Zwischen Ende und Anfang

NC-17 | Prussia/Ungheria

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    ~ The Huntress Princess
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    Titolo: Zwischen Ende und Anfang
    Fandom: Axis Powers Hetalia
    Personaggi: Ungheria (Elizaveta Héderváry), Prussia (Gilbert Weillschmidt)
    Genere: Introspettivo, Erotico
    Rating: Rosso
    Avvertimenti: OneShot, Lemon, Het
    Conteggio Parole: 7027 (FiumiDiParole)
    Note: 1. Scritta per il contest DUREX Contest indetto da FanFiction.
    2. Partecipa a FiumiDiParole.
    3. Storicamente è ambientata dopo la fine della Prima Guerra Mondiale, con la separazione dell’Impero Austro-Ungarico.
    4. Il titolo significa Tra la Fine e l’Inizio.

    { Zwischen Ende und Anfang ~



    Era arrivata di nascosto nell'abitazione dell'albino, accompagnata dall'oscurità della notte e dalla pace che regnava, quasi come un'illusione, in quel periodo di debole rinascita.
    Il grande conflitto, che li aveva visti entrambi coinvolti, si era finalmente concluso e tutte le Nazioni del mondo cercavano lentamente e con le poche forze che restavano, di ricostruire ciò che era stato distrutto - molte opere d’arte e moltissime vite non sarebbero più tornate e, nonostante questa certezza, continuavano a lavorare senza arrendersi. Perché tante erano le piaghe che affliggevano i corpi degli Stati implicati nella guerra, e alcune non si sarebbero cicatrizzate tanto velocemente come altre - le più profonde erano i tradimenti, le perdite e le sconfitte.
    Lo stesso Prussia era rimasto ferito - era sempre rimasto in prima linea, battendosi con forza e coraggio per mostrare la sua superiorità sul campo di battaglia - ma con la sua solita spavalderia e strafottenza, affrontava anche quel periodo di pace mantenendo la testa alta, e restando sempre pronto a combattere ancora se ce ne fosse stato il bisogno. Ma non sarebbe accaduto quella notte, era un'altra battaglia quella a cui stava andando incontro mentre faceva entrare Ungheria nella sua casa - una battaglia più difficile da affrontare, che poteva rivelarsi anche una tra le più piacevoli e dolci.
    Era confuso dalla sua presenza - l'ungherese non era solita fargli visita, tanto meno a quell'ora - e, ammettendolo mentalmente, nel suo cuore si fece avanti anche un po' di preoccupazione dovuta alla vista quel viso sempre allegro e attraversato solitamente da una perenne e insana voglia di combattere - insana per una donna, ovviamente -, trasfigurato in un'espressione di dolore e rassegnazione che pareva piegare la Nazione sotto un peso opprimente.
    " È finita.", aveva semplicemente mormorato Ungheria, accomodandosi sul divano. Sembrava solo il fantasma dello Stato che conosceva, e di quel maschiaccio che nel tempo si era trasformato in una splendida donna - agli occhi di Gilbert quella era la più evidente conferma che la favoletta del Brutto Anatroccolo, che spesso aveva sentito narrare da delle madri ai propri figli, non era poi una così grande idiozia. Per Prussia, quindi, quell’atteggiamento era inconcepibile: quella non era l'Elizaveta che aveva visto crescere e che aveva imparato ad ammirare.
    Forse, si disse, si trattava di uno scherzo di cattivo gusto, e lui ovviamente non ci sarebbe di certo cascato. Tant'è che si piegò verso la donna con un ghigno che non riuscì a trattenere.
    " È finita cosa? La guerra? Quello lo sanno tutti.", la riprese con tono ironico. " E, ovviamente, anche il magnifico me lo sa. Per chi mi hai preso?"
    " Idiota...", nessuno schiaffo, pugno o qualsiasi altra violenza fisica colpì il corpo di Gilbert, solo un basso e affranto insulto, che si allontanava sempre di più da quelli che era solito ricevere dall'ungherese. " Il mio matrimonio... io e Austria... siamo delle Repubbliche ora e... l'Impero... il matrimonio... non esiste più..."
    Nonostante la voce rotta della donna - non piangeva esteriormente, era il cuore a farlo per lei -, Prussia a quel nome si senti travolgere da un'ondata di rabbia mista alla gelosia che, senza riuscire a trattenerla, lo costrinse a spingere l'altra indietro, con decisione, fino a schiacciarla con il corpo sullo schienale del divano.
    Non era solito essere violento con le donne - con gli uomini forse sì -, né tantomeno con la stessa Elizaveta, ma quella era tutta un'altra cosa ed era assolutamente indipendente da lui: al nome di quel quattr’occhi qualcosa in lui scattava e aveva sempre un'immensa voglia di sfogarsi.
    " Dovresti esserne felice. Ora puoi di nuovo fare quel che vuoi senza dover essere il cane da guardia di quel damerino smidollato.", dichiarò con sicurezza, stringendo le mani sulle spalle dell'altra.
    Tante erano le cose che lo dividevano dall'austriaco e Ungheria era sempre stata uno di quei motivi - anche se nessuno doveva saperlo o anche solo sospettarlo. Certo, ogni tanto lui e Austria andavano quasi d'accordo ma il più delle volte - sempre - provava verso l'altro una profonda repulsione, legata non solo alla sua scelta di sposarsi, per fuggire principalmente alle battaglie che avrebbe dovuto sostenere in prima persona, ma anche per aver fatto sua l'unica donna che Prussia avesse mai desiderato.
    Ovviamente aveva avuto tante - tantissime - amanti, ma nessuna era stata in grado di risvegliare in lui gli stessi sentimenti che lo travolgevano quando era in compagnia di Ungheria che, con la sua forza, bellezza e quel pizzico di mascolinità che abbelliva il suo essere donna, gli aveva rubato il cuore secoli addietro.
    Lo sguardo dell'ungherese però si fece ancor più triste e non tentò neanche di allontanarlo. Era rimasta ferita dalle parole che le erano state rivolte - troppo dure e poco consolatorie -, lontanissime da quelle che era andata a cercare.
    " Pensavo che tu potessi capirmi..."
    Prussia trattenne un'insana voglia di abbracciarla e, per evitare di far sentire all'altra il tremito che l'aveva scosso, si allontanò per lasciarla libera. Avrebbe voluto stringerla tra le braccia, chiederle scusa, rassicurarla sul fatto che tutto sarebbe andato bene e che lui, al contrario di altri, non l'avrebbe mai abbandonata. Ovviamente però riuscì a trattenersi, rivolgendole al contrario un sorriso duro, di quelli che era solito fare nel suo mostrarsi sempre sbruffone e sicuro di sé - era una maschera, l'unica che lo potesse difendere in simili situazioni.
    " Ti dimentichi che odio Austria. Non posso che essere felice nel sapere che non ha più la forza del tuo esercito a parargli il culo."
    " Odi anche me, Gilbert?"
    Prussia rimase in silenzio per qualche istante, realmente stupito da quella domanda. Lui non aveva mai odiato veramente Ungheria, provava ben altro per lei, ma non poteva ugualmente esporsi troppo: rischiava di restare bruciato da un qualcosa di troppo grande da gestire, e di non riuscire a sopportare il dolore in caso di fallimento. Stupidamente però, pensò che il suo nome sulle labbra della donna fosse ancor più meraviglioso, nonostante la situazione e il tono triste che era stato usato per pronunciarlo. " Non tanto.", mentì. " Ma, infondo, non siamo neanche amici."
    L'ungherese non riuscì a nascondere il suo sguardo ferito - sapeva che Gilbert avrebbe risposto in quel modo, mentendo, ma lei avrebbe voluto tanto sentirne un’altra: più sincera e dolce - e solo mentre si rialzava provò a distoglierlo da quello dell'altro, mostrando in quel modo un piccolo moto di orgoglio - una flebile ombra del suo vero carattere.
    Le faceva male quella situazione, la fine di un matrimonio era l'incubo di qualsiasi donna, Nazione o umana che fosse, ed il non trovare un appoggio, una spalla sulla quale piangere e sfogarsi faceva ancor più male. Chi aveva infondo oltre Austria? Aveva tanti amici, in realtà, c’era il dolce Veneziano, Polonia, Liechtenstein e anche Grecia o Turchia - che erano stati per anni la sua famiglia -, ma non erano nelle loro condizioni migliori per sopportare anche il suo dolore, e forse non lo era neanche Prussia.
    " Ti avevo giudicato nel modo sbagliato...", rispose con un filo di voce. Aveva seriamente creduto che Gilbert potesse confortarla, perché nonostante i litigi e le battaglie, lui era sempre stato presente nel bene e nel male, spesso nei momenti sbagliati e con atteggiamenti non proprio consoni a certe situazioni, ma c'era ogni volta che lei aveva bisogno di qualcuno accanto.
    Quindi lo superò, diretta verso la porta che però non riuscì a raggiungere, ritrovandosi semplicemente stretta tra le braccia dell'uomo che, cingendole la vita con sicurezza, la costrinse con la schiena contro il suo petto. Da quella posizione poteva anche sentire il respiro di Prussia carezzarle il collo, lento e calmo, controllato come sempre. Tremò colta alla sprovvista ma la presa non si allentò, si sarebbe subito ribellata per un simile affronto - quella era un'invasione del suo spazio personale non autorizzata - ma le parole di Gilbert la bloccarono per qualche istante, lasciandola quasi senza fiato.
    " Posso solo aiutarti a dimenticare... e a pensare ad altro. Non posso darti conforto, perché sono felice che tu e il quattr'occhi non stiate più insieme.", sussurrò sincero, andando a sfiorarle il collo con le labbra senza riuscire a trattenersi - il profumo della donna lo incantava e lo spingeva a desiderarla mandando in fumo tutti gli sforzi fatti per resisterle -, ma riuscì ugualmente a schivare la testata che l'ungherese tentò di dargli, irritata dall'atteggiamento assunto dell'altra Nazione.
    Si rigirò nell'abbraccio, spingendolo lontano da sé con le mani puntate sul petto. Lo fissò con quelle sue verdi iridi che brillavano di imbarazzo e di ira, e che ricordarono all'uomo quelle che tanto aveva apprezzato in tutti quegli anni.
    " Non sono venuta qui per la tua pietà.", ringhiò Elizaveta come risvegliata da quell'assurdo letargo che l'aveva quasi privata della sua naturale vena combattiva.
    " Non è quello che voglio darti.", ribatté Gilbert semplicemente, nascondendo un tono vagamente sollevato. " Non avrai mai comprensione da me, posso solo offrirti il mio corpo. Sai bene che il sesso risolve tante cose.", aggiunse con un ghigno, ricevendo poi uno schiaffo da parte dell'altra.
    " Odio quando parli così.", esclamò.
    " Odi tante cose di me. Lo so.", Prussia si carezzò la guancia offesa, con una leggera smorfia che mutò in un sorriso. " Ma almeno ho ottenuto quel che volevo."
    Ungheria lo guardò torva ma con un pizzico di confusione negli occhi, e Gilbert si sentì veramente meglio: era quella l'Elizaveta che conosceva e che desiderava. Non sarebbe stato divertente stare con lei - farci del sesso come aveva intenzione di fare, ovviamente - in quel pietoso stato nel quale versava, causato dalla separazione con quel damerino di Austria.
    Piegò le labbra in un leggero sorriso, poi alzò la mano per sfiorarle il viso con un'insana delicatezza - che aveva sempre e solo riservato ai suoi pulcini -, le scostò i capelli castani dalla fronte e, senza distogliere lo sguardo dalle sue iridi verdi - come per ipnotizzarla -, si abbassò leggermente sulla sua bocca socchiusa. La carezzò lentamente, senza approfondire il contatto per stare attento alle reazioni dell'altra.
    Poteva diventare violenta - molto violenta - e non avrebbe subito solo un semplice schiaffo, la punizione sarebbe stata di gran lunga peggiore, anche di più del morso che aveva ricevuto sulla lingua non appena aveva provato a lambirle le labbra - non aveva resistito: voleva sentire il sapore della bocca dell'altra. E, in quel momento, l'unico sapore che sentiva era quello ferroso del suo sangue e, guardando ancora negli occhi l'ungherese, cercò di capire che altra parte del suo corpo la donna avrebbe preso di mira per pestarlo - stomaco, viso, gambe o parti basse? Da quella posizione Ungheria poteva colpirlo ovunque e doveva essere veramente pronto -, ma non vi vide alcun intento omicida e, cosa che lo stupì alquanto piacevolmente, scorse in essi un'accesa luce maliziosa, mista alla violenza.
    Era un muto invito a baciarla ancora ma con più decisione, abbandonando la delicatezza che aveva scelto di usare poco prima, e subito Elizaveta rispose, stringendo forte i pugni sui capelli di Gilbert, quasi a strapparglieli, permettendo a questo di cingerla per i fianchi per attirarla il più vicino possibile al suo corpo. Voleva dimenticare per qualche ora gli orrori della guerra e la separazione da Roderich e, suo malgrado, sapeva che Prussia era l'unico che poteva aiutarla con quel suo atteggiamento rude che nascondeva sempre un sacco di attenzioni nei suoi confronti - non era cieca, sapeva che l'uomo la desiderava anche se adorava prenderla in giro e farla arrabbiare.
    Alla fin fine ci aveva visto giusto: Gilbert era la persona giusta per consolarla in quella notte, senza dolcezza o false parole di dispiacere e speranza.
    Lo prese con forza per il colletto della camicia, tirandolo e stropicciandolo senza smettere di baciarlo, fece saltare il primo bottone nella foga ma quello non la fermò - non le importava di rovinargli gli indumenti che indossava - e iniziò, alla cieca, a spogliarlo di quell'ormai inutile pezzo di stoffa che la separava dalla calda e chiara pelle dell'altro.
    Era ardente contro le sue mani, ancora fredde per il viaggio fatto fino a quella terra, e la sentì tremare piacevolmente sotto le sue lievi carezze mentre faceva scivolare la camicia sul pavimento. Tornò subito sul petto, sfiorandolo ancora con più decisione, graffiandolo con le unghie, mentre Prussia la sollevava tenendola per la vita, costringendola distesa sul tavolino del salotto, vicino al divano. Le labbra dell'uomo abbandonarono le sue, andando a impadronirsi del collo in violenti baci che lasciavano accesi aloni rossi, mentre le dita si impegnavano per sciogliere i nodi del corpetto che indossava l'ungherese sul suo abito, permettendo ai denti di liberare il seno della donna dalla camicetta ancora chiusa.
    Baciò con intensità ogni centimetro di pelle che veniva scoperta, mugugnando quando le unghie di Ungheria penetravano nella sua schiena o sulle braccia per gli ansiti di piacere che le stava causando.
    Per una vita aveva desiderato di averla per sé come in quell'istante, ma mai aveva pensato di riuscire a realizzare quella fantasia, non su quel tavolino sul quale era solito metterci i piedi o posarci la birra. Sicuramente quello era un luogo indegno per consumare quella loro prima unione, ma questa restava pur sempre nascosta e non ufficiale, visto che nessuno dei due era propenso a simili alleanze in quel preciso istante. Quello forse rendeva quel loro rapporto meno importante di quanto lo fosse in realtà per entrambi.
    Prussia era conscio di essere solo un rimpiazzo per la donna, abbattuta e sconvolta per via dell'abbandono dalla Nazione che diceva di amare - ancora quel pensiero lo faceva imbestialire, Elizaveta aveva sbagliato nell'innamorarsi di Austria e quella era una delle poche sicurezze che Prussia possedeva nei confronti dell'altra -, ma era ugualmente soddisfatto e desiderava continuare a baciarla e spogliarla, senza mai fermarsi.
    Addirittura la stessa Ungheria sapeva di star usando Gilbert - non era un atteggiamento che le rendeva onore ed era consapevole anche di ciò - ma le bastava sentire le labbra dell'altro sul seno e le sue mani che le abbassavano la gonna per dimenticare tutto: guerra, onore e Roderich compreso. Non voleva altro, solo Prussia che la spogliava velocemente, senza curarsi degli abiti che indossava, lanciandoli addirittura via senza guardarli in un angolo imprecisato del salotto, gesto che però non riuscì a interrompere il fiume ancora in piena dei suoi pensieri.
    Perché, nonostante volesse smettere di pensare, Ungheria - mentre si spingeva verso l'altro, inarcando la schiena per incontrare ancora la bocca dell'amante con il corpo -, non poté fare a meno di notare quanto Gilbert fosse diverso dall'austriaco.
    Roderich era controllato quando la spogliava, era delicato e piegava con cura i suoi abiti posandoli sulla sedia per evitare che si frustrassero o che si rovinassero. La baciava sempre piano, attento a non ferirla o a lasciarle segni, e le sue carezze, fatte con mani lisce e perfette - quelle di una persona che non aveva mai amato impugnare spade e altre armi -, le facevano cedere quasi le ginocchia.
    Austria non perdeva mai la pazienza e la situazione era sempre sotto il suo controllo: con lui fare l'amore era sempre un infinito preliminare che scioglieva l'ungherese, facendola tremare come una ragazzina e riuscendo a placare la sua passione, rilassandola. Ad Elizaveta piaceva proprio per quello fare l'amore con Roderich, poteva godersi l'amplesso in ogni suo aspetto e singolo istante, lentamente e senza fretta.
    Austria non sarebbe mai stato un amante passionale, di quelli che facevano gemere e pregare per un contatto più forte, ma era indubbiamente dolce e attento, forse un po' noioso ma a lei piaceva ugualmente.
    Al contrario, Prussia, aveva poca cura di tutto. Tirava via i vestiti, strappandoli e stropicciandoli, li mandava per terra senza alcun ripensamento e si lasciava trasportare dalla foga e dalla passione, Gilbert viveva il momento e lo faceva con tutto quello che possedeva.
    La baciava con forza, colorandole la pelle di rosso, la carezzava con le mani ruvide per il continuo impugnare delle armi e la eccitava come non mai. Elizaveta gemeva e si ritrovava quasi costretta a pregarlo con muti gesti del suo corpo perché era tutto così piacevole e duro, forte e intossicante. A Ungheria piaceva quel trattamento e non se lo sarebbe mai aspettata, vista la forte differenza con l'austriaco che l'aveva sempre amata con dolcezza e calma. Gilbert la amava con passione e le faceva sentire il suo desiderio e la sua voglia, contagiandola e invitandola a imitarlo.
    Certo, non era bello né corretto fare un paragone tra i due - visti i rapporti che avevano e la situazione nella quale si trovava - ma ed Elizaveta non importava, nessuno dei due uomini l'avrebbe mai saputo - non era stupida e avrebbe tenuto al bocca chiusa su quello che sarebbe successo quella notte - e lei avrebbe amato entrambi proprio per quelle loro forti differenze, che li rendevano unici e speciali nel suo cuore.
    Un morso nell'interno coscia la distolse però dai suoi pensieri, strappandole un leggero lamento di piacere, e si costrinse a guardare Prussia, specchiandosi nelle sue iridi scarlatte. Ghignava divertito e le leccò la parte offesa con la lingua, con dovizia e attenzione. L'ungherese tremò e gemette, allargando un poco le gambe per accoglierlo meglio.
    " Voglio sentirti presente. Smettila di pensare.", soffiò Gilbert sulla pelle umida che tremò accompagnata dal versetto della donna. L'aveva sentita lontana per qualche istante e Prussia era pronto a scommettere che i pensieri dell'altra erano rivolti all'austriaco e voleva evitarlo. Non poteva dirle cosa pensare, ovviamente, ma poteva sempre cercare di attirare su di sé tutta la sua attenzione. La voleva per sé quella notte, solo ed esclusivamente per sé. Non voleva dividerla con il ricordo di quel damerino, doveva essere sua e basta... anche se per poco, perché lui non era quel tipo di persona che si illudeva.
    Sapeva che il cuore di Elizaveta sarebbe sempre stato legato a quello di Austria - un'altra ondata di rabbia e gelosia lo travolse mentre mordicchiava ancora la delicata pelle dell'interno coscia della donna -, e quello che stavano facendo non era altro che uno sfogo, l'unico aiuto che Prussia poteva dare a colei che amava.
    Voleva lasciarsi andare? Voleva dimenticare? Voleva usare il suo corpo per farlo? E lui, di conseguenza, avrebbe fatto di tutto pur di realizzare quei suoi desideri e se questo comportava una notte di sesso sfrenato, beh: non avrebbe sicuramente rifiutato. Del buon sesso non si rifiutava mai, tanto meno se l'amante era la persona che si amava da sempre - l'importante era non travisare certi atteggiamenti né illudersi.
    Continuò quindi a baciare la sensibile pelle dell'ungherese, carezzando con la punta delle dita l'altra coscia per andare di tanto in tanto a sfiorare, quasi distrattamente, la femminilità della donna celata dalla scura peluria.
    La sentiva sussultare quando passava tra le grandi labbra con le falangi e poteva anche sentire i suoi lamenti quando non le concedeva un contatto più prolungato e profondo. L'avrebbe potuta accontentare molto semplicemente e velocemente ma, non si sarebbero divertiti e nonostante la consapevolezza di Prussia di essere sempre e solo un rimpiazzo, voleva per lo meno sentirla gemere per lui, anelare il suo corpo e il suo tocco, doveva sentirla pregare affinché continuasse a sfiorarla.
    Alla fin fine, non era poi un desiderio così difficile da realizzare e lui era abbastanza bravo per riuscire a far arrivare Elizaveta a quel punto, e quando la mente della donna sarebbe stata offuscata dal piacere avrebbe finalmente iniziato a sentire le sue preghiere.
    Già da quel momento, sotto la sua bocca, poteva avvertire la voglia di Ungheria crescere così come i suoi gemiti sempre più alti. Le mani sui suoi capelli si stringevano spasmodiche in sussulti sempre più frequenti, causati dalle forti e prepotenti ondate di piacere - sicuramente molti capelli sarebbero rimasti attaccati alle dita di Elizaveta ma a Prussia non importava più di tanto, gli bastava continuare a bearsi delle reazioni dell'altra e tutto era davvero perfetto e unico.
    Lentamente si spostò, accentrandosi tra le gambe dell'amante, sfiorando la femminilità prima con il naso poi con la lingua, era già umida e fremette alla leggera carezza che le era stata donata. Non poteva vederla in viso da quella posizione, ma era certo che fosse rosso e sudato, carico di piacere e di frustrazione, che era destinata a crescere soprattutto quando Elizaveta spinse verso l'alto il bacino per ottenere un contatto maggiore che lui le negò. Per qualche istante però la accontentò, leccando il clitoride con decisione, ma Gilbert la bloccò subito per i fianchi, costringendola ferma sul tavolino.
    La sentì emettere qualche lamento, ma quello non lo fermò né lo costrinse ad accontentarla ancora, si limitò invece a continuare a lambirla con delicatezza solo con l'umida punta della lingua. L'ungherese tremava e gemeva, cercava di inarcarsi ma Prussia continuava a tenerla con sicurezza, voleva avere lui il comando di quell'erotico gioco che non avrebbe fatto finire tanto presto.
    Doveva durare il più possibile e doveva anche essere indimenticabile: i segni non sarebbero rimasti solo sulla pelle in rossi aloni ma anche della mente della donna. Sadicamente e forse in un modo un po' troppo sicuro di sé, Gilbert, pensò che Elizaveta avrebbe goduto così tanto che sarebbe arrivata a pentirsi di aver scelto l'austriaco come compagno di vita e non lui.
    Poteva renderla veramente felice, non solo con dell'ottimo sesso - modestamente Prussia sapeva di essere bravo come pochi -, ma insieme le loro Nazioni sarebbero state fortissime, quasi imbattibili con i loro eserciti uniti sotto la stessa bandiera. Cosa che però, a pensarci bene, era totalmente irrealizzabile.
    Gilbert non era Austria e non avrebbe mai scelto il matrimonio neanche come ultima alternativa - neanche con Ungheria si sarebbe voluto sposare, per essere ancor più sinceri. Il matrimonio non faceva per lui, era un legame troppo vincolante e l'albino si sarebbe sentito come in gabbia, anche con una moglie come Elizaveta - la amava, ma Gilbert era più una persona da amanti, con meno obblighi e problemi di ogni sorta.
    Non doveva ricordarsi di Anniversari e Feste Nazionali - non si ricordava neanche il suo di compleanno, come si poteva quindi anche solo supporre che arrivasse a sapere a memoria quelli degli altri? - né doveva fare regali e cose simili - erano cose più da francese, romanticismi che non potevano appartenere al Meraviglioso Prussia. Decisamente, era molto meglio avere degli amanti e se poi la persona con la quale si andava a letto era addirittura quella che si amava - come in quel caso - era solo un incentivo in più a dare il meglio di sé nel sesso ma non di certo l'avrebbe spinto a prendersi delle responsabilità - pensandoci bene, avere Ungheria come amante fissa non sarebbe stato brutto, tutt’altro.
    Poi sapeva che neanche Elizaveta era propensa a cadere ancora nel vincolo del matrimonio dopo quell’esperienza, ed entrambi quindi non dovevano assolutamente preoccuparsi di possibili trappole.
    Continuò a leccarla con attenzione, chiudendo talvolta il clitoride tra le labbra per suggerlo. Sempre delicatamente per non mettere a disagio la donna, ma i suoi gemiti sempre più forti - e talvolta anche frustrati per la continua mancanza di un tocco più deciso e profondo - gli facevano ben intendere che non sentiva fastidio in quello che le stava facendo: era l’esatto contrario.
    " M-ma... ah... ledetto...", ansimò infatti Ungheria, afferrandogli i polsi fino a farvi penetrare le unghie nel tentativo di liberarsi dalla presa dell'altro sui suoi fianchi. Voleva muoversi, voleva assecondarlo e sentire quella dannata lingua ancor più vicina, ma Prussia continuava a bloccarla e quello la frustrava - oltre ad eccitarla, ma non l'avrebbe ammesso: avrebbe solo fatto crescere l'ego di quel megalomane.
    " So che ti piace.", cantilenò l'uomo poco dopo, soffiando poi sulla pelle umida e sensibile della femminilità dell'altra. " È inutile che tu mi dica che sono un maledetto quando è chiarissimo che tu ci stai godendo."
    In tutta risposta Elizaveta avvampò ulteriormente - sì, ci stava godendo tantissimo ma odiava che le venisse rinfacciato in quel modo - e, per punizione, abbandonò i polsi per andare a tirare con forza i capelli di Gilbert, costringendolo poi ad affondare il più possibile il viso tra le sue gambe, facendosi sfuggire un mugolio compiaciuto.
    Prussia sentì chiaramente quel verso - penetrò nelle sue orecchie e lo fece rabbrividire da capo a piedi - e, liberandola dalla presa suoi fianchi, decise di accontentarla approfondendo ogni contatto e carezza che le stava donando con la lingua e con la bocca, gustando il sapore degli umori della donna sempre più frettolosa e vogliosa - era una sua vittoria personale, aveva distrutto ogni difesa dell'ungherese e l'aveva condotta alla sua totale dipendenza, tant'è che era certo di sentirla quasi lamentarsi se si fosse allontanato, cosa che per il momento non aveva alcuna intenzione di fare -, assecondò quindi i movimenti del bacino e, con la punta delle dita, iniziò a stuzzicarle anche l'orifizio facendola inarcare e gemere con forza.
    Era indescrivibile la sensazione che provava nel sentirla offrire il suo corpo in quel modo e, mentre ardenti ondate di calore lo travolgevano con forza, la sua eccitazione cresceva così tanto da diventare quasi dolorosa - compressa ancora dentro gli stretti indumenti. Ad ogni movimento l'erezione sfregava contro la stoffa tesa, costringendolo a mugugnare sulla femminilità di Ungheria - sempre più umida e desiderosa di un contatto sempre maggiore.
    Avrebbe continuato a carezzarla ancora per portarla alla pazzia, spingerla a pregarlo, ma dovette fermarsi - causando nella donna un lamentò frustrato quasi coperto dal suo altrettanto seccato -, andando con la mano a stringersi il cavallo dei pantaloni. Continuando in quel modo sarebbe impazzito Prussia e non Ungheria: e quello non sarebbe stato affatto produttivo. Quindi abbandono tutti i suoi precedenti obbiettivi per sostituirli con dei nuovi: primo su tutti il togliersi i pantaloni e l'intimo.
    Si sollevò armeggiando con i bottoni dei calzoni, imprecando contro le sue mani che tremavano e che gli impedivano di spogliarsi - non gli era mai capitato di essere travolto in quel modo sia dal piacere che dalla voglia di fare sua la donna, ma l’ungherese era stata la prima di tante cose nella sua vita: era normale.
    Poco dopo però le sue dita vennero sostituite da quelle di Elizaveta che, ripreso fiato, si mise seduta sul tavolino per aiutarlo.
    " Se aspetto te faccio prima a toccarmi da sola...", lo schermì, andando però a baciargli il ventre mentre, con le sue lunghe dita affusolate, faceva abilmente passare ogni bottone attraverso la sua asola, allentando la costrizione dei calzoni. Gilbert sospirò sollevato e si permise di ghignare, stringendole i capelli in un pugno.
    " Ti ho eccitata così tanto da spingerti a toccarti da sola?"
    " Ti ho eccitato a tal punto da farti tremare le mani e non farti più sbottonare i pantaloni da solo?", ribatté lei, sorridendo a sua volta in un modo amabilmente preoccupante che mandò un'altra scarica di piacere lungo tutta la spina dorsale di Prussia.
    " No. Era più eccitante guardare te mentre mi spogli.", rispose ghignando, cercando di non mostrare la cruda e imbarazzante verità - Elizaveta ci aveva visto giusto e bruciava tantissimo.
    Ungheria emise un versetto poco convinto mentre continuava a lasciargli altri leggeri baci attorno all'ombelico, scendendo lentamente verso il pube ormai libero dai pantaloni che, in un fruscio, scivolarono verso il pavimento. Gilbert rimase immobile un po' per lasciarle carta bianca - se Elizaveta prendeva l'iniziativa era meglio non interromperla subito se non si voleva incorrere nelle sue ire - ed un po' per evitare di incespicare nei calzoni fermi sulle sue caviglie: potevano sembrare innocui, ma in realtà erano una vera e propria trappola.
    Mugolò compiaciuto nel sentire aggiungersi anche le mani della donna nell'esplorazione del suo corpo e, dopo essersi premurata di privarlo anche dell'intimo, andò a carezzare l'intera eccitazione - pulsante e calda - solo con i polpastrelli, soffermandosi maliziosamente prima sulla punta, a mandargli un assaggio di quel piacere che gli avrebbe potuto far provare, poi sulla base, a giocare con i peli ricci per farlo gemere frustrato.
    Era la prima volta che lo toccava in quel modo e la prima volta che saggiava la consistenza di quel corpo, non si erano mai sfiorati in quel modo, eppure, l'ungherese sapeva dove e come mettere le mani: sembrava non aver fatto altro per un'intera vita, soprattutto mentre andava a scoprire, con facilità, tutti i punti deboli dell'amante.
    Carezzò lentamente i testicoli, la loro pelle tesa e calda, posandovi le labbra con fare delicato e, al gemito di Prussia, ghignò compiaciuta ripetendo ancora il gesto, lasciandosi completamente guidare dalle reazioni dell'uomo. Non aveva grande esperienza in quel campo - Austria era stato il suo unico uomo e non le aveva mai fatto fare simili cose - ma stava risultando tutto abbastanza semplice e Gilbert era come un libro aperto per lei. Continuò a baciarlo andando a sfiorare con la sola punta delle dita la base del membro di Prussia e, risalendo lentamente verso il glande, si soffermò su ogni pulsante vena che, tremando, faceva esplodere il piacere in altri gemiti.
    Senza fretta seguì con le labbra lo stesso percorso fatto dalle falangi e fu in quel momento che Gilbert - facendo un immenso sforzò per non far crollare le ginocchia, improvvisamente molli come la ricotta - le strinse con più forza i capelli nel pugno in un tremito che bloccò la donna.
    E-elizaveta...”, ansimò, socchiudendo gli occhi in taglienti ma liquide lame color cremisi. “ Prendilo in bocca o giuro che sarò io a costringerti.”, ringhiò, al limite della sopportazione. Solitamente resisteva tantissimo con le sue amanti ma nessuna era Ungheria e quello, forse, era abbastanza normale - lei tra l’altro era assolutamente meravigliosa e il solo pensiero di averla lì con la testa tra le sue gambe era già abbastanza per farlo quasi arrivare all’orgasmo.
    L’ungherese in tutta risposta ghignò - sarebbe stato troppo bello vederla ubbidire senza controbattere.
    “ Stai già venendo, eh Gilbert?”, sussurrò, continuando a tenere le labbra piegate in un malizioso sorrisetto e un altro brivido scosse l’uomo: era quella l’Elizaveta che amava. Tutta la malinconia e l’insicurezza era scomparsa e, finalmente, Ungheria stava mostrando il suo vero volto, quello che Prussia preferiva e temeva al tempo stesso.
    Era sicura, decisa e maliziosa: era la donna perfetta per lui.
    “ No.”, mentì in risposta, modulando la voce per non farla tremare, rendendola roca e bassa. “ Non ho intenzione di venirti in bocca. Non ora almeno.
    “ Vedremo.”, sussurrò l’ungherese posando sul glande, gonfio e rosso, la bocca per donargli un delicato bacio - rischiando anche di far cedere per l’ennesima volta le gambe dell’amante -, la socchiuse quasi subito per lasciar spuntare l’umida lingua in una leggera lappata che strappò un gemito più alto a Gilbert. Soddisfatta continuò ad inumidire la punta congestionata del membro, scendendo in movimenti concentrici più in basso, incontrando ancora una volta le vene pulsanti che aveva carezzato poco prima con le dita.
    E-eliz...
    Per una volta evitò di ghignare nel sentire Prussia ansimare il suo nome, concentrandosi invece sulla punta dell’organo dove vi chiuse per la prima volta le labbra. Il sapore dell’uomo era forte così come il suo profumo, così diverso da quello delicato di Austria ma quello, si disse, non era assolutamente il momento di pensare a Roderich: voleva solo pensare a Gilbert e a tutto quello che stava riuscendo a provocare nel suo corpo. Era lei a comandare in quel momento e aveva tutto nelle sue mani - e nella sua bocca, per essere precisi -, non le era mai capitato e si sarebbe goduta quel momento fino a quando la pazienza dell’uomo non sarebbe finita - infondo poco prima stava facendo lo stesso anche Prussia, se lo meritava un simile trattamento - e sarebbe stato in quel preciso istante che avrebbe lasciato le redini del gioco a Gilbert e, sinceramente, non vedeva l’ora che accadesse.
    Iniziò a suggere con energia il glande poi, quando i versi di Gilbert si fecero più frequenti e forti, si fermò all’istante facendogli emettere un lamento frustrato - non voleva che venisse in quel momento, sentiva che era vicino e che non si sarebbe trattenuto.
    “ Eliz... scheiße1...”, imprecò con il fiato corto. Sentiva tutti i muscoli, completamente tesi per lo sforzo, formicolare per l’insoddisfazione ma non riuscì a sgridare la donna per quel maligno scherzo che aveva avuto il coraggio di tirargli, un po’ perché sicuramente le parole non sarebbero uscite e un po’ perché Ungheria riprese ancora a leccare e baciare il suo membro, facendogli quasi dimenticare la frustrazione di poco prima che, puntuale, si ripresentò quando Elizaveta non gli permise ancora di venire, bloccandosi quando l’orgasmo era quasi giunto.
    Di nuovo, però, non riuscì a dirle nulla - si lamentò solo con dei mugugni -, ritrovandosi il giocattolo di quello che sembrava il nuovo divertimento della donna, che ripeté gli stessi identici - e frustranti - gesti fino a portarlo all’esasperazione. Il sangue bolliva nelle sue vene e sentiva tutto il corpo tremare per l’apice che non riusciva a raggiungere e, quando la afferrò con forza facendola allontanare, non si pentì della violenza che si ritrovò ad usare sull’ungherese mentre la spingeva sul divano, costringendola con il petto schiacciato contro la pelle nera - con degli scatti irritati riuscì anche a liberare una caviglia dall’intreccio dell’intimo e dei pantaloni, per potersi muovere meglio. Le tenne i fianchi sollevati e, senza attendere altro - preda di una primordiale voglia -, la penetrò in una sola spinta, agevolato in parte dalla saliva di Ungheria sul suo organo e dagli umori di quest’ultima che bagnavano la sua femminilità.
    Elizaveta gemette inizialmente per il dolore, misto alla sorpresa, ma Gilbert non si fermò e, continuando a tenerla piegata, iniziò a muoversi con profonde e decise spinte che strapparono dopo un po’ dei veri e propri gemiti di piacere alla donna, soddisfatta e compiaciuta da quello che era riuscita ad ottenere. La stretta sui suoi fianchi si fece più stretta con l’incedere dell’amplesso e ormai i gemiti di entrambi si confondevano tra saliva e lussuria mentre, forse troppo presto, Prussia veniva all’interno del corpo dell’amante.
    Restò immobile in quella posizione, cercando di riprendere fiato ma Elizaveta - insoddisfatta dal precoce orgasmo dell’uomo - riprese a far ondeggiare il bacino: lo voleva ancora, non si accontentava di così poco. Il suo movimento - accompagnato da dei leggeri mugolii - causò subito un violento brivido nel corpo di Prussia che, emettendo un gemito stupito, le lasciò i fianchi per farla muovere come voleva, sentendo sin da subito l’eccitazione risvegliarsi. Per colpa dei giochini della donna aveva raggiunto troppo presto il piacere ma non avrebbe sbagliato nella sua seconda possibilità e quando sentì un familiare formicolio percorrergli il corpo, la bloccò ancora per trascinarla con sé mentre si distendeva sul pavimento alle sue spalle.
    L’ungherese gemette per quell’improvviso cambio di posizione - seduta sopra il membro di nuovo eretto poteva completamente sentirlo dentro di lei - e, voltando appena la testa, lanciò un’occhiata a Gilbert che sorrise malizioso.
    Muoviti.”, ordinò sollevando il bacino per invitarla ad ubbidire. Elizaveta mugugnò in risposta e, senza tirarsi indietro, si mosse a sua volta alzandosi leggermente per far uscire l’erezione dell’amante dal suo corpo, facendolo affondare di nuovo subito senza esitare. Rabbrividì e gemette per il piacere e spinta da quelle sensazioni si alzò ancora ripetendo lo stesso gesto ancora, più e più volte e sempre più velocemente, accompagnata dai mugugni suoi e di Prussia - totalmente incantato dai suoi movimenti, dai capelli che ondeggiavano sulla schiena imperlata di sudore certo, avrebbe preferito vederla in viso e perdersi nei suoi occhi, ma quella posizione era abbastanza eccitante.
    Elizaveta gemette ancora, continuando a muoversi con energia ma, per quanto sensuale quel movimento era anche stancante - i suoi muscoli tiravano per il dolore -, tant’è che, con l’andare dell’amplesso - nonostante gli aiuti di Gilbert -, si ritrovò a rallentare lamentandosi frustrata insieme all’altro. Non riusciva più a sollevarsi e l’insoddisfazione le faceva quasi riempire gli occhi di lacrime.
    Eliz...”, mormorò l’uomo, alzando il bacino per incitarla a continuare.
    A-aspetta...”, ansimò lei in risposta, voltandosi appena per guardarlo in viso, stravolta.
    “ Stai bene?”, domandò Prussia, senza nascondere un tono vagamente preoccupato.
    “ Cambiamo... posizione...”, sussurrò arrossendo ulteriormente anche per l’imbarazzo, tant’è che Gilbert, notando il disagio, della donna evitò di controbattere e, annuendo, la aiutò ad uscire dal suo corpo - trattenne addirittura un lamento frustrato - e, con gentilezza, la prese in braccio mentre si rialzava.
    “ C-che fai!?”, esclamò stupita.
    “ Cambiamo posizione.”, rispose facendola stendere sul divano. “ Sei comoda?”, si permise di ghignare mentre le saliva sopra. Ungheria invece sorrise, rilassandosi e allargando le gambe per accogliere di nuovo il corpo dell’uomo - non le piaceva solitamente la gentilezza di Gilbert, in quella situazione all’inizio le era quasi parsa pietà e non l’aveva sopportato, ma in quell’istante trovava tutto veramente dolce e accettava quel gesto con tranquillità.
    “ Abbastanza.”, ammise, allungando le braccia per attirarlo a sé.
    “ Perfetto.”, e accettando l’abbraccio di Elizaveta, andò a baciarla con passione mentre penetrava ancora all’interno della femminilità della donna che, al contrario della prima volta, gemette subito compiaciuta senza tracce di dolore. Era calda e umida, intossicante, e da quella posizione - si permise di osservarla interrompendo, a malincuore, il loro bacio - era ancor più bella, il suo viso era rosso e sudato, carico di piacere e di altra lussuria che spettava a lui saziare.
    Gli sarebbe piaciuto dirglielo, sussurrarle quanto fosse meravigliosa ai suoi occhi baciando ad ogni parola quella stupenda pelle calda e imperlata di sudore, ma non gli era permesso: non era la situazione né il momento giusto. Ma, almeno, poteva farla sua e farle sentire, almeno con i gesti, tutta la passione che provava per lei.
    La baciò ancora, spingendosi ancora all’interno del corpo dell’ungherese, soffocarono entrambi un gemito nella bocca del compagno e, senza perdersi in altri pensieri, entrambi si mossero insieme, accompagnando con movimenti del bacino quelli dell’altro. Si lasciarono trasportare dalla passione e dalla lussuria, stretti in quel loro caldo e umido abbraccio che, inconsciamente, sperarono fosse senza fine. Raggiunsero l’orgasmo, questa volta quasi insieme, e stanchi si accasciarono del tutto sul divano bagnato dal loro sudore, le braccia ancora strette attorno al corpo dell’amante e i respiri che si mischiavano stanchi e veloci.
    Non era una posizione comoda - Elizaveta non poteva distendere bene le gambe e Gilbert cercava di non gravare del tutto sulla donna - e, non appena i muscoli di entrambi si rilassarono e diedero segno di voler ancora funzionare, si sollevarono con movimenti lenti fino a ritrovarsi seduti, senza mostrare la minima vergogna per la loro nudità - quello che c’era da vedere l’avevano visto, quindi era da ipocriti arrossire e nascondersi per simili cose. Calò un innaturale silenzio - rotto solo da dei brevi sospiri - e, per un po’, nessuno dei due pareva minimamente intenzionato a parlare o a commentare quanto era appena accaduto. Quello, per Ungheria, era un motivo per imbarazzarsi visto che si era lasciata totalmente andare dimenticando tutto il resto, ma infondo era quello che desiderava - era il fatto di aver perso tutti i suoi freni inibitori a metterla un po’ a disagio -, per Prussia invece l’esprimere un parere sulla situazione poteva, a seconda dei casi, essere un biglietto di sola andata per l’oltretomba, se Elizaveta si arrabbiava lui sarebbe morto sicuramente e, ammetteva - ghignando neanche tanto di nascosto - che morire dopo un simile amplesso non sarebbe stato affatto male - ovviamente si sarebbe pentito subito dopo, ma non sarebbe accaduto in quel momento: avrebbe tenuto la bocca chiusa.
    L’ungherese notò subito quel suo sorrisetto - in un’altra situazione la tentazione di prenderlo a pugni l’avrebbe sopraffatta - e, cercando di ignorarlo, si ritrovò a sospirare ancora attirando ovviamente l’attenzione del compagno su di sé che la scrutò - soffermandosi con lo sguardo prima sul seno poi sulle sue parti più intime senza poterne fare a meno - curioso e un po’ preoccupato - era una reazione ormai inconscia.
    “ Ehi...”
    “ Mh?”
    “ Stanca?”, domandò, avvicinandosi leggermente per poterla guardare meglio in viso - era interessante guardarle il seno, ma se voleva vivere doveva per forza evitare di fare passi falsi.
    “ No.”, Elizaveta storse il naso. “ Per chi mi prendi?”
    “ Non stavo insinuando nulla.”
    “ Ti conviene.”, entrambi si erano messi sulla difensiva ed era ormai chiaro che sarebbero anche potuti rimanere li per ore senza riuscire a trovare il coraggio - e inizialmente la voglia - di fare qualcosa anche perché nessuna delle due Nazioni aveva voglia di pensare a tutto il resto - la fine della guerra e del matrimonio, i loro sempre tesi rapporti e tanto altro ancora - ma, nonostante ciò, anche quegli istanti potevano diventare stressanti, quindi Gilbert si alzò pronto a smuovere la situazione nel modo più educato e meno pericoloso possibile. Elizaveta lo guardò, comprendendo ovviamente le sue intenzioni - l’avrebbe fatto anche lei in realtà.
    “ Mi prendo una birra. Tu?”
    “ No...”, rispose sincera. “ Dovrei tornare a casa.”, mormorò chinandosi in avanti dalla sua posizione per recuperare i suoi indumenti più vicini al divano. Gilbert aprì la bocca ma la richiuse subito dopo senza fiatare, le avrebbe voluto dire di restare ma sarebbe stato troppo smielato e assolutamente contro il carattere che era solito mostrare - c’era anche la possibilità che l’ungherese iniziasse a deriderlo e voleva assolutamente evitarlo -, quindi alzò le spalle, cercando di essere il meno deluso possibile.
    “ Come vuoi.”
    Elizaveta strinse a sé gli abiti e si alzò per recuperare gli altri troppo lontani, in realtà le sarebbe piaciuto restare lì con l’uomo - l’unico in grado di aiutarla a dimenticare -, ma la paura di riprendere a litigare per la stupidità di Prussia e di ritrovarsi di nuovo irritata e in preda alla tensione, che l’aveva però condotta in quell’abitazione, era decisamente troppa e l’unica soluzione era quella di andarsene. E quindi, senza controbattere, si rivestì lanciando solo una breve occhiata a Gilbert che spariva per andare a prendersi la sua birra e permetterle - almeno era quella l’impressione che il gesto dell’uomo diede all’ungherese - di andarsene senza problemi.
    Cosa che accettò di buon grado, non sarebbe riuscita né a salutarlo né a ringraziarlo come gli spettava. Era un atteggiamento codardo ma, in fondo, anche Prussia stava scappando da lei.
    Non voleva distruggere quel momento perfetto che si era appena instaurato e rallentò il più possibile il suo rientro nel salotto certo che al suo ritorno, si sarebbe di nuovo ritrovato solo e l’unico ricordo di quella piacevole visita sarebbe stato il profumo di entrambi che sarebbe rimasto ad impregnare il divano.


    1 Merda, in tedesco


    Edited by p r i n c e s s KURENAI ~ - 10/12/2010, 12:02
     
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  2. Stuck93
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    Che bella, mi è piaciuta moltissimo!
    Soprattutto la prima parte, quando Ungheria va da lui! E' un pezzo così angst, lei che va da lui in cerca di conforto e poi alla fine lui che l'abbraccia e poi tutto il resto... è veramente ben fatta, salvo alcuni piccolissimissimi errori di battitura. Poi la coppia mi piace assai!
    Dimentica Roderich, Prussia è duro ò.ò

    XD Bellissima complimenti!
     
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    L'ho letta yeah!
    Direi che è valsa la pena di aspettare tutto questo tempo, Kure! E' meravigliosa!
     
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    Grazie >////<
     
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  5. Ele;
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    Direi che considero questa fanfic stupenda *-* A me piacciono sia la coppia AustriaxUngheria che la PrussiaxUngheria, quindi non saprei proprio decidermi fra le due, ma in effetti è vero, Roderich e Gilbert sono molto diversi l'uno dall'altro, non si può parlare di confronto.
    Ungheria è addolorata per via della fine del matrimonio tra lei e Austria, e cerca del conforto da Prussia, in fondo è molto dolce, e pure il loro rapporto, nonostante non vogliano andare oltre perchè non si sentono pronti.
    Ho apprezzato molto anche la lemon, credo che tu sia la migliore nello scriverle, raramente se ne trovano di così belle! XD Complimenti, continua così! *w*
     
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  6. .:Sole_The_Kid:.
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    Ciò messo tutta la amttina per leggerlo, ma... ne è valsa la pena XD
    Comunque, premetto al commento (che sarà di una lunghezza paragonabile alla OneShot) che io ed la mascolina Ungheria siamo praticamente uguali (di carattere almeno si, per quanto riguarda l'aspetto c'è chi dice di si, ma io dubito fortemente U.U), quindi mi sono sentita in dovere di leggere e commentare questa OneShot perchè la reputo una prova su me stessa XD
    Allora, dopo questo piccolo "premetto" passiamo al commento.
    Prima di tutto devo farti i complimenti per la tua fedele attitudine ai personaggi. Quando si trata di Roderich, Gilbert ed Hèlizavétta, sono molto pignola e cinica, e la prima cosa che guardo e l'attinenza al disegno originale del eprsonaggio. Ovviamente spesso noi fan dobbiamo inventare alcune caratteristiche che, essendo troppo serie e profondo, sono difficili da rivedere nella stesura orginale del manga di Hymaruya, soprattutto per il carattere prttamente comico della serie. Però, facendo una piccola analisi sulle vicende storiche, e basandosi in buona aprte su quelle, mischiandole con i caratteri dei eprsonaggi ... ecco che la storia si scrive PERFETTAMENTE da sola ...
    E questa è la prima parte ... Passiamo alla seconda ... Amo la tua capacità di scrivere Lemon. Io, ad esempio nn ce l'ho e sto faticosamente ecrcando di arrivare a questo scopo ... Rollando sia Ungheria e Francia devo dire che le occasioni epr esercitarci non mancano per entrambi, ma più vado avanti e più mi risulta difficile scriverle <_< sarà che sono sempre e costantemente insoddisfatta ... Boh, nn te lo so' dire U.U
    Quindi un ulteriore complimento per la tua capacità descrittiva ^-^
    Ultimo commento che va ad una frase del primo ed unico pensiero che Ungheria ha durante il rapporto con Gilbert. Quando dice che il suo cuore è diviso fra entrambi, proprio perchè sono così diversi ... Questa è una teoria che si fa da tempo largo nella mia testolina bacata, soprattutto da quando mi sono messa come monito quello di dar vita ad una raccolta OneShot dedicata all'Ungherese e alle sue relazioni con gli altri personaggi. A parer mio Lizzie non può scegliere fra i due proprio perchè sono COSì DIVERSI. Qundi sono stata felicissima di constatare questa nostra "parità" d'opinioni ^-^
    bene, penso di aver finito ^-^ (ammazza quanto ho scritto o.0!!!!!)
     
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5 replies since 26/2/2010, 20:11   330 views
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