2. La Petite Mort ~ Our Ties

NC-17 | Francia/Inghilterra

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    ~ The Huntress Princess
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    Titolo: La Petite Mort Trilogy
    Titolo del Capitolo: La Petite Mort ~ Our Ties
    Fandom: Axis Powers Hetalia
    Personaggi: Francia (Francis Bonnefoy), Inghilterra (Arthur Kirkland)
    Genere: Introspettivo, Erotico
    Rating: Rosso
    Avvertimenti: OneShot, Yaoi, Lemon
    Conteggio Parole: 9250 (FiumiDiParole)
    Note: 1. Cronologicamente ambientata dopo qualche mese da La Petite Mort ~ Our Dependance.
    2. La premessa iniziale è la stessa. Inghilterra è una Nazione che tutti odiano. Come ho già detto è un ex Pirata dal passato violento e crudele. Ha conquistato e colonizzato Nazioni in tutto il mondo e sono poche quelle che hanno avuto un buon rapporto con lui. Proprio per questo tanti detestano Inghilterra. Storicamente, inoltre, si parla di una Nazione forte e orgogliosa che neanche nella sconfitta più evidente si fa sottomettere. Ma, esattamente come ha fatto soffrire gli altri, anche lui ha numerose ferite ed ha sofferto. Indossa delle maschere per difendersi proprio da quel dolore e solo nella sua isola, in un luogo che ritiene sicuro o con i suoi amici (le Fatine) riesce ad essere se stesso. Da questo nasce la mia caratterizzazione che va contro quella che ultimamente è la visione di Inghilterra. Potrà essere un tipo nervoso ma non per questo è un essere piagnucolone che si sottomette senza neanche tentare di ribellarsi.
    3. Piccola nota anche per Francia. Lui sarà maniaco ma è elegante. Si parla della Prima Repubblica della Storia Moderna, della Nazione dell’Amore, di una Nazione che ama il bello e l’eleganza. Non è solo un maniaco pervertito, cercate di capire anche questo su Francia e non fermatevi ai luoghi comuni che ormai rovinano il fandom in migliaia di ficcyne.
    4. Partecipa al Torneo del pOrn
    Torneo del pOrn indetto dall’Axis Powers Hetalia ~Shipping Community ed è passata alla fase finale *O*
    5. FiumiDiParole
    6. Rientra nell'iniziativa: warning weeks fest - sfida permanente di FiumiDiParole. Rientra nel POrn Panda punto Bronze. Almeno io ne conto due scene di sesso°° Quella della cassetta+masturbazione poi quella nel divano. La tabella è consultabile qui
    7. Ultima ma non meno importante nota: la dedico a Francis Bonnefoy<3

    { La Petite Mort ~ Our Ties ~



    Quando Inghilterra si era visto recapitare quel mazzo di fiori da un ragazzino alquanto divertito, sapeva già che non poteva trattarsi di uno scherzo.
    Lì c'era lo zampino di Francia: ci avrebbe messo la mano sul fuoco!
    Solo il francese era in grado di escogitare simili doni, tutti con un significato recondito che Arthur doveva riuscire a scoprire.
    La risposta a quegli enigmi, per l'inglese, era sempre la stessa, ed era legata alla stupidità di Francis - poteva anche chiamarsi romanticismo secondo quella stupida rana, ma a casa di Inghilterra quella era catalogabile come pura idiozia. Nonostante ciò, nella speranza che il francese non lo venisse mai a sapere, lui conservava sempre gelosamente quei regali ed i biglietti che vi erano immancabilmente allegati.
    Non tanto per l'importanza di quei doni - solitamente si trattava di cioccolatini, di bottiglie di vino e di immensi mazzi di rose rosse che, in un modo o nell'altro, non duravano più di ventiquattr'ore - ma per continuare a tener vivo quel legame che, da secoli, bruciava senza mai estinguersi.
    La loro ‘relazione’ era semplice come un filo rosso che in più parti si era quasi consumato - rovinato, si poteva dire - e con tanti nodi riparatori per tenerlo ancora unito. In realtà però, quel filo, non si era mai spezzato veramente.
    Erano sempre stati ben attenti a non distruggere quel legame e, nonostante tutte le guerre, i litigi ed i numerosi dispetti che sin dall'infanzia si erano fatti come i più normali bambini del mondo, il loro filo rosso era sempre rimasto integro.
    In alcune parti spesso si sfilacciava, rischiando in questo modo di spezzarsi, ma era sempre bastato un semplice nodo per evitare che si rompesse del tutto.
    Nella loro storia vi erano stati tanti trattati che sancivano la fine delle ostilità ma, ovviamente, ridurre il tutto alla siglatura di una pace cartacea era troppo semplice e riduttivo. Non bastava un pezzo di carta a far cessare il loro astio che spesso poteva venire confuso con l'odio; ma se vi fosse davvero stato tra i due dell'odio, firme e sigilli di ogni sorta sarebbero serviti a ben poco. Solo loro potevano decidere quando e come mettere fine a quelle situazioni che erano solo in grado di debilitarli - fisicamente e mentalmente.
    Quindi, dopo aver cacciato via quel ragazzetto sghignazzante - in fondo per un giovane di quell'età non era cosa di tutti i giorni il venir pagato profumatamente per consegnare alla Nazione Inglese un mazzo di centosei rose rosse e quella situazione era sembrata, agli occhi del piccolo messaggero, assai buffa e insolita -, prese quell'immenso mazzo di profumate rose rosse per portarlo dentro casa. Nella testa di Arthur non passò neanche per un istante l'idea di buttarle, infatti le mise semplicemente all'interno di un vaso che poi ripose nel suo studio, lontano dagli occhi indiscreti dei rari visitatori della sua dimora.
    Lì si permise di osservare i fiori per qualche istante, lasciandosi rapire dalla dolce fragranza che avevano sparso nella stanza; si sentiva un po' stupido e orribilmente smielato nel farlo ma era solo, nella sicurezza della sua casa, e nessuno l'avrebbe mai potuto criticare o giudicare per quello - "occhio non vede cuore non duole", trovava quella frase particolarmente azzeccata per la sua situazione.
    Poco dopo, appena quel breve attimo di pace si concluse, spostò lo sguardo sulla busta quadrata che aveva accompagnato i fiori - immancabile in ogni dono del francese.
    L'aveva poggiata sulla scrivania e, nel farlo, aveva notato una cosa alquanto insolita: era rigida, come se al suo interno vi fosse qualcosa.
    La prese in mano, rigirandola con curiosità, cercando di intuire il suo contenuto ancor prima di aprirla. Tante erano le idee e nessuna era vicina alla realtà, in quanto al suo interno vi erano un biglietto e un cd.

    " So che ti piace struggerti per le cose accadute in passato, mon Angleterre;
    per questo sono certo che il dono che ti ho fatto recapitare
    ti sarà veramente gradito.
    Au revoir,
    Francis."


    Lo lesse più volte e, come alla prima lettura, Inghilterra concluse che quel messaggio non rivelasse granché ma che, al tempo stesso, era anche totalmente diverso da quelli smielati che era solito ricevere dal francese. Lo trovava ambiguo e indissolubilmente legato a quel cd che non riportava alcuna etichetta.
    Era semplicemente rinchiuso in una piccola custodia di plastica - anonima e misteriosa, senza alcun indizio che lo aiutasse - e, da lì, il collegamento era semplice visto che il biglietto parlava del 'dono' e del 'passato', l'unico problema era comprendere ciò che Francia aveva messo in quel cd. E l'unico modo per scoprirlo, alla fin fine, era metterlo nel lettore e guardarlo.
    Arthur non si fidava totalmente di quei misteriosi regali, soprattutto se fatti dal francese, ma era sempre stato curioso e, sin da bambino, per quella sua smania di esplorazione e di scoperta si era spesso ritrovato nei guai. Crescendo, invece, proprio grazie ad essa riuscì a conquistare moltissime colonie e quello che sembrò essere un difetto si rivelò una risorsa nonché fonte di ricchezza.
    Inghilterra non era cambiato molto in tutti quei secoli: forse era diventato un po' più assennato e saggio, ma se veniva catturato dalla curiosità niente poteva fermarlo dal prendere quel cd e guardarlo.
    Senza esitazioni e con il telecomando stretto in una mano, andò ad affondare nella morbida comodità del suo divano, premendo il tasto 'play' senza pensarci troppo.
    La schermata, dapprima nera, si schiarì mostrando delle mani i cui polsi erano immobilizzati e arrossati a causa dello stretto nodo creato da un nastro di seta scarlatta. Lenta, l'immagine si focalizzò su delle braccia tese e irsute, piene di muscoli guizzanti ed eccitati.
    Inizialmente Arthur si ritrovò a storcere il naso pensando che quel maledetto francese maniaco gli avesse mandato un porno, ma quando scorse il viso di Francis, illuminato da una luce di maliziosa lussuria, sorridere verso l'obiettivo della telecamera, si sentì improvvisamente cogliere da un'ondata di calore che partì dal viso per poi spargersi in tutte le direzioni del suo corpo, riversandosi tra le sue gambe.
    Era una scena oscenamente familiare e, mentre il video scorreva ancora - prima sull'ampio petto del francese poi sul membro eretto tra le sue gambe tenute larghe senza alcuna vergogna -, Inghilterra iniziò ad avvertire,oltre alle vampate di calore, anche un leggero formicolio solleticarlo prima sulle guance, che pulsavano rosse, poi sul ventre. E, nonostante la razionale idea di premere 'stop' e porre fine a quel 'disgustoso spettacolo’, non riusciva a staccare gli occhi da ciò che vedeva, esattamente come era accaduto quando lo stava riprendendo. Si era ritrovato rapito da quella divina, ma demoniaca, bellezza.

    " Ti piace quel che vedi, Angleterre?"



    La voce di Francis riempì la stanza ed il video; fu così lussuriosa e vibrante da strappare ad Arthur un gemito roco, nettamente in contrasto con la risposta decisa che aveva dato al francese quella notte.

    " Mi piacerà di più tra qualche istante, Francia."



    Nonostante il tono della sua voce su quel nastro risultasse fiero, Inghilterra avvertì e ricordò una certa insicurezza nelle sue parole: era rimasto coinvolto completamente dalla situazione che si era venuta a creare quella sera e aveva cercato, incantato dalla lussuria di quel momento, di ribattere - anche acidamente - ad ogni battutina fatta da Francis.

    Si stava eccitando.
    Sentiva i pantaloni diventare stretti e dolorosi e, quando la telecamera tornò a riprendere il membro del francese e la sua mano che lo carezzava senza mai donargli un contatto più profondo, si sentì tingere ulteriormente di un virgineo colore rosso - che poco gli si addiceva dato ciò che aveva fatto in quell'occasione al francese.
    La sua mente in quel momento non era in quel luogo: era andata direttamente a quella notte dove, con la telecamera - e molti altri oggetti appartenenti all'amante -, aveva torturato Francia e si era lasciato trasportare da quell'erotico gioco e dal legame che, sempre più forte, si stringeva tra loro.
    In quell'istante forse avrebbe potuto comprendere il perché di un tale biglietto arrivato insieme a quel cd, ma non aveva la testa per volerci arrivare sul serio.
    Sentiva la gola secca e la sua eccitazione pulsare stretta nella stoffa dei suoi indumenti.

    " Ah... Arthur..."



    Quasi senza accorgersene, la mano andò ad aprire i bottoni dei suoi pantaloni per liberare e dare sollievo al suo membro. Ma neanche un tale gesto riuscì ad aiutarlo.
    Solo quando appoggiò il palmo sopra i suoi boxer gonfi, sentì una vaga sensazione di gioia spandersi per tutto il suo corpo.

    " Ah-arthur... m-muoviti e non pensare... ahh..."



    Era una supplica, frustrata e desiderosa, che in quel limbo ovattato Inghilterra percepì come un incoraggiamento a carezzarsi.
    Mosse in circolo il palmo lasciandosi cogliere da un primo gemito seguito da un grido di piacere del Francia del video.
    " Shit...", imprecò a mezza voce. Un vago lampo di raziocinio lo costrinse a fermare la mano e, colto da una nuova ed improvvisa vampata di calore, si coprì il volto come a volersi nascondere. Nessuno lo poteva vedere, era solo, ma la vergogna fu più forte di lui.
    Maledisse ancora quella situazione, maledì il regalo di Francia e maledì ancor più se stesso per essersi lasciato trasportare troppo velocemente da quanto stava vedendo.
    Avrebbe dovuto spegnere la tv e farsi velocemente una doccia fredda, ma... non ne ebbe il coraggio. I suoi occhi si incollarono nuovamente sullo schermo e le sue orecchie si tesero nel sentire, ancora, i gemiti maliziosi del francese.

    " Ti piacciono i miei gemiti, Angleterre?"



    " Maledetto...", ringhiò sforzandosi di mettere la mano sul telecomando che, quasi senza accorgersene, era stato abbandonato sul divano.
    L’oggetto però sembrava troppo lontano e, come un’illusione, pareva allontanarsi ulteriormente mentre avvicinava l’arto.

    " Sì. Mi piacciono..."



    Arthur trattenne il respiro nel sentirsi parlare ed osservò la sua mano muoversi davanti all'obiettivo della telecamera.
    Non era solito sentire la sua voce registrata e, sicuramente, non capitava tutti i giorni di sentirla con quel tono malizioso ed erotico.

    " Ma li gradisco di più se sono frustrati... di dolore... mischiati al piacere..."



    Un altro nastro rosso balenò dinanzi allo schermo e si strinse attorno alla base del membro di Francia che dapprima non reagì per lo stupore, poi, successivamente, iniziò ad agitare quel maledetto corpo tentatore che si stava offrendo a lui e che, inconsciamente, lo spinse a posare un'altra volta la mano sulla sua eccitazione, stringendola nel pugno come per volerla celare.

    " A-ah... Arthur... c-che fai?"



    Anche Inghilterra, in quell'istante, si pose la stessa identica domanda.
    Che stava facendo?
    Perché non spegneva la tv?
    Perché aveva ripreso a carezzarsi?

    Non riuscì a darsi una risposta e, mentre altri bassi gemiti continuarono ad abbandonare la sua bocca socchiusa, i suoi occhi non smisero neanche per un secondo di osservare il video e la sua mente di ricordare quanto fosse successo.
    Era intrappolato.
    Legato ed immobilizzato da quella situazione orchestrata ad arte da Francia.
    Quel maledetto sapeva, conosceva, le sue debolezze. Anche quelle che Arthur aveva sempre tentato di nascondere. Il francese era in grado di entrargli dentro, leggere nella sua mente e metterlo in seria difficoltà.
    Cercava sempre di dissimulare quel disagio con un atteggiamento violento o sarcastico ma gli occhi di Francis erano sempre lì e lo fissavano come se vedessero oltre le maschere che l'inglese si costringeva ad indossare.
    " C-cazzo...", imprecò mentre il video continuava ad andare avanti e lui si perdeva nelle carezze che la sua mano gli stava donando da sopra la stoffa dei boxer; la sentiva inumidirsi e diventare sempre più ingombrante e la sua voglia di andare oltre aumentare fino a fargli perdere la cognizione del tempo e del luogo.
    Nello schermo della sua tv scorrevano le immagini di piccoli vibratori rosa e di come li aveva usati, ma Arthur non era più lì con la mente.
    Il palmo della mano sfregava sul suo membro e i bassi gemiti che lasciavano le sue labbra lo facevano ancora arrossire.
    Non era la prima volta che si lasciava andare a quei piaceri nella sicurezza della sua dimora e, certamente, quella non sarebbe stata l'ultima ma, in quel momento, la situazione era molto più erotica di tutte quelle che l'avevano preceduta; e quello non era che un incentivo a continuare.
    Inoltre, perché mai avrebbe dovuto smettere?
    Quella era casa sua e poteva fare quello che più desiderava senza dover renderne conto a nessuno.
    Poi, un leggero scampanellio lo riscosse. Era lontano, forse nel video, e decise proprio per quello di ignorarlo e di dedicarsi ancora a sé mentre un'altra domanda iniziava a premere nella sua testa, cercando di donargli almeno un pizzico di lucidità: quel giorno c'erano delle campanelle?
    No. Non le ricordava e, ripensandoci, era certo che non ve ne fossero. Quelle scene erano ancora ben vivide nella sua mente e non vi era alcun ricordo di simili suoni.
    Sussultò, emettendo un gemito frustrato, mentre interrompeva le carezze su di sé e scattò in piedi bloccando il video.
    La schermata si fece nera e lui, stringendo il telecomando, corse verso l'entrata della sua abitazione provando, con non poca difficoltà, a sistemarsi i pantaloni ma non vi arrivò in quanto la sua corsa venne bloccata da Francia che lo guardava fintamente preoccupato.
    " Angleterre, non rispondevi e così sono entrato...", mormorò il francese, facendo scorrere lo sguardo sul corpo di Arthur che, ancora con il viso rosso, tentò di nascondere la frustrazione e l'imbarazzo, conscio che però all'occhio esperto di Francis non sarebbe sfuggito niente.
    " Non hai l'autorizzazione per introdurti in casa mia in questo modo, damned France!", esclamò stringendo forte i pugni, allentando però subito la presa quando sentì il telecomando fare uno strano rumore.
    " Ero preoccupato.", tagliò corto Francia, sfoggiando un ghigno malizioso. " Ma vedo che eri... piacevolmente occupato."
    " Ti sbagli!"
    " Deduco che il mio regalo ti sia piaciuto."
    " Che regalo?", gracchiò con voce stridula Inghilterra. " Non ho ricevuto niente!", mentì facendo un passo indietro all'interno della stanza, come a voler creare una sorta di distanza di sicurezza.
    Francis lo metteva a disagio e lui non era ancora del tutto pronto per affrontarlo, essendo stato colto in un momento di intimità e debolezza. Doveva solo calmarsi e cacciarlo via!
    " Allora ti stavi allegramente masturbando davanti ad una tazzina di the?", ridacchiò il francese, lanciando un'occhiata al cavallo dei pantaloni della Nazione Inglese ancora parzialmente slacciati.
    " Assolutamente no!", in un moto di rabbia, scaturito dall'imbarazzo, Arthur sbatté il piede in terra stringendo ancora i pugni.
    L'espressione minacciosa che però assunse scomparve quando alle sue orecchie giunse, chiara e maliziosa, la sua stessa voce seguita da quella del francese.

    " Fammi sentire la tua voce, frog..."
    " Ah... sto già... hn... facendo abbastanza, chenille... ahh... e se questo... nh... è dare il... mh... meglio di te... mi deludi."



    Si sentì rabbrividire e, colto da un attimo di panico, diede le spalle a Francia cercando inutilmente - era troppo agitato - di fermare il video che aveva ripreso a scorrere mostrando quelle erotiche, ma compromettenti, immagini.
    I tasti sembravano tutti uguali, privi di significato e, forse, neanche funzionavano! Li premeva e non accadeva nulla e, quando si accorse di tenerlo al contrario, fu decisamente troppo tardi.
    " Allora l'hai gradito, mon chenille...", constatò Francis, abbracciando Arthur da dietro e fermando una sua eventuale fuga.
    " Lasciami!", esclamò, cercando di divincolarsi, riuscendo solo a far cadere per terra il telecomando che si aprì, facendo rotolare lontano le piccole batterie.
    " Pregami ed avrai quel che vorrai.", la voce del francese si unì a quella dell'Inghilterra della tv, accompagnata dalle sue calde labbra che si posarono, senza esitazioni, in un bacio sul collo dell'inglese.
    Si ritrovò quasi a boccheggiare, senza riuscire a rispondere a quelle parole e, rapito ancora una volta rapito dal video, ascoltò il loro breve scambio di battute, dimenticando quell’ormai inutile telecomando abbandonato a terra.
    Il loro dialogo era carico di erotismo, di sfida e di quella naturale complicità che li aveva sempre caratterizzati.
    " Sei stato un bastardo, Arthùr... mi hai fatto penare quel giorno.", sussurrò Francis, carezzandogli lentamente il ventre.
    " Te lo sei... cercato...", rispose piano l'inglese, faticando a tenere gli occhi aperti.
    " E tu hai goduto per questo.", insinuò continuando a baciargli il collo ed iniziando a slacciargli del tutto i pantaloni.
    Inghilterra fremette ma non si divincolò - forse in un'altra situazione l'avrebbe fatto ma in quell'istante aveva bisogno di quel tocco e di quelle dannate mani.
    Sentiva la necessità di avvertire quel legame secolare ancora sulla sua pelle, voleva quelle labbra su tutte le piccole cicatrici rimaste dalle guerre che li avevano visti come protagonisti... aveva bisogno solo di quello.

    " Perché non te lo metti tu in bocca?! Visto che hai tanta voglia di farlo fare a me..."
    " Oh... è questo il punto allora..."
    " Che intenzioni hai?"
    " Ti faccio morire."



    " Questa...", mormorò Francis posando la mano sul membro dell'inglese. " È la mia parte preferita: ho temuto davvero di morire."
    Mosse lentamente l'arto in circolo, sentendo il corpo di Arthur irrigidirsi ulteriormente. Lo aveva in suo potere, almeno per quel primo momento.
    Francia conosceva ogni singola reazione di quella Nazione - caratteriale e fisica - ed era ben conscio che, una volta superato quell'attimo di confusione, avrebbe reagito e lui si sarebbe divertito il doppio.
    " Sai... noi francesi chiamiamo l'orgasmo 'la Petite Mort'... romantico, vero?", chiese baciandogli il lembo di pelle tra l'orecchio e il collo.
    " Osceno.", rispose Inghilterra, riuscendo solo ad osservarsi nel video e a sentire il francese su di sé come in quell'istante.
    " Vi è un attimo, quando il piacere è troppo grande, dove ti sembra di morire per questo. È troppo ed è intenso, mon Angleterre. La morte migliore che qualcuno possa mai desiderare."
    " So che si... tratta dell'orgasmo femminile...", ribatté Arthur trattenendo stoicamente un mugolio.
    " Sei informato, mon chenille.", ridacchiò il francese, stringendo con più decisione la presa sul membro ancora celato dai boxer.
    " Non... hn... prendermi in giro."
    " Non pensi che anche un uomo, all'apice del piacere, possa provare un trasporto così grande da sentirsi morire?", chiese muovendo ancora la mano sull'eccitazione che pulsava contro il suo palmo.
    Inghilterra lo pensava e credeva che fosse realmente possibile. Tante volte aveva provato quella sensazione di dolce abbandono tra le braccia dell'amante che, anche in quel momento, gli stava donando un piccolo assaggio di piacere. L'oblio l'avrebbe presto accolto e, perso in quelle sensazioni così intossicanti, sperò arrivasse il più velocemente possibile.
    " Lo so che lo pensi... ti conosco fin troppo bene...", soffiò Francis sulla pelle umida del collo. " Non puoi negarlo."
    " Smettila... hn...", Arthur non l'avrebbe né negato né tanto meno ammesso: non sarebbe stato da lui. Anche se si stava lasciando andare tra le braccia di quel maledetto francese e anche se gli stava permettendo di toccarlo, oltrepassando le sue difese, non sarebbe mai caduto così in basso da assecondarlo totalmente - e, ovviamente, il 'pregarlo' era fuori da ogni discussione.
    " Conosco la risposta...", mugugnò Francia, spingendo il bacino contro le natiche dell'inglese, come per fargli sentire la sua eccitazione mentre, con la mano, continuava a carezzarlo senza fermarsi.

    " Potresti venire anche solo al guardarmi, eh Francis?"



    " Potresti venire anche solo guardandoci, eh Arthùr?"
    , insinuò Francia, ripetendo in parte le parole dette da Inghilterra nel video.
    " A-assolutamente no!", esclamò in risposta l'inglese, colto da un'improvvisa vampata di imbarazzo - dovuta anche alla bruciante verità - che lo spinse alla disperata - ma stupida - ricerca di una via di fuga.
    " Non mi scappi, mon Angleterre.", ridacchiò Francis, stringendo con più forza la presa e facendo scivolare la mano oltre la stoffa dei boxer. " Sai bene che non riesco a lasciarti...", aggiunse, costringendo con delicatezza l'amante a voltarsi per poterlo baciare.
    Carezzò con dolcezza quelle labbra imbronciate e socchiuse con le sue, sentendo il respiro velocizzarsi intervallato da bassi mugugni; poi, con la lingua, ne tracciò i contorni con un'estenuante lentezza che spinse, forse inconsciamente, Arthur ad andargli incontro con la sua.
    Un brivido scosse entrambi a quell'umido contatto che fu solo il preludio al lungo bacio che seguì.
    Labbra contro labbra, Inghilterra, soffocò i gemiti che iniziavano ad essere più frequenti mentre le sapienti dita di Francia lo eccitavano ancora.

    " F-fa male..."
    " Non è vero."
    " Odio... ah... quando fai così. Mh... togli quel coso e... fallo tu..."



    Il francese si staccò leggermente, guardando la tv solo per qualche istante, attirato da quelle parole.
    " Mi avevi fatto male...", commentò piano. “ Non era una bugia.”
    " Ti... hn... era piaciuto..."
    " Non lo nego.", ammise Francis, carezzando il glande con il pollice. " Ho gradito quelle tue attenzioni dai teppistello.
    " Ti piace... ahn... quando comando io.", un ghigno piegò le labbra dell'inglese ancora umide.
    " Oui, ma il meglio... è arrivato dopo.", lo baciò ancora facendogli soffocare un altro gemito causato dalle unghie che percorsero l’erezione per l’intera lunghezza. " Quando mi hai slegato e mi hai permesso di abbracciarti è stato il momento perfetto della nostra unione."
    Era una dichiarazione romantica e, forse, anche pericolosa a seconda dello stato d’animo di Inghilterra ma, fortunatamente, era troppo preso da quella loro unione simbolica, fatta semplicemente da due corpi che si donavano piacere.
    Certo, era facile definirla in quel modo, ma niente per Francia era davvero 'semplice', soprattutto quando si parlava di Arthur.
    Il loro era un rapporto complicato ma intenso, fatto d'amore e odio in egual misura. Sin dall'infanzia erano sempre stati vicini - non era difficile superare quel piccolo tratto di mare che li separava - e, crescendo, in un modo o nell'altro si erano sempre incontrati e, soprattutto, scontrati.
    Avevano rischiato spesso di distruggere il loro legame ma, se erano ancora lì, potevano evincere solo una cosa: non si sarebbero mai divisi veramente.
    C'era sempre qualcosa ad unirli e quel sentimento non si sarebbe mai lasciato sopraffare dal tempo e dalla storia che stavano scrivendo. Il passato li aveva fatti conoscere, il presente li univa ed il futuro era solo un’avventura da vivere insieme: era quella la filosofia che Francis aveva assunto nei confronti del suo rapporto con Inghilterra.
    " Ti desidero, mon Arthùr...", mormorò ancora il francese, stringendo ancor più possessivamente a sé Inghilterra ed aumentando i movimenti della propria mano.
    " Hn...", l'inglese non gemeva, cercando di soffocare testardamente ogni osceno verso, ma il suo corpo si spingeva verso la mano che gli stava donando piacere, sempre più desideroso di quel contatto mentre le sue orecchie venivano violentate dai gemiti provenienti dalla televisione.

    " A-ah... in... passato... hm... l'avresti fatto..."
    " Il passato è il... ahn... passato..."



    Già, il passato.
    Arthur aveva sempre avuto un grave problema con quello che aveva fatto durante la sua giovinezza.
    Odiava vivere di rimpianti - la considerava una debolezza che lui non poteva permettersi -, eppure si ritrovava spesso a pensare ad un mondo alternativo nel quale non aveva commesso alcun errore.
    Dei tanti legami, che credeva forti e indistruttibili, solo uno era rimasto vivo e attivo.
    Nella sua lunga esistenza aveva perso Portogallo, Hong Kong, America ed anche Seychelles... aveva perso troppi amici e troppe colonie.

    Il tempo aveva spezzato la lunga collaborazione che aveva stretto con Portogallo, l’aveva spesso considerato il suo consorte - oltre alleato ed amante- che si era messo più volte contro il suo stesso fratello, Spagna, pur di aiutarlo.
    Hong Kong che per oltre un secolo aveva riempito la sua abitazione con la sua silenziosa, ma al tempo stesso chiassosa - per via dei petardi che tanto adorava -, presenza, era cresciuto ed era tornato a casa, dai suoi veri fratelli che lo aspettavano. Non lo avrebbe ammesso, ma ad Inghilterra gli mancava spaventarsi a causa dei piccoli esplosivi che era solito lanciargli contro.
    Anche Seychelles era diventata indipendente e, anche se si erano tanto odiati - lei era sempre stata troppo legata a Francia per potergli essere veramente fedele -, gli mancava andare a trovarla nella sua bella terra.
    Poi... c’era America, una ferita ancora aperta e che, nei giorni di pioggia, sanguinava. Più di tutti era Alfred a mancargli con la sua genuina presenza ed innocenza.
    Il suo fratellino che lo aspettava guardando verso l’orizzonte cercando di scorgere la nave del ‘parente più grande’, della persona che più adorava al mondo e che, nella sua smania di potere e ricchezza, l’aveva sporcato e sfruttato fino a fargli scegliere la via dell’Indipendenza.
    Anche per quello Arthur faceva ritorno sempre da solo nella sua isola e si ubriacava per cercare di trovare, almeno nel sonno e nella follia dell'alcolico, una via alternativa al suo passato.
    Chissà perché poi, arrivava sempre Francia in quei momenti. Oltrepassava la Manica - era solo un breve tratto di mare che il francese aveva sempre attraversato, anche in assenza dell’Eurotunnel - e lo riportava a casa prendendosi cura di lui.
    Quelli, poi, erano anche gli unici momenti in cui il francese aveva il permesso di sgridarlo ripetendogli sempre: " Non guardare al passato, l'hai già vissuto. Guarda avanti!"
    Arthur era consapevole che l'altra Nazione avesse ragione e se non fosse stato per la loro storia, sicuramente non sarebbero stati lì in quell'istante. Ancora una volta il passato gli stava insegnando quanto fosse importante ricordare il loro legame, così forte da riuscire a protrarsi fino al presente.
    " Vieni, mon chenille.", lo incoraggiò piano Francis, con voce roca ed eccitata.

    " Non... ah... resisto..."
    " Beg me... pregami... supplicami... ahn..."
    " D-dieu... ti prego... devi... ah... liberarmi...”



    Inghilterra si spinse con il bacino verso la mano del francese.
    Non era in grado di resistere oltre e il suo corpo ebbe il coraggio di fare quello che mai la sua bocca avrebbe fatto. Silenzioso, lo pregò per ricevere un piacere più intenso che da ormai troppo tempo - Arthur non era mai stato un tipo molto paziente, preferiva avere sempre tutto e subito - stava inseguendo.
    Voleva liberarsi e farsi accogliere dal senso di abbandono prima di ricordarsi che quello che lo stava molestando non era altro che Francia e che lui doveva, in ogni caso e in ogni situazione, far valere la sua superiorità - atteggiamento che Francis definiva da secoli come 'stupidità inglese'.
    Cercò ancora una volta le labbra dell'amante e, riuscendo a soffocare in quel modo un altro maledetto gemito che l'avrebbe fatto sprofondare per la vergogna, riversò il suo piacere nella mano stretta sul suo membro che si sporcò insieme ai boxer.
    Il francese lo sorresse prontamente, donando dei leggeri bacetti sul collo e sul viso stravolto di Inghilterra, come a volerlo confortare e coccolare. Era uno dei pochi momenti in cui l'altro si lasciava toccare in quel modo e, sicuramente, era una delle fasi del suo rapporto con l'inglese che Francis più amava.

    " Je t'aime, mon Arthur."



    Un basso sussurro che entrò nelle orecchie di Inghilterra come un dolce soffio.
    Non sapeva se provenisse dal cd che stava ormai volgendo al termine o da Francia, che lo sorreggeva e coccolava ma, in fondo, non era poi così importante.
    Ammetterlo sarebbe stato assurdo e anche impossibile per lui, ma apprezzava tantissimo la dolcezza che il francese era solito donargli. Lo trattava come se fosse l'essere più prezioso di quella terra, lo riempiva di attenzioni - spesso indesiderate -, ed era sempre al suo fianco: nella buona e nella cattiva sorte.
    Storse il naso per quel pensiero fin troppo simile ad una promessa di matrimonio; anche se il loro rapporto non sarebbe mai arrivato ad un simile livello, ormai il legame che li univa era divenuto anche più forte dei sacri voti che migliaia di coppie al mondo decidevano di scambiarsi.
    " La facciamo ripartire?", domandò Francis leccandogli l'orecchio dopo qualche attimo di silenzio.
    " Hn... no!"
    " La guardiamo insieme. Potrebbe essere più divertente... e anche più comodo se ci mettiamo sul divano...", propose, allentando l'abbraccio appena avvertì l'inglese reggersi sulle sue gambe - approfittandone per pulirsi la mano con un fazzoletto che teneva in tasca.
    Arthur, in risposta, emise un sospiro simile ad un rantolo poi si voltò per guardare in viso Francia con un'espressione decisa - che, inutilmente, cercava di nascondere il rossore che ancora imporporava il suo viso.
    " Sai bene che qui comando io.", dichiarò cercando di mostrarsi serio, iniziando poi a spingere l'altro verso il divano. " Quindi tu devi stare zitto e smetterla di gracidare."
    Francis ridacchiò divertito a quella vana dimostrazione di superiorità e, tanto per farlo giocare un po', si lasciò cadere seduto sul divano.
    " Non mi raggiungi, mon Angleterre?", domandò guardando l'altra Nazione ancora in piedi.
    " Prima... spogliati.", ordinò secco.
    " Uh... vuoi guardare? Pensavo che fossi stanco di farlo dopo esserti goduto quello splendido video con noi come protagonisti."
    " Fallo e basta!", gracchiò l'inglese con un tono urgente che fece sospirare Francia. Egli infatti decise di non controbattere subito e portò le mani ai primi bottoni della camicia blu scuro che indossava.
    " La parolina magica la conosci?", domandò poco dopo, lanciandogli un'occhiata divertita.
    " Ne conosco tante, in realtà."
    " Quelle che intendi tu sono solo stupidaggini, lo sai."
    " Sei tu che non comprendi, stupida rana ignorante.", rispose Inghilterra iniziando a sua volta a spogliarsi, liberandosi per prima cosa dei pantaloni e dei boxer ormai sporchi del suo seme.
    " Dovresti essere un filino più gentile.", replicò e, al grugnito di Arthur, decise di privarsi a sua volta dei suoi indumenti - era visibilmente eccitato e, ovviamente, avrebbe fatto nulla per nascondere quel suo stato.
    " Dovresti capire quando è il momento di stare zitto.", ribatté l'inglese, avvicinandosi fino a bloccarlo con il suo peso contro il divano.
    Sentiva la pelle sudata di Francia sulla sua e quel profumo, assurdamente buono, entrargli dolcemente nelle narici, come una carezza. Era una sensazione rassicurante e familiare che, per qualche istante, spinse Arthur a baciare il francese.
    Aveva bisogno di quelle labbra e del loro sapore, di sentirlo vicino a sé con le braccia che lo cingevano in un sicuro - anche se un po' impacciato - abbraccio. La necessità di avere qualcuno al suo fianco, che spazzasse via la solitudine, era sempre viva in Inghilterra ma, come sempre, la parte più razionale di lui prendeva il sopravvento e non ammetteva mai di avere quel bisogno.
    Non poteva permettere che Francis capisse quanto odiasse la sua solitudine - anche se sicuramente l'aveva già compreso in tutti quegli anni - e, con un pizzico di crudeltà, morse l'amante facendolo gemere per il dolore.
    " Animale...", si lamentò il francese, afferrandolo per i fianchi nel tentativo di non farlo allontanare troppo da sé.
    " Maniaco..."
    " Sei tu quello che si stava toccando davanti alla tv."
    " Mi hai mandato tu il cd.", ribatté Arthur.
    " Non ti ho mica detto... 'masturbati mentre mi guardi'! ", iniziò, senza chiedere il permesso - sapeva che non ce ne sarebbe stato il bisogno -, a baciargli il collo, lentamente, sfiorando la pelle ancora arrossata.
    Inghilterra sospirò, tirandogli i capelli senza però volerlo realmente allontanare. Non voleva mettere a nudo le sue necessità più di quanto non avesse già fatto. Non gli avrebbe mai detto che provava piacere anche solo nel sentire la decisa presa sui suoi fianchi e non avrebbe neanche ammesso che era rassicurante stare lì, sopra di lui, stretti in un semi-abbraccio.
    " Stupid frog...", lo insultò senza convinzione, inclinando stancamente il capo per lasciare all'altro più spazio.
    " Come siamo... accondiscendenti...", commentò Francia.
    " Fammi riprendere fiato e vedrai la mia accondiscendenza.", commentò senza nascondere un sorriso.
    Non gli capitava spesso di sorridere - solo in compagnia delle fatine e del suo unicorno ci riusciva - ma vi erano quei momenti, di totale intimità, dove sentiva la felicità riempirgli il cuore: ed era così tanta che esplodeva nel suo viso facendogli piegare le labbra verso l'alto.
    " Non vedo l'ora~", cinguettò il francese, scendendo a leccargli il petto e muovendo lentamente i palmi prima sui fianchi poi sulla schiena di Arthur, solleticandola.
    " Ti do un assaggio.", ribatté con decisione, portando la mano tra le gambe di Francis per stringere il suo membro con decisione. Un sussultò scosse Francia e, tirandosi appena indietro, lo guardò con una luce divertita negli occhi.
    " Un assaggio, eh?"
    " Exactly.", ghignò, muovendo le dita con il solo intento di far impazzire l'amante.
    " Ah..."
    " È di tuo gradimento?", domandò con tono malizioso.
    " Secondo te?", ansimò Francis sorridendo. " Ma ti preferisco quando ti fai toccare senza controbattere."
    " Nei tuoi sogni immagino."
    " Sei sempre nei miei sogni, mon Arthùr."
    " Hm...", evitò di arrossire, distogliendo lo sguardo e stringendo con energia il pugno, facendo gemere più forte il francese. " Non fiatare."
    " Ti... ahn... piace la mia voce."
    " Non quando gracidi.", commentò continuando a muovere la mano.
    " Ahh..."
    " Quando fai così, invece... quasi mi piace.", aggiunse l'inglese, facendolo ancora mugolare per il piacere.
    " Lo ripeterò... hn... all'infinito... sei tu... ah... il maniaco tra... di noi...", ansimò ghignando.
    " Come se ti dispiacesse.", portò l'altra mano a sfiorargli il petto dove vi era una cicatrice all'altezza del cuore. Era piccola e solo lui, da quella posizione così vicina, poté vederla e sfiorarla. Conosceva la storia di quella piccola linea perlacea - in realtà sapeva tutto riguardo le cicatrici del corpo di Francia, anche perché molte erano il ricordo delle battaglie che li avevano visti come protagonisti o antagonisti -, che risaliva al periodo dell'occupazione tedesca durante la Seconda Guerra Mondiale.
    Parigi, il cuore di Francis, non era stata bombardata, eppure vi era rimasto quel segno, indelebile, per rammentare alla Nazione la sua scelta: la resa e l'abbandono nelle mani tedesche pur di sopravvivere.
    Anche Arthur aveva una cicatrice simile, un po' più grande, all'altezza del cuore a rappresentare il bombardamento della sua Londra durante quella follia mondiale.
    " Che fai?", domandò il francese, notando lo guardo attento dell'altro sul suo petto - cosa che gli aveva fatto bloccare le carezze sul membro.
    " Niente.", borbottò, distogliendo lo sguardo per posarlo, quasi senza accorgersene, su un'altra cicatrice.
    Era sulla destra, forse tra le più grandi che Francis aveva sul suo corpo.
    " Orléans.", mormorò Francia.
    " Sì. Lo so."
    " Me l'hai inferta tu."
    " So anche questo.
    "
    " Sai... Dio creò l'uomo e la donna a sua immagine e somiglianza. Prendendo da Adamo la tredicesima costola e parte di carne proveniente dal suo cuore per creare Eva. È un caso buffo e anche triste che Orléans si trovi in prossimità delle costole, essendo legata a Jeanne."
    " Non mi interessano le tue stupide favolette!", esclamò irritato Arthur, ricordandosi il giorno in cui, per catturare Joan aveva ferito il francese.
    Anche se si trovavano alle porte di Compiègne, la ferita era giunta proprio in quel luogo... in fondo, per tutti, quella contadina che aveva guidato l'esercito francese durante la Guerra dei Cent'Anni era chiamata la Pulzella d'Orléans.
    " Non sono favolette, mon Arthùr. È la realtà.", sorrise allungando la mano per carezzargli il volto.
    " Lasciami.", si allontanò irritato, non solo per l'imbarazzante dolcezza che Francia gli riservava, ma anche per essersi lasciato, ancora una volta, trasportare dai ricordi.
    " Come siamo lunatici...", commentò Francis.
    " Vediamo se avrai ancora voglia di dire stronzate, frog!", esclamò alzandosi dalla sua posizione per potersi inchinare tra le gambe dell'altro.
    " Oh. Mi piace!", ridacchiò il francese, poco prima di ricevere un morso sulla coscia che gli fece intendere che, nonostante la posizione di Inghilterra a lui favorevole, avrebbe dovuto seriamente dosare le parole per non ritrovarsi evirato proprio da quella bocca pronta a donargli piacere.
    Arthur lo guardò serio poi, prendendo il membro per la base con una mano, posò sulla punta le sue labbra. La sfiorò lentamente, stuzzicandola, prima di usare la lingua per inumidirla ulteriormente. L'inglese sentì subito il sapore del seme dell'amante nelle prime gocce del suo piacere e quello lo indusse a regalargli una lappata più profonda che, per poco, non fece contorcere Francis.
    Non era una posizione comoda per Inghilterra - anzi, la trovava alquanto umiliante - ma da lì avrebbe avuto modo di ferire il francese se avesse continuato a ripetere smielate stupidaggini e, inoltre, la vista non era niente male. Francia aveva davvero un bel viso quando, per il piacere, non proferiva parola per lasciarsi andare ai gemiti - per non parlare poi delle piccole goccioline di sudore che percorrevano il suo volto arrossato.
    " A-ah... Arthùr..."
    Inoltre, se avesse continuato a mugolare il suo nome con quel tono così erotico e lussurioso, l'inglese avrebbe solo potuto goderne. Di conseguenza non smise neanche per un istante di lambire l'erezione e di fissarlo diritto in viso, certo che quel suo sguardo avrebbe fatto effetto su Francis.
    Non c'era tanto da dire - entrambi erano abbastanza maniaci e perversi per completare ogni idea un po' più sconcia dell'altro - e, quando il francese notò le verdi iridi di Arthur su di sé, oltre ad arrossire per l'intensità e l'insistenza di quello sguardo, non poté far altro che ghignare tra gli ansiti e leccarsi lascivamente le labbra, come a volerlo invitare a continuare quanto stava già facendo.
    Anche le gote dell'inglese si imporporarono ulteriormente e, per un attimo, a Francia parve di rivederlo piccolo e dolce, come quando andava a trovarlo con Roma a casa di Britannia. Si divertiva a stare con lui, lo coccolava e lo riempiva di attenzioni fino a farlo imbarazzare e, di conseguenza, arrabbiare. Lì litigavano - arrivando spesso alle mani - e per questo entrambi, in lacrime, tornavano dai parenti per farsi consolare, desiderando di non vedere più l'altro. Cosa che - fortunatamente - non era mai accaduta.
    " Arthùr...", mugolò ancora Francis, alzando leggermente il bacino per andargli incontro. " Ti desidero... ahn..."
    La stretta delle labbra sul suo membro si fece più ferrea, con un piccolo accenno di denti che lo fece rabbrividire - sia di piacere che di paura - ma, testardo, non si arrese.
    " Facciamo... hn... una cosa...", provò, a malincuore a farlo allontanare, ignorando lo sguardo seccato che Inghilterra gli rivolse.
    " Che intenzioni hai, frog?", domandò Arthur osservando il francese stendersi sul divano e rivolgergli un'occhiata lasciva.
    " Raggiungimi e ripassiamo un po' di numeri.", ghignò malizioso.
    " Poi dici che sono io il maniaco.", commentò la Nazione Inglese che, nonostante l'espressione contrariata per le parole pronunciate da Francia, accettò senza altre lamentele la posizione che l'altra Nazione gli stava proponendo.
    Era imbarazzante ma oscenamente erotica: da lì il suo corpo era totalmente esposto al francese e anche se lo stesso accadeva a quest'ultimo nei suoi confronti, Arthur non poté far altro che sentirsi a disagio cercando - forse invano - di celarlo riprendendo a leccare l'erezione di Francis. Sin da subito l'effetto di quella posizione fece avvertire ad Inghilterra, direttamente sul suo membro l'aria calda -scaturita da un gemito del francese- sulla sua pelle ancora umida e sensibile per il precedente orgasmo. Tremò a sua volta ma, concentrandosi, continuò senza fermarsi stringendo le labbra sul glande.
    Francia ansimò ancora, colto da un alto mugolio di piacere poi, per non restare indietro e restituire all'amante il piacere che gli stava donando, si aiutò con le mani per masturbarlo, mentre con le labbra baciava la delicata pelle delle cosce, avvicinandosi lentamente ai testicoli. Sotto il suo tocco anche l'inglese tremava e si tendeva, soffocando i gemiti sull'eccitazione che teneva in bocca e, rapito da quelle sensazioni, iniziò a leccare quella stessa porzione di pelle che aveva a disposizione, spostandosi verso l'orifizio.
    Lì gli ansiti di Inghilterra si fecero più frequenti, facendogli anche rallentare il ritmo delle attenzioni che gli stava riservando. Ma questo al francese non importava, non mentre con le dita si aiutò ad allargargli le natiche per mettere a nudo l'entrata dell'amante.
    Leccò lentamente i bordi, inumidendoli e, dal gemito che Arthur si lasciò sfuggire, comprese che quel gesto fosse di suo gradimento. Non poteva vederne il viso, ma era certo che ormai l'inglese fosse totalmente rosso e sudato con un'espressione di assoluta lussuria.
    Sarebbe stato bello aver potuto avere lì davanti la telecamera che avevano usato la volta precedente e, data la sua assenza, usò l'immaginazione per poter vedere il volto dell'amante alterato dal piacere.
    " F-fra... ahn...", non riusciva a parlare, ogni tentativo veniva interrotto dagli osceni e imbarazzanti versi che il francese gli stava facendo emettere.
    Il piacere era troppo - quello non poteva negarlo - ma anche il disagio, che fino a qualche istante prima aveva cercato di ignorare, stava crescendo. Ancora una volta si trovava combattuto da sentimenti contrastanti nei confronti di Francia.
    Era strano il loro legame...
    Da una parte semplice, quando si trattava di distinguere l’odio dall’amore che li accomunava e univa al tempo stesso - in via ufficiosa vi era più odio visto che erano soliti esternarlo a gran voce -, dall’altra complicata, quando entrambi tentavano di allontanarsi l’uno dall’altro cercando al tempo stesso di restare vicini e di non perdersi.
    Erano atteggiamenti incoerenti e spesso infantili, come quelli che assumevano da piccoli, infatti alla fin fine, nei loro continui dispetti, si potevano facilmente definire dei bambini che non volevano crescere.
    L’amore era l’unico sentimento che, non solo si poteva confondere con l’odio - erano così simili, così intensi e forti che il loro confine era quasi inesistente -, ma che donava anche agli innamorati un’insolita dose di follia e di forza. Solo chi veniva guidato da quell’immensa forza che era l’amore era in grado di fare cose pazze ma al tempo stesso tremendamente coraggiose ed uniche.
    La lingua penetrò lentamente nel suo orifizio e Francis iniziò a muoverla piano, cercando di inumidire quanta più porzione di pelle potesse per prepararlo. Non aveva sicurezze su quanto sarebbe accaduto di lì a poco - Inghilterra poteva anche cambiare idea e voler fare ben altro - ma, almeno, poteva godersi quei gemiti così erotici che l’inglese era in grado di emettere.
    Avevano un suono stupendo che lo invogliavano a continuare, utilizzando anche le dita per prepararlo. Lo avvertiva tremare ed ansimare sul suo membro eretto; l’aria calda di quei mugolii lo carezzava mandandogli violenti brividi lungo la colonna vertebrale, eccitandolo ulteriormente. Era piacevole per entrambi, su quello non vi erano dubbi.
    Arthur provò a chiamarlo ancora a Francis, il suo cervello era intenzionato a farlo smettere, ma il suo corpo non rispondeva. Il piacere era troppo ed intossicante, e la vergogna che gli imponeva la sua mente veniva quasi cancellata da quelle ondate di calore. Nonostante ciò, tentò per l’ennesima volta di sollevarsi per allontanarsi, riuscendo finalmente nel suo intento - Francia non l’avrebbe mai costretto a fare una cosa che non gli andava di fare e questo era sempre stato uno dei migliori pregi che l’inglese riconosceva nell’altra Nazione.
    Si spostò velocemente, per evitare di cadere ancora nella tentazione di tornare in quella posizione, e guardò il francese grugnendo contrariato.
    Non osare dire che non ti piaceva!”, esclamò Francis, mettendosi seduto.
    Sta zitto!”, le guance di Inghilterra erano rosse di frustrazione e rabbia, causata dall’imbarazzo e, se poco prima aveva riconosciuto un pregio nell'amante, in quell’istante era pronto a ritirare tutto a causa della lingua lunga del francese.
    “ Dai Arthùr... vieni...”, lo incoraggiò, tendendo una mano verso di lui. “ So che lo desideri...”
    “ Tu non sai che cosa desidero.”
    Era una bugia: Francia conosceva bene i desideri di Inghilterra e sapeva sempre come cercare di realizzarli con il solo obiettivo di renderlo felice. Era l’unico in grado di farlo, anche perché nessuno si era mai preso la briga di pensare all’inglese come una persona in cerca di compagnia, nessuno era mai andato oltre la sua grandezza e autonomia, nessuno aveva mai guardato oltre la maschera che era solito indossare.
    Per tutti Arthur era una Nazione forte e indipendente, che aveva ferito tante persone - anche quelle che più amava - sempre con un ghigno malevolo sul viso - e con la mania delle conquiste.
    Era per quello che tutti se ne andavano, lasciandolo solo.
    Tutti tranne Francis ed il loro legame.
    Dal sorriso che il francese gli rivolse comprese che, suo malgrado, aveva capito che stesse mentendo ma, fortunatamente, non commentò, limitandosi ad aspettarlo ancora con quella rassicurante mano tesa verso di lui.
    Quella poteva essere l’immagine del loro rapporto: una mano sempre tesa per donarsi a vicenda un aiuto nei momenti di difficoltà - sempre se, in quegli istanti, non erano l’uno contro l’altro.
    Nonostante ciò non la accettò - l'avrebbe fatto ma si vergognava di mostrarsi così attaccato a quel loro legame -, tornando, senza fiatare, sulle gambe di Francia che lo baciò con delicatezza, stringendolo a sé. Rispose a quel bacio affondando le mani nei morbidi capelli biondi della Nazione Francese, cercando in quel modo di tenerlo a sua volta il più vicino possibile.
    Quell'atteggiamento non era il massimo della coerenza, visto che poco prima Arthur aveva rifiutato la mano tesa dell'amante, ma continuò a restare in quella posizione che sembrava quasi un abbraccio, desiderando di tenere il francese sempre con sé.
    Si staccarono solo quando il fiato mancò ad entrambi, restando ugualmente con le labbra umide vicine, carezzate solo dai loro respiri.
    Fai tu...”, mormorò dopo un istante di silenzio Francis.
    Cosa?”, Arthur si pentì quasi subito per la domanda fatta a causa dello sguardo abbastanza eloquente che gli rivolse l’altra Nazione. Era alquanto ovvio a cosa si riferisse Francia, data la situazione.
    “ Sinceramente volevo farlo in un altro modo... ma desidero fare l’amore con te, mon Arthùr... stringendoti forte a me~
    Non fare lo smielato!”, gracchiò Inghilterra con un tono insolitamente alto, forse dovuto all’imbarazzo per le parole appena udite, causando in Francia una risatina.
    “ Dai, mon amour...”, lo incoraggiò ancora, carezzandogli la schiena con la sola punta delle dita.
    Hn...”, Arthur grugnì e, rosso in viso, cercò di battere l’imbarazzo e di sollevarsi quel che bastava per guidare il membro del francese verso il suo orifizio.
    In un altro momento avrebbe trovato quella posizione umiliante ma in quell’istante desiderava veramente farlo - il far spuntare strane voglie nella sua persona era una delle strane capacità di Francia - e, per quanto fosse una situazione scomoda da affrontare, era pronto a mandare al diavolo tutto tanto era certo che Francis non si sarebbe mai sognato neanche lontanamente di sfotterlo per un motivo del genere.
    Parlava tanto - gracidava - ma sapeva mantenere i segreti. Non l’aveva mai tradito in quel senso e nessuno conosceva quelle piccole debolezze che caratterizzavano la Nazione Inglese. Era una ‘rana degna di fiducia’, o almeno Arthur lo considerava in quel modo quando pensava a lui in determinate situazioni.
    Piano...”, mormorò il francese, carezzandogli ancora la schiena.
    Shut up...”, ringhiò Inghilterra in risposta, sentendo un leggero fastidio nell'avvertire l’erezione farsi strada in lui. Non era stato preparato - colpa sua e dell’imbarazzo che aveva preso il sopravvento - e quel lieve dolore era assolutamente normale, quindi strinse i denti fin a quando non lo fece penetrare del tutto in sé.
    Francia sospirò, trattenendosi dal fare qualsiasi movimento troppo azzardato; non voleva fargli male - quello era fin troppo chiaro ed ovvio - e, nei suoi occhi, si poteva leggere solo il desiderio di far provare del piacere all’amante.
    “ Tutto bene?”, esalò piano Francis.
    Ovvio!”, esclamò Arthur stringendo i pugni sulle spalle dell’altro fino a graffiarlo.
    Mh...”, il francese si sporse appena per baciarlo, leccandogli le labbra con delicatezza prima di fargliele socchiudere e coinvolgerlo in una danza tra le loro lingue. Poi, quasi a volerlo distrarre, gli carezzò il ventre scendendo verso la sua erezione ormai risvegliata.
    La sfiorò lentamente più volte, dalla base fino alla punta, stringendo ad ogni passaggio la presa, fino a chiuderla in un pugno.
    Mosse la mano con decisione e, spingendo appena il bacino verso l’alto, cercò di capire come stesse il suo amante. Lo sentiva gemere piano ma i suoi muscoli, quelli attorno al suo membro, erano tesi e ardenti e gli stavano donando un piacevole dolore; ma non gli importava il suo piacere bensì quello di Arthur e, imponendosi ancora l’immobilità - era difficile trattenersi dal non affondare in quel corpo così caldo -, continuò a masturbarlo con energia, donandogli altri baci per rassicurarlo.
    Hn... muoviti...”, borbottò l’inglese poco dopo, spingendosi verso la mano ed emettendo un basso lamento quando, nel movimento, fece affondare ancor di più l’eccitazione in sé. Era a causa di quella posizione, molto più profonda di altre, che sentiva l’erezione della Nazione Francese totalmente dentro di sé, pulsare e riempirlo. In fin dei conti, non era un dolore così insopportabile... era semplicemente un fastidio che, con i movimenti, sarebbe passato per lasciar spazio a ben altro. Del resto , non era la sua prima volta e sapeva benissimo come funzionavano quelle cose.
    Ti fa male...
    “ Mi passa subito, stupid frog!”, esclamò irritato. “ Non sono mica così delicato!”
    “ Per me sì... se fosse per me ti carezzerei solo con una rosa...”, nonostante quelle parole - sicuramente veritiere, conoscendo Francia - diede una prima, leggera, spinta con il bacino per assecondare Inghilterra.
    Non voleva farlo arrabbiare, non si sarebbe goduto il momento e quella, insieme al ferirlo, era l’ultima cosa che desiderava Francis.
    Lo sentì irrigidirsi e stringere più forte le mani sulle sue spalle poi, Arthur, unendo le loro labbra in un lungo e passionale bacio, iniziò a sua volta a muoversi con lui, lasciando che il membro del francese affondasse in lui fino in fondo, colpendo l’unico punto che poteva fargli provare veramente piacere, aggiungendosi a quello che già provava grazie alla masturbazione.
    Dapprima sembrò essere solo un’ombra, una piccola fiammella che iniziò a riscaldarlo per poi, affondo dopo affondo, ingigantirsi sempre più, diventando un falò ardente che lo stava facendo bruciare, raggiungendo un ritmo costante di spinte che lo fece quasi inarcare e gemere.
    Ancora, labbra contro labbra, soffocarono gli ansiti ed i mugugni che emettevano; le mani andavano a carezzare quanta più pelle potevano, scivolando a causa del sudore che imperlava i loro corpi.
    Si stavano avvicinando all’apice di quel rapporto, spinta dopo spinta e, solo quando Francis sfiorò le gambe tese di Arthur per lo sforzo, decise di allontanarsi per il bene dell’inglese - almeno dall’ottica della Nazione Francese.
    Quella non era una posizione comoda poiché era Inghilterra a fare tutto e ad affaticare le gambe tenendole piegate e Francia non voleva che si facesse male. Era una motivazione nobile e seria per lui e sperava che anche l’altro avrebbe compreso la sua decisione.
    " Ah... A-arthur...", cercò di fermarlo, nonostante il piacere che provava, ma l'inglese gli tappò ancora la bocca con un bacio, portando una sua mano tra le gambe per masturbarsi da solo visto che l'altro si era bloccato.
    Arthur era troppo preso da quei movimenti per pensare ad altro - certo, i muscoli gli facevano male, ma era più il piacere che stava raggiungendo ad interessargli.
    Notando questo però, Francia, agì fermandogli il polso. Poi, circondandolo con entrambe le braccia lo tenne stretto a sé, si alzò quel tanto che bastava per portarselo dietro nel movimento che ne seguì.
    " E-ehi! Che diamine stai... ahn... facendo?", esclamò Arthur, emettendo un gemito sorpreso per quell'inaspettato spostamento e, ancora confuso dal piacere, non riuscì a ribellarsi più di tanto, neanche quando la sua schiena affondò nei morbidi cuscini del divano con Francis sopra di lui.
    " Sei... più comodo ora?", domandò il francese, ansimando per lo sforzo con un tono apprensivo, carezzandogli le cosce come per donargli sollievo con un lieve massaggio.
    " Allontanati!", esclamò Inghilterra, cercando di spingerlo via, imbarazzato - anche se cercava di non darlo a vedere - dalla preoccupazione di Francia che, intuendo lo stato d'animo dell'amante, sorrise baciandolo ancora con delicatezza.
    " Solo il meglio per il mio Bruchetto Dorato~", mormorò carezzandogli con una mano la guancia.
    " Cazzo! Muoviti!", ribatté agitato l'inglese, cercando di sottrarsi a quelle dolcezze. Non erano indesiderate, anzi, gli facevano battere addirittura più forte il cuore, ed era proprio per quello che, agitato dall'idea che Francia potesse notarlo, si nascose dietro quell'atteggiamento aggressivo.
    La Nazione Francese ovviamente intuì il motivo di quella reazione e, ghignando, lo abbracciò con forza per coccolarlo e riprendere a muoversi, affondando nel corpo di Arthur.
    Lo avvertì prima fare forza per allontanarlo, arrossendo per la stretta, poi, gemendo, la ricambiò. Bastava poco, la giusta intimità e conoscenza, per eliminare ogni problema e godere di quel momento perfetto che avevano creato.
    Ripresero un ritmo serrato, baciandosi e stringendosi nel tentativo di restare sempre più vicini, quasi a voler eliminare Dover e Calais, volendo quasi unire le loro terre esattamente come i loro corpi e le loro labbra.
    Era un'utopia, ma mentre il piacere li avvolgeva e quel filo che li teneva legati da secoli si rinforzava, tutto sembrava più semplice e possibile: anche l'unione delle due terre.
    Ahn... tu est si beau...”, mormorò Francis, baciandolo dolcemente tra i gemiti, carezzandogli il viso con una mano mentre con l’altra scendeva tra i loro ventri sudati per riprendere a masturbarlo. Arthur imprecò, avvampando e tenendo gli occhi ben chiusi, assecondando sempre le spinte con il corpo.
    Il dolore era ben lontano e l’imbarazzo era andato scemando fino a fargli perdere ogni singola inibizione; si stava lasciando andare, stringendo forte il francese, graffiando e mordendo, rispondendo ai baci e ai movimenti che lo facevano inarcare per il piacere.
    L’oblio si stava avvicinando, accogliendoli nelle sue rassicuranti braccia, e tutto quello che li circondava era la perfezione. Non vi era niente di più bello di quello che stavano vivendo, niente di più intenso di quel calore che avvolgeva i loro corpi riempiendo i loro cuori che battevano insieme, veloci ed emozionati.
    L’abbraccio delle due Nazioni si fece possessivo e stretto, ricambiato da entrambe le parti e, mentre le labbra si cercavano ancora nonostante il fiato corto, quel filo che li teneva legati rinasceva brillando di nuova vita.
    Più forte di prima e sempre più difficile da distruggere.
    Si diceva che quello che ciò che non fosse in grado di uccidere finiva solo per rinforzare e loro avevano spesso rischiato di morire per mano dell'altro e di ‘uccidere’ quella loro strana relazione. Avevano fallito - fortunatamente - e il loro legame era diventato ancor più indistruttibile.
    Ansimarono i loro nomi, piano e senza vergogna, accompagnati da delle mute promesse e sommesse dichiarazioni d’affetto da parte del francese. L’atmosfera era calda ed intima e, con l’esplosione del loro orgasmo, divenne se possibile ancor più ardente, non di passione, bensì di affetto - che teneva vicini i loro cuori, facendoli ancora battere.
    Esausti restarono lì, stretti ancora per qualche istante, senza avere la forza di parlare ma trovando solo il coraggio di non volersi allontanare l’uno dall’altro.
    Pesi...”, commentò qualche istante dopo Inghilterra.
    Francia sorrise tristemente e, uscendo lentamente dal corpo dell’amante, cercò di alzarsi a malincuore senza pesare troppo sull’altro. Arthur, anche se gli aveva permesso di prendere almeno parzialmente il controllo mettendo da parte l’orgoglio, non avrebbe mai accettato ulteriori dolcezze.
    Lo conosceva bene anche se, ma fu sorpreso di trovare in lui una piccola e dolce eccezione, che smentì subito quanto aveva appena pensato: una mano, stretta sul suo braccio, che lo costrinse a distendersi ancora accanto a lui, sul divano.
    Ho freddo, guai a te se ti muovi.”, borbottò l’inglese, stringendo a sé il corpo di Francis, nascondendo il viso sicuramente rosso per aver detto una frase simile.
    Era una delle tante mezze verità che Arthur era solito creare. In quel momento aveva davvero freddo - l’aveva provato quando Francia si era allontanato da lui - ma si era dovuto dare, pronunciando quelle parole, un tono autoritario per mostrarsi forte e sicuro di sé.
    Lo aveva fatto per necessità, nascondendosi - come era solito fare - dietro le sue inutili maschere e sperò che il francese restasse davvero accanto a lui perché aveva sentito un brivido familiare - quello della perdita - e aveva inconsciamente teso la mano per fermarlo.
    Non voleva sentire ancora sulla sua pelle il gelo della solitudine... non in quel momento almeno, mentre il loro legame pareva essere così forte e indispensabile.
    Non prendo ordini da te.”, ribatté piacevolmente stupito il francese, ricambiando però l’abbraccio.
    “ Questo lo dici tu e se non la pianti, ti mordo.”, ringhiò la Nazione Inglese.
    Il suo tono era intriso di ulteriore imbarazzo e Francia preferì evitare di stuzzicarlo oltre - l’avrebbe fatto con piacere, certo, ma non voleva spezzare la perfezione di quel momento - e, carezzandogli la schiena, restò in silenzio.
    Il loro rapporto era proprio quello.
    Era fatto da migliaia di frasi non dette, mezze verità ed immense menzogne create per proteggersi dalla realtà che pareva troppo difficile da poter affrontare. Arthur non parlava e, forse, non sarebbe mai stato pronto ad ammettere quali fossero realmente le sue debolezze e necessità in modo aperto e chiaro, mentre Francis aveva così tante cose da dire che, per non perdere l’inglese, preferiva dirne solo la metà.
    Ma quello non risultò essere un problema... avevano ancora molto tempo a loro disposizione.
    Erano immortali, eterni come la Nazione che rappresentavano e, anche se quel momento era così perfetto da far desiderare ad entrambi di fermare il tempo, i due erano ben consapevoli che, anche se di lì a qualche ora avrebbero di nuovo iniziato a litigare, quel legame - quell’abbraccio nel quale erano stretti - sarebbe durato per sempre.


    Edited by p r i n c e s s KURENAI ~ - 10/12/2010, 12:18
     
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  2. 'kai vargas;
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    Per qualche assurda ragione, l'ultima frase mi ha quasi fatto piangere. Sarà forse colpa del fatto che esprime l'essenza di questo pairing, oppure sono io che, da un momento all'altro, sono diventata così sensibile.
    Però non ho potuto evitare di commuovermi dopo aver letto questo capitolo, perchè è, in una parola, l'amore. E' amore, perchè è questo che lega Arthur e Francis, anche se magari l'inglese, nei suoi ostinati e disperati tentativi di mantenere eretta la barriera fra sè e il resto del mondo, non vuole ammetterlo.
    E' amore, perchè la Francia è il Paese dell'amore e non può fare a meno di avvolgere col calore di questo piacevole sentimento chi gli si avvicina quel tanto che basta da fargli battere il cuore. E Arthur glielo fa martellare, il cuore, non solo mentre il loro rapporto raggiunge l'apice dell'unione, ma in ogni momento, con i suoi modi da teppistello, con le sue guance che si tingono di rosso, con i suoi tentativi penosi di nascondere l'imbarazzo e mantenere il controllo della situazione, con la sua freddezza e il suo distacco talvolta esasperanti.
    E non sono sicura di riuscire ad esprimere bene il merito che ti rendo per riuscire a descrivere così maledettamente bene, come se lo vivessi tu il loro rapporto, dando l'impressione a me di osservare il tutto dall'esterno, i loro sentimenti, le loro reazioni, rispettando con cura minuziosa quelli che sono i loro caratteri contrastanti.
    Dopo secoli su secoli di guerra, amore, litigi stupidi, brevi lontananze seguite da rapidi ravvicinamenti perchè l'assenza dell'altro è insopportabile, queste due Nazioni, anzi, questi due uomini hanno sviluppato un legame unico e indissolubile, che non può essere sciolto dal rancore per la Guerra d'Indipendenza, o per l'uccisione di Jeanne d'Arc, o per un qualsiasi fattore esterno che non dipenda direttamente da loro.
    Mi chiedo come tu faccia a scrivere innumerevoli scene lemon completamente diverse tra loro, senza rischiare di ripeterti o risultare scontata, o addirittura, squallida o volgare. Davvero, ancora una volta, mi rendo conto di quanto tu sia brava e non posso fare a meno di ringraziarti per le emozioni che sei in grado di regalare semplicemente scrivendo.
    Un'ultima cosa: essendo questa una trilogia, si suppone che ci sia un terzo capitolo, perciò, se è così, lo aspetterò con ansia per commentare ancora una volta uno dei tuoi capolavori.
    Kairi<3
     
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  3. Nea-chan
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    Ah, finalmente una FrUk scritta come Dio comanda!
    Questo secondo capitolo, insieme al primo, è un bellissimo tributo a Francia e Inghilterra e il loro difficile e problematico rapporto. <3
    Mi sarà difficile scrivere una recensione, date la meravigliosa complessità e la ricchezza dei vari sentimenti espressi nei primi due capitoli, ma farò del mio meglio.
    Dunque...innanzitutto Francia e Inghilterra sono terribilmente, dannatamente e magnificamente IC.
    In questa storia non c'è alcun spazio alla comicità, alla demenzialità, alle risate, alle battute e alle varie situazioni buffe tipiche della serie originale.
    Anzi, tutto questo stonerebbe alla grande per il contesto e la situazione che hai scelto di raccontare.
    Nella tua storia non si parla di due Nazioni che si punzecchiano, si fanno a dispetti a vicenda e danno vità a delle simpatiche scaramucce infantili.
    Si parla di due uomini, di due Nazioni hanno vissuto e condiviso...praticamente tutto!
    Sopratutto i momenti più duri e tragici della loro esistenza.
    Del resto, quando si parla di quei due, è inevitabile fare dei riferimenti anche all'unica guerra più lunga della storia: la famosa Guerra dei Cent'Anni.
    Nessun'altra nazione sarebbe capace di combattere con un'altra per un lasso di tempo così lungo.
    Tranne Francia ed Inghilterra.
    Nessun'altra nazione avrebbe la forza di coltivare un legame che a prima vista può sembrare deleterio, ma che in realtà si tratta di un qualcosa di molto più profondo e di certo non facile da descrivere.
    Tranne Francia ed Inghilterra.
    Solo i due possono avere quel tipo di legame che trascende ogni ragionevole comprensione.
    E ogni definizione possibile ed inimmaginabile.
    E' ovvio che, in questo frangente, è praticamente impossibile rifarsi al mondo di Hetalia.
    Ch ti accusa di non farlo, è solo un emerito cretino che non ha capito niente di niente.
    Le tue intenzioni di attenerti a un clima più serio e talvolta drammatico erano più che oneste e chiare e certa gente non vuole capire sono solo affaracci suoi. U_U
    Critiche a parte, voglio complimentarmi per il modo con cui hai narrato l'erotismo tra le due Nazioni.
    Non è uno sfoggio reciproco dell'ars amatoria, non è una gara a chi dei due riesce a più sbavare le bimbeminchia.
    No, è...per dirla alla Francis, un'unione di anima e corpo.
    Un'unione guidata dal cuore e dalla voglia di amare la persona amata con tutte se stessa.
    Non mi stancherò mai di ribadire che tu sei veramente una maestra dell'erotismo.
    No, non esagero.
    Come giustamente ha detto Kai, non è da tutti saper scrivere nuove scene erotiche senza essere ripetitivi o banali.
    Sei stata anche capace di descrivere, nel primo capitolo di questa trilogia, l'uso del bondage e quant'altro con gusto e con gusto, sena scadere nella volgarità fine a se stessa.
    Pur non essendo molto attratta da un'erotismo fatto di frustini e telecamere, hai saputo parlare anche di questi tipi di giochi erotici in maniera sublime e magistrale.
    Stavolta non mi voglio limitare con i complimenti.
    Con questa secondo capitolo (e il primo che ho recensito un pò di tempo su EFP), ti sei guadagnata la mia stima.
    Dico sul serio.
    Non solo come lettrice, ma anche come persona.
    Sei stata così audace e così straordinaria che riempirti di complimenti è solo un piccolo eufenismo.
    Sei stata veramente eccezionale.
    Lo penso davvero.
    Con questo, concludo la mia lunga recensione.
    Per ora è tutto.

    Alla prossima! <3


    Nea-chan

    Edited by Nea-chan - 13/2/2011, 14:38
     
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2 replies since 9/7/2010, 10:36   317 views
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