3. Remember

NC-17 | Prussia/Liechtenstein

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    Titolo: Remember
    Fandom: Axis Power Hetalia
    Personaggi: Liechtenstein, Prussia (Gilbert Weillschmidt)
    Genere: Introspettivo, Erotico, Drammatico
    Rating: Rosso
    Avvertimenti: OneShot, Lemon
    Conteggio Parole: 1311 (Word)
    Note: 1.Riferita a questa frase trovata sulla Wikipedia che cito:
    Allo scoppio della Guerra Austro-Prussiana nel 1866 vennero realizzate nuove pressioni sul Liechtenstein e quando la pace venne firmata, la Prussia accusò il Liechtenstein di essere stata la causa dello scoppio della guerra con l'Austria.
    Non ho trovato da alcuna parte il motivo di queste accuse - anche perché la guerra la vinta la Prussia e non l’Austria - ma so che il Liechtenstein non ha accettato di firmare la pace con l’altro Stato.
    2. Scritta per la mia cartella della Criticombola su Criticoni.

    { Remember ~



    Sedeva sulla panchina, elegante e composta nella sua posizione. Così bella e immobile da sembrare quasi una bambola di porcellana: con i suoi grandi occhioni verdi, la pelle liscia e chiara ed il vestitino rosa scuro che le fasciava l'esile corpicino.
    Era assorta nei suoi pensieri e teneva lo sguardo fisso e perso sul bellissimo paesaggio che la circondava, senza però vederlo realmente. La sua mente andava inconsciamente a quel suo passato che non riusciva a non rivivere ogni qualvolta che il suo fratellone era lontano da casa.
    E ricordava il tempo in cui viveva nella casa del Sacro Romano Impero nella quale lei, ancora piccola e totalmente dipende dagli Stati più grandi e potenti, assisteva giornalmente all'evoluzione del triste amore del giovane Impero con la sua dolce Italia, rammentava quando con Ungheria spiava le riunioni di Austria con le altre potenze alleate e infine si ricordava anche quando, sempre con la Nazione ungherese e quella italiana, si sedeva negli immensi prati fioriti della stagione fresca primaverile, e lì si godevano un meritato riposo dai lavori domestici.
    Erano memorie felici, lieti e alquanto piacevoli da ricordare anche con un sorriso nostalgico, ma era altrettanto ovvio che, come tutti, anche lei aveva vissuto un periodo oscuro che, per quanto doloroso, non riusciva a dimenticare.
    Per questo ricordava il periodo antecedente alla Guerra Austro-Prussiana con tutte le pressioni che aveva subito, e quando il conflitto era terminato, era la sua pelle a ricordarle quel che le era successo. Anche se non aveva più segni e lividi, le pareva quasi di vederli: scuri e dolorosi.


    La stretta sulle sue fini braccia era forte e decisa, non accennava ad allentarsi. Faceva male, ed era certa che si sarebbero presto formati dei visibili lividi, violacei e grandi come le mani di Prussia. E questo, costringendola a guardarlo dritta negli occhi con quelle sue iridi rosse come il sangue, era quasi in grado di annientare il dolore, causandole però un'insana ma giustificata paura.
    Aveva vinto la guerra, eppure l'uomo non ne pareva soddisfatto e questo la terrorizzava non poco, perché lei conosceva Prussia e i suoi modi di fare - erano quasi fratelli date le loro origini comuni - e le parole cariche d'astio e di frustrazione che le rivolgeva non la aiutavano a rilassarsi e ad intavolare un discorso quantomeno civile. Forse, con un po’ più di calma, e soprattutto senza quella violenta stretta sulle braccia, sarebbe riuscita a tenergli testa, avrebbe provato a farlo ragionare ma non ne era in grado. La situazione la metteva in agitazione e non poteva fare a meno di tremare come una foglia.



    Tremò anche in quel momento, ferma sulla panchina, al ricordo di quella serata con la sola compagnia di Prussia e delle sue parole, sputate con voce grossa e astiosa. Le aveva dato la colpa per lo scoppio di quella guerra nella quale era addirittura uscito vincitore, sconfiggendo Austria.
    Era proprio per quel fatto che Liechtenstein si era spesso chiesta il perché di tutto quell'accanimento, ma il tempo non le aveva mai portato una risposta né aveva mai avuto il coraggio di chiederlo all'uomo.
    Dopo quella sera, la paura di restare sola con lui, di essere ancora toccata in quello stesso, violento modo, non l'aveva mai abbandonata.


    La guancia sfregò contro il muro dolorosamente, costretta in quella posizione dalla mano di Prussia che si stringeva attorno ai suoi fini capelli biondi. Poteva sentirli distintamente strapparsi ad ogni strattone più forte dell'uomo che, senza smettere di insultarla e incolparla, la faceva piegare in avanti trovandola docile come una bambola. Ma, in realtà, aveva solo paura ed era quel terrore a bloccare ogni reazione e possibile atto difensivo.
    Riusciva però a piangere, sentiva chiaramente le lacrime pizzicare agli angoli degli occhi e scorrere lungo il viso e sul muro contro il quale era bloccata.
    E quando sentì l'aria fredda carezzarle crudelmente le gambe, mentre l'abito le veniva alzato fino a scoprirle le cosce ancora nascoste dal pesante intimo, le sfuggì un singhiozzo, accompagnato dalle gote che si arrossavano in un moto di virginale imbarazzo. Subito, Prussia, le intimò il silenzio quasi con irritazione, privandola con decisione dei pesanti mutandoni in cotone.
    Tentò di bloccare un secondo singhiozzo, mordendosi le fini labbra con così tanta violenza da sentire il sapore ferroso del sangue sulla lingua, ma quel lamento soffocato giunse ugualmente alle orecchie dell’uomo. Non la minacciò né la insultò, ma per punizione le fece sfregare ancora il viso contro il muro andando poi ad insinuare tre dita, coperte con la fredda e ruvida pelle nera del guanto, tra le sue gambe, violandone l’intimità con violenza.



    Liechtenstein ricordava benissimo la maligna risata di Prussia insinuarsi nelle sue orecchie. Si era beato del dolore che le aveva causato e anche quel giorno, nonostante fossero passati quasi due secoli, gli pareva di sentire ancora il suo fiato sul collo, le mani sul suo corpo e quella maledetta e gelida risata.
    Un altro tremito la scosse e portò la candida mano alla bocca per soffocare un singhiozzò, mentre le lacrime le velavano gli occhi. L’altro arto invece si strinse sulla gonna del suo abito, facendole perdere quella parvenza di immobile perfezione che la caratterizzava.


    Le soffiava nell’orecchio parole dure, intervallate da morsi. Le diceva di assumersi le sue responsabilità, di accettare la sua colpa, ma tutti i suoi sensi e tutta la sua paura erano rivolti alle dita che la violavano, allargandola e penetrandola con forza e decisione, mosse dalla sola voglia di ferirla.
    Non le ordinava più di mantenere il silenzio, anzi pareva volerla sentirla urlare e con sempre più violenza insinuava le falangi all’interno della sua femminilità, facendola tremare ed emettere mezze grida, soffocate contro il muro. E solo quando Prussia si sostituì con il suo corpo un urlo di puro dolore esplose dalla sua bocca quasi con disperazione, insieme alla sensazione di essere lacerata.
    Umiliata, tra lacrime e urla, piegata su quel muro, veniva punita per una colpa che sentiva di non avere e mentre le spinte aumentavano di ritmo e intensità, più si sentiva persa in quel baratro dal quale, forse, non si sarebbe più rialzata. Esattamente come quando l’uomo la lasciò, svuotandosi in lei.
    Si accasciò contro la parete faticando a respirare ed ogni movimento pareva una pugnalata in tutto il corpo, così come l’indifferenza di Prussia che, silenzioso, se ne andò veloce abbandonandola con il suo dolore.



    Si piegò leggermente in avanti, soffocando ancora un singhiozzo.
    Ricordava tutto perfettamente di quel giorno, era riuscita ad alzarsi ignorando il dolore e si era trascinata fino alla sua camera, chiudendosi al suo interno per ore ed ore. Rifiutando cene e pranzi, cacciando via perfino Ungheria che cercava di aiutarla.
    Solo una cosa non riusciva a ricordare, ed era la forza che l’aveva aiutata durante il rifiuto del siglare una pace tra lei e Prussia. Non l’avrebbe mai perdonato, quello era certo, ma proprio non si ricordava come era riuscita a compiere quel gesto.
    In lei aveva solo un’ombra di quel momento, un insano e caldo orgoglio che l’aveva costretta a tenersi dritta sulle sue gambe, che tremavano ma non cedevano. Era stato sicuramente bello quel momento di inaspettata forza.
    “ Liechtenstein? Sai bene?”, la familiare voce di Svizzera la scosse e lei. risollevandosi, lo guardò con gli occhi ancora carichi di lacrime.
    “ Che succede?”, preoccupato il suo fratellone si chinò su di lei, le sue iridi brillavano anche di rabbia oltre che di apprensione: era pronto a uccidere chiunque per Liechtenstein. Odiava vederla triste e faceva sempre di tutto pur di vederla sorridere e di renderla felice.
    “ Fratellone.”, mormorò lei senza però rispondergli, limitandosi ad abbraccialo con forza e affetto.
    Quei ricordi potevano farla piangere e soffrire ma finché poteva stringere Svizzera, che dopo un momento di imbarazzo ricambiava quel gesto, tutto spariva.
    Non esisteva più il passato: davanti aveva solo il suo presente ed il suo futuro.

     
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