Orgoglio Orientale

NC-17 | Impero Romano/Impero Cinese

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    ~ The Huntress Princess
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    Titolo: Orgoglio Orientale
    Fandom: Axis Powers Hetalia
    Personaggi: Impero Romano (Lucilio Valerio), Impero Cinese/Cina (Yao Wang)
    Genere: Introspettivo, Erotico
    Rating: Rosso
    Avvertimenti: OneShot, Yaoi, Lemon, What if? (E se...)
    Conteggio Parole: 10831 (FiumiDiParole)
    Note: 1. Il nome di Roma, Lucilio Valerio, mi appartiene. Sono l’unica ad usarlo quindi se lo volete: creditatemi!<3
    2. Storicamente tra Roma e Cina ci sono molte cose da dire! Ho solo preso alcuni spunti come la Via della Seta ma questa non è una fic storica ù_ù dico questo per non sentirmi dire: “ è una coppia crack!” ù_ù
    3. Vengono nominate Hellas (la mamma di Grecia), Gallia e Iberia come Nazioni di sesso femminile (queste due rappresentano la Mamma di Francia e la Mamma di Spagna). Gallia e Iberia sono sposate. Tutte e tre sono nate dalla mente di persy-chan, che, come sempre, ringrazio.
    4. Appare anche nominata Britannia che è mia ù_ù<3 Lei, le fatine e sua sorella Avalon che qui non appare ma che è sempre nel mio cuoreXD
    5. A Francis che è il mio Impero Romano<3 Tu puoi insegnarmi tutto quello che vuoi >ç<
    6.Partecipa al The One Hundred Prompt Challange indetto da BlackIceCrystal. Con prompt 71. Orgoglio
    7. Partecipa a FiumiDiParole.

    { Orgoglio Orientale ~



    Era ormai sera quando i due Imperi, finito per gran parte il pasto, si concessero il lusso di distendersi tra i morbidi cuscini in seta della sala. Attorno a loro vi erano deliziosi dolci e gustosa frutta, accompagnati da oli e incensi profumati, il tutto allestito solo per quell'importante cena.
    Quella mattina, dopo un lunghissimo viaggio, era arrivato da Occidente Roma e, come era giusto che fosse, andava ricevuto con tutti gli onori che gli spettavano: cosa che Cina riusciva sempre a fare in modo eccellente.
    Non che Lucilio fosse da meno ovviamente; capitava infatti che talvolta fosse il cinese ad andare nelle terre ad occidente e quei giorni spettava all'altro prodigarsi per stupirlo con un’accoglienza reale, migliore di quella ricevuta quando si trovava dall’altro Impero.
    Pareva una stupida gara, ma alla fin fine era solo uno dei tanti segni di amicizia e rispetto che formavano il loro rapporto.
    Un legame ottimo e forte, basato sulla conoscenza e sulla stima reciproca, molto utile per la crescita di entrambi. Era esattamente come la via commerciale che intercorreva tra i loro due paesi, giovando all'economia.
    Infrangere il loro rapporto non avrebbe portato niente di buono e, ovviamente, nessuno dei due aveva intenzione di creare problemi o di rovinare quei momenti di pace e riposo tra un viaggio e l'altro.
    Quelli che stavano vivendo in quell’istante, erano quindi attimi di quiete, intimi per modo di dire, in cui parlavano delle loro battaglie e delle loro conquiste, delle scoperte e dei sogni per il futuro: esattamente come ottimi amici.
    Inoltre, di tanto in tanto, capitava che Cina si lasciasse andare a delle domande curiose guidato dalle maliziose parole dell'altro Impero - soprattutto quando questo scendeva in discorsi piuttosto particolareggiati su dei suoi incontri lussuriosi.
    Per Yao Lucilio Valerio era un tipo strano seppur affascinante e interessante. A guardarlo pareva totalmente dissimile da lui, avevano addirittura due società diverse, con differenti modi di vedere il mondo: l'Impero Occidentale amava l'arte e l'architettura - anche se spesso pareva apprezzare molto di più il divertimento - mentre quello Orientale, al contrario, non era molto incline ai giochi e preferiva dilettarsi tra i disegni e le leggende che popolavano la sua terra sin dalla quando aveva memoria - gli unici giochi che conosceva erano quelli di ingegno.
    In realtà però, nonostante le differenze, si trovavano spesso d'accordo su quegli argomenti, anche perché erano entrambi affascinati dall'arte e dalle storie che popolavano le reciproche terre, ma quando Lucilio - complice il pregiato vino che portava in Cina che gli faceva perdere qualche inutile inibizione - iniziava a narrare all'altro le sue avventure amorose con i vari amanti che collezionava - calcando volutamente sul divertimento e sul piacere di quelle ore passate in dolce compagnia -, l'Impero Cinese si sentiva sempre a disagio.
    Quasi più piccolo dell'amico per la sua impreparazione su quell'argomento.
    Yao non conosceva simili diletti e, tra l'imbarazzo e la curiosità - mista alla sete di sapere -, cercava di avvicinarsi per apprenderli di persona, ponendo domande e osservando con attenzione ogni espressione sul volto dell'amico.
    Era sua intenzione cercare di comprendere il perché di tutto quel trasporto e di quel calore che animavano Roma e il motivo di quell'attaccamento ai piaceri fisici che tanto decantava. Sfortunatamente, si ritrovava sempre insoddisfatto e pieno di nuove domande che, anche se avrebbero avuto una risposta, non l'avrebbero aiutato ad apprendere.
    Quindi serviva a ben poco ai fini della sua voglia di sapere il fatto che Lucilio parlasse sempre dando un responso a tutti quei quesiti che il cinese gli poneva senza mai mostrarsi imbarazzato, anzi: pareva addirittura divertito dalla curiosità dell'altro Impero.

    " Mi sembri più pensieroso del solito. Ti sto forse annoiando?", chiese qualche istante dopo Roma, attirato dall'espressione contrita e insoddisfatta del cinese.
    " Assolutamente no, aru.", si affrettò a rispondere Cina. " Pensavo e basta. Scusa se mi sono distratto: non ho sentito la fine del tuo aneddoto, aru."
    " Tranquillo.", lo rassicurò Lucilio con un sorriso che, presto, mutò in uno malizioso. " Ho solo detto che mi piacerebbe un giorno trovarmi tra Gallia e Iberia. Quelle due donne sono... calde... sì: è proprio il termine giusto."
    L'Impero Cinese, a quelle parole, non riuscì a trattenere un sospiro con le labbra piegate in una smorfia. Roma parlava, faceva battute cariche di un senso a lui nascosto che, nonostante le domande che era solito porre all'altro Impero - definite da questo: " Domande intime." - e le successive risposte che riceveva, non avrebbe mai compreso realmente.
    Era grande tanto quanto il compagno e come se non bastasse stava anche crescendo velocemente, arricchendosi con conquiste e nuove scoperte, ma quell'argomento lo faceva sentire sempre più piccolo: quasi un infante.
    " I punti sono tre, penso. O ti stai annoiando, o sei stanco o...", esordi il romano con il tono divertito di chi conosceva già la risposta. " O è giunto il tempo delle tue 'domande intime'."
    Yao arrossì leggermente e lo guardò sporgendo appena il labbro inferiore in un piccolo broncio che, agli occhi di Roma, lo fece apparire ancor più adorabile.
    Certo, 'adorabile' non era il termine con il quale Lucilio definiva l'amico, ma in alcuni istanti avrebbe tanto voluto prenderlo tra le braccia e stringerlo forte, anche se sapeva che Cina non si sarebbe mai lasciato abbracciare in quel modo.
    O era l'Impero Cinese a desiderarlo o non si sarebbe mai fatto niente e, quando era proprio Yao a rivolgergli quelle domande si sentiva sempre più vicino alla sua conquista fisica.
    " Tanto sono inutili, aru.", rispose.
    " Come?", domandò Roma, stupito da quelle parole.
    " Non riesco a capire solo con le domande e le tue risposte, aru.", ribatté con una smorfia il cinese. " Devo..."
    " Devi fare pratica~", si intromise l'altro Impero, facendo sussultare il compagno.
    " Non intendevo quello, aru!", esclamò Cina, sentendo le gote pizzicare per l’imbarazzo ed il rossore. " Devo studiare, ecco! Chiederò a India, aru..."
    " Si impara meglio con la pratica, sai? Poi, conoscendola, non penso ti aiuterà."
    Calò per qualche istante il silenzio e anche Yao dovette ammettere quanto erano state stupide le sue parole: conoscevano entrambi India ed era fin troppo orgogliosa - e spesso acida - per aiutare il cinese. Quella era quindi un'idea assolutamente fuori luogo e irrealizzabile.
    Di conseguenza, per capire, si disse Cina, doveva fare pratica ma a quel punto c'era un ulteriore problema.
    " Certo.”, assentì. “ Ma con chi la faccio, aru?", domandò inarcando un sopracciglio, cosa che, inaspettatamente, fece sorridere Roma.
    " Sei ingenuo, amico mio.", rispose l’occidentale ricevendo un'occhiataccia infuocata da parte del cinese che lo spinse a finire la sua frase. " Io, Lucilio Valerio, l’Impero Romano, posso aiutarti.”, dichiarò con tono pomposo e orgoglioso.
    “ Mh...”
    “ In fondo: abbiamo spesso parlato di quei dolci diletti di coppia.", concluse Roma e Cina dovette ammettere che aveva ragione.
    Avevano discusso tantissime volte su quell'argomento e, ormai, l'imbarazzo era quasi svanito, ma c'era ugualmente qualcosa che lo bloccava.
    " Sembrerebbe un 'sì'.", commentò il romano, ghignando malizioso.
    Sapeva di aver fatto un enorme passo in avanti e, per raggiungere il suo obiettivo, doveva tentare con un approccio più deciso - da tempo immaginava di trasformare almeno in parte il loro rapporto in un qualcosa di più intimo ma, per rispetto verso l'altro Impero, si era sempre trattenuto.
    Quindi si avvicinò leggermente per versare del vino nella coppa del compagno, certo che questo avesse ormai la gola secca - era l'effetto di quei discorsi, lo sapeva bene.
    Yao, infatti, mugolò ancora in apprezzamento di quel gesto e si sentì veramente propenso a dare una risposta affermativa. In realtà doveva ancora pensarci un po', non poteva decidere così velocemente, e pensieroso portò il calice alla bocca, bevendo il suo contenuto in un sol sorso.
    Alcune gocce di quella ricca bevanda scivolarono senza controllo dagli angoli della bocca del cinese fino al suo mento, seguite dallo sguardo incantato dell'Impero Romano sempre più convinto che il compagno fosse totalmente ignaro della sua innata sensualità.
    Poi, sporgendosi ulteriormente verso l'altro, andò a posare le labbra su quelle piccole gocce di vino per pulirlo. Lo avvertì sussultare a quel tocco e, superato l'iniziale stupore, si sentì allontanare violentemente, incontrando subito lo sguardo imbarazzato e arrabbiato di Cina.
    " Che stai facendo, aru?!", esclamò Yao.
    " Ti pulivo.", rispose Lucilio, leccandosi lascivamente le labbra come a voler gustare ancora quel sapore. " Poi... mi sembrava chiaro che tu volessi fare pratica~"
    " S-sì... ecco...", il cinese non riuscì a trattenersi dal balbettare e sentì le guance pulsare di un calore quasi inusuale - spesso si imbarazzava a causa delle parole dell’altro Impero, ma quella sensazione era diversa: indescrivibile.
    " Siamo amici, Cina. Abbiamo parlato tante volte di queste cose e ti ho sempre assicurato che sono piacevoli. Di che hai paura?"
    Sembrava una frase normale, quasi una battuta, ma entrambi avevano inteso il vero significato: Roma lo stava stuzzicando e sfidando.
    Con l'insinuazione che Yao avesse paura stava chiaramente colpendo il compagno nella sua parte più viva e sensibile: nel suo orgoglio.
    Non esisteva essere al mondo più orgoglioso di quell'Impero, per questo il romano sapeva che l'altro avrebbe reagito nel modo più ovvio e scontato.
    " Non ho paura, aru!", ribatté piccato Cina. " Facciamolo, aru!"
    " Non dirlo come se fosse un obbligo.", sorrise il romano, riavvicinandosi lentamente cercando di non fare mosse false. " Deve essere un piacere."
    Il cinese arretrò quasi senza rendersene conto sui cuscini, stupendosi della stazza di Lucilio che in quell'istante sembrava molto più alto del solito. Si trovò presto alle strette e finì di nuovo disteso con Roma che, con un’espressione trionfante, lo sovrastava.
    L'altro Impero era sempre stato più grande di lui fisicamente, aveva un corpo forte e fiero, pieno di muscoli e di cicatrici che narravano tutte una storia. Anche Cina ne possedeva alcune - non visibili come quelle ma c'erano - ma, al contrario del compagno, era esile e piccolo.
    Non era muscoloso e basava le sue tecniche di combattimento sull'agilità e l'ingegno. Era un ottimo stratega e quello, senza ombra di dubbio, era per Yao un'altra fonte di orgoglio.
    In quel momento però, con sua somma sfortuna, nessuna delle sue capacità poteva aiutarlo ed era in balia del timore e della curiosità.
    Si fidava di Lucilio Valerio, ma la mancanza di preparazione su quell'argomento lo faceva sentire a disagio. Nonostante ciò, forse un po' confuso da quegli avvenimenti - era bastata la bocca del romano sulla sua pelle per farlo bruciare - e dal crescente desiderio di sapere, permise all'uomo di baciarlo sulle labbra.
    Sin da subito si accorse della netta differenza con i baci che aveva ricevuto in passato - non erano stati tanti e, se la sua memoria non lo ingannava, erano quasi tutti sulle guance o sulle mani -, quello era umido e profondo. Quando avvertì la lingua dell'Impero insinuarsi nella sua bocca gli sfuggì però un gemito quasi soffocato: quel contatto stava diventando sempre più intimo.
    Era stato colto da un brivido, una sensazione strana ma piacevole che sebbene non dissipasse del tutto l'imbarazzo ancora lo rendeva nervoso.
    " Calmati...", sussurrò poco dopo Roma, sfiorandogli di nuovo le labbra senza smettere di guardarlo negli occhi.
    " Sono calmo, aru!", gracchiò Cina, suscitando dell'altro una risata. " Non ridere, aru!"
    Gli artigliò i capelli, tirandoli quasi per dispetto e per imporre la sua presenza. Poteva essere impreparato, ma per l'Impero Cinese era molto più importante far valere la propria forza e potenza. Non temeva Lucilio né come uomo né come soldato, quindi il farsi sottomettere - fisicamente e moralmente - era fuori questione.
    " Ahi ahi ahi!", si lamentò il romano, forse in un modo un po' troppo esagerato. " Lasciami Cina! La smetto! Non rido più!"
    " Hn...", la stretta si allentò debolmente e, non appena la mano di Yao si allontanò, Roma ne approfittò per baciarlo ancora, cercando con la lingua di coinvolgerlo in quella danza.
    Non vi riuscì anzi, Cina pareva quasi fuggire da quel contatto, come un topolino cacciato da un gatto: ma l'avrebbe messo all'angolo, senza vie di fuga.
    " Devi muoverla anche tu...", suggerì poco dopo Lucilio, osservando il viso già rosso del compagno.
    Era bello.
    L'Impero Romano aveva sempre visto in Cina un essere affascinante e misterioso. Nei loro primi incontri aveva addirittura pensato che fosse una donna fredda e superiore, ammantata e nascosta tra i suoi ricchi abiti di seta. Salvo poi venire smentito quando l'aveva incontrato in privato in una serata non tanto diversa da quella, nella quale aveva scoperto che quel grande Impero d'Oriente era un uomo, che non era né freddo né superiore.
    Aveva conosciuto una Nazione piena di vitalità e di voglia di apprendere, gli piacevano gli animali e le leggende, disegnava benissimo - ammirava la sua capacità di fare dei ritratti, la quale gli permetteva di cogliere ogni dettaglio della persona che aveva davanti - e quando si lasciava trasportare da quella sua genuinità, mista all'innocenza, diventata se possibile ancor più bello di quanto già non apparisse.
    Nonostante quel suo essere cristallino però, Roma continuava a vedere in lui del mistero. C'erano tante cose, tante capacità e leggende che il cinese non gli avrebbe mai mostrato: e quello lo attirava inesorabilmente verso la sua persona.
    Amava la scoperta e se questa lo portava in direzione di quei diletti così piacevoli non avrebbe mai trovato da lamentarsi.
    Si sporse ancora per baciarlo, penetrandogli senza alcuna pretesa le labbra e quando sentì anche Cina rispondere alle carezze della sua lingua, con timidezza e insicurezza, gli parve quasi di aver vinto una battaglia: un passo importante per la vittoria di una guerra.
    " Ti piace?", domandò l'Impero d'Occidente qualche attimo dopo, guardando negli occhi l'amante nella speranza di leggervi lo stesso piacere che stava provando.
    " Mh..."
    Non avrebbe risposto, Lucilio doveva aspettarselo. Yao era troppo orgoglioso - e in quel momento anche troppo imbarazzato - per ammettere qualcosa del genere, forse era anche già troppo che gli stesse permettendo di fare quella piccola lezione pratica.
    Quindi continuò ad approfittare di quella grande concessione che Cina gli aveva dato, spostandosi dalla bocca di questo prima sul mento poi sul collo, aiutandosi con le mani per aprire la tunica che indossava.
    La slacciò lentamente e più pelle veniva messa a nudo, più i baci scendevano verso il petto, ma lì il cinese lo bloccò, colto da un'improvvisa vampata d'imbarazzo.
    " Che fai, aru?!", gracchiò.
    " Ti spoglio nel modo più sensuale che conosco: baciando ogni lembo di pelle che scopro.", rispose sincero Roma.
    " Ma... è necessario, aru?", chiese Cina, rosso in viso all'idea di mostrarsi nudo davanti ad un estraneo - conosceva l'altro Impero, ma restava pur sempre uno sconosciuto: non era un membro della sua famiglia.
    " Certo che è necessario! Si fa senza vestiti. È molto meglio, te lo assicuro... è più intimo e piacevole."
    Il cinese lo fissò serio, poi assentì con un po' di disapprovazione nello sguardo. Non era convinto della sua scelta ma non voleva farsi vedere impaurito e indeciso, sembrava quasi un sinonimo di disonore in quel momento.
    Aveva accettato di fare quella cosa con Roma e ritirarsi equivaleva a mostrare una debolezza che non poteva e non doveva possedere.
    Yao era forte e sapeva di esserlo, non era da meno di quell'altro Impero. Con un sospiro quindi permise al romano di aprirgli totalmente la tunica... ma non accadde nulla.
    Roma restò fermo a fissarlo in un modo così intenso da farlo quasi avvampare - stava per prendere fuoco, lo sentiva.
    " Ho... qualcosa di strano, aru?"
    " No. Sei solo molto carino, Sinae", Lucilio gli rivolse un ampio sorriso sincero che si spense quando il cinese gli donò una ginocchiata sul fianco - ovviamente per l'imbarazzo.
    " Te lo faccio vedere io il carino, aru!", esclamò Cina, con tono offeso - era un complimento, ma in quel momento gli sembrava tanto una presa in giro.
    " Uhn...", Roma sospirò e, decidendo di non rispondere a quella semi minaccia, si sollevò quel tanto che bastava per cercare di togliersi la tunica e spogliarsi a sua volta.
    " Che fai, aru?"
    " Secondo te? Dobbiamo essere entrambi nudi.", spiegò. " Ti sentirai meno a disagio visto che saremo nella stessa condizione."
    Lo sguardo che l'Impero Cinese gli rivolse lo fece quasi ridere - ovviamente però si trattenne dal farlo. Sapeva di aver detto una cosa stupida: se Yao era nervoso, l'averlo senza indumenti non l'avrebbe di certo calmato. Ma era quasi romantico da dire e non era pentito dall'aver pronunciato quelle parole.
    " Anche se dovresti essere tu a spogliare me.", aggiunse poi con tono allegro privandosi della sua tunica.
    " Fa da solo! Io non faccio nulla, aru!"
    " In effetti sono un bel vedere, è interessante guardarmi."
    " Ma fammi il piacere, aru!", il cinese arrossì senza riuscire a comandare minimamente quella reazione così imbarazzante.
    Cina sapeva di essere forte e di avere tutte le capacità per sconfiggere Roma... ma in quel momento era certo che quel nervosismo gli avrebbe giocato un brutto scherzo in quella serata, anche se ovviamente avrebbe fatto di tutto pur di non farsi sottomettere.
    Nonostante quella sua ferma decisione però, avvertì ancora una familiare sensazione pulsargli sulle guance, soprattutto mentre Lucilio si mostrava completamente nudo.
    Non era la prima volta che vedeva un uomo senza vesti - c'erano i bagni alle terme con i suoi fratelli ad esempio - era solo la situazione ad essere nuova... inoltre Roma aveva una certa prestanza fisica, diversa da quella dei suoi parenti.
    " Va meglio ora che mi vedi in tutto il mio splendore?", chiese il romano.
    " Sta zitto, aru!"
    " Uhm... d'accordo.", acconsentì l’altro, piegandosi per riprendere a baciare il petto di Cina.
    Aveva detto che non avrebbe parlato - almeno per il momento - ma niente gli impediva ovviamente di continuare a spogliarlo e a baciarlo. Inoltre era anche invogliato da quei leggeri tremiti che iniziavano a scuotere il cinese più si avvicinava al piatto ventre con le labbra. Lì iniziò ad armeggiare con la cintura in seta per liberarlo totalmente della tunica e, per distrarlo, prese a succhiare con dolcezza la pelle attorno all'ombelico.
    " A-ah..."
    A quel verso, l'Impero Cinese, si portò velocemente le mani sulla bocca, stupito. Quel gemito era giunto inaspettato, accompagnato da un brivido lungo la colonna vertebrale che, per un attimo, gli fece dimenticare tutto. Avvertiva solo la bocca di Lucilio e tutto sembrava al suo posto, così perfetto da far paura.
    Fu proprio quella sensazione a risvegliarlo, era il timore non per quanto stava per accadere - l'Impero d'Occidente narrava dei piaceri di quegli atti e mai del dolore, quindi quella preoccupazione era infondata -, ma dell'abbandono.
    Yao era un tipo controllato che, nonostante la sua allegria e la genuinità, nascondeva molto di sé e della sua persona - come la sua terra, lui amava il mistero.
    Il lasciarsi andare, anche a quei gemiti, faceva paura: era come mostrare una parte nascosta che neanche Cina conosceva.
    " Roma...", mugugnò, cercando inconsciamente di ritirare le gambe al petto quando comprese di essere ormai nudo.
    " Sono qui...", rispose con tono calmo il romano, carezzandogli una coscia per farlo rilassare.
    Lo osservò serio, non vi era niente di divertente in quella situazione - certo, l'espressione di Cina era buffa ma le risate avrebbero rovinato l'atmosfera -, l'aria era semplicemente intrisa di erotismo e l'avere il corpo nudo del cinese sotto di sé, rosso in volto e immacolato in ogni suo aspetto - sapeva che nessun'altro si era mai spinto così affondo nella conoscenza dell'altro Impero -, gli infondeva una sorta di dolcezza e apprensione che aveva provato solo verso i suoi nipotini e le piccole Nazioni che, in futuro, avrebbero formato il mondo.
    Ferire Yao significava distruggere non solo la Via della Seta ma anche il loro rapporto fatto di complicità e di una forte amicizia. Inoltre, sembrava così delicato e anche femminile - nonostante il petto piatto e il membro semi eretto tra le gambe - da donare a Lucilio un'ulteriore spinta ad essere il più attento e calmo possibile.
    Per Roma le donne non andavano mai ferite, erano loro a pugnalare gli uomini con i loro capricci e le lacrime spesso facili, e anche se Cina era un maschio non faticava a considerarlo un essere delicato da essere trattato con attenzione. Allungò la mano a sfiorargli il viso in una leggera carezza e, sorridendogli rassicurante, allontanò le dita che celavano le labbra imbronciate del cinese, coprendole subito con le sue.
    Restò stupito dalla timida, ma al tempo stesso decisa, risposta di Cina che, andandogli incontro con il capo, assecondò la sua lingua che lo esplorava.
    Il palmo si spostò lentamente dalla guancia ai capelli, saggiandone la morbidezza. Erano freschi e lisci, lunghi come quelli di una donna e, forse, possedevano addirittura un profumo molto più dolce e afrodisiaco.
    " Posso?", domandò l'Impero Romano, carezzandogli il petto nudo con la sola punta delle dita, disegnando degli immaginari arabeschi su quella morbida pelle.
    Il cinese deglutì, mostrando un chiaro disagio dinnanzi a quella domanda - il preludio per un qualcosa di ancora sconosciuto sulla sua persona. Nonostante ciò Lucilio lesse anche un pizzico di sicurezza in quello sguardo e, ancora una volta, si rese conto di quanto orgoglioso potesse essere il suo compagno.
    " Sai quello che devi fare, aru!", rispose Cina, costringendosi a rilassare le gambe e l'intero corpo, teso come le corde di alcuni degli strumenti che amava suonare. " Non devi chiedere, aru!"
    " Puoi sempre tirarti indietro...", spiegò Roma, pizzicando un capezzolo e suscitando in Yao un sussulto seguito da un lamento adirato.
    " Io non mi tiro mai indietro, aru!"
    Aveva paura. Quello che provava gli piaceva ma non si sarebbe assolutamente mostrato un debole e l'avrebbe ripetuto fino alla nausea: fino ad auto-convincersi che non si sarebbe mai lasciato sottomettere totalmente, neanche da Lucilio Valerio.
    Un ampio sorriso increspò le labbra di Roma a quelle parole e, scoccandogli un bacio sulle labbra, si sistemò meglio su di lui.
    " Più ti guardo, più mi sembri adorabile.", ghignò il romano iniziando a lambirgli sin da subito il petto, prima con la bocca poi con la lingua, creando umidi percorsi immaginari.
    " Ahn...", Yao si morse un labbro e, come a volersi sorreggere, andò ad afferrare con le mani i capelli dell'altro Impero senza però tentare di allontanarlo. " Idiota...", lo insultò con un filo di voce.
    Non arrivò una risposta da parte di Lucilio, che preferì invece lasciar parlare i suoi gesti e le lente ed umide lappate che stava donando ai piccoli capezzoli del cinese.
    L’Impero Cinese tremava ed ansimava e Roma lo sentiva tentare di trattenersi ma era certo che, anche se il cervello e l'orgoglio di Cina continuavano ad ordinargli di mantenere una parvenza di freddezza, il suo corpo volesse lasciarsi andare totalmente emettendo alti gemiti di piacere.
    Sarebbe stato bello, erotico ed eccitante sentirlo in quelle condizioni - anche il solo pensiero riusciva a donargli una violenta vampata di calore tra le gambe -, ma il romano sinceramente sperava che resistesse ancora: a lui, Yao, piaceva molto di più in quello stato.
    Adorava sentirlo così ostinato e vederlo contrarre il viso per il piacere e per la sua immane testardaggine. Quella sua caparbietà rendeva il tutto come una di quelle sfide che Roma tanto apprezzava. D'altro canto Cina, con il tempo, era diventato semplicemente una tra le più appassionanti che avesse mai incontrato: non aveva mai penato così tanto per riuscire a far evolvere un rapporto d’amicizia ad uno più intimo.
    Lucilio si aiutò con la mano, torturando con l'indice e il pollice un capezzolo, mentre, con le labbra, l'altro veniva succhiato e leccato fino a farlo diventare duro e sensibile. Bastava solo soffiarvi sopra per sentire Yao ansimare e tremare.
    Lentamente, soddisfatto del suo lavoro, si spostò ancora più in basso, verso il ventre. Lì, dopo aver infilato la lingua nell'ombelico, gli carezzò i fianchi con i palmi delle mani. Erano fini ed esili, ancora una volta sembravano quelli di una femmina, ma con Cina le apparenze ingannavano fin troppo frequentemente.
    Iniziò a mordicchiargli la delicata pelle vicino ai primi peli pubici e, distrattamente, passò le dita all'interno delle cosce, verso l'intimità che mai era stata toccata da altri. Quell'ormai ripetitivo pensiero lo fece sorridere, l'idea di essere il primo per quell'essere così bello e affascinante lo inebriava ed eccitava ancora. Se non fosse stato fermamente convinto nella sua intenzione di fargli provare più piacere possibile - fino a spingerlo a desiderare ancora altri incontri simili con lui - l'avrebbe preso in quel preciso istante con il solo scopo di sfogare la sua libidine.
    Il risultato di quel gesto sarebbe stato non solo un trauma per Yao, ma anche il risveglio degli intenti omicidi del cinese contro la sua persona - Cina era forte e anche violento se voleva.
    Quindi, perché farsi trascinare dalla fretta? In fondo aveva tutto il tempo che desiderava per poter godere della bellezza di quell'Impero e del suo corpo ancora immacolato.
    Quella situazione d'altronde, era come il loro rapporto commerciale: troppo perfetto per essere rovinato. Una qualsiasi crepa avrebbe fatto spezzare, forse per sempre, il loro legame e l'amicizia che era nata e cresciuta.
    Mosse ancora le mani in lente e lunghe carezze, osservando ogni singola reazione sul volto del compagno, andando di tanto in tanto a donargli dei piccoli morsi e delicati baci con l'intenzione di sostituire quei bassi sospiri che stava emettendo con dei gemiti più alti.
    Li ottenne sempre soffocati dall'ostinazione di Yao ma non meno sensuali di quelli che avrebbe ricevuto a piena voce.
    Tutto del cinese in quel momento ispirava erotismo. Il viso rosso contratto a causa dei sentimenti contrastanti che lo attraversavano, le piccole gocce di sudore che percorrevano l'esile ma flessibile corpo, quelle labbra gonfie dai morsi e dai baci... era un capolavoro.
    Era diverso dalle stupende statue che aveva visto scolpire dagli artisti di Hellas - che poi Roma aveva imitato, incantato da tale perfezione - ma non per questo, Cina, poteva essere considerato inferiore ad esse.
    Ammaliato, decise di osare spostando le dita verso i testicoli e, al sussulto dell'Impero Cinese - seguito da un gemito più alto degli altri -, fu quasi tentato dal chiudere il sesso gonfio di piacere nel suo pugno e di muoverlo con energia fino a farlo svuotare nella sua mano.
    Sfortunatamente non riuscì in quel suo intento - che, pensandoci bene, non avrebbe messo in atto: il donargli piacere lentamente era molto più stuzzicante -, ritrovandosi invece spinto lontano dal caldo corpo di Yao proprio da quest'ultimo.
    " Ma che...?"
    Lo sguardo che gli rivolse il cinese lo lasciò quasi senza fiato: era scarlatto in volto e negli occhi saettavano dei lampi di pura eccitazione e imbarazzo. Forse quel suo intento di regalargli piacere piano, prendendosi tutto il tempo che desiderava, per Cina equivaleva a tirare troppo la corda ed era arrivato al limite.
    In quel momento poteva solo fare una cosa: attendere e sperare in una reazione non violenta dell'altro Impero.
    " Ora...", Yao spostò lo sguardo attorno nella stanza, come per paura di venire scoperto. " Tocca a me, aru."
    Roma boccheggiò - si sentiva tanto uno dei pesci che spesso ammirava nel suo acquario - e si ritrovò a fissare il cinese che saliva sopra di lui in un modo forse goffo e spaventato - non solo la posizione era compromettente, ma Lucilio era nudo come lui e sentiva chiaramente ogni singola curva e sussulto di quel corpo.
    " Fammi vedere quello che sai fare.", ansimò l'Impero Romano quasi senza accorgersene, certo che, qualsiasi cosa avesse in mente Cina, gli avrebbe solo ed esclusivamente causato del piacere - inoltre l'idea che fosse proprio Yao a toccarlo lo faceva impazzire.
    " Zitto, aru...", mormorò poco deciso il cinese, osservando il petto liscio di Lucilio - sapeva che gli occidentali erano così vanitosi da ricorrere addirittura ai gusci arroventati delle noci per rendere più delicati i peli - indeciso sul da farsi.
    Si ricordava passo per passo tutto quello che aveva fatto Roma e, quando si era sentito sopraffare dalle sensazioni, non aveva esitato ad allontanarlo - indeciso se chiudere lì quella serata o imitarlo. La seconda scelta aveva sopraffatto di gran lunga la prima e, visto che non voleva farsi sottomettere senza far nulla, decise di ripetere quello aveva fatto il compagno fino a quel momento: doveva dimostrare all’Impero Romano - e, forse, anche a se stesso - di essere in grado di fare qualsiasi cosa.
    Strinse quindi le labbra in una smorfia, poi carezzò con i palmi i pettorali di Lucilio. Poteva sentire sotto le sue mani i muscoli, le cicatrici che sfregiavano il corpo dell'Impero della terra d’occidente ed il sudore che lo imperlava, ma sopratutto resto affascinato dal suo cuore.
    Lo avvertiva battere veloce, lontano dal ritmo regolare che conosceva e, stupito, si accorse che anche il suo pareva impazzito.
    Si soffermò per qualche istante e, incoraggiato da un mugolio di apprezzamento di Roma - che lo fece addirittura arrossire -, riprese a carezzarlo scendendo verso i fianchi ed il ventre. Era piacevole toccarlo in quel modo - per Yao era decisamente un tocco intimo, visto che non aveva mai fatto niente del genere - ma era troppo poco per dimostrare la sua superiorità - ovviamente se si metteva a confronto con quello che gli aveva fatto l'Impero Romano.
    Deglutì e, prendendo tutto il coraggio che possedeva - che in quell'istante pareva essere meno di quanto immaginasse -, si chinò sul collo di Lucilio sfiorandolo delicatamente con le labbra e con il naso.
    Forse l'avrebbe dovuto baciare - o addirittura leccare! -, ma nel sentirlo ridacchiare si bloccò sollevandosi per guardarlo con rimprovero e anche un po' di rabbia - Cina si stava facendo tutti quei problemi e quell'idiota di Roma rideva: era un affronto!
    " Scusa. Faceva un po' il solletico.", spiegò con un sorriso l'Impero.
    Il cinese storse il naso e, travolto da un'ondata d’ira - si sentiva parecchio indispettito da Lucilio in quell'istante -, tornò sul collo di Roma e lo morse con forza. Sentì subito un gemito di dolore lasciare le labbra del compagno e il sangue - forse era stato davvero troppo violento - inondargli la bocca. Si staccò poco dopo, schifato ma al tempo stesso ammaliato dal suo stesso gesto e dal sapore di quel liquido scarlatto e, quasi senza rendersene conto, si leccò le labbra ripulendole.
    " Sei...", l'Impero Romano avrebbe voluto dirgli qualsiasi cosa in quell'istante, ma nel vedere la lingua balenare da quella bocca rossa per pulirla dal sangue si sentì oscenamente eccitato - molto più di quanto già non lo fosse.
    Gli occhi del cinese si posarono sui suoi in un misto d’ira e disagio, mandandogli un ennesimo brivido lungo la colonna vertebrale. In quel momento avevano un che di felino e di erotico, con quell'espressione di truce imbarazzo che piegava gli angoli delle labbra verso il basso.
    Tutto di Cina trasudava sensualità, anche la sua voglia di fuggire, ma restava lì, sopra di Roma, aggrappato a quell'orgoglio così forte da essere quasi invidiabile. Nonostante quell'istinto che l'Impero d'Oriente stava reprimendo però, Lucilio era certo che anche il compagno avrebbe pregato tutti gli Dei affinché quella situazione si concludesse nel modo più piacevole che conoscevano - Roma per pratica e Cina per sentito dire.
    Qualche attimo dopo, Yao, tornò sul collo dell'altro Impero, lambendo con indecisione la ferita che gli aveva procurato. Non amava particolarmente il sapore del sangue ma in quell'istante quel gusto gli faceva sentire dei brividi nel basso ventre che diventavano sussulti quando il romano ansimava - avevano un suono così erotico.
    Era quasi rapito da quelle sensazioni mentre inesperto veniva guidato dalla sua memoria, cercando di ripetere tutto quello che aveva fatto poco prima il compagno. Non era semplice ma, se non si contavano l'imbarazzo e la sua totale impreparazione, non era neanche difficilissimo: era solo una questione di pratica.
    Quindi, lentamente, si costrinse a scendere verso il petto provando a baciarlo e a leccarlo - reprimendo ancora quella fortissima voglia di scappare -, soffermandosi di nuovo quando sentì il cuore di Lucilio: batteva più forte, con un ritmo forsennato ma ipnotico sulle sue labbra.
    Gli piaceva e, posandovi un altro bacio, mosse le mani sui fianchi un po' alla cieca alla ricerca di una posizione un po' più comoda per continuare la sua emulazione dei gesti del romano.
    Chiuse la bocca su un capezzolo, succhiandolo con fare insicuro e, al gemito lascivo di Roma, sentì il suo ego riempirsi d'orgoglio. Era bello essere l'artefice di simili versi, gli dava una sorta di potere sulle sensazioni che provava il compagno e, finalmente, Yao iniziò a comprendere.
    Il suo obiettivo, quello di sanare la sua infinita voglia di sapere, era sempre più vicino e quel traguardo lo faceva sentire a dir poco euforico.
    Dopo essersi dedicato al capezzolo del romano - era diventato duro e sensibile, esattamente come era accaduto ai suoi poco prima - Yao si spostò verso il basso per scendere sul ventre, arrivando all'ombelico. Mosse il bacino quasi inconsciamente in quel movimento, facendolo strusciare contro quello del compagno, e lì accadde una cosa inaspettata, tanto imprevista da strappargli un alto gemito contro la pelle dell'altro Impero. Questo, colto a sua volta alla sprovvista dal corpo del cinese che si strofinava sul suo, emise un versetto tanto osceno quanto lo era il piacere che aveva provato.
    Cina restò qualche istante senza fiato assumendo un'espressione stupita e, guardando Roma, cercò negli occhi del compagno una spiegazione per quanto era successo - anche perché sentiva il membro dell'Impero premere contro ventre e, con sua somma vergogna, doveva ammettere che anche il suo versava nelle medesime condizioni.
    " Che... significa, aru?", pigolò a bassa voce, con un tono così flebile che Lucilio faticò quasi a sentirlo, nonostante ciò la risposta arrivò naturale data la situazione nella quale si trovavano.
    " È normale...", spiegò. " Sei, anzi siamo eccitati."
    " Ah..."
    Il cinese ricordava perfettamente anche le storie di Roma, soprattutto quelle con protagonista Germania - o qualsiasi altra Nazione di sesso maschile che aveva avuto modo di incontrare. Non conosceva bene 'il biondo' - aveva visto quell'uomo solo due o tre volte - ma nella testa di Cina la sua immagine, in compagnia di Lucilio, era ben chiara come se l'avesse vista con i suoi occhi.
    L'Impero Romano era un gran oratore e Yao l'aveva sempre ammirato per quella sua capacità di donare alle parole anche delle immagini che entravano inesorabili e vivide nella mente di chi lo ascoltava.
    " Ecco... ora, aru...", indeciso Cina guardò prima il compagno poi i loro due membri in quelle strane condizioni.
    Doveva... toccarli, o almeno era quello che Roma aveva sempre detto di aver fatto. Narrava di come l'amante, dopo i primi barlumi di ribellione - si trattava di Germania quando usava quelle parole -, si sciogliesse a quelle carezze e di quanto piacere potesse causare quell'atto.
    Ancora indeciso, si accorse troppo tardi della mano di Lucilio che lo stava afferrando per la nuca, costringendolo ad abbassarsi fino a far scontrare, letteralmente, le loro labbra. Era un bacio diverso, più passionale e anche doloroso, ma non per questo meno piacevole.
    " Lascia fare a me, Sinae...", soffiò Roma sulla bocca di Yao che, senza fiato, trovò solo la forza per assentire. Lasciò che il compagno lo facesse distendere ancora tra i cuscini e seguì, nascondendo un certo timore tra la curiosità e il desiderio, ogni suo movimento.
    Lo guardò prendere dell'olio profumato e, inspiegabilmente, versarne parte del contenuto sulla mano.
    " A che serve, aru?", chiese il cinese, trovando assurda quella mossa.
    " Serve per prepararti. ", rispose con un sorriso Roma, portando la mano pulita tra le gambe dell'Impero Orientale per fargliele allargare ma, puntualmente, Cina cercò di richiuderle indispettito da quel responso - voleva una spiegazione più esaustiva.
    " Calmo...", mormorò Lucilio.
    " Che fai, aru? A che serve, aru?", ripeté con più urgenza l'altro.
    " Ti preparo ad accogliermi. Ti causerà meno dolore in questo modo e, con l'olio, facilito la cosa."
    " Farà male, aru?"
    Roma non aveva mai parlato di dolore, mai! E, per qualche istante, il cinese fu tentato dall'andare via: voleva conoscere il piacere, non il dolore!
    " Solo all'inizio perché per te è la prima volta.", spiegò il romano, causando una vampata di calore sul volto dell'Impero Occidentale. " Ma non ti farai mica spaventare da un po' di male..."
    " Io?!", colpito ancora una volta nell'orgoglio, Yao, si inalberò. " Non ho paura di niente, aru!", esclamò.
    " Perfetto~", assentì Lucilio sorridendo e facendogli aprire ancora le gambe senza però forzarlo.
    Cina non si mosse, ben deciso a dare ancora una volta mostra delle sue capacità, ma non poté far altro che sentirsi esposto e vulnerabile in quell'istante. Nonostante ciò, quando la mano di Roma si chiuse sul suo membro, per poco non dimenticò tutto.
    Una scarica di piacere lo fece gemere a gran voce, senza imbarazzo, e più il palmo ruvido del compagno si muoveva su di lui, più la sua testa vorticava nella confusione e nell'oblio.
    All'inizio fu proprio per quella sua assenza di ragione e raziocinio che neanche si rese conto del dito unto d'olio che il romano aveva avvicinato alla sua apertura. Sentì semplicemente un piacevole solletico quando il polpastrello iniziò a sfiorarlo e un lieve ma sopportabile fastidio nel momento in cui si fece strada al suo interno. Ad accompagnare quell'intrusione arrivarono anche le labbra di Lucilio che si posarono sul suo ginocchio in un leggero bacio, seguito da un secondo verso la coscia.
    La barba lo pungeva un po', ma nell'insieme di quelle sensazioni era piacevole e delicata come la bocca di Roma sulla sua pelle.
    Cercò di riaprire gli occhi - non si era neanche reso conto di averli chiusi - e provò a guardare ancora i gesti dell'Impero Romano, ma nell'incontrare le iridi del compagno fisse sulle sue trovò impossibile mantenere il contatto visivo. Era uno sguardo intenso e serio, pieno di passione e desiderio, che penetrava in Yao soggiogandolo al suo potere.
    Non poteva far altro che gemere e concedersi a Lucilio, cercando al tempo stesso un appiglio di ragione che, ironicamente, apparve quando il dito all'interno nel suo corpo si mosse, piegandosi.
    Non era doloroso, in realtà era più fastidioso che altro e, anche se le carezze del compagno continuavano ad offuscargli i sensi, Cina si risvegliò almeno in parte provando per prima cosa a trattenere quegli osceni e alti versi che emetteva.
    " Male?", domandò Roma, rendendosi conto del leggero cambiamento di Yao che, in risposta, scosse la testa mordendosi le labbra.
    Non provava dolore, Lucilio sapeva abbastanza bene come funzionava quella situazione, ma per il cinese era tutto nuovo - ed era la sua prima volta - e doveva riservargli il doppio delle attenzioni che donava ai suoi amanti. Non che fosse spiacevole, ovviamente, trovava l'osservare Cina in quelle condizioni piuttosto soddisfacente. Ogni sua espressione, il colore che assumeva il suo volto e i suoni che gli strappava, erano un piccolo e prezioso tesoro: dei ricordi che sarebbero rimasti indelebili nella memoria di Roma.
    Ovviamente però, sperava di ripeterli nella sua prossima visita, giusto per mantenere sempre più vivide quelle erotiche immagini.
    Mosse ancora la mano sul membro del compagno, percorrendolo dalla punta, umida e rossa, fino alla base. Avvertiva in quella decisa stretta l'organo pulsare e gonfiarsi di piacere, e incoraggiato da quelle reazioni si azzardò ancora a spingere e piegare il dito all'interno del corpo del cinese, esplorando la calda e stretta carne.
    Da quella posizione poteva sentirlo sussultare e tremare, trattenere a stento gli ansiti per il piacere e, sicuramente, quelli per il fastidio causato dalla falange.
    Sarebbe aumentato inserendone una seconda ma era un rischio che doveva correre per far arrivare a Yao il piacere che tanto l'aveva incuriosito. Allontanando il primo dito, ne aggiunse un altro facendoli poi affondare insieme con lentezza estenuante - non era per torturarlo, come avrebbe fatto con Germania, era per timore di ferire l'Impero Cinese.
    Avvertì chiaramente un lamento ed il corpo dell'altro tendersi come una corda e Roma, puntando ancora gli occhi su Cina, si immobilizzò quasi del tutto, lasciando solo la mano sul membro libera di muoversi.
    " Yao...", lo chiamò piano, attirando su di sé lo sguardo del cinese, appannato dal piacere e dal leggero dolore. Non voleva fargli alcuna domanda, doveva essere Cina a scegliere e lui avrebbe ubbidito senza condizionarlo.
    " Vai...", sibilò il cinese poco dopo, stringendo le mani a pugno sui morbidi cuscini. Non gli era gradita quella posizione - anche se l'arto del romano sul suo membro era decisamente gradevole - e non gli piaceva quel leggero dolore che gli stava attraversando il corpo - forse non era tanto quello il punto, era il sentirsi esplorato così internamente dalle dita del compagno -, ma lui poteva resistere.
    Non si sarebbe mai arreso e, soprattutto, non l'avrebbe mai fatto di fronte a Roma.
    Lucilio lo osservò e, aumentando l'intensità delle carezze - riuscendo finalmente a strappargli un altro gemito -, iniziò a muovere piano le falangi. Non le allargò né oso piegarle, si limitò a massaggiare in circolo la calda pelle che lo circondava, sperando di sentirla via via più cedevole.
    Yao non si allontanava ma neanche andava incontro a quelle attenzioni e, il suo corpo, continuava ad essere teso.
    Non era tanto il dolore - se ne rese conto anche l'Impero Romano - era l'imbarazzo e quel dannato orgoglio a bloccare Cina. Era ammirevole, ma al tempo stesso Roma sentiva anche di detestare con tutto sé stesso quell'ostinazione che aveva sempre caratterizzato il cinese. Lui si sarebbe allontanato se quella situazione fosse stata davvero insostenibile, l'avrebbe fatto senza mai cambiare idea sul suo compagno, ma era certo che per Yao sarebbe stata una vergogna troppo grande.
    Da pregio - dote che aveva sempre ammirato - quell'orgoglio stava diventando fin troppo velocemente un difetto agli occhi di Lucilio.
    Lo guardò serio, cercando di fargli capire che non sarebbe stata una sconfitta il rimandare quegli atti che da piacevoli si stavano trasformando quasi in un obbligo indesiderato, ma Cina non si arrese e, quando avvertì Roma allontanarsi - avrebbe fatto di testa sua se il cinese non ammetteva di non essere ancora pronto -, lo afferrò con forza per baciarlo e non porre la parola fine a quella situazione.
    Le gengive si scontrarono l'una contro l'altra, rendendo quell'incontro più violento di quanto dovesse essere con un amaro retrogusto di sangue che inondava le loro bocche ormai unite.
    Il romano per qualche istante si dimenticò addirittura dei suoi propositi nell'avvertire la lingua di Yao insinuarsi tra le sue labbra esattamente come lui aveva fatto nei loro primi baci.
    Mugugnò a quelle sensuali ma incerte carezze e, incoraggiato, riprese a muovere la mano sul membro eccitato e le dita dentro il cinese.
    Le allargò piano, spingendo la pelle per farsi strada e, ancora una volta, la tensione del corpo di Cina divenne quasi palpabile. Il richiamo del suo corpo, di quel calore che stava avvelenando i suoi sensi verso una lenta ma piacevole morte e cercò quindi di ignorare una vocina che nella sua testa gli diceva di fermarsi e di far ragionare il compagno - vocina che forse era riconducibile a qualche maledizione delle fatine di Britannia, visto che lui si ostinava a ignorare le sue proteste quando la chiamava in quel modo.
    " Yao...", soffiò Lucilio sulle sue labbra, cercando con l'inserimento della terza falange di farlo abituare. Voleva che provasse piacere ma anche Roma aveva un limite e ancora una volta, la visione del cinese sotto di sé era in grado di fargli perdere la testa.
    Andò alla ricerca degli occhi di Cina ma questo, imbarazzato e forse furioso con sé stesso - oltre che per il crescente fastidio causato dalle dita -, voltò il capo come per fuggire da quello sguardo con una smorfia irata.
    Non voleva che l'Impero Romano lo vedesse in quelle condizioni, era debole e anche se la mano del compagno gli stava donando un piacere a lui sconosciuto, quelle dannate falangi dentro di sé erano troppo. Erano invadenti e non riusciva a rilassarsi, non con gli occhi di Lucilio puntati addosso in quel modo.
    Testardamente provò, muovendo leggermente il bacino, ad assecondare le dita e la mano dell'compagno, ma il dolore coprì il piacere che si spargeva sul suo corpo partendo dal membro.
    Stupidamente e con un pizzico di scetticismo e di vergogna si chiese se Roma l'avesse imbrogliato. Il piacere era troppo poco e non aveva mai sentito, nei suoi racconti, parlare del dolore.
    Era stato gabbato?
    Aveva sbagliato a fidarsi così tanto di Lucilio Valerio?
    Non aveva una risposta, non in quell'istante, ma quando tutto sarebbe finito l'avrebbe scoperto e se quello era stato un inganno solo per sottometterlo in quel modo... Roma non avrebbe avuto vita lunga.
    Lo giurava su quanto di più prezioso possedesse in quel mondo.
    " Rilassati... lasciati andare...", mormorò il romano, muovendo la mano con più foga, intuendo almeno in parte i pensieri dell'Impero Orientale.
    Aveva ripetuto più volte di conoscere parecchio bene Cina e quel suo gesto, il rifiutare la resa e il non voler incontrare più il suo sguardo, era solo una faccia della sua testardaggine mista all'imbarazzo.
    " Continuerà a farti male se non ti rilassi... prendi un bel respiro...", proseguì il romano senza smettere di toccarlo, sfregando il pollice sulla punta del membro umido e rosso.
    Cina, senza neanche voltarsi, aprì la bocca per provare a seguire il consiglio del compagno e respirare con calma, con il solo scopo di rilassarsi. Riuscì però ad emettere un alto gemito nel sentire il dito di Roma muoversi su quella parte che sapeva essere diventata molto più sensibile delle altre.
    In quel momento, il corpo parve distendersi - merito anche di quel piacere che aveva provato e delle continue e ripetitive carezze che gli venivano donate -, neanche quelle tre falangi al suo interno parevano poterlo ferire.
    Non erano del tutto ben accette - nella sua testa, anche se in parte confusa da quanto stava accadendo, erano ancora associate all'invadenza - ma, al contrario di qualche istante prima, gli causavano una sorta di strano piacere che lo fece addirittura inarcare.
    Roma a quel movimento - e al gemito che riuscì a far emettere al cinese - si sentì oltremodo sollevato e, sempre con dolcezza ma dedizione, continuò a toccarlo insieme alle tre dita che cercarono di insinuarsi più in profondità nel corpo di Yao.
    Le allargò e osò addirittura piegarle per godersi i nuovi versi che emetteva il cinese - sfortunatamente, vennero presto soffocati dal quel suo stupido orgoglio - e, guardando l'ostinato e fiero profilo che il compagno continuava a mostrargli, Lucilio si piegò fino a baciargli il collo, salendo poi verso l'orecchio.
    Giocò un po' con il lobo, leccandolo e mordicchiandolo, soffiandovi al suo interno fino a farlo rabbrividire, e quando il corpo del cinese iniziò ad assecondare leggermente le sue attenzioni - forse inconsciamente -, Roma comprese che era finalmente giunto il momento.
    " Che posizione desideri, Sinae?", domandò poco dopo in un sussurro roco.
    " C-cosa, aru?", Cina, finalmente, si voltò guardandolo in viso con il fiato corto ed i lunghi capelli che si attaccavano al sudore del suo volto.
    Non comprendeva quanto aveva detto il romano e, sentendolo ormai fermo - le dita e la mano non si muovevano più -, iniziò anche a riacquistare un po' di lucidità.
    Roma sorrise a quella sua espressione confusa e, senza resistere, lo baciò con crescente passione. Non era solito porre simili domande - sperimentava sempre nuove posizioni con i suoi amanti, quando questi glielo permettevano ovviamente -, ma con Yao doveva essere attento a tutto. Era suscettibile, orgoglioso e testardo, e Lucilio non poteva rischiare di perdere una simile occasione, si incontravano raramente e attendere altri mesi per rivederlo - forse anni - non rientrava nei suoi piani.
    Il cinese continuò a fissarlo senza comprendere e anche se Roma era pronto a scommettere che se solo Yao avesse compreso il significato delle sue parole, avrebbe scelto di non essere guardato in viso, bisognava esserne sicuri e dargli una spiegazione.
    " Ti ricordi tutto quello che ti ho raccontato?", esordì Lucilio, osservando l'Impero Cinese assentire. " Allora sai bene che posso... prenderti... in varie posizioni. India ne ha illustrate parecchie, lo sai no?"
    Cina arrossì ulteriormente - anche in ricordo di quel manoscritto che l'altra Nazione aveva nominato, non l'aveva letto ma aveva intravisto alcune strane figure.
    " Deduco che il tuo sia un 'sì'.", commentò il romano, vezzeggiandogli il volto rosso con leggeri baci. " Io ti sto solo chiedendo come vuoi essere preso, Sinae. Devi essere tu a deciderlo... l'ultima cosa che desidero è costringerti.", soffiò, cercando di modulare la voce in modo da renderla il più sensuale possibile, allontanando al tempo stesso le tre falangi.
    Yao non rispose e, trattenendo un mugolio per l'assenza delle dita nel suo corpo - si aspettava una sorta di sollievo e non quella vaga sensazione di vuoto, ne era veramente stupito - e puntò gli occhi su quelli dell'altro Impero. Coraggiosamente sostenne lo sguardo e, all'idea di doverlo osservare anche nei momenti che sarebbero seguiti, si sentì quasi costretto dal suo orgoglio a voltarsi ancora.
    Aveva la sua risposta ma le parole faticavano ad uscire dalla sua bocca - non sapeva neanche come chiamare quella posizione e, una parte di lui, vedeva il rispondere come una sorta di resa - e, distogliendo lo sguardo, sperò che il romano ci arrivasse da solo.
    " Ho capito...", sorrise Roma riprendendo la boccetta d'olio in mano per spargere il resto del contenuto sul suo membro, attirando di nuovo su di sé lo sguardo del cinese. " Vuoi voltarti?", domandò e l'Impero Orientale, assentendo, si girò totalmente per stendersi a pancia in giù.
    Stranamente non avvertì imbarazzo in quella posizione anzi, era quasi sollevato: non avrebbe incontrato lo sguardo del romano e poteva nascondersi quando il disagio sarebbe rinato.
    Lasciò che il viso affondasse tra i morbidi cuscini e ne morse uno quando le forti mani di Lucilio si posarono sui suoi fianchi, facendoglieli sollevare - pensava, nella sua ignoranza, che Roma iniziasse subito e lui doveva essere pronto a trattenere ogni lamento.
    " Farà male.", ruppe quel breve attimo di silenzio Lucilio, restando fermo.
    Yao liberò la seta imbottita dalla stretta dei suoi denti solo per rispondere.
    " L'avevo intuito, aru!", ribatté secco.
    " Passerà presto se ti rilassi.", aggiunse Roma, carezzandogli i fianchi.
    " Avevo intuito anche questo, aru!", rispose ancora Cina con voce tesa, non riuscendo a trattenere un sussulto ed un mugolio nel avvertire il membro del romano premere contro la sua entrata.
    " Calmati... ho messo l'olio per agevolare l'entrata... prova solo a... metterti in ginocchio con il petto a terra...", era difficile spiegargli la posizione giusta, ma almeno ci doveva provare.
    L'Impero Cinese non aggiunse altro - neanche commentò le parole del romano -, limitandosi a seguire il consiglio e a nascondere ancora il volto, ringraziando mentalmente il compagno per le premure che gli stava riservando.
    Per qualche istante non accadde niente ma, quando una mano del romano si spostò dal fianco al suo ventre, scendendo a carezzare ancora il suo membro, si ritrovò a gemere, sentendo un'immane voglia di scoppiare. Non riusciva a descrivere quella sensazione ma era così forte e intensa da fargli perdere la testa.
    Assecondò la mano con dei movimenti del bacino, strusciando inconsciamente la sua apertura sul membro eretto di Lucilio, facendolo ansimare. Il romano aveva anche una battuta pronta nell'osservarlo ondeggiare in quel modo così sensuale, ma si trattenne dal farla - Cina si sarebbe arrabbiato sicuramente - e, lentamente, cercò di spingersi all'interno del suo corpo. Sapeva che gli avrebbe fatto male all'inizio e sperava solo che Yao si rilassasse, altrimenti non avrebbe mai provato il piacere che tanto desiderava conoscere.
    Lo sentì tendersi e soffocare un gemito contro i cuscini, non poteva vedere il suo viso ma era certo che stesse mordendo quella pregiata seta per trattenersi.
    Non voleva far sentire né far vedere il suo dolore. Lucilio, lo comprendeva e - anche se trovava stupido quel suo orgoglio - non poteva fare a meno di ammirarlo ancora una volta.
    Continuò a toccarlo con foga, sperando che si dimenticasse di quel dolore, ma sentiva sempre quella calda pelle stretta e soffocante attorno a sé. Si immobilizzò, facendo fondo a tutte le sue energie e alla sua buona volontà, sperando di non far male a Yao in quel modo.
    " Rilassati...", mormorò Lucilio, avvertendo una sorta di rantolo provenire da Cina, causato forse da un lamento misto ad un tentativo di respirare in modo più profondo. Si piegò leggermente per potergli baciare una spalla con dolcezza e, coccolandolo in quel modo tra la schiena e il collo, continuò a mantenersi immobile e a toccarlo senza fermarsi.
    Il cinese continuò a lamentarsi cercando, al tempo stesso, di soffocare quelle sue piccole debolezze e di rilassare i muscoli. Era difficile ma doveva concentrarsi solo sul piacere che gli stava donando la mano di Lucilio sul suo membro e sui baci che si posavano umidi e dolci sulla sua pelle.
    Lentamente iniziò a rilassarsi quasi senza rendersene conto e si rese conto che non era più così fastidiosa quella posizione.
    Avvertendo quel leggero cambiamento, Roma, osò spingersi ancora più affondo, mugugnando per il piacere.
    Sapeva che il cinese era ancora lontano dal provarlo e, un poco, si sentiva un egoista nel trarre godimento da quella stretta carne che pulsava attorno al suo membro quindi, per rispetto, cercò di trattenersi ulteriormente, non solo dal muoversi per sentire ancora la sua eccitazione avvolta da quel calore ma anche dall'emettere altri versi.
    Strinse con più energia la mano sul cinese, sfregando il palmo velocemente dalla base fino alla punta imperlata da piccole goccioline candide che venivano sparse per tutta la lunghezza da quei movimenti regolari.
    Roma tese ulteriormente le orecchie e, quando sentì un altro gemito provenire dall'altro Impero - piacere e non dolore - decise di tagliare corto.
    Era stato come fulminato da uno dei suoi Dei, in quel modo sarebbe stata una tortura infinita per Cina, quella lentezza e quel dolore non sarebbero finiti mai, si sarebbe spaventato, e tutto sarebbe finito lì. Lucilio non poteva permetterlo e, con un unica spinta - che gli strappò un nuovo gemito ed un urlo di dolore, sicuramente non voluto, al cinese - penetro affondo fino a sentire il suo corpo abbattersi contro quello dell'amante.
    Ansimò cercando di riprendere fiato, si sentiva soffocare da quella posizione e per qualche istante si dimenticò addirittura di Yao che, con la schiena tesa e gli occhi sbarrati, stringeva forte i pugni sui cuscini.
    Inizialmente il cinese non se ne rese neanche conto, ma quando sentì delle calde goccioline infrangersi sul dorso di una mano, capì di star piangendo.
    Trattenne un singhiozzo affondando con il volto nella seta ormai impregnata dei loro odori nel tentativo di nascondere a Roma - e anche a sé stesso - quelle lacrime che gli rigavano il volto. Faceva male, sentiva il membro pulsante del romano spaccarlo in due, e in quel momento era quasi certo di essere stato imbrogliato.
    Non sentiva il piacere, sentiva solo il dolore fisico ed emotivo per quella dannata situazione.
    Aveva provato a rilassarsi, ci stava anche riuscendo, ma tutto era stato vano e si ritrovava a piangere di nascosto piegato dal dolore e dall'idea di aver permesso a Roma di sottometterlo in quel modo.
    Poteva provare ad allontanarlo, ma anche il più piccolo movimento gli donava delle violente fitte che prosciugavano inesorabilmente le sue velleità.
    Si morse le labbra a sangue pur di non dargli la soddisfazione di sentire altri suoi versi, ma quando Lucilio riprese a muovere la mano sul suo membro, carezzandogli con dolcezza un fianco come per rassicurarlo, le sue sicurezze vacillarono: leggeva ansia e preoccupazione nei suoi gesti.
    " Scusa...", mormorò Roma, facendo rabbrividire il cinese.
    Il suo tono non era divertito o di scherno, era serio ed apprensivo, si stava realmente preoccupando per lui e, non meno importante, il grande e forte Impero Romano aveva pronunciato quella parola che, spesso, pareva diventare sinonimo di debolezza.
    Gli aveva chiesto scusa - per quel dolore e per quei dubbi - e Cina si convinse che quello non era un difetto. Non era coraggio l'ingaggiare una guerra, non si poteva parlare di superiorità nell'uccidere i nemici, nel sottometterli: quella era solo stupidità. La vera forza stava nell'ammettere di aver fatto un errore e chiedere perdono.
    Lucilio Valerio era un grande Impero, unico nella sua saggezza e bellezza. La sua arte, la letteratura e le sue opere architettoniche sarebbero rimaste vive e importanti, superando le ere che sarebbero giunte fino ad arrivare ai suoi eredi, che avrebbero guardato nel passato con orgoglio. Non potevano far altro che essere fieri di discendere da un Impero nobile e forte come Lucilio e lo stesso cinese si sentiva lusingato dal loro legame di amicizia.
    Dinnanzi a quell'illuminazione, Cina, si diede dello stupido per aver dubitato dell'integrità morale del romano e, senza pensarci due volte, ripose nel compagno - e da quell'istante anche amante - la sua totale fiducia. Si lasciò andare, tentando di rilassare i muscoli e di aggrapparsi al piacere che le continue carezze sul suo membro gli stavano donando.
    Era difficile ignorare il dolore ma, con una lentezza estenuante, anche il suo corpo iniziò ad abituarsi a quell'intrusione.
    Roma avvertì sin da subito quel leggero cambiamento ma, appellandosi a tutta la sua buona volontà, non si mosse. Voleva che fosse Yao ad accennare almeno un minimo movimento che gli facesse intendere il suo desiderio. In fondo non stava chiedendo tanto: voleva solo che fosse il cinese a voler continuare perché quell'atto non doveva essere una costrizione.
    Sfregò ancora la mano sul membro dell'Impero e il sorriso, che era nato nel sentirlo gemere, si allargò quando il bacino dell'amante iniziò ad assecondare quel movimento, facendo addirittura entrare e uscire l'organo eretto del romano dal suo corpo.
    Era una cosa minima ma ebbe l'effetto desiderato: l'ennesimo verso di piacere, misto ad un normale dolore, di Cina. Roma ne approfittò subito, iniziando a sua volta a ondeggiare lentamente con il bacino in leggere spinte, strappando all'altro gemito a Yao.
    Gli baciò ancora le spalle e, da quella posizione, osò approfondire gli affondi, andando a bearsi dei versi che il cinese emetteva senza più imbarazzo - sicuramente lo provava ancora, ma le sensazioni lo stavano travolgendo e trascinando come un'onda. Sfortunatamente, Lucilio sapeva che Cina non avrebbe mai provato l'intenso piacere che gli aveva narrato in quasi tutti i loro incontri, era la prima volta per il compagno e l'ombra di quel dolore avrebbe lasciato la sua impronta in tutto l'amplesso. Sapeva perfettamente come funzionava in quei casi e per questo si stava impegnando per fargli provare più sensazioni positive possibili.
    Yao doveva desiderare di ripetere ancora quel loro incontro così intimo e, quando sarebbe riaccaduto, gli avrebbe finalmente fatto toccare la Terra degli Dei con un dito.
    Aumentò gradualmente il ritmo delle spinte fino a fargli perdere l'equilibrio sulle braccia - tese e con le mani strette a pugno -, facendolo scivolare con il petto sui cuscini. Da quella posizione Cina gli permise, forse inconsciamente nel tentativo di raccogliere più aria possibile, di osservare il suo profilo stravolto: gli occhi erano chiusi e le sopracciglia contratte per lo sforzo, piccole goccioline di sudore imperlavano quel suo volto; dalle labbra socchiuse - rosse e martoriate dai morsi - uscivano dei continui gemiti ed un fine rivoletto di saliva che si infrangeva contro la pregiata seta.
    Era stupendo ed era come l'aveva sempre immaginato in quelle precise condizioni - anzi: forse era addirittura più bello visto che lo stava osservando dal vivo e non nella sua mente -, e leccandogli lentamente una spalla, si trattenne dal mordere quella morbida pelle sudata - Yao aveva un buon sapore, era difficile resistere.
    Non voleva fargli ulteriormente male - i morsi e gli altri giochi sarebbero sicuramente arrivati con il tempo -, in quel momento voleva solo che l'Impero Cinese gemesse tutto il suo piacere a gran voce e che provasse a dimenticare il dolore.
    Aumentò gradualmente la velocità e Cina, nonostante continuasse a sentire il suo corpo bruciare - anche se non era certo che fosse una cosa del tutto negativa -, iniziò ad assecondare con più desiderio quegli affondi. Si vergognava di quella situazione, la sua testa gli ordinava di fermarsi, di nascondersi e fuggire lontano pur di non dover più incontrare lo sguardo di Roma, ma il suo corpo desiderava quei tocchi e quelle carezze, godeva per le attenzioni del romano e la sola idea di interromperlo lo faceva sentire perso.
    Senza fiato si ritrovava ad ansimare e gemere ad occhi chiusi, ascoltando i suoi versi - che ancora gli causavano un moto di imbarazzo - e quelli più rochi e profondi di Lucilio - che, al contrario dei suoi, lo facevano rabbrividire di piacere.
    Era ormai succube di quella lussuria mista al dolore - sentiva ancora del male fisico, ma il suo corpo e i suoi sensi erano più forti di quelle fitte -, tant'è che quando il romano gli cinse il petto con un braccio, attirandolo a sé fino a farlo spostare in una posizione eretta non trovò la forza per ribellarsi. In quel modo sentiva il corpo di Roma attaccato al suo e il membro infilato nelle sue pulsanti e calde carni come una spada.
    Gli entrava dentro ferendolo e aprendolo in due ma il cinese non era certo che fosse una cosa tanto brutta, soprattutto quando la mano che poco prima gli stava dando piacere lasciò il suo organo per posarsi sul suo viso. Con delicatezza lo costrinse a voltarsi leggermente fino a far incontrare le loro labbra.
    Il fiato già corto di Yao si mischiò con quello di Lucilio e le loro lingue si carezzavano lente, senza più pensieri il cinese si stava lasciando andare intossicato da quel piacere. Desiderava solo quella bocca e quelle mani, ora posate sui suoi fianchi a guidare quel folle movimento.
    Tirò indietro un braccio, artigliando i capelli della nuca di Roma come per sorreggersi, li strinse forte cercando ancora le labbra del compagno con le sue.
    “ Toccati...”, gemette piano l’Impero Romano, reggendolo ancora per i fini fianchi per assecondare le spinte sempre più a fondo in quel corpo. Cina non ci pensò due volte, anche se non aveva mai fatto una simile cosa - non gli era mai neanche passata per la testa -, in quel momento gli pareva la cosa più ovvia chiudere la mano sul suo membro che reclamava attenzioni e muoverla come poco prima aveva fatto Lucilio.
    Sfregò il palmo velocemente, sentendo anche quel piacere spargersi nel suo corpo stravolto - era eccitante anche solo essere lui stesso l’artefice di quelle sensazioni - e più le spinte del romano si intensificavano più lui muoveva il pugno.
    Cercò ancora la bocca di Roma, coinvolgendolo in un altro bacio, e quando sentì la mano bagnarsi ulteriormente cercò di trattenersi.
    Era una strana sensazione, voleva esplodere, era come farsela addosso - o almeno era quello che sentiva - e, battendo la vergogna si lasciò andare mordendosi ancora le labbra con forza fino a farle sanguinare. Si tese totalmente, contraendo i muscoli e strappando un gemito all’Impero Romano.
    Cina non ebbe neanche la forza di guardare la sua mano, la sentiva semplicemente bagnata e appiccicosa, e si lasciò ancora una volta trascinare da Lucilio in quell’amplesso. Tirò indietro la testa gemendo e, accompagnato dai versi rochi del romano, sentì un qualcosa di caldo riempirlo.
    Bruciava tra il dolore e il piacere ma non gli importava, tutto era perfetto in quell’istante e, stranamente, si sentì addirittura orgoglioso di quello che era appena accaduto.
    Roma ansimò, rallentando il ritmo delle sue spinte, versando tutto il suo seme dentro il corpo del cinese. Lo tenne stretto baciandogli le spalle con dolcezza e, quando si svuotò del tutto, uscì a malincuore dall’interno di Yao.
    Lo sorresse ancora, evitandogli di cadere sui cuscini sporchi del loro seme e, con delicatezza, lo fece distendere dove la seta era ancora immacolata. Gli carezzò il volto stravolto, scostandogli i capelli e sorrise.
    “ Come stai?”, domandò piano, baciandogli una guancia.
    Cina mugugnò qualcosa di incomprensibile, tenendo gli occhi stancamente chiusi. Era esausto e il suo corpo, lentamente, si stava riprendendo sciogliendosi dalla piacevole tensione che l’aveva fatto tremare fino a quell’istante.
    Lucilio continuò a carezzarlo con dolcezza, intenerito e fiero di aver potuto godere di quella bellezza che nessun altro aveva potuto cogliere. Era stato lui a farlo sbocciare e a vederlo per la prima volta in quelle condizioni.
    Lo baciò ancora e ancora in tutto il volto, divertito e pieno di attenzioni per il suo compagno, fino a riuscire a strappare a Yao una risatina lagnosa.
    “ Piantala, aru...”, si lamentò, cercando di allontanare il romano, posandogli le mani sul viso per tenerlo lontano.
    “ E se non volessi?”, ribatté l’Impero bloccandogli i polsi con un leggero ghigno.
    “ Ti costringo, aru!”, esclamò cercando di nascondere il rossore che stava riprendendo a imporporargli le gote e di liberarsi dalla presa di Lucilio. Era debole ma, come suo solito, doveva ostentare una cerca sicurezza e forza.
    “ Non ci riusciresti.”
    “ Mi stai sfidando, aru?!”, gracchiò Cina, stupito e offeso.
    “ No, non oserei mai. Dico solo che non ci riusciresti perché ti farà un po’ male muoverti per i primi tempi...”
    “ Come?!”
    “ Vieni...”, Roma si sollevò infilandosi velocemente la tunica sotto lo sguardo attonito del cinese. “ Andiamo di nascosto alle terme, così il dolore passerà prima.”, aggiunse chinandosi di nuovo per prendere tra le braccia Cina che, nel cercare di fuggire, comprese le parole del compagno.
    “ Calmo.”, lo rabbonì il romano con un sorriso, afferrando le vesti del compagno.
    “ Mh...”, Yao, calmandosi, si accoccolò silenziosamente sul petto di Lucilio e, facendosi avvolgere dalla sua tunica che gli copriva le nudità - girare nudo per il palazzo verso le terme non era di certo uno dei suoi desideri o sogni proibiti -, socchiuse gli occhi.
    Si sentiva felice e soddisfatto - anche se avvertiva delle fitte provenire dal basso ventre - e, sinceramente, poteva dire di essere fiero di aver fatto quella sessione di pratica - in quel momento si sentiva addirittura arrossire nel chiamarla in quel modo - e, soprattutto, era orgoglioso di avere per amico - alleato e anche amante - un Impero come Roma.
    Sperava che quel loro rapporto perdurasse nelle ere che si sarebbero succedute e che, anche se si vergognava di ammetterlo, quegli atti così intimi si ripetessero al loro prossimo incontro.
    Yao aveva così tanto da imparare e Lucilio Valerio sapeva essere un ottimo insegnante.


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    Edited by p r i n c e s s KURENAI ~ - 10/12/2010, 01:24
     
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  2. »Assassin Panda´
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    User deleted


    Oh, eccomi qui finalmente, a trovare il tempo di recensire questa tua enorme opera. Avrei preferito recensirla su Fanworld per dar più valore alle mie parole (?) ma ahimè, non posso entrare causa spione che hanno detto agli admin che non ho 18 anni =A=
    Anyway, NGH!
    Trovo che questa sia una delle tue fiction più belle: ho avuto i brividi in ogni singolo momento descritto, e il modo in cui hai saputo trasmettere le emozioni di Cina in ogni momento, in modo mai banale. E i pochi momenti di ilarità non erano mai descritti nel momento sbagliato, e tutto sembra scritto, insomma, in maniera perfetta.
    Sì, insomma, l'unica cosa che si potrebbe considerare un difetto è la lunghezza ma la lettura diventa talmente scorrevole ed avvincente in tutta la sua p0rnosità che il finale sembra arrivare troppo velocemente =ç=

    Insomma, non posso fare altro che lodarti per questa meravigliosa fanfiction, complimenti <3

    SPOILER (click to view)
    Di sicuro per il torneo del p0rn non avrei avuto nessuna chance contro questo capolavoro *ç*
     
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1 replies since 5/12/2010, 15:05   176 views
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