere la mente ad altro, l'aveva quindi subito trascinata nella sua camera e tutto il resto del loro incontro era stato un susseguirsi di umidi baci e sensuali carezze.
    Non era stato difficile sedurre la donna, a Elizaveta piaceva divertirsi tanto quanto piaceva al francese, e da quando Austria aveva iniziato a frequentare con più assiduità Germania - cosa che le faceva veramente piacere dato il netto aumentare delle foto che amava fare, non solo all'austriaco e al tedesco, ma in generale a chiunque si ritrovasse in situazioni alquanto ambigue -, lei aveva preso a godersi la vita. Usciva spesso con Belgio e Liechtenstein, litigava sempre con Romania - il francese le aveva viste spesso e niente gli toglieva dalla mente che ci fosse una certa tensione sessuale tra le due - e faceva dei piacevoli viaggi per andare a trovare Taiwan - da quel che sapeva Francia, anche la taiwanese era un'appassionata di quelle foto ambigue e le vittime preferite dei suoi scatti erano l'adorato Giappone e i suoi due fratelli, Cina e Hong Kong.
    Nonostante i dubbi però, continuò con il baciarle il petto, prendendo in bocca un capezzolo fino a sentirlo diventare duro sotto i suoi tocchi, accompagnato dall'affannoso battito del cuore della donna. Nell'avvertire quel veloce ritmo però, Francia, trovò impossibile non pensare che, anche se era lui la causa di tutto quello - erano le sue mani a toccarla ed era stato sempre lui a farla eccitare in quel modo -, nessun cuore avrebbe mai battuto così tanto solo ed esclusivamente per la sua persona - per la sua sola presenza, per un suo sorriso, una carezza o una parola.
    Non c'era nessuno che lo amava e che viveva per lui, e la Nazione che desiderava non gli avrebbe mai riservato un posto importante, come l'amore, nel suo cuore: era già occupato, anche se non corrisposto.
    Ora che Arthur aveva subito quell'ennesimo dispiacere, dentro di sé Francia aveva sperato che l'inglese comprendesse i suoi sentimenti, ma era una cosa così assurda che neanche l'avrebbe dovuta pensare. Perché alla fin fine si potevano dire innumerevoli cose sul francese ma non era assolutamente un illuso, e sapeva che non sarebbe mai accaduto che Inghilterra si accorgesse del suo sentimento, era troppo ottuso in quel campo per comprendere quello che gli altri provavano, e soprattutto non sarebbe mai stato in grado di capire tutto il dolore che gli aveva arrecato mentre, per tutti quei secoli, Francia si era ritrovato a consolarlo dinnanzi alle sue pene d'amore.
    Faceva male, anche in quell'istante di assoluto piacere, pensare a quel dolore, a quell'amore che per secoli aveva inseguito senza mai riuscire a raggiungerlo, e la consapevolezza che Antonio avesse ragione lo feriva ancor di più. Era solo la ruota di scorta per Arthur e sempre lo sarebbe stato, anche nell'assurdo caso in cui l'inglese - in un ancor più impossibile lampo di intelligenza - si fosse accorto dei sentimenti che Francis gli aveva sempre riservato.
    La mano di Elizaveta si strinse sui suoi capelli con forza, tirandoli mentre lasciava scappare dalle sue umide e gonfie labbra un alto gemito, e il francese si spinse ancora verso il suo corpo e, baciandola con passione - ringraziandola mentalmente per la sua presenza in quell'istante -, decise di concentrarsi totalmente su sulla sua mante.
    Ma promise un’ultima a sé stesso, una cosa forse troppo grande da mantenere ma che, in un modo o nell'altro, avrebbe segnato il resto della sua eterna esistenza. Lui, che era la Nazione dell'Amore, poteva amare tutti - e avrebbe continuato a farlo - ma nessuno poteva provare lo stesso sentimento che provava lui - Inghilterra o no - e non avrebbe mai creduto ad un: " Ti amo.", per quanto questo potesse essere detto con gli occhi o con la voce, scritto o con mille altri gesti.
    Dopo quello che aveva vissuto si era convinto che trovare un qualcuno che ricambiasse i suoi sentimenti era impossibile.


    Aveva perso il conto di quanti bicchieri si era scolato in quell'ultimo quarto d'ora, e quello che stava portando in quel momento alle labbra non sarebbe stato sicuramente l'ultimo - quando iniziava a bere, per un motivo o per l'altro, finché non vedeva almeno il fondo della terza bottiglia non si fermava.
    Inghilterra, ovviamente, sapeva quanto l'assumere alcolici potesse nuocere alla sua salute - infatti le sue precedenti sbronze si erano tutte concluse nello stesso identico modo: con un forte desiderio di morire e di scomparire per sempre dalla faccia della terra - ma si sa, le cose che fanno male, spesso, aiutano a sentirsi meglio - era una legge naturale dalla quale non si poteva sfuggire - e Arthur, con ancora in testa le parole di quel maledetto spagnolo, si sentiva sempre più rilassato e libero da ogni preoccupazione ad ogni bicchiere che riusciva a tracannare.
    Era stato semplice il ragionamento che si era presentato nel suo cervello e che l'aveva spinto a rinchiudersi nel bar dell'albergo ad ubriacarsi: più alcolici significavano meno pensieri, meno pensieri avrebbero portato meno dubbi sui sentimenti di Francia e quindi, di ovvia conseguenza, non avrebbe avuto neanche dei pensieri a riguardo della veridicità delle parole di Spagna.
    Ma, sinceramente, era molto difficile ignorare quanto era successo - forse, non aveva ancora bevuto abbastanza - e, mentre sorseggiava l'ennesimo bicchiere di Gin, arrivava addirittura a chiedersi se Francis lo amasse davvero.
    Sinceramente non sapeva se crederci o meno, perché infondo il francese andava a destra e a manca a parlare dell'amore e a decantarne le dolci gesta e a lui sembrava ovvio che, se mai ci fosse stato un simile sentimento nei suoi confronti, l'altro non avrebbe esitato a dichiararsi - magari con una cenetta romantica e smielata, con tanto di rose rosse, musica soft e un tramonto alle loro spalle.
    Era anche vero però che c'era sempre stato Alfred nei suoi pensieri - buttò giù l'alcolico tutto d'un sorso -, e conoscendo Francia e la sua ottica dell'amore - aveva perso il conto anche di quante volte Francis aveva tentato di spiegargli cosa fosse quello che lui chiamava 'amour' -, era quasi certo che non sarebbe mai riuscito a mettersi in mezzo a quel sentimento che Arthur provava per l'americano: sarebbe stata una cosa meschina e contro tutto quello in cui credeva.
    Forse Francia lo amava davvero e proprio per la presenza di America non si era mai fatto avanti, ma aveva sempre aperto la porta della sua casa per accogliere Inghilterra quando, dopo l'ennesima discussione con l'americano, si sentiva troppo distrutto per stare da solo. Francis c'era sempre e di quello, Arthur, ne era ben consapevole, sapeva sempre dove andare quando aveva bisogno di sfogarsi e l'aveva fatto anche la sera prima dopo aver sentito quelle cose - buttò giù il Gin tutto d'un sorso, cercando di rispedire nel profondo dell'oblio anche quel ricordo così sgradevole.
    In ogni caso, se quello che Spagna aveva detto era vero, tutte le volte in cui Arthur era andato a piangere da Francis - lasciandosi andare tra le sue braccia per sfogare e dichiarare tutto il suo dolore, cosa che era successa davvero tante volte -, questo mentre ascoltava e lo consolava aveva sicuramente dovuto tenere nascosto il suo sentimento e soffrire in silenzio: mettendo da parte il suo amore solo per cercare di aiutare l'inglese.
    Per un attimo Arthur si sentì il peggior essere dell'intero universo ma, insieme al bicchiere di Gin che si scolò, quella sensazione durò pochissimo e si convinse - fin troppo facilmente, forse l'alcolico stava finalmente facendo effetto - che alla fine era colpa di Francis e della sua stupida concezione dell'amore.
    Non era mica lui la causa del mancato coraggio del francese che non riusciva a dirgli chiaro e tondo che lo amava, e se preferiva soffrire in silenzio e consolarlo erano solo fatti suoi - e non erano neanche affari di Spagna quindi, Inghilterra, proprio non doveva pensarci.
    In fin dei conti, lui non aveva proprio alcuna colpa ed era certo che, se Francia avesse avuto anche un minimo di spina dorsale, gli avrebbe subito detto che lo amava e che non gli interessava sentire i suoi piagnistei. Non l'aveva mai fatto, quindi sicuramente lo spagnolo aveva detto una delle sue solite castronerie... nonostante ciò, non riusciva proprio ad allontanare l'idea che Francis fosse innamorato di lui.
    Bugia o realtà, l’idea di non restare più solo, di avere qualcuno che lo aspettava sempre pronto ad aprire le braccia per accoglierlo tra di esse - come quando America era un bambino e restava per ore al porto per cercare di scorgere la nave che trasportava il suo amato fratellone -, era davvero allettante.
    Doveva assolutamente sapere se Francia lo amava e se era disposto ad accoglierlo ancora tra le sue braccia.


    Russia non era un tipo che amava ficcare il naso negli affari altrui, certo era curioso - come un bambino - ma dipendeva tutto dalle persone o Nazioni che rientravano nel gruppo degli altrui.
    Di conseguenza, quando vide Inghilterra quasi riverso sul tavolino del bar, con due bottiglie vuote di Gin ed una terza da finire, decise che, per quanto avesse voglia di ficcargli su per il retto tutte e tre le bottiglie per essere andato a letto con il suo America, sarebbe stato meglio ignorarlo e tornare al più presto - e con la vodka che era andato a prendere - proprio da Alfred che lo attendeva in camera.
    Nonostante la decisione di lasciarlo perdere, ammetteva senza troppa difficoltà che sarebbe stato davvero bello distruggere ulteriormente l'inglese - più di quanto già non lo fosse, in qualche modo doveva aver capito che America non sarebbe mai stato suo: Alfred era proprietà esclusiva della Grande Madre Russia - ma con l’americano legato sul letto e con un'espressione decisamente contrariata - che Ivan considerava dannatamente sensuale -, non poteva né farlo aspettare né perdere tempo con Arthur. Forse sarebbe stato divertente - sia il farlo attendere e sia il rinfacciare ad Inghilterra la realtà - ma al solo pensiero di come aveva lasciato Alfred lo spingeva a lasciar proprio perdere le vendette psicologiche con risvolti sicuramente fisici.
    Quindi, con la vodka in mano - che avrebbe versato sul corpo di Alfred per poi leccargliela via, giusto per unire due dei suoi migliori vizi: l’americano e quel ottimo alcolico - abbandonò il bar, salvo poi fermarsi nell’incontrare Francia diretto nel luogo che lui aveva appena abbandonato.
    Notò subito nel francese degli accesi segni rossi sul collo - erano graffi, li avrebbe riconosciuti anche ad un miglio di distanza visto che quando in passato combatteva contro suo fratello, Polonia, per farlo tornare a casa sotto però il nome della Grande Madre Russia, questo era solito graffiarlo come la peggiore delle prostitute: era incredibile come Feliks riuscisse ad essere addirittura più femminile di Bielorussia - e comprese subito che l'uomo era appena uscito dalla stanza di uno dei suoi amanti, quindi sorrise cordiale - ed in un modo fintamente innocente - per salutarlo.
    " Salve Francia."
    Francis lo guardò e ricambiò subito il sorriso - ad Ivan piaceva il francese, era sempre gentile e ben disposto con tutti, un po' come America, ma senza le manie di eroismo... più che altro negli atteggiamenti di Francia si nascondeva un certo erotismo.
    " Salve Russia.", rispose. " Vai a festeggiare?", chiese, alludendo con un lieve movimento del capo alla bottiglia di vodka.
    " Sì.", annuì con convinzione. " C'è una persona che mi aspetta in camera.", ammise.
    " America, scommetto.", ammiccò Francia e, questa volta, Ivan non riuscì a fingere una reale innocenza nella successiva domanda che rivolse al francese.
    " Come fai a saperlo?"
    " Sono la Nazione dell'Amore, mi accorgo di queste cose.", Francis sorrise, riuscendo a nascondere perfettamente la vera risposta - era stato Arthur a confermare quel dubbio sulla relazione tra le due grandi potenze - ed anche una certa malinconia nel doversi definire la Nazione dell'Amore, soprattutto dopo la sua decisione.
    " Oh...", Ivan piegò il capo in un'espressione pensierosa poi, annuendo, accettò la spiegazione.
    " Ti lascio a andare, io vado al bar per-"
    " Per prendere Inghilterra?", domando a bruciapelo il russo. Sapeva anche lui quale fosse il rapporto tra Arthur e Francis, e se il francese andava al bar era sicuramente per recuperare quello stupido ubriacone, ma dall'espressione di Francia comprese che i suoi sospetti erano infondati.
    " A bere del cognac, in realtà.", rispose, lanciando poi un'occhiata al bar. " C'è anche Arthur dentro?"
    Ivan assentì e aggiunse un: " E si sta scolando la terza bottiglia di Gin.", che fece sospirare Francia.
    " Stupido...", mormorò. " Grazie per l'informazione. Ora vai, non vorrai mica far aspettare Alfred?"
    " Camminerò lento.", ribatté con convinzione Russia e, dopo aver salutato l'altro, si incamminò verso la sua stanza con passo veramente calmo e riposato, senza più trovare ostacoli di vario genere.
    Francis lo osservò sparire poi, sospirando, decise di entrare nel bar conscio che tutti i suoi propositi sul bere del buon cognac e rilassarsi dopo quell'impegnativa giornata erano andati in fumo, soprattutto quando individuò Inghilterra scolarsi la terza bottiglia.
    Sapeva quanto Arthur potesse stare male con gli alcolici e, nonostante tutto, non riusciva a non preoccuparsi per lui, quindi si avvicinò togliendogli dalla mano la bottiglia vuota.
    Gli occhi verdi, un po' appannati, dell'inglese lo fissarono in un misto tra stupore e curiosità, poi iniziò a ridere lasciandosi andare sullo schienale della sedia.
    " Francia!", rideva e Francis non sapeva assolutamente che cosa gli stesse prendendo - forse era una sbornia felice -, quindi lo afferrò per un braccio per farlo alzare.
    " Ti porto in camera, ubriacone.", dichiarò senza trovare impedimenti e, lasciato un abbondante conto sul tavolino - tre bottiglie di Gin più il sicuro malumore dei camerieri nel dover servire Arthur in quelle condizioni erano dei motivi più che validi per l’abbondanza del conto che aveva lasciato -, trascinò e sorresse l'inglese ancora preda di quell'assurda ridarella.
    " Pensavo proprio a te!", esclamò Arthur, stringendosi addosso al francese, rischiando spesso di farlo anche incespicare durante il tragitto dal bar alla stanza.
    " Davvero?", Francis lo fece appoggiare al muro. " Prima dammi le a chiavi, non voglio infilarti le mani in tasca.", in un'altra occasione l'avrebbe anche fatto ma non in quel momento e non dopo la sua decisione: tra l'altro sarebbe stato meschino approfittare della sbornia di Inghilterra.
    " Che c'è? Non vuoi toccarmi?", insinuò Arthur. " Hai messo le mani in posti ben peggiori delle mie tasche."
    " Dammi le chiavi.", cercò di usare un tono di voce fermo, tendendo la mano verso l'inglese che, sospirando, si ficcò la mano in tasca per passargli la chiave.
    Francia la prese subito e, una volta aperta la porta, aiutò Arthur a varcarla e, non sentendolo più pesare sul suo corpo, gli parve abbastanza in grado di reggersi in piedi. Aveva anche smesso di ridacchiare, e quella era una cosa più che buona.
    Meglio così, si disse, e lasciando fermo l'inglese in mezzo alla stanza recuperò di nuovo le chiavi per chiudere la porta, pensando di farsi portare una camomilla o un qualcosa di caldo per far star meglio Inghilterra. Non appena però l'uscio fu chiuso si ritrovò spinto con forza contro di esso, schiacciato tra la dura parete ed il corpo dell'inglese.
    " Arthur!", esclamò stupito, restando però fermo per evitare movimenti bruschi.
    " Non mi vuoi più toccare?", domandò Inghilterra. " Solitamente non avresti esitato a infilare le mani delle mie tasche..."
    " Non stai bene. E quando lo facevo era in un'altra situazione. Ora allontanati, ordino qualcosa per farti stare meglio, d'accordo?"
    " Non ne ho bisogno.", rispose deciso, spingendo ancora il francese contro la porta per non farlo muovere. " Sto bene, ed ho qualche domanda da farti..."
    " Puoi chiedermi quel che vuoi Arthur...", sospirò Francis. " E lo sai bene. Ma devi distenderti."
    " No, qui va benissimo...", sussurrò appena, infilando le mani dentro la camicia del francese che, sospirando, provò ad allontanarlo ancora con attenzione. Aveva una mezza idea su quello che voleva fare Inghilterra - diciamo che lo sapeva, ma suonava meglio dire che non ne era totalmente certo - e, per una volta, non era d'accordo.
    " Arthur, non è il caso...", gli prese un polso per farlo uscire da dentro la sua camicia ma l'altro, abbandonato quel caldo rifugio, andò subito tra le gambe di Francis come punizione per quell'assurda ritrosia che, agli occhi dell'inglese, non apparteneva proprio all'altra Nazione.
    Strinse la mano attorno al cavallo dei pantaloni, sentendo il membro ancora a riposo nella sua stretta, e riuscì anche a strappare a Francia un gemito stupito.
    " Non dirmi quello che devo o che non devo fare.", dichiarò Arthur, anche se il tono era deciso all'interno di esso si nascondeva la tipica inclinazione piagnucolosa che Francis era solito sentire quando lo trovava ubriaco, inoltre l'alito puzzava di Gin e lo avvertì soprattutto quando l'altro si avvicinò al suo orecchio per continuare a parlare. " Quell'idiota del tuo amico spagnolo è venuto a rompermi le scatole e a dirmi alcune cose alquanto curiose."
    " Antonio?", si lasciò cogliere un attimo dal panico, ma trovò subito la forza per ricomporsi. " Che ti ha detto?"
    Sapeva benissimo quali erano le idee di Spagna - e dopo tanto pensare era arrivato anche alla conclusione che non avesse tutti i torti -, ma il pensiero che avesse detto qualcosa anche all'inglese lo agitava un poco.
    " Tutto a tempo debito...", soffiò in risposta Inghilterra, allungando la lingua per leccargli l'orecchio, mandando un brivido lungo tutta la spina dorsale del francese, che si riversò tra le gambe dove ancora la mano dell'altro era stretta.
    " Arthur... lasciami..."
    " Non sembri tanto convinto.", l'arto iniziò a muoversi lentamente per masturbarlo. " Mi avresti già allontanato."
    " Non voglio...", chiuse i pugni per trattenersi dal gemere - la sua testa si rifiutava, ma il suo corpo desiderava ancora troppo quello dell'inglese. " ... farti del male..."
    " L'hai fatto. Hai detto a Spagna una cosa che mi avevi giurato di non rivelare...", lo accusò senza fermare la mano, sentendo lentamente tutte le difese di Francia abbassarsi - era semplice sconfiggerlo in quel campo.
    " Arthur..."
    I denti dell'inglese si chiusero attorno al lobo dell'orecchio, tirandolo e leccandolo poi con la lingua.
    " Mi irritato il discorso che mi ha fatto...", continuò, soffiando sulla pelle umida.
    " È... Antonio... sai com'è..."
    " Mi ha detto una cosa però...", la mano si insinuò all'interno dei pantaloni, e un primo gemito abbandonò la bocca di Francis. Si era arreso velocemente. " Ha detto che mi ami..."
    Francia non rispose, non ci riuscì.
    Che doveva dire all'inglese?
    Doveva dirgli che era vero? Doveva dirgli quello che aveva provato per tutti quei secoli?
    Non lo sapeva ma era conscio che, anche se ormai Arthur era a conoscenza dei suoi sentimenti, niente sarebbe cambiato. Nonostante ciò, il suo corpo - ancora sensibile per l'incontro con Ungheria - era ormai in balia delle mani dell'altro e non sarebbe riuscito ad allontanarlo, neanche quando i suoi pantaloni - seguiti dai boxer - scivolarono per terra e le dita dell'inglese iniziarono a stuzzicargli l'orifizio anale con un'insana bravura - certo, Inghilterra non era solito fare l'attivo con lui, ma lo conosceva e quell'atteggiamento non era propriamente suo.
    Forse era la sbornia o forse quei fatti che si erano susseguiti con una velocità ancor più inusuale, fatto sta che quei tocchi mandavano in tilt il cervello del francese e non poteva farci nulla.
    " Francia... mi ami?", domandò Arthur, leccandogli l'orecchio, insinuandovi dentro la lingua così come le sue dita stavano facendo all'interno del corpo dell'altro. Francis gemette appena, piegandosi in avanti contro la porta per poterlo accogliere meglio, non riuscì neanche a pensare alla risposta, non c'era il tempo per giri di parole romantici, né il francese voleva più aspettare per dirgli quella verità che andata solo confermata.
    " S-sì..."
    " Idiota...", l'inglese gli morse il lobo per punizione, lambendolo poi come per volerlo curare. " Stupid frog...", continuò però a muovere la mano con un ritmo veloce e costante, strappando altri gemiti a Francia che, ormai, si spingeva anche verso le falangi che gli esploravano l'orifizio. Sembrava quasi una ninfomane vogliosa solo di sesso ma, Arthur, sapeva che l'unica voglia di quell'idiota di Francis era lui, non voleva altro e quello lo riempiva in parte di orgoglio, per il resto i suoi sensi erano ancora annebbiati dall'alcolico. Nonostante ciò però, si spinse ugualmente dentro l'amante, gemendo per il piacere e per il calore che lo avvolse.
    I muscoli del francese erano tesi per la poca preparazione ma bastarono poche spinte, accompagnate dalle carezze, per farlo rilassare del tutto e lo costrinse ad emettere degli alti versi di piacere. Si mosse veloce, obbligandolo contro la porta in ogni affondo, facendolo gemere con lui sempre più forte.
    " G-god...", ansimò, stringendo forte il pugno attorno al membro di Francia.
    " Arthur... m-muoviti...", lo pregò in risposta l'altro, muovendo il bacino per accoglierlo ancora più affondo, e più l'apice si avvicinava più Inghilterra sentiva i sintomi della stanchezza della sbronza, passò quindi poco tempo prima di far venire il francese - e fargli imbrattare con il suo seme la porta - e di imitarlo dentro di lui.
    Restarono immobili per qualche istante poi, sentendo le ginocchia improvvisamente molli, Arthur uscì dal corpo dell'amante, barcollando all'indietro. Francis lo afferrò prontamente - era sempre attento alla salute dell’inglese - e, per quanto stanco lo sorresse prendendolo in braccio.
    Non commentarono quanto era successo, si limitarono a distendersi invece sul letto e a coprirsi, lasciandosi andare ad un sonno ristoratore.


    Quando l'inglese si svegliò, puntualmente, sentì un fortissimo cerchio alla testa che lo costrinse a tenere gli occhi chiusi e a emettere un verso lamentoso e contrariato. Restò immobile, cercando di riprendere il controllo del suo corpo e, lentamente, tutto quello che aveva fatto la sera prima gli tornò in mente, forse in un modo un po' offuscato ma sapeva quello che era successo e la presenza del francese addormentato vicino a lui ne era la conferma - appuntò mentalmente anche di pulire la porta dallo sperma di Francia, non voleva spaventare qualche povera cameriera.
    Si strinse sotto le coperte, sentendosi avvampare - aveva fatto sesso con Francis, e non nel solito modo: era stato lui a comandare e non l'altro -, e nel movimento riuscì a svegliare Francia senza volerlo.
    Voglio morire...”, mormorò.
    " Arthur..."
    L'inglese gelò nel sentire il suo nome e continuò a nascondersi.
    " Se inizi a lamentarti sul fatto che vuoi morire me ne vado.", continuò Francis, con tono un po' addormentato e stanco - lui aveva bisogno di un bel paio d'ore di sono per mantenersi bello e in forma.
    " Stupid frog!", lo insultò, azzardandosi ad affacciarsi da sotto le coperte per guardarlo, ignorando il mal di testa. Francia aveva gli occhi aperti e lo fissava, sorrideva dolce come sempre - anche se un po' stanco - e Arthur finalmente sapeva che significava quell'espressione. Non era da idiota maniaco come aveva sempre pensato, ma era da innamorato e lui non se ne era mai accorto.
    " Francia...", mormorò.
    " Oui?"
    Non sapeva che dirgli in realtà, ma sapeva che non voleva più restare solo.
    " Resti qui?"
    " Sono stanco e il letto è molto accogliente.", ribatté.
    " E dopo che hai riposato?", sembravano le tipiche domande di un bambino piccolo curioso.
    " Arthur, se devi dire qualcosa, sii diretto.", il francese si mise seduto e lo fissò abbastanza serio.
    " Non vuoi restare qui con me? Mi ami, no?"
    " Vorrei restare... ma non posso."
    " Perché?", anche Inghilterra si mise seduto, guardando l'altro senza capire. Se Francia lo amava perché non poteva rimanere?
    " Perché tu non mi ami ed ho passato secoli all'ombra di America, non voglio più farlo."
    " T-tu... tu sei diverso da Alfred!"
    Francia era sempre rimasto con lui e non aveva mai abbandonato, perché voleva farlo proprio in quel momento? Lui aveva bisogno del francese, non voleva restare solo!
    " Lo so. Ma ti conosco. Cercheresti in me la persona che ami e ogni volta che lo vedrai ti sentirei lontano."
    " Mi lasci solo anche tu?!", esclamò irritato e spaventato, ignorando la fitta alla testa dovuta alla sbronza.
    " Non ti lascerò mai solo, Arthur. Ci sarò sempre per te, ma smetterò di metterti davanti ai miei problemi."
    Era una scelta che per i primi tempi l'avrebbe fatto soffrire ma era stanco, davvero stanco, e sapeva che Inghilterra voleva che restasse solo per cercare in lui un sostituto di America - la sua solitudine l’aveva sempre spinto alla ricerca di qualcuno in grado di sopportarlo.
    " È colpa di Spagna, vero?", ringhiò l'inglese.
    " È grazie a lui ho capito molte cose... Arthur, io non smetterò di amarti, ma non voglio più essere la ruota di scorta."
    " Non lo sei, idiota!"
    " Così come io non smetterò di amarti tanto facilmente, neanche tu riuscirai a dimenticare Alfred.", sorrise dolce e malinconico, sporgendosi poi in avanti per baciare Inghilterra - che resto immobile, stupito dalle sue parole e dal gesto. " Ci sarò sempre, sopratutto se hai bisogno di fare l'amore con qualcuno."
    " I-idiota!", lo afferrò per le braccia e lo costrinse sotto di sé per baciarlo con più forza e violenza, conscio che però Francia aveva già preso la sua decisione e non avrebbe cambiato idea.


    Edited by p r i n c e s s KURENAI ~ - 10/12/2010, 12:20
     
    .
  2. Francis Bonnefoy. ~
        +1   -1
     
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    User deleted


    ç//////////////////////////ç

    E me la sono riletta di nuovo tutta di un fiato.
    E il mio commento è sempre quello.

    PERFETTA!


    Un finale triste triste ma giusto.
    La scelta di fare la lemon tanto aspettata (si, io l'ho aspettata u.u) con Francis uke a me piace tantissimo.
    Sarà perchè Francis è così innamorato di Arthur che va bene.

    E credo proprio che questo sia il mio capitolo preferito, ecco!ç_ç

    E poi è bellissima anche la prima parte.
    Che coppia FranciaxUngheria!=ççç=/

    Un piccolo commento lo devo fare anche a Ivan: stupendo!XD

    Cioè sei un genio, Principessa.
    Ma questo si sapeva. <3

    Aspetto l'epilogo anche se è brutto pensare che la mia ff preferita sia finita... çAç
    Non la vuoi continuare tipo per sempre?XD

    Grazie ancora per questa meraviglia. <3


    SPOILER (click to view)
    Questo commento non ha senso ma mi sono svegliato ora, che pretendi?XD
     
    .
  3. .Preußen
        +1   -1
     
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    User deleted


    Mein Gott, questo capitolo è...splendido. °_°
    Mi è piaciuto tantissimo, davvero, e il finale triste...T_T penso di essermi davvero commossa, w-wah...
    La Francia/Ungheria non mi ispira molto, ma il modo in cui hai descritto la scena è spettacolare <3 e ho amato tantissimo il caro ubriacone inglese. Ivan è semplicemente magnifico. xD
    Complimenti Kure, complimenti, è davvero una fanfic stupenda \ç_ç/ attenderò con ansia l'epilogo. <3
     
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  4. SupeRota
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    User deleted


    Ok, prima cosa.
    immaginarmi Alfred legato ad un letto da Ivan è stata una cosa che ha seriamente destabilizzato il mio povero e infermo auto controllo. Non so, probabilmente ti diverti a immaginarti i tuoi lettori mentre si disperano per quelle dannate frasi che tu - CASUALMENTE - metti qua e là giusto per lanciare all'immaginazione fin troppo fervida immagini, sviluppi, intere trame sui personaggi che gestisci.
    Dio, potrei odiarti per questo.
    E Ivan con la vodka. Che... che vuole fare QUELLO con Alfred. Cioè, no, probabilmente non ti rendi conto - o forse sì, ma questo vorrebbe dire che tu sei più malvagia di quello che pari ù.ù
    Dicevo, non ti rendi conto di quanto sono entrata in visibilio per ciò *ç*
    *devi capire che questa fan fiction per me è essenzialmente RusAme, altro che FrUk X°°°°D*
    Ma parlando anche del resto.
    Ecco, in questo capitolo direi che ho trovato estremamente triste Arthur. La solitudine, lo so per esperienza, è una gran brutta cosa. L'uomo nn è fatto per restare da solo, non è nella sua natura. E questo concetto l'hai esplicato benissimo nel personaggio dell'inglese.
    Francis, dall'altra parte, ha finalmente capito che prima di tutto si deve pensare a sé stessi, e questo non è per nulla egoistico messo in certi contesti - come quello che è arrivato a vivere. Mi è piaciuto. Davvero.
    Bon, e con questo direi che ci si può vedere all'epilogo, mia cara <3
     
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3 replies since 7/3/2010, 22:51   354 views
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