2. Toy

NC-17 | Vietnam/America

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    ~ The Huntress Princess
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    Titolo: Insanity
    Titolo del Capitolo: Toy
    Fandom: Axis Power Hetalia
    Personaggi: America (Alfred F. Jones), Vietnam
    Genere: Introspettivo, Drammatico
    Rating: Rosso
    Avvertimenti: Non per Stomaci Delicati, Splatter, Rape, OneShot, What If? (E se...), Alternative Universe (AU)
    Conteggio Parole: 945 (Contaparole @ Criticoni)
    Note: 1. Scritta per colpa di Princess Mayu Vampir che sta alimentando la mia vena violenta, in ogni caso è la mia prima fic di questo genere e mi sono sforzata per renderla il più perfetta possibile. Spero di esserci riuscita.
    2. La fic tratterà argomenti delicati. Siete avvertiti.
    3. Ambientata nella Guerra del Vietnam, ho messo gli avvertimenti What If? (E se...) e Alternative Universe (AU) perché, nonostante siano dei fatti realmente accaduti, si distaccano parecchio dall’ottica di Hetalia, nonostante ciò, personaggi come America e Vietnam manterranno il loro nome di nazione.
    4. Per quanto riguarda il personaggio di Vietnam lei è un mio OC e la sua caratterizzazione è stata ideata proprio per questa fic, se volete usarlo chiedetermi il permesso, perché se leggo una fic con questo suo carattere non esisterò a contattare gli amministratori.

    { Insanity ~
    2. Toy


    " Rigiro il consiglio a te, America.", soffiò delicatamente Vietnam al suo orecchio. " Non urlare se vuoi vivere."
    L'aveva detto con una sadica e malata dolcezza che fece tremare inconsciamente l'americano, facendogli dimenticare per qualche secondo del dolore che gli percorreva l'intero corpo, partendo dall'indice. Boccheggiò, cercando di riprendere fiato e di assumere quanto meno una parvenza di controllo, che sembrava fin troppo lontana da raggiungere - non era stupido e sapeva benissimo che le dita erano tra i più attivi centri nervosi del corpo: calmarsi era quasi impossibile in quelle condizioni - e, quel seppur vano tentativo si concluse con un fallimento quando un secondo ago penetrò nel pollice della mano destra.
    Gridò. La voce abbandonò da sola la sua bocca, e un divertito: " Ops...", da parte della vietnamita lo scosse più di altri mille spilli. L'aveva detto: non doveva urlare e in quel momento andava incontro alla punizione che sicuramente era spettata anche ai suoi compagni.
    " Ti avevo avvertito, piccolo America.", un tono fintamente dispiaciuto si insinuò nelle orecchie del giovane che, nonostante il dolore, riuscì a rispondere con non poca fatica.
    " T-tu... s-sei pazza...", ansimò, mordendosi le labbra a sangue pur di non urlare più: non le avrebbe dato più modo di umiliarlo. Sapeva che l'avrebbe torturato anche se non gridava, sarebbe stato un giocattolino piuttosto interessante - resistente come pochi tra la disubbidienza e l'ubbidienza - nelle mani di una bambina che, annoiata, l'avrebbe sfruttato fino a romperlo.
    " Chi è il pazzo?", domandò Vietnam con voce stranamente seria, mentre con le sue gelide mani apriva la divisa militare dell'americano, per poi donargli una lenta carezza sul petto ormai nudo. " Colui che difende il proprio Paese o colui che manda a morire dei compagni per una guerra non sua?"
    America non riuscì a replicare, le avrebbe volentieri gridato la sua risposta - un sicuro: " Io sono l'eroe e devo aiutare i più deboli!" - ma la sua voce venne smorzata da l'urlo che si era ripromesso di non emettere quando un tubo ardente si posò con velocità e forza quasi all'altezza del cuore. Tanto inaspettato quanto doloroso.
    Un inquietante odore di pelle bruciata - la sua pelle - gli raggiunse il naso e un forte senso di nausea lo scosse tra le piaghe che già colpivano il suo corpo.
    " Hai urlato ancora.", constatò Vietnam con tono tranquillo, allontanando lentamente il tubo, per poi posare le fredde dita sui segni lasciati dalla bruciatura, regalandogli una leggera carezza quasi piacevole se non fosse stato per la ferita; ma anche quella dolcezza scomparve, quando le lunghe unghie della donna andarono a penetrare nella pelle già sporca di sangue, slabbrando la ferita e facendo sussultare ancora America.
    Emise solo un lieve lamento, soffocato dalle labbra chiuse in un disperato tentativo di salvare la vita, ma faceva male: più di qualsiasi altra ferita che aveva riportato nelle guerre che aveva combattuto. Forse per via dell’atroce morte dei suoi compagni ancora vivida nelle sue orecchie, forse per la chiara e frustrante sconfitta alla quale stava andando incontro o forse, addirittura, era perché le ferite erano inferte direttamente sulla sua pelle e non erano il risultato indiretto di un attacco sulle sue terre.
    " Vedo che hai capito come funziona.", commentò fintamente ammirata Vietnam. " Ma preferisco verificare."
    La donna si allontanò per qualche istante, donando all'americano un attimo per riprendere fiato ma, non appena socchiuse le labbra per lasciar uscire l’aria, sul suo collo scoperto andò a posarsi ancora quello stesso tubo ardente di poco prima, e un'agghiacciante urlo si levò in quel luogo, lasciandolo a boccheggiare con le prime lacrime che combattevano per abbandonare gli occhi bendati.
    " America, America...", sospirò la vietnamita con tono deluso. " Non ci siamo ancora.", aggiunse mentre un sinistro rumore metallico e il calore di un braciere si facevano sensibilmente più vicini. “ Ma imparerai. Se vuoi vivere imparerai di certo.


    Ancora una volta il tempo passato in quel luogo gli era parso quasi infinito e, nonostante i suoi propositi, aveva urlato. Tanto, troppo, fino a seccarsi la gola.
    Grida di dolore avevano impregnato quel luogo a lui ancora sconosciuto ogni volta che dei tizzoni ardenti venivano posati e premuti sulle sue spalle, sul petto e sul ventre. Ogni volta che i suoi piedi venivano costretti sulla cenere e quando aghi e spilli, venivano infilati nei nervi con cinica precisione.
    Vietnam non aveva più parlato, ma era lei ad occuparsi di America e, lui, sapeva benissimo che la donna aveva goduto nel vederlo quasi piangere da sotto la benda che celava i suoi occhi. E, quando ormai la tortura di quel giorno sembrava finita, la vietnamita si fece sentire ancora con tono dolce e suadente, come la carezza che sfiorò il viso dell’uomo.
    Povero piccolo America.”, mormorò. “ Ti fa male la gola vero?”
    Un ansito sfuggì dalle labbra della Nazione ma non rispose alla provocazione, un po’ perché mancanza di voce e un po’ per un ultimo rimasuglio d’orgoglio che sempre l’avrebbe caratterizzato.
    “ Dai. Bevi.”, un qualcosa di fresco, forse di vetro, si posò sulle labbra dell’americano che, non fidandosi, tirò indietro il capo. Non avrebbe bevuto, non voleva alcuna pietà.
    “ Bevi o ti faccio un buco in gola e ti costringo.”, un qualcosa di appuntito, sicuramente un coltello, andò a premere contro il collo teso di America, ferendolo leggermente.
    L’uomo sospirò ancora e, aggrappandosi ancora alla vita, socchiuse la bocca permettendo alla donna di farlo bere. Poteva essere acqua sporca o anche urina, ma voleva vivere, rimase quindi stupito nel sentire la dissetante freschezza dell’acqua pura rinfrescargli la gola.
    “ Bravo.”, si complimentò Vietnam. “ Ora... possiamo riprendere.


    Edited by p r i n c e s s KURENAI ~ - 10/12/2010, 12:22
     
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