Ghost Drifting

NC-17 | Hercules Hansen/Chuck Hansen

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    ~ The Huntress Princess
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    Titolo: Ghost Drift
    Fandom: Pacific Rim
    Personaggi: Herc Hansen, Chuck Hansen
    Genere: Introspettivo, Erotico
    Rating: Rosso
    Avvertimenti: Oneshot, Slash, Oral Sex, Incest
    Conteggio Parole: 4060
    Note: 1. Il Ghost Drift: “ A rare, unanticipated consequence of the neural handshake is that a crew will sometimes find that their link remains somewhat active (though muted) even after they’ve disconnected from the hardware. This will invariably manifest as shared dreaming. The condition is known to the pilots as ghost-drifting. It is not common, but the first reported case came reliably from Doctor Caitlin Lightcap herself, the inventor of the Pons system. Even so, Doctor Lightcap and the PPDC’s other experts remain at a loss to explain the mechanisms behind this phenomenon.”
    2. Non è confermato che Herc abbia guidato Lucky Seven con Scott - suo fratello. Ma a me piace questa idea, anche perché Herc nella sua giacca ha il logo di Lucky ù_ù
    3. Se ve lo chiedete... no: non è betata XD




    Quando alzò lo sguardo su Chuck, questo aveva un ghigno poco rassicurante in viso.
    " Hai le stesse fossette di tua madre", gli avrebbe voluto dire Herc, ma preferì tacere.
    Angela era un argomento tabù per entrambi, ed inoltre suo figlio non sembrava portato per il dialogo - non in quel momento almeno.
    « Chuck».
    Herc sentì la sua voce come se non gli appartenesse e giunse alle sue orecchie roca e debole come se non avesse toccato neanche una goccia d'acqua in quegli ultimi giorni.
    « Papà», rispose Chuck senza smettere di sorridere in quel modo, ed Herc comprese che c'era realmente qualcosa che non andava.
    Chuck non lo chiamava 'papà' da anni, aveva smesso di chiamarlo in quel modo da quando sua madre era morta.
    Trattenne il respiro, cercando poi inutilmente di deglutire anche se continuava a sentire la bocca ancora impastata.
    Il sorriso di ghigno di Chuck parve quasi allargarsi, e come se fosse la cosa più naturale del mondo si sedette sulle gambe di Herc, cingendogli il collo con le braccia.
    Era una sorta di abbraccio - il primo dopo anni e anni nei quali il massimo del contatto che avevano si riduceva al Drift -, ma Herc pensava a tutt'altro.
    Cercava di comprendere il perché di quel gesto così improvviso, il significato di quel sorriso e dello sguardo. Per non parlare della posizione, visto che Chuck sedeva sulle sue gambe tenendo le sue ben aperte e stando quasi attento a far sì che i loro bacini fossero quasi a contatto.
    Era anormale e si sentiva a disagio.
    « Scendi, ragazzo», riuscì a borbottare, ma Chuck - come era ovvio - lo ignorò per rubargli invece un bacio.
    Un maledetto bacio sulle labbra.
    Herc trasalì, ma il suo corpo si rifiutò di reagire.
    " Spostati!", gridava a se stesso, " Spostati, quello è tuo figlio!"
    Ma sembrava dirlo a vuoto mentre Chuck continuava a baciarlo lentamente, carezzandogli le labbra con la lingua come per invogliarlo a partecipare.
    " No!", interiormente scosse il capo.
    Non lo avrebbe mai assecondato, ma si ritrovò ugualmente ad aprire la bocca e a rispondere a quel maledetto bacio.
    Era piacevole e caldo ma non voleva provare quelle sensazioni. Quello era suo figlio, maledizione!
    Tutti i suoi tentativi di ribellione però andarono a vuoto, lasciandolo con la strana sensazione che... che quello non fosse lui.
    Era strano ed anche assurdo.
    Herc sentiva su di sé la consistenza del corpo di Chuck - aveva anche iniziato a toccarlo, dannazione! -, il suo profumo ed i baci.
    Lo sentiva. Eppure sentiva al tempo stesso di non essere 'lui'.
    Era come se fosse intrappolato nel suo corpo.
    Quella sua 'deduzione' era assurda e senza senso, eppure era quella la sensazione che si stava facendo avanti dinnanzi all'incapacità di controllarsi e fermare suo figlio.
    « Papà», ripeté Chuck, ed Herc non riuscì a non tremare per il tono furbo e lascivo utilizzato dal ragazzo che scivolò con le labbra sul suo collo, allargandogli poi con le mani il colletto della maglia per poter proseguire il suo cammino fino alle clavicole.
    Herc non riuscì a trattenere un vergognoso sospiro quando sentì la bocca di Chuck su di sé, lasciando addirittura che tutto il suo corpo venne scosso da dei leggeri brividi che divennero pian piano più intensi quando il ragazzo iniziò ad accompagnare i suoi baci con dei movimenti del bacino.
    Chiuse gli occhi, riaprendoli poi quando sentì tra le dita i capelli di Chuck.
    Quando aveva alzato le mani per toccarlo?
    Il suo corpo aveva agito da solo, e stranamente il ragazzo non parve intenzionato a sottrarsi a quella carezza - come invece avrebbe fatto in altre occasioni -, continuando al contrario a far scorrere le labbra su tutta la pelle nuda che riusciva a raggiungere e a far sfregare i loro bacini coperti da troppi strati di vestiti.
    " Maledizione", pensò Herc.
    Era sbagliato.
    Certo, desiderava riavere suo figlio vicino, recuperare quel rapporto che sembrava spuntare solo con il Drift, ma non in quel modo.
    Tuttavia, la sua bocca sembrava avere altre idee soprattutto quando si socchiuse per lasciarsi sfuggire gli altri bassi sospiri sempre più frequenti.
    « Chuck...», ansimò chiedendosi poi se fosse davvero quella la sua voce.
    Era sensuale e roca, non l'aveva mai sentita in quel modo... e la cosa lo metteva non poco a disagio.
    Che diavolo aveva in mente?
    O meglio: che intenzioni aveva il suo corpo?
    Il ragazzo sorrise come se avesse percepito qualcosa in quel sospiro - qualcosa che neanche Herc era certo di voler sapere.
    « Inizia a spogliarti, poi vedremo che fare vecchio», dichiarò malizioso.
    « Non chiamarmi in quel modo».
    Herc aveva in mente almeno una decina di risposte ed insulti per ribattere all'affermazione di suo figlio, ma quelle parole erano uscite da sole dalla sua bocca.
    « Costringimi, vecchio», ghignò Chuck in risposta, sfidandolo apertamente. Ed Herc si ritrovò ad afferrarlo con forza e sicurezza per la maglietta, facendo schiantare le loro labbra ancora una volta.
    Era... era stato lui ad agire? Era stato lui a parlare poco prima?
    Il disagio, lo stupore ed anche il timore erano ancora ben presenti, ma non poteva ignorare il fatto che 'quella cosa' - il baciarlo e toccarlo come in quell'istante - gli era improvvisamente apparsa come naturale, così tanto che il suo corpo aveva agito di conseguenza ignorando ogni tentativo di opporsi. Riuscendo addirittura ad eclissare lentamente il loro legame per sostituirlo con il desiderio.
    Herc era stato improvvisamente costretto a venire a patti con la dura realtà di quel momento, mettendo a nudo i suoi sentimenti più nascosti. Le parole "figlio" e "padre" sembravano ormai prive di valore, perché lui desiderava Chuck in una maniera così possessiva da sembrare a tratti morbosa.
    Era preoccupante, ma il muro che la sua mente aveva tentato di creare era stato infranto con una facilità disarmante. Esattamente come nel Drift: non poteva bloccare i suoi pensieri, Chuck li avrebbe visti in ogni caso.
    Si lasciò allora andare, permettendo al suo corpo - che ormai si muoveva guidato da chissà quale proposito - di fare quello che desiderava.
    « Dimmi che lo vuoi anche tu», mormorò il ragazzo poco dopo, alzandogli lentamente la maglietta.
    Sembrava quasi alla ricerca di conferme, come quando da bambino lo guardava con quei suoi occhioni azzurri, ansioso di sentirsi dire un: « Sei stato bravo».
    Certe cose non sarebbero mai cambiate, si disse Herc, sollevando le braccia per permettere al ragazzo di togliergli la maglia.
    « Sì», sussurrò piano, mettendosi nelle mani di Chuck.
    « Dillo ancora», rispose il ragazzo sorridendo e baciandogli poi spalla finalmente nuda.
    « Lo voglio anche io…», mormorò l’uomo, carezzandogli il fianco.
    « Ancora».
    Chuck scivolò verso il basso, inginocchiandosi tra le sue gambe baciandogli prime il petto e poi il ventre.
    « Chuck…», sospirò Herc, incapace di trattenere i brividi che le sue labbra gli stavano regalando ed irrigidendosi quando sentì le mani del ragazzo sui suoi pantaloni.
    « Papà», cinguettò Chuck al suo richiamo, piegando la bocca in un sorrisetto malizioso mentre gli apriva la zip. Lo osservò scostare senza vergogna la stoffa dei boxer, liberando poi il suo sesso semi eretto.
    Herc trattenne il respiro - era forse aspettativa? -, tenendo gli occhi fissi sulle iridi azzurre del ragazzo, cariche di desiderio e malizia che rispecchiavano il sorriso che piegava quella maledetta bocca.
    «Lo vuoi, papà?», soffiò, muovendo delicato la mano sulla base dell'erezione.
    «Chuck...», tremò, cercando istintivamente di trattenersi... di mantenere un pizzico di autorità.
    « Non vuoi vedere quanto è bravo il tuo ragazzo?», continuò Chuck divertito, ascoltandolo fremere ad ogni sua parola.
    Herc aprì bocca, pronto a ribattere, ma l'unico suono che uscì dalla sul bocca fu un gemito causato dalla lingua del ragazzo sul suo sesso.
    Aveva iniziato a giocare con il glande, muovendo al tempo stesso la mano sulla base.
    Per un istante chiuse gli occhi, godendosi quelle improvvise scariche di piacere, poi si costrinse a riaprirli per osservare in volto di Chuck.
    Il suo viso era diventato rosso - forse anche lui era imbarazzato nonostante tutto - e teneva la fronte corrucciata per la concentrazione mentre la sua lingua usciva dalle labbra socchiuse per percorrere le pelle tesa.
    Gli sfuggì un'imprecazione.
    " Errore", si rimproverò chiudendo di nuovo gli occhi, sentendosi incapace di trattenere un gemito più alto.
    Il volto di Chuck rimase impresso nella sua mente, costringendolo ad immaginare ogni suo movimento, dalle labbra che si stringevano sulla punta fino al profilo dei denti mentre prendeva lentamente in bocca l’asta.
    Ansimò, stringendo i pugni sulle lenzuola del letto, trattenendosi dall’andare incontro al ragazzo che muoveva la lingua contro la sua pelle tesa, succhiando e sfregando il suo sesso contro il palato.
    Era… maledettamente bravo.
    « D-dove cazzo… hai imparato?», domandò con voce roca, velata di una nota di gelosia.
    Poté chiaramente sentire Chuck sorridere contro la sua erezione e liberarla lentamente dalla calda prigione nella quale era stato intrappolato.
    « Dote di famiglia?», ribatté, spostando le dita sui testicoli, « Oppure sono semplicemente bravo, qui posso fare quel che voglio papà», concluse, soffiando quelle parole con un vago tono malinconico.
    « Che… significa?», chiese Herc, costringendosi ad aprire gli occhi.
    Che cosa voleva dire che lì poteva fare quello che voleva? Non aveva senso.
    Non ottenne risposta, se non l’ennesimo ghigno da parte di Chuck che tornò a succhiare con attenzione la sua erezione… e ad Herc bastò vedere la punta del suo sesso gonfiare leggermente la guancia del ragazzo per chiudere ancora gli occhi e buttarsi all’indietro.
    La sua schiena affondò nel morbido materasso alle sue spalle mentre dalle sue labbra, aperte, uscivano dei gemiti che gli facevano dimenticare ogni singolo dubbio o residuo di moralità.
    Era eccitante e sapeva che la cosa doveva preoccuparlo, tuttavia più il piacere cresceva, più la parola ‘sbagliato’ perdeva importanza.
    Si mise le mani in faccia, cercando di soffocare i suoi versi e di nascondere il bruciante imbarazzo che gli faceva pizzicare il viso.
    Chuck non si allontanò per commentare quella sua reazione, né sorrise come poco prima, continuò solamente a farlo impazzire, manipolando con le dita i suoi testicoli e succhiando il suo sesso come per volerlo prosciugare.
    Imprecò ancora, e le mani si spostarono dal suo volto per andare ad artigliare le lenzuola alla ricerca di un appiglio.
    « C-Chuck…», ansimò, puntando i piedi per terra e tremando a causa dei crampi che stavano artigliando le sue gambe.
    Era vicino. Fottutamente vicino.
    « C-cazzo», gemette ancora, inarcandosi all’esplodere dell’orgasmo, tuttavia, al contrario delle sue aspettative, il suo corpo non incontrò quello del figlio… sembrava scomparso.
    Riaprì gli occhi e fissò il soffitto della sua camera quasi senza vederlo realmente.
    Ansimò, alzando il capo, ma non vide nessuno.
    Era solo, concluse mentalmente.
    " È stato solo un sogno", si disse ancora mentre il suo corpo continuava a tremare per l'orgasmo.
    « Un sogno», ripeté cercando di dare alla sua voce più decisione, provando al tempo stesso di calmarsi. Lentamente iniziò a sentire la fastidiosa sensazione dei boxer umidi e sporchi attaccati alla pelle: era venuto nelle mutande per un semplice sogno.
    Arrossì leggermente e chiuse gli occhi.
    " Neanche fossi un ragazzino", si rimproverò nervosamente, cercando in ogni modo di ignorare il contenuto di quel sogno.
    Preferiva insultarsi e vergognarsi per essere venuto in quel modo piuttosto che farlo per ciò che aveva sognato. Ma ovviamente era impossibile.
    Tutto nella sua stanza gli ricordava 'chi' aveva sognato: dalle foto appese sul muro, ai vestiti che Chuck scaricava per terra al posto portarli alla lavanderia.
    Il nome di suo figlio si ripeté nella sua testa, facendogli venire quasi un capogiro e subito i suoi occhi corsero sul letto del ragazzo, trovandolo vuoto.
    Doveva essere fuori con Max e quella consapevolezza lo fece sospirare sollevato. Herc sapeva di dover fare i conti con quanto era accaduto, seppur in sogno… e l’idea che Chuck lo avesse osservato in quei momenti lo metteva a disagio.
    Poteva tagliare corto e dire: " È una sciocchezza", ma non ne era in grado.
    Quello che era successo non sembrava semplicemente frutto della sua immaginazione - quale persona sana di mente avrebbe immaginato una cosa simile? -, ma qualcosa di più reale.
    Scosse il capo nell'ennesimo e vano tentativo di andare avanti e dimenticare, e riuscì solamente ad alzarsi controvoglia dal letto, buttare i boxer sporchi nel cesto dei panni da lavare per poi infilarsi nella doccia.
    Si lavò quasi con frustrazione, come se volesse che la spugna portasse via con sé non solo il sudore o lo sperma ma anche il tocco di Chuck rimasto impresso sulla sua pelle.
    Gli aveva baciato il collo e le clavicole - le sfregò con forza -, lo aveva spogliato e gli aveva carezzato il petto prima di scendere verso il basso - continuò a sfregare con più decisione.
    Herc trattenne il respiro quando spinse la spugna tra le gambe, seguendo il cammino fatto dalle labbra di Chuck - si erano strette attorno al glande e, lentamente, avevano percorso l'intera asta.
    Gli sfuggì un mugugno, e risvegliandosi da quel limbo fatto di ricordi, lanciò via la spugna con fare nervoso ed afferrò un asciugamano prima di uscire dalla doccia. Poteva martoriare il suo corpo quanto desiderava, ma niente sarebbe riuscito ad cancellare quanto era accaduto... ed alla fine l'unico risultato di quella ‘punizione’ che si stava auto infliggendo erano e sarebbero degli irritanti segni rossi laddove aveva sfregato con più forza.
    « Maledetti geni ereditari», borbottò nervoso, incolpando la sua pelle delicata e cercando di non pensare al fatto che anche Chuck condivideva quello stesso tratto genetico, ma il suo viso arrossato tornò prepotentemente alla carica attraverso i suoi ricordi e cercò in ogni modo di scacciarlo.
    Afferrò una maglietta imprecando tra sé e sé, ed una volta vestito si trascinò mollemente fino alla mensa dove gli abitanti dello Shatterdome di Sydney avevano già iniziato a fare colazione.
    Prese un caffè, nella speranza di tirarsi su, e si sedette al tavolo.
    Avrebbe volentieri evitato Chuck, si disse fissando lo scuro liquido dentro il bicchiere, ma non era possibile.
    Era suo figlio ed era anche il suo co-pilota. Si trattava di un'impresa pressoché impossibile che, come era ovvio, fallì sin da subito.
    « Ehi vecchio, dormito male?», scherzò Chuck, dinnanzi all'espressione stravolta dell'uomo.
    « Sta zitto, Chuck», borbottò, senza neanche riprenderlo per averlo chiamato 'vecchio'.
    La sua mente era ancora sconvolta da quel 'sogno' e dalle forti emozioni che aveva provato, e non sapeva che spiegazione darsi.
    Lui aveva provato in ogni modo ad opporsi in quel sogno, eppure il suo corpo aveva fatto l’esatto contrario, assecondando i desideri di Chuck… era come se fosse il ragazzo ad avere il controllo di tutto.
    Quella conclusione lo fece quasi sussultare, riportando alla mente il termine di “Ghost Drifting”. Si trattava di un avvenimento raro tra i piloti di Jaegers, una sorta di conseguenza postuma della stretta di mano neurale, durante la quale il collegamento - seppur differente - continuava a persistere anche una volta disconnessi dall'hardware.
    Aveva letto più di un articolo su quell'argomento ed in quell'istante gli tornava in mente una frase detta dalla dottoressa Lightcap: " I piloti potrebbero addirittura condividere i propri sogni".
    Herc chiuse gli occhi, coprendosi il volto con le mani.
    Quel sogno non gli apparteneva, ne era ormai certo. Ma... quello che aveva provato?
    Erano delle conseguenze o erano dei sentimenti che appartenevano a lui?
    E Chuck... perché sognava quelle cose? Con suo padre poi. Era assurdo.
    « Ehi? Non voglio combattere con un fottutissimo zombie! Datti una sveglia, vecchio!», lo riprese Chuck, celando a malapena la propria preoccupazione.
    « Non. Chiamarmi. In. Quel. Modo», pronunciò Herc nervoso lanciandogli un'occhiataccia che fece visibilmente rilassare il ragazzo - il suo viso sembrava dire: " Questa sì che è una reazione degna di mio padre".
    « Costringimi», ribatté poi con un leggero ghigno che fece tremare l'uomo al ricordo - ancora nitido - di quello stesso scambio di parole che aveva fatto degenerare le cose nel 'sogno'.
    Aprì e rinchiuse la bocca più volte nel tentativo di trovare una risposta ma non riuscì a sceglierne nessuna adatta a quella situazione.
    « Ci vediamo nel Drift, vecchio», riprese il ragazzo facendogli l’occhiolino ed iniziando ad allontanarsi, « andiamo Max!», ed il cane ubbidiente lo seguì lasciando solo Herc.
    Già. Il Drift.
    Non gli bastava il problema del Ghost Drifting che se ne presentava uno nuovo.
    Chuck avrebbe visto e scoperto quello che avevano... condiviso, seppur in sogno, sentendo poi i suoi pensieri e dubbi.
    Non poteva non preoccuparsi ma la verità era che non sapeva cosa dovesse angustiarlo maggiormente.
    Il fatto che fosse un sogno di Chuck e che quindi suo figlio lo... beh, desiderasse in quel modo, oppure il fatto che lui stesso aveva scoperto di provare qualcosa di simile?
    " Entrambe le cose", si disse, e giunto a quel punto non sapeva esattamente con che coraggio affrontare il Drift.
    Sospirò bevendo il caffè, ormai freddo, tutto d’un sorso.
    Solo una cosa era ironicamente positiva in quella situazione, perché quella scoperta gli aveva fatto comprendere il motivo di certi atteggiamenti di Chuck e di altri pensieri che aveva colto proprio nel Drift.
    Aveva infatti più volte scorto non poca gelosia che era stata collegata al fatto che era suo figlio, ed era ovvio che fosse geloso del padre anche se cercava di non ammetterlo… gelosia che in quel momento stava assumendo un’altra sfumatura non del tutto gradita.
    Come aveva fatto a non rendersene conto prima?
    Si diede più volte dello stupido, ma neanche quegli insulti servirono ad aiutarlo.
    Niente lo avrebbe aiutato in quella situazione.
    Certo, poteva sempre chiedere al Marshall di cambiare ‘le coppie’ ma era ben conscio che di quei tempi non era semplice trovare dei piloti ancora disponibili e capaci.
    Suo malgrado Chuck era il migliore, non solo per il loro livello di compatibilità nel Drift ma anche per le sue abilità.
    “ È mio figlio”, dichiarò tra sé e sé senza nascondere un certo orgoglio. Era ovvio che fosse il migliore visto che per lui era stato più un ‘soldato’ che un padre - se ne era reso conto durante il loro primo Drift.
    Forse si trattava proprio di quello visto che per Chuck non era mai stato una vera e propria figura paterna, oppure - come per il Ghost Drifting - si trattava di una conseguenza del Drift… ma nessuna di quelle ipotesi sembrava avere realmente senso.
    Le cose sarebbero presto andate a rotoli, per quel motivo Herc era certo di dover riuscire ad affrontare suo figlio per evitare che accadesse qualcosa.
    Si concesse l’ennesimo sospiro, e cercando di tenere ben salda quella decisione si allontanò dalla mensa per affrontare quell’intensa giornata d’addestramento e simulazioni. Nella speranza che nessun maledetto Kaiju avesse l’intenzione di attaccare proprio quel giorno - aveva bisogno di un po' di tempo prima di affrontare Chuck nel Drift.
    Ovviamente le sue speranza andarono ad infrangersi fin troppo velocemente quando dal LOCCENT arrivò la comunicazione che un Kaiju - un Categoria III, nome in codice Hound - era appena uscito dalla Breccia per dirigersi verso Auckland.
    Come un automa si preparò per l'emergenza e raggiunse Chuck che lo attendeva pronto per partire.
    « Ti sei ripreso, vecchio?», domandò divertito.
    « Non preoccuparti, il tuo vecchio è ancora abbastanza forte per evitare che il Kaiju cattivo ti prenda a calci in culo», ribatté, sperando che la sua falsa sicurezza potesse trasmettersi anche nel Drift.
    Chuck ridacchiò ma non rispose, preferendo invece prendere posizione insieme ad Herc in attesa del drop.
    « Rilascio per drop», annunciò Herc e qualche secondo dopo la carlinga venne rilasciata per unirsi al corpo di Striker. L’allineamento andò come al solito alla perfezione.
    « Stretta di mano neurale tra dieci secondi. Dieci... nove... otto...», il tecnico iniziò il conto alla rovescia e da li a poco meno otto secondi Chuck sarebbe stato nella sua testa.
    Chiuse gli occhi.
    « Tutto bene, vecchio?», lo richiamò il ragazzo.
    « Pensa a concentrarti», rispose secco.
    « Tre. Due. Uno. Stretta di mano neurale attivata», ma Herc quella voce quasi non la sentì.
    La sua mentre era già altrove.
    Le missioni con l’esercito - c’era sempre una guerra a separarlo dalla sua famiglia.
    Il momento in cui Angela gli aveva messo in braccio il piccolo Chuck. I suoi primi passi e le parole - la vocina che ripeteva insistentemente: « Papà! Papà guarda! Guarda!».
    La volta che lo aveva portato a vedere la sua prima partita di football.
    Poi il K-Day e quando aveva scelto di salvare lui al posto di Angela.
    La rabbia negli sguardi di Chuck, il risentimento… fino ad arrivare al silenzioso perdono raggiunto grazie ai loro Drift.
    E da lì fino a quella notte.
    Il sogno di Chuck che aveva… spiato?
    Si sentì arrossire e riaprì gli occhi giusto per sentire il tecnico annunciare il successo della stretta di mano neurale.
    Lanciò un’occhiata a Chuck ma questo lo ignorò per iniziare a calibrare i due emisferi.
    « Emisfero sinistro sta calibrando», annunciò alzando un braccio lentamente.
    « Emisfero destro sta calibrando», rispose Herc imitandolo mentre con loro si muoveva anche il Jaeger.
    « Calibrazione riuscita», annunciò il tecnico mentre metteva in comunicazione il Marshall, il quale diede loro le ultime direttive che si rivelarono essere le solite cose: proteggere Auckland, limitare i danni ed uccidere il Kaiju.
    Entrambi i piloti assentirono poi, scambiandosi un’ultima occhiata, iniziarono a muoversi per dare il via alla missione. Non avevano bisogno di parlare per avvertire la tensione, erano entrambi l’uno nella testa dell’altro anche se cercavano di ignorarlo e di concentrarsi sulla missione.
    Perché un soldato distratto equivaleva ad un soldato morto.
    La battaglia si rivelò dura come tutte le altre che l’avevano preceduta e, fortunatamente, si concluse anche quella con l’ennesima uccisione per Striker Eureka.
    Solitamente, Chuck si sarebbe permesso di festeggiare - stavano raggiungendo un vero e proprio record con i Kaiju che stavano sterminando - ma, silenzioso, abbandonò il Jaeger una volta tornati alla base.
    Herc, ovviamente, non aveva bisogno di sapere che gli stesse accadendo e, dopo aver fatto rapporto, andò a cercarlo.
    Rimandare non sarebbe servito a niente. Suo figlio sapeva quello che era successo. Lui stesso ne era a conoscenza.
    O affrontavano quella situazione o affondavano con essa… e un Hansen non affonda mai.
    Trovò il ragazzo nella Kwoon Combat Room in compagnia di Max che, pigro come sempre, se ne stava accoccolato tra le gambe del suo padrone.
    « Chuck», lo chiamò per attirare la sua attenzione.
    « Che c’è?», sbottò.
    « Dobbiamo parlare», mormorò, osando sedersi accanto al ragazzo.
    « Non c’è niente da dire, papà», rispose Chuck, calcando sulla parola ‘papà’, « quello che abbiamo visto ha parlato già abbastanza per entrambi».
    Herc sospirò, comprendendo la rabbia del suo ragazzo.
    Il Drift li metteva in quella situazione. Non esistevano segreti quando ci si interconnetteva.
    Quando pilotava Lucky Seven con Scott, suo fratello, aveva più volte dovuto fare i conti con delle cose riguardanti il suo co-pilota che non avrebbe mai voluto sapere… e quella situazione non era poi così diversa.
    « Si tratta del Ghost Drifting», esordì anche se sapeva di non aver bisogno di dirlo.
    « Si tratta di sapere che intenzioni hai ora. Devi dirmelo perché non l’ho capito», ribatté Chuck, « vuoi fare finta di niente? Cambiare pilota? O… provarci?», concluse con un sussurro, e ancora una volta Herc vide nei suoi occhi la stessa aspettativa di quando era un bambino, quella che aveva intravisto dopo tanto tempo durante il loro sogno.
    Il Drift gli aveva mostrato quanto Chuck fosse confuso per via dei suoi desideri, dei sogni e per tutto quello che gli stava accadendo. Aveva visto i suoi tentativi di ignorare quello che provava, di essere freddo e distante - cose che Herc aveva mal interpretato le prime volte -, ma alla fine aveva fallito.
    Aveva accettato quell'attrazione e i sogni erano diventati la sua via di fuga... e suo malgrado anche Herc sentiva di essere nella stessa situazione.
    Era incapace di rifiutare quella proposta ed era ben conscio che con l'andare dei mesi - se quella storia non fosse venuta fuori quel giorno, ovviamente - si sarebbero ugualmente ritrovati nella stessa situazione.
    Le cose sarebbero andate diversamente? Forse sarebbero stati più preparati o frustrati, ma non potevano saperlo. Di conseguenza poteva solamente accettare quello che stava accadendo, perché era certo di non essere in grado né di ignorare i suoi sentimenti né di poter cambiare pilota - non avrebbe permesso a nessun altro di entrargli nella mente, perché avrebbe messo nei guai sia lui che Chuck.
    « Possiamo provarci», rispose piano, spingendosi verso di lui per abbracciarlo e fargli sentire la sua presenza - da bambino era l'unico modo per calmarlo e rassicurarlo.
    Lo sentì irrigidirsi per quel gesto ma non si allontanò.
    « Sempre meglio che sognarle certe cose, no?», aggiunse poi cercando di alleggerire il peso della situazione.
    « Sono costretto a darti ragione... ma smettila di abbracciarmi. Non siamo mica due checche, vecchio», ghignò Chuck piazzandogli le mani sulle spalle, come per allontanarlo, e senza nascondere un pizzico di soddisfazione nella sua voce.
    « Non chiamarmi in quel modo, Charles», ribatté Herc sciogliendo l’abbraccio, stupendosi quando le labbra del ragazzo si avvicinarono alle sue.
    « Costringimi, vecchio».
    Sorrise allungando la mano per posarla sulla nuca - i capelli erano esattamente come quelli che aveva sentito nel sogno.
    « Non sfidarmi, Chuck», sussurrò con voce bassa prima di baciarlo e mandare per l’ennesima volta al diavolo tutto quello che lo circondava.



     
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