Posts written by #Michelle

  1. .
    Titolo: The Long Way Home
    Titolo del Capitolo: XIV. His Choice
    Fandom: The Hobbit
    Personaggi: Bilbo Baggins, Fìlì, Kìli, Thorin Oakenshield
    Genere: Introspettivo
    Rating: Verde
    Avvertimenti: Slash, What if? (E se…)
    Conteggio Parole: 2220
    Note: 1. Ambientata alla fine del libro Lo Hobbit, dopo la Battaglia dei Cinque Eserciti.
    2. Aggiornamenti settimanali<3 ogni mercoledì vedrà la luce il nuovo capitolo!
    3. Ormai ci siamo! Ultimi capitoli!<3
    4. Non betata BWAH!



    zHjDsPY



    Bilbo non poté negare di trovare piacevole vedere Casa Baggins di nuovo gremita di Nani. Per lui era stato il minimo voler ospitare almeno per la notte quelle famiglie che avevano scelto di tornare ad Erebor e si adoperò per far sentire tutti a loro agio.
    Con quel gesto era certo di essersi guadagnato altre definizioni poco carine da parte degli Hobbit suoi vicini, ma davanti ai sorrisi di Fìli e Kìli, ed ai sinceri complimenti di Dìs davanti all'arredo e altri preziosi cimeli, decise di non volerci pensare.
    Quella era una sera di festa, e come tale doveva festeggiare... anche se il giorno dopo tutto sarebbe finito, cosa che Bilbo cercò di ignorare il più a lungo possibile mentre si dirigevano verso la festa.
    Ovviamente i Nani furono ben felici di unirsi ai banchetti ed alle danze quella sera, e gli Hobbit, nonostante tutto, non ebbero la faccia di cacciarli via - era tutta gente rispettabile in fondo.
    Al contrario invece, i bambini trovarono piacevole e curiosa la presenza di quegli stranieri e soprattutto quella di Bilbo, l'Eroico Hobbit che aveva lasciato la Contea per vivere un'avventura.
    Agli occhi dei più piccoli era una sorta di esempio, e come tale cercavano di imitarlo e di ottenere le sue attenzioni, che Bilbo non era in grado di negare a nessuno di loro.
    Perché i bambini non avevano ancora la malizia dei genitori e non parlavano alle sue spalle... ma più di tutto, lui si trovava bene insieme ai più piccoli.
    Adorava raccontare storie e vedere quei visetti stupiti ed attenti, e dopo la sua avventura beh... poteva raccontare loro degli avvenimenti reali e non qualcosa che aveva letto sui suoi preziosi libri.
    Quella sera, neanche a dirlo, trovò man forte in Fìli e Kìli che si lanciarono con lui nel racconto - spesso esagerato - delle avventure che avevano vissuto.
    " Non avevamo mai sentito dei tuoni così potenti da far tremare la terra sotto i nostri piedi... erano così assordanti che per comunicare tra di noi dovevamo addirittura urlare.", raccontò Bilbo, osservando i bambini seduti attorno a lui.
    " Oh sì!", assentì Kìli. " Così forti che... BUM!", si tappò le orecchie facendo sussultare i più piccoli. " Vi sareste dovuti mettere le mani sulle orecchie per non rimanere sordi!"
    " Credevamo tutti fosse un semplice temporale ed eravamo più preoccupati per lo stretto sentiero che dovevamo percorrere.", continuò Bilbo. " Il buon Bombur, il Nano più possente che abbia mai visto, rischiò più volte di cadere, ed io stesso ho temuto di perdere la vita in quel terreno scivoloso e cedevole."
    Un leggero 'ohh' abbandonò le labbra dei bambini e Fìli, con tono misterioso, continuò a raccontare.
    " Dovevamo trovare al più presto un riparo, perché eravamo tutti certi che quel temporale non ci avrebbe risparmiati... soprattutto quando ci scontrammo contro delle vere e proprie leggende."
    " Cosa? Quali leggende?", domandò un bambino curioso.
    " Giganti. Dei giganti di pietra.", rispose Bilbo. " Che si davano battaglia sotto quell'incessante pioggia..."
    " Erano immensi! Grandi come una montagna, così forti da poter staccare con le loro possenti mani interi pezzi di roccia e lanciarseli l'uno contro l'altro... ed erano quelli i tuoni che avvertivamo.", aggiunse Kìli.
    " Sapevamo di doverci mettere subito in marcia e superare quell'epica battaglia, ma la grazia dei Valar sembrava non volerci assistere.", narrò lo Hobbit.
    " La terra infatti tremò ancora sotto i nostri piedi.", proseguì il maggiore. " Un altro gigante, enorme come i suoi nemici, iniziò a destarsi costringendoci contro le pareti."
    " Si alzò lentamente, facendo crollare ad ogni suo movimento dei pezzi della montagna che sembrava friabile come la terra.", riprese Bilbo.
    " Con terrore ci ritroviamo separati in due gruppi mentre il sentiero si apriva sotto i nostri piedi. Il gigante si ergeva in tutta la sua terrificante maestosità e noi, poveri e sventurati viaggiatori, ci ritrovammo ancora una volta in serio pericolo."
    " Tentai di afferrare la mano di Kìli quando mi resi conto dell'imminente separazione... ma era troppo tardi.", dichiarò Fìli grave, ghignando poi nel vedere i visi spaventati dei più piccoli.
    " Non stavamo più assistendo ad una battaglia. Il risveglio di quel gigante ci costrinse a viverla in prima persona,subendo ogni colpo e movimento che ci sballottava da una parte all'altra.", riprese Bilbo. " Eravamo tutti in pericolo, impotenti contro quella furia, ed avevamo ben poche possibilità di sopravvivenza. Potevamo finire nel vuoto del burrone o schiacciati contro la parete della montagna."
    " Solo l'esito della battaglia poteva decretare la nostra sopravvivenza e mentre parte del gruppo correva sul bordo del sentiero... gli altri si stringevano l'un l'altro per non cadere davanti ai movimenti del gigante.", aggiunse Fìli.
    " Speravamo cessassero di combattere pacificamente... ma era ormai chiaro che solo la distruzione li avrebbe potuti arrestare. E con il lancio di un enorme roccia, che colpì il capo del gigante che trasportava Fìli e Bilbo, quell'essere titanico perse letteralmente la testa.", esclamò Kìli, facendo ancora sussultare i piccoli Hobbit.
    " Senza forze, il mostro di pietra barcollò, pronto a cadere privo di vita.", continuò Bilbo. " Ed in quell'inesorabile movimento ci trovammo faccia a faccia contro la parete della montagna fino a quando..."
    Fìli emise un rumore di scontro con la bocca, battendo insieme le mani e strappando un urletto ad alcuni.
    " Ci schiantammo contro la montagna!", dichiarò il Nano, lasciando che fosse poi Bilbo a raccontare come erano sopravvissuti, mentre Thorin - poco lontano - aveva osservato quella scena senza avere il coraggio di chiamare a sé lo Hobbit per parlare con lui.
    Era rimasto incantato davanti a quel piccolo spettacolo ed ai suoi occhi Bilbo appariva così a suo agio con quei bambini. Era felice ed appassionato mentre raccontava quelle storie, tant'è che il Nano non faticò ad immaginarlo nelle vesti di un buon genitore.
    Magari seduto davanti al focolare della sua casa, con uno o due bambini intenti ad ascoltare le sue storie. Li vedeva pendere letteralmente dalle sue labbra e Bilbo sorridere come in quel momento, mentre accoglieva tra le sue braccia uno degli Hobbit più piccoli scoppiato a piangere per le parole di Fìli e Kìli - che si erano messi a descrivere i Goblin.
    Non riuscì a trattenersi dal sorridere triste davanti a quell’immagine, ritrovandosi poi a pensare che la sua idea non era poi così assurda. A Thorin bastava voltarsi per vedere famiglie più che numerose, tipiche di quella razza, passeggiare e godersi quella festa e Bilbo forse non era poi così diverso dai suoi compaesani. Tuttavia erano delle cose che Thorin, sfortunatamente, non gli avrebbe mai potuto dare.
    Poteva dargli oro e gioielli. Ricchezza e fama, poteva anche fare in modo che regnasse accanto a lui ad Erebor.
    Poteva dargli qualsiasi cosa desiderasse... ma non una vera e propria famiglia.
    Sarebbe mai riuscito Bilbo a rinunciare a quella 'normalità'?
    Sarebbe mai stato per davvero felice con lui?
    Scacciò quei pensieri scuotendo il capo, emettendo un basso sbuffo. Doveva smettere di pensare e farsi tutte quelle domande che avrebbero trovato una risposta solo quando avrebbe trovato il momento adatto per parlare con lo Hobbit... e quella sera era l’unica occasione che aveva a disposizione.



    Thorin attese paziente che la festa giungesse a termine e che la sua gente si incamminasse con l'animo più leggero - e lo stomaco decisamente più pesante - verso Casa Baggins per tentare di avvicinarsi a Bilbo.
    Lo osservò da lontano - era sempre accompagnato da Fìli e Kìli - prima di avvicinarsi con passo spedito.
    " Mastro Baggins?", lo chiamò cercando di dare alla sua voce un tono fiero.
    Lo Hobbit, che apparve stupito dal suo richiamo, si voltò lentamente.
    " S-sì?"
    Thorin, nell'incrociare i suoi occhi, si dimenticò il suo discorso per qualche istante.
    " Mi... chiedevo se posso..."
    Che doveva dire?
    " Penso che Thorin voglia fare un'ultima passeggiata e che ti voglia come guida, Bilbo.", lo aiutò Fìli con un sorriso.
    " Esatto.", rispose il Nano, anche se non rientrava assolutamente nei suoi piani.
    " L'ultima volta si è perso in fondo.", aggiunse Kìli.
    " Io... va bene...", annuì lo Hobbit, incapace di rifiutare.
    Era ancora ben deciso a dimenticare Thorin ma... doveva porgergli le sue scuse ed inoltre desiderava per davvero stare ancora un po' di tempo con lui.
    " Ti ringrazio.", rispose il Nano e, lasciando che fossero i due fratelli ad accompagnare gli altri a Casa Baggins, Thorin e Bilbo presero un'altra strada.
    Rimasero in silenzio inizialmente, ascoltando il rumore dei loro passi e i versi dei grilli che si nascondevano nelle aiuole delle piccole case Hobbit.
    Il discorso che il Nano si era preparato era ormai andato perso davanti all'agitazione e all'importanza di quel momento ed altrettanto teso, Bilbo cercò di rompere quel silenzio - non sapeva che dirgli in realtà, né come giungere all'argomento che desiderava... poteva solo parlare di futilità.
    " La Contea durante le notti d'estate è bellissima.", commentò infatti, prendendo la strada che gli avrebbe fatto aggirare la collina che accoglieva la sua dimora - era la strada lunga, non quella diretta.
    " Sì.", assentì Thorin senza però troppa convinzione, lasciando che fosse lo Hobbit a gestire inizialmente la loro chiacchierata.
    " Da... bambino la notte scappavo spesso di casa per cercare gli Elfi ma alla fine trovavo solo delle luminosissime lucciole.", ammise Bilbo, trovandosi più a suo agio in quell'argomento a lui famigliare. " Anche se a ben pensarci era una stupidata: gli Elfi non si spingono verso la Contea.", aggiunse sorridendo timidamente.
    " Dovevi essere un bambino molto curioso.", commentò il Nano. " Frerin, mio fratello, lo era. Lui non si accontentava dei racconti della biblioteca di Erebor. Voleva scoprire il mondo, mentre io e Dìs eravamo più legati alla nostra dimora.", raccontò, trovandosi a sua volta più tranquillo in quell'argomento.
    " Nessun posto è come la propria casa..."
    " Esattamente.", annuì Thorin senza però aggiungere altro, lasciando che calasse di nuovo il silenzio.
    Camminarono ancora, pensando entrambi a cosa poter dire per giungere all'argomento desiderato, senza però troppi risultati.
    Era una situazione snervante che, come ben sapevano, non li avrebbe portati da nessuna parte se non si fossero decisi a prenderla in pugno... cosa che, ironicamente, tentò di fare Bilbo sbottando un: " Ti devo chiedere scusa.", che lasciò Thorin alquanto stupito.
    " Perché?"
    " Per il mio comportamento nella dimora di tua sorella. Ho parlato a sproposito ed ho detto delle cose ingiuste."
    " In realtà dovrei essere io a scusarmi. Ho usato delle parole inappropriate.", rispose il Nano, trovando grazie all'iniziativa di Bilbo un po' di coraggio. " Non intendevo definirti indegno di portare quegli indumenti... e mi dispiace aver assunto quell'atteggiamento nei vuoi confronti."
    Lo Hobbit non rispose, lasciando che quelle scuse scivolassero fin dentro il suo cuore, riscaldandolo.
    " Avevi ogni diritto per cacciare me e la mia gente, ma ancora una volta la tua dimora ci ha accolto, e non posso che essertene grato."
    " Non potevo lasciarvi andare...", sussurrò timidamente Bilbo, imboccando lento la strada che lo avrebbe portato a casa.
    " Il tuo animo buono e gentile mi ha ancora una volta sorpreso.", continuò Thorin. " Per questo motivo ho deciso di riaprire le porte di Erebor per te."
    Lo aveva detto. Ci era riuscito!, esultò internamente il Nano, sollevato per essere riuscito a pronunciare quelle parole.
    " Stai... parlando dell'esilio?", domandò lo Hobbit stupito.
    " Esattamente. La tua casa si è dimostrata ancora una volta aperta per noi e... ed è il minimo che possa fare per... ripagarti."
    Farmi perdonare, si corresse internamente il Nano, dandosi dello stupido per non aver trovato delle parole più adatte.
    Bilbo lo fissò stupito, fermandosi come per non far fuggire quelle parole.
    Non si aspettava una simile dichiarazione e tra lo stupore e la felicità, non riuscì tuttavia a bloccare anche un pizzico di scetticismo.
    " Alla fine, Fìli e Kìli hanno vinto.", commentò infatti, perché Thorin si era dimostrato sempre ben deciso a negargli l'accesso ad Erebor e solo i due giovani Nani si erano battuti per fargli cambiare idea.
    " Tengono tantissimo a te.", ammise l'altro, continuando poi con un: " Ed io...", che venne però bloccato da Bilbo.
    " Ti ringrazio, Thorin.", tagliò corto lo Hobbit. " Sono lieto che tu abbia scelto di ascoltare le richieste dei tuoi nipoti. Sono certo che un giorno tornerò per rivedere la Montagna Solitaria."
    " Desideriamo chiederti di proseguire il viaggio con noi.", sbottò prontamente il Nano, sperando di convincerlo almeno in quel modo.
    Bilbo abbassò il capo ancor più stupito da quella richiesta che, alle sue orecchie, suonò come un desiderio solo di Fìli e Kìli e non un volere di Thorin.
    Forse, si disse, era stato costretto da Dìs e lui, per quanto volesse davvero continuare il viaggio... si sentì quasi in dovere di rifiutare.
    Thorin non voleva la sua presenza, ne era certo. Lo aveva dimostrato più volte anche se gli aveva chiesto perdono per il suo atteggiamento.
    " Temo... di dover declinare l'invito.", rispose piano, e subito Thorin, nonostante tutto, si ritrovò a controbattere. Si era detto che avrebbe accettato la scelta di Bilbo, ma non voleva per davvero demordere... non arrivati a quel punto.
    " Sarebbe un piacere percorrere la strada per Erebor in tua compagnia.", insistette cercandone gli occhi nella speranza di scorgere la sua stessa necessità.
    " Ho fatto la mia scelta.", rispose lo Hobbit tentando di evitarne lo sguardo - avrebbe accettato di partire e non era quello che il Nano voleva per davvero... ne era certo. " Ti auguro una buona notte, Thorin. Spero possiate fare un viaggio di ritorno privo di pericoli.", aggiunse impedendogli di parlare e riprendendo a camminare velocemente verso Casa Baggins.
    Non sapeva se la sua era stata la scelta migliore, ma di certo in quel mondo avrebbe sofferto i meno... o almeno credeva.








    Edited by p r i n c e s s KURENAI ~ - 22/5/2013, 00:17
  2. .
    Titolo: The Long Way Home
    Titolo del Capitolo: XIII. Thadulurel
    Fandom: The Hobbit
    Personaggi: Bilbo Baggins, Fìlì, Kìli, Thorin Oakenshield, Dìs
    Genere: Introspettivo
    Rating: Verde
    Avvertimenti: Slash, What if? (E se…)
    Conteggio Parole: 1900
    Note: 1. Ambientata alla fine del libro Lo Hobbit, dopo la Battaglia dei Cinque Eserciti.
    2. Aggiornamenti settimanali<3 ogni mercoledì vedrà la luce il nuovo capitolo!
    3. Ci siamo lentamente avvicinando alla fine... ç_ç
    4. Il titolo “Thadulurel” è una parola in khuzdul che, se avete seguito un’altra mia fic, non vi sarà ‘sconosciuta’. Significa “l’Unico tra tutti”. Come già sapete, nella mia headcanon i Nani si possono innamorare una sola volta nella vita e visto che in italiano non rendeva bene “l’uno” ho deciso di ‘inventare’ la parola per definire quel legame. La parola - come già detto - è realmente in Khuzdul, ma l’idea di utilizzarla per lo scopo di definire il legame è mia :3
    5. Non betata BWAH!



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    Dìs sapeva quanto fosse complicato per suo fratello riuscire ad aprirsi - perfino con lei che era sempre stata la persona più vicina ad un confidente che possedeva. Era orgoglioso e tremendamente testardo, ma anche timido e, per sua sfortuna, impreparato nell'affrontare quelle situazioni.
    Doveva essere stato semplice vivere a stretto contatto con lo Hobbit quando temevano entrambi di morire durante la riconquista della Montagna Solitaria. Nessuno dei due aveva qualcosa da perdere in fondo, ma in quel momento le cose erano più difficili e Thorin doveva fare i conti con la realtà di quella relazione che si stava distruggendo giorno dopo giorno.
    Parole sbagliate ed altre non dette, insieme al carattere del Nano, stavano per davvero mettendo a rischio un possibile ricongiungimento, ed anche se ormai mancavano poche ore all'alba - e all'arrivo di Bilbo nella sua abitazione -, Dìs decise ugualmente di pazientare e di attendere che fosse suo fratello a parlare.
    Lo avrebbe fatto - era arrivato al limite -, per quel motivo la Nana si permise semplicemente d passare le mani sui capelli dell'altro in una leggera e rilassante 'coccola', mentre Thorin, godendosi un po' impacciato quelle attenzioni, cercò di riordinare le idee.
    Cosa desiderava?, si chiese qualche attimo dopo, ottenendo come risposta solo un nome: Bilbo.
    Non voleva altro se non lo Hobbit.
    Non doveva neanche pensarci per saperlo, il problema era farlo capire anche all'altro senza rovinare tutto.
    " Dìs...", mormorò piano. " Non so che cosa fare...", ammise ancora.
    " Lo ami, devi solo farglielo capire."
    " Non è così semplice... l'ho ferito con il mio atteggiamento. Non so se potrà mai perdonarmi."
    " In effetti, non sei stato gentile con lui quando Fìli e Kìli gli hanno fatto indossare quell'abito.", ricordò la Nana.
    " Voleva... essere un complimento.", borbottò l'altro.
    " Ah sì?"
    " Non era Bilbo ad essere indegno... ma quegli abiti. Lui...", tentò di spiegare.
    " È perfetto così com'è.", completò per lui la Dìs, sorridendo dolcemente. " Sei proprio innamorato, nadadith."
    Thorin cercò di nascondere il rossore che andò colorargli il viso. Era così... palese?
    " E sei anche un incapace. Ma ti pare che si facciano così i complimenti?", continuò Dìs. " Dwalin è più capace di te, lasciatelo dire."
    " Dwalin?", ripeté il maggiore, dimenticando per un istante i suoi problemi, facendo scattare in sé il naturale istinto di protezione che lo caratterizzava.
    " Non cambiare discorso!", sbottò l'altra.
    " Non puoi dire una cosa simile per poi-ah!", Thorin emise un lamento di dolore quando Dìs - chiaramente imbarazzata, anche se non lo avrebbe mai ammesso - gli tirò i capelli, intimandogli di fare un po' di silenzio... senza ovviamente dare una spiegazione all'argomento 'Dwalin'.
    " Ora ascoltami.", riprese la Nana con più decisione. " Tu hai fatto tutto questo perché volevi che Bilbo avesse una vita migliore. Giusto?"
    " Esatto."
    " Ma gli hai impedito di scegliere. Quindi ora devi dargli quella possibilità. Ritira l'esilio. Sarà lui a decidere se vivere con te ad Erebor o restare nella Contea."
    Il Nano abbassò lo sguardo, ammettendo che si trattava per davvero dell'unica scelta possibile giunti a quel punto.
    " Thorin... sai che è la cosa giusta..."
    " Sì. Lo farò.", assentì cercando di dare una nota di decisione alla sua voce.
    Dìs sorrise, sollevata per quella risposta, sperando con tutto il cuore che suo fratello riuscisse ad essere davvero felice dopo tutto quel tempo.
    " Cerca di non rovinare tutto, mi raccomando.", aggiunse la Nana, invitandolo a distendersi accanto a lei.
    " Cercherò di non farlo.", assentì Thorin, accettando l'invito, dividendo il giaciglio con la sorella come quando erano bambini, concedendosi poi qualche attimo per perdersi nei suoi pensieri.
    Per il momento non poteva fare molto con Bilbo - avrebbe atteso l'indomani - ma poteva indagare su qualcos'altro.
    " Dìs...", mormorò Thorin, cercando il viso della sorella nell'oscurità. " Dovrei sapere qualcosa riguardo a Dwalin?"
    La Nana sbuffò, rigirandosi nella fine coperta come per rifiutare quella domanda.
    " Assolutamente no. Inoltre sono abbastanza grande, dovresti evitare le tue paranoie da fratello geloso."
    " Fratello... geloso?", ripeté il maggiore, incassando il colpo e trattenendosi dal farle presente che desiderava solamente proteggerla. Dìs si sarebbe ovviamente arrabbiata per una simile affermazione - non aveva bisogno di una guardia del corpo, lo sapevano entrambi -, inoltre avrebbe ricordato ad entrambi quanto era accaduto con il primo compagno della Nana.
    Erano passati molti anni dalla rottura di quel legame, e sua sorella non aveva mai accennato a voler cercare un nuovo compagno, questo perché la loro razza era in grado di innamorarsi solo una volta nella vita. Quel 'legame', quando veniva ricambiato da entrambe le parti, durava per sempre e la distanza - così come la morte o il rifiuto di quel rapporto - costringeva i Nani a spegnersi lentamente.
    Thorin stesso aveva iniziato a comprendere cosa significasse aver trovato il proprio ‘Thadulurel’ - la sua razza utilizzava quel termine per definire i loro legami -, e Bilbo era diventato la persona più importante della sua vita. Giunto a quel punto, il Nano era anche pronto ad accettare una lenta morte in solitudine se lo Hobbit avesse rifiutato la sua proposta.
    La sua fine era inevitabilmente segnata, al contrario di quanto era accaduto a Dìs. La sua unione con lo Hobbit non poteva essere spezzata come era accaduto con sua sorella, perché Vìli aveva distrutto con la sua violenza il vincolo del loro legame. Aveva tradito la sua razza e le promesse fatte, e per quel motivo Dìs era sopravvissuta.
    Bilbo, invece, non era soggetto a quelle leggi e Thorin non poteva smettere di amarlo, né desiderava spezzare il vincolo che lo legava a lui.
    " Dwalin è... un Nano valoroso e forte.", mormorò poco dopo il Nano, pensieroso.
    " Conosco il valore di Dwalin, fratello. Ma non ho ancora accettato la sua corte."
    " Ti... ti sta facendo la corte?", esclamò stupito, ricevendo in risposta una gomitata che lo fece borbottare irritato.
    " Abbassa. Quella. Maledetta. Voce.", sibilò Dìs per poi rispondere con un: " Sin da quando eravamo dei fanciulli, nadad. Possibile che tu non te ne sia mai accorto?", domandò, prendendo il successivo grugnito del maggiore come un 'no'. " Solo il mio matrimonio lo aveva fermato, ma mi è sempre rimasto vicino. Sono certa che il suo affetto sia sincero... temo addirittura che mi reputi la sua Thadulurel."
    " Tu potresti di nuovo..."
    " Potrei ricambiarlo. Certo. Anche se ovviamente non sarà mai come il mio primo legame, sarebbe impossibile."
    " E i ragazzi..."
    " Lo sanno già. Sei tu l'unico che non se ne è mai reso conto."
    Thorin sospirò. Era sempre stato così preso dalla sua gente, da Erebor e da tutto il resto, da non essersi neanche reso conto di cosa accadeva sotto il suo naso. In quel momento riuscì addirittura a convincersi che se Fìli e Kìli non avessero annunciato apertamente il loro legame, lui forse non si sarebbe neanche accorto della relazione tra i due.
    " Non te ne sto facendo una colpa.", riprese Dìs. " Hai sempre cercato di dare alla tua famiglia il meglio. Ora però devi pensare a te stesso: cosa è meglio per te?"
    Il Nano, come qualche minuto prima, non dovette neanche pensare alle sue priorità per rispondere con lo deciso: " Parlare con Bilbo."



    In tutta la sua vita Thorin non aveva mai sentito il bisogno di prepararsi un discorso - era un bravo oratore, si era sempre vantato di quella sua dote -, eppure non riuscì a fare a meno di passare ore ed ore a pensare a cosa dire - e soprattutto cosa non dire - allo Hobbit.
    Sentiva su di sé una certa fretta - il viaggio stava rapidamente giungendo al termine -, ma era ben deciso a non rovinare l'ultima occasione che gli era rimasta.
    Lo stesso Bilbo era stato colto da dei pensieri non dissimili, ritrovandosi però a guardare quelle ore come le ultime da passare insieme a Fìli e Kìli che, tristi tanto quanto lui, cercavano in ogni modo di mantenere alto il morale.
    Avevano volutamente tenuto fuori da ogni discorso ciò che era successo nelle Montagne Azzurre e, come avevano promesso, non avevano più tentato di far riavvicinare i Bilbo e Thorin. Parlavano, ridevano e scherzavano, ma era sempre più evidente la crescente tristezza che concludeva i loro discorsi con dei sorrisi amari.
    Tuttavia, quando si addentrarono ad Hobbiville - e quindi verso il termine del loro viaggio -, non poterono non notare l'aria di festa che sembrava animare il piccolo paese.
    “ Che succede?”, domandò curioso Kìli, appoggiando il mento sulla testa dello Hobbit che cavalcava con lui.
    " Gli Hobbit fanno spesso delle feste...", spiegò Bilbo, salutando timidamente con dei cenni i suoi compaesani stupiti dalla sua presenza con quei Nani - lo stavano giudicando, ma in quell’istante non voleva pensare a come sarebbero diventate le sue giornate da quel momento in poi.
    " Sembra divertente!", esclamò Kìli sorridendo apertamente agli altri Hobbit - che ricambiavano incerti se accettare o meno la presenza di quel folto gruppo di Nani.
    " Già... balli, canti, birra e cibo. Forse avranno anche conservato i fuochi d'artificio di Gandalf...", commentò Bilbo cercando di scherzare, ma la sua voce suonò talmente triste che i due non riuscirono a non sentirsi a loro volta smarriti.
    Era... davvero tutto finito? Casa Baggins era così vicina che presto avrebbero abbandonato il loro compagno e amico insieme al loro bruciante fallimento.
    " Bilbo...", esordì Fìli. " Potresti venire con noi."
    " Thorin non si opporrebbe.", aggiunse Kìli, dando subito manforte al fratello. " Siamo i Principi di Erebor. Gli eredi! La nostra parola varrà pur qualcosa..."
    " Non litigate con vostro zio. Non per me... non ne vale la pena.", rispose Bilbo. " Questa è casa mia e non la posso lasciare."
    " Ma..."
    " Promettetelo. Non dovete chiedere niente.", si impose lo Hobbit, ma il maggiore scosse il capo.
    " Mi dispiace, ma non possiamo prometterti niente.", ribatté Fìli e ancor prima che Bilbo potesse riprenderlo, si allontanò per raggiungere suo zio.
    Non poteva credere che stesse finendo tutto in quel modo e doveva fare un ultimo tentativo.
    " Thorin.", lo chiamò affiancandolo, attendendo che il Nano si voltasse per continuare a parlare. " Fermiamoci qui per la notte."
    Il tono serio di Fìli sembrava quasi non ammettere repliche e, anche se non rientrava nei piani, Thorin afferrò al volo quell'opportunità.
    Per lui quell’inaspettata pausa significava avere più tempo per preparasi ad affrontare il suo discorso con Bilbo.
    " D'accordo.", assentì infatti, stupendo non poco l'altro che non si aspettava una simile resa.
    " Io e Kìli...", continuò il maggiore, decidendo di approfittare di quella strana situazione. " Volevamo far venire Bilbo con noi ad Erebor. Intendo chiederti ancora di ritirare l'esilio..."
    " È mia intenzione farlo, Fìli.", ammise il Nano serio. " Devo trovare il modo ed il momento per parlargli."
    “ Dici... davvero?”
    “ Ti sono mai sembrato un tipo incline agli scherzi?”, domandò e Fìli non riuscì a non sorridere davanti a quelle parole tanto inaspettate quanto desiderate.
    Forse non tutto era perduto, si disse, e dopo aver ringraziato Thorin per aver scelto di ritirare l'esilio, tornò da suo fratello e dallo Hobbit - che lo fissava non poco contrariato.
    " Non fare quella faccia Bilbo.", sorrise Fìli. " Ci dovrai sopportare un'altra notte."
    " Cosa?"
    " Resteremo qui fino a domani.", annunciò, strappando una mezza esultanza a Kìli ed un'espressione stupita da parte dell'altro.
    " Io... grazie...", mormorò Bilbo.
    Certo, sarebbe stato sempre duro dire addio ad entrambi - ed anche a Thorin, anche se avevano ormai smesso di parlarsi - ma, non poteva rifiutare l'occasione di passare dell'altro tempo con quei due.
    " Inoltre, sarebbe una festa alquanto fiacca senza dei Nani...", aggiunse il minore con un ghigno, riuscendo a rubare una risata anche a Bilbo.
    " Già...", assentì lo Hobbit.









    Edited by p r i n c e s s KURENAI ~ - 15/5/2013, 00:54
  3. .
    Titolo: The First Marks
    Fandom: The Mortal Instruments (Shadowhunters)
    Personaggi: Lucian Greymark (Luke Garroway), Valentine Morgenstern, Jocelyn Fairchild (Jocelyn Fray)
    Genere: Introspettivo
    Rating: Verde
    Avvertimenti: Oneshot, Slash, Missing Moments, What if? (E se…)
    Conteggio Parole: 2060
    Note: 1. Mi sono mangiata i libri della prima trilogia da pochissimo =w=... quindi non ho mai scritto nulla su questo fandom e non so se mi ripeterò dopo questa breve serie di ficXD Non so quante shot saranno ma riprenderanno il racconto di Luke più o meno XD
    2. Non so che nome abbia la coppia (Valentine/Luke) nel fandom - io l’ho chiamata Lukentine LOL -, né se esiste effettivamente XD ma non mi importa ù_ù li shippo e tutto il resto non conta =ç=
    3. Le fanart del banner appartengono a Cassandra Jean.
    4. Dedicata all’amore mio che, anche se non conosce la serie beh... mi sopporta ogni giorno! Ti amo!
    5. Se ve lo chiedete... no: non è betata XD




    Non erano passati tanti giorni da quando Valentine si era presentato nella camera di Luke con l'intento di prenderlo come allievo, e per il giovane - dopo l'iniziale stupore - non era stato neanche tanto difficile scegliere di fidarsi del più grande.
    Forse aveva accettato per la fama dell’altro ragazzo, o forse perché era disperato - stava per scappare, in fondo -, ma quando iniziarono per davvero le lezioni comprese di aver riposto la sua fiducia della persona giusta.
    Perché era impossibile non ascoltare Valentine parlare, né restare ammaliati dalle sue spiegazioni. Era affascinante e carismatico, di un’intelligenza ‘brillante’ e la sua voce così suadente che perfino gli argomenti più complicati scorrevano fuori dalle sue labbra come se fossero bazzecole... e Luke rimaneva a fissarlo incantato, scoprendo con stupore di ricordarsi ogni sua singola parola.
    Non fu semplice all'inizio recuperare e memorizzare per davvero ogni nozione - nessuno dei due si aspettava un miglioramento radicale, ovviamente -, ma pian piano il più giovane riuscì a tirarsi fuori dalla negatività che gravava sulla sua persona, conseguendo i primi importanti risultati.
    Niente di eclatante, certo, ma erano pur sempre dei traguardi abbastanza 'buoni' da convincerlo a continuare a seguire Valentine e a fidarsi ciecamente di lui - lo avrebbe seguito ovunque se necessario, ascoltandolo e pendendo letteralmente dalle sue labbra.
    Settimana dopo settimana i progressi iniziarono a farsi via via più tangibili, ed anche quando il tempo iniziò a contarsi in mesi i miglioramenti non cessarono. E Luke era felice, come la prima volta che aveva messo piede in quella scuola - prima di iniziare a fallire in ogni prova -, ma ovviamente non tutto poteva andare per il verso giusto e l'unica persona dalla quale si aspettava un'approvazione si rivelò contraria a quel ‘rapporto’.
    " Valentine! Valentine! E ancora Valentine! Sembra quasi che tu sia innamorato di lui!", esclamò infatti Jocelyn irritata, chiudendo con forza il suo blocco da disegno per rivolgere un'occhiata torva al suo migliore amico.
    " Non... non devo essere per forza innamorato di una persona se ne parlo!", si difese Luke, sentendo le orecchie bruciare per l'imbarazzo. " Ti ho solo detto che... beh, mi sta aiutando tantissimo e..."
    " E che è diventato il tuo argomento preferito!", tagliò corto la ragazza. " Non mi piace quel tipo, e tu sembri quasi il suo cagnolino."
    Luke accusò il colpo, abbassando il capo. Certo, sapeva di aver parlato spesso di Valentine, ma non si aspettava una simile reazione - né di essere definito ‘cagnolino’. Inoltre, se non avesse conosciuto Jocelyn - e la conosceva fin troppo bene, era la sua migliore amica! -, avrebbe potuto dire di aver scorto un pizzico di gelosia nella sua voce.
    Il che era impossibile. Gelosa di chi? Di Luke o di Valentine?
    Entrambe le cose erano così assurde che non valeva neanche la pena di prenderle in considerazione.
    " E non capisco cosa ci proviate tutti in lui.", continuò la giovane, facendo girare la matita tra le dita.
    " È una persona buona...",
    " Non posso ancora dire il contrario, ma non ti capisco.", insistette. " È... inquietante! E tu ti stai lasciando soggiogare da lui!"
    " Sarei andato via da questa scuola se non fosse stato per lui, ed ora se ho delle possibilità di essere un Cacciatore è solo per merito di Valentine.", mormorò, sperando che l'altra capisse.
    " Sono felice che tu stia migliorando, dico davvero Luke!”, lo rassicurò Jocelyn, prendendogli una mano affettuosamente. “ Ma ti avrei aiutato anch'io se solo me lo avessi chiesto! Abbiamo sempre fatto tutto insieme!"
    Il ragazzo guardò la mano chiara della sua amica - erano ben visibili i segni dei marchi -, elaborando lentamente la sua affermazione. Sembrava per davvero infastidita dal rapporto che si stava formando con Valentine - Luke, oltre ad essergli grato per l’aiuto che gli stava donando ogni giorno, aveva iniziato a considerarlo un amico.
    " Jocelyn... sei gelosa?", si lasciò sfuggire infatti, osservandola poi arrossire per qualche istante.
    " Assolutamente no!", si riprese prontamente la giovane. " Ma avrei preferito che il mio migliore amico venisse da me al posto di cercare aiuto da parte di qualcun'altro!", aggiunse, mettendosi sulla difensiva.
    " È venuto Valentine da me... non sono andato a cercarlo!"
    La ragazza sospirò dinnanzi a quell’ennesima affermazione.
    " Ed è questo che non riesco a capire...”, si arrese. “ Perché ti ha scelto? Non dico che tu non sia un ragazzo speciale e fantastico, né che non possa diventare un Cacciatore, ma cosa lo ha spinto a farlo? È troppo buono per essere... buono.", domandò cercando di far capire all’altro la sua posizione.
    “ Da quando in qua le buone azioni non sono viste di buon occhio?”, ribatté con un mezzo sorriso Luke. “ E non preoccuparti. Sei sempre tu la mia migliore amica, per quanto adori Valentine - sì, lo ammetto -, sei molto più importante...”, la rassicurò.
    “ Oh ma su questo non avevo alcun dubbio, Luscian!”, rispose Jocelyn piegando le labbra verso l’alto, imitando - ed esagerando - la pronuncia che Valentine assumeva per il nome del ragazzo.
    Luke, ovviamente, non riuscì a non ridere anche se nella sua testa non riuscì ad ignorare il ricordo dei brividi e delle emozioni che la voce dell’altro ragazzo gli donava ogni singola volta.
    Non sapeva come definire quelle sensazioni. All’inizio le aveva etichettate come ‘ammirazione’ ed anche un po’ di ‘soggezione’, ma con il passare dei mesi si era ritrovato a desiderare sempre di più... anche se faticava ad ammetterlo e, addirittura, a comprendere i suoi ‘desideri’.
    Era confuso e sapeva di aver bisogno di una mano, ma non sarebbe mai stato in grado di rivelare una cosa simile neanche alla sua migliore amica - era troppo imbarazzante!
    Infatti si ritrovò semplicemente a sperare di ottenere da solo una risposta o, quando meno, una sorta di spiegazione che non lo mettesse in cattiva luce davanti a Valentine - quello non lo avrebbe sopportato.
    Così come trovò complicato accettare il suo primo marchio. Era sempre stata Jocelyn - che era in grado di disegnarli alla perfezione - a cercare di imprimerli sulla sua pelle, ma neanche la bravura e la fiducia che riponeva nella sua amica erano bastati per farlo stare calmo ed ignorare l’iniziale dolore causato dal marchio.
    Per quel motivo, dinnanzi a quei ricordi tutt’altro che piacevoli, cercò di fuggire quando Valentine gli propose quella ‘lezione’.
    “ Non credi che... sia troppo presto?”, domandò nervosamente, fissando con malcelato terrore lo stilo nella mano dell’altro ragazzo.
    Aveva bisogno di tempo per ‘prepararsi psicologicamente’ e magari evitare di mettersi a piangere come una ragazzina dinnanzi all’altro.
    “ Penso invece che tu sia pronto.”, rispose semplicemente Valentine, sedendosi accanto a lui. “ Devi solo fidarti di me...”
    Luke si guardò attorno, come alla ricerca di una via di fuga, ma l’aula nella quale si erano incontrati era deserta e fuori dalle finestre c’era solo lo splendido paesaggio di Alicante e nessunissima invasione di Demoni che gli avrebbe permesso di scappare da quella situazione.
    “ Io mi fido, Valentine.”, lo rassicurò. “ Ma...”, la mano dell’altro, tesa verso di lui, lo bloccò.
    “ Mi basta solo sapere che ti fidi di me, Lucian.”, mormorò, stringendo la mano di Luke quando questo prese la sua con non poca esitazione.
    Il giovane arrossì, abbassando lo sguardo e dandosi dello stupido per non essere in grado di ragionare con la propria testa quando si trattava di Valentine.
    Forse, si disse, Jocelyn aveva ragione quando diceva che si stava facendo controllare da lui o, addirittura, nel definirlo ‘il suo cagnolino’... ma come poteva essere negativa una cosa che lo faceva sentire così bene?
    Deglutì, trovando il coraggio per alzare lo sguardo e cercare gli occhi di Valentine.
    “ D’accordo...”, sussurrò, sentendo il suo cuore mancare un battito quando l’altro gli donò un sorriso.
    “ Ti ringrazio per la tua fiducia, Lucian.”, rispose accostando lo stilo alla mano di Luke. “ Ora però, guardami. Concentrati su di me.”,
    L’altro - tremando leggermente - assentì mordendosi le labbra. Puntò gli occhi sul volto di Valentine, studiandone la forma ed ogni piccolo - minuscolo - dettaglio. Si sarebbe potuto perdere nel fissarlo in quel modo, ma quando lo stilo sfiorò la sua pelle non riuscì a non emettere un gemito di dolore.
    Istintivamente tentò di ritirare la mano, ma l’altro la tenne stretta con la sua in una morsa ferrea.
    “ Lucian, rilassati e guardami. Pensa a qualcosa di positivo.”, lo rassicurò Valentine, continuando a tracciare lentamente la runa.
    “ N-non ce la faccio...”, si lamentò Luke, dopo qualche attimo, incapace di trattenersi ancora.
    “ Puoi farcela.”, rispose l’altro con sicurezza, alzando lo sguardo verso si lui.
    Il giovane si morse ancora le labbra, trattenendo il respiro come se potesse far cessare il dolore. Tentò per davvero di non pensarci - di concentrarsi su Jocelyn e al modo in cui tirava leggermente fuori la lingua mentre disegnava, alla risata di sua sorella Amatis e anche a Valentine e a tutto quello che aveva fatto per lui -, ma il suo corpo si rifiutava di collaborare.
    “ N-no... non p-posso...”, guaì quando l’altro ragazzo continuò a tracciare la runa con precisione.
    “ Lucian... guardami.”, ripeté il giovane e quando Luke, sforzandosi non poco, alzò lo sguardo di nuovo su di lui, si ritrovò a dover accogliere sulle sue labbra quelle di Valentine.
    Un gesto improvviso ed inaspettato che spense completamente il cervello di Luke.
    Valentine lo stava baciando. Baciando!
    Ogni suo pensiero - negativo o positivo che fosse - era stato rimpiazzato da quell’affermazione e dal furioso battito del suo cuore che gli ripeteva che era quello che aveva desiderato sin dalla prima volta che aveva sentito il suo nome uscire dalla bocca dell’altro.
    Quel casto contatto, tuttavia, durò meno del previsto e quando Valentine si allontanò Luke parve quasi volerlo seguire per riappropriarsi ancora una volta di quelle labbra.
    “ Ci sei riuscito, Lucian.”, dichiarò con mal celata soddisfazione Valentine, leccandosi le labbra e facendo avvampare non poco il più giovane.
    “ C-cosa?”, dopo dopo qualche attimo di confusione Luke riuscì ad abbassare lo sguardo sulla sua mano - libera dalla presa dell’altro -, scorgendovi sopra la perfetta runa disegnata da Valentine.
    Bruciava ma il suo cuore in subbuglio rendeva quel dolore facilmente sopportabile.
    “ Io...”
    “ Dovevi solo concentrarti su qualcosa di piacevole, Lucian.”, spiegò, e Luke non riuscì ad impedirsi dall’avvampare ulteriormente.
    “ S-sì...”, assentì, ritrovandosi poi a pensare che poteva riempirlo di marchi se gli avesse permesso di pensare sempre a quel bacio - o se avesse addirittura ripetuto quel gesto. “ Grazie...”, aggiunse qualche momento dopo, rubando un nuovo sorriso a Valentine che, come se non fosse accaduto nulla, iniziò a spiegargli ulteriori nozioni sulle rune e sul loro utilizzo.
    Luke ci mise qualche attimo prima di riuscire a concentrarsi sulle parole del giovane, ma non poté fare a meno di chiedersi se quel gesto contasse qualcosa per Valentine - era solo un espediente per aiutarlo o... qualcosa di più? - e, soprattutto, quanto quel casto bacio fosse realmente importante per lui.



    Restarono in quell’aula fino a quando non giunse l’ora di cena e, solo in quell’istante, Valentine mise la parola fine alle sue spiegazioni per permettere al giovane di allontanarsi.
    “ Domani continueremo la lezione.”, lo rassicurò alzandosi. “ E proveremo con altri marchi.”, aggiunse, sorridendo nello scorgere un leggero rossore colorare il viso dell’altro.
    “ S-sì! Grazie di tutto, Valentine.”, lo ringraziò prontamente il giovane, imitandolo e seguendolo velocemente verso la porta dell’aula.
    “ I tuoi progressi sono un ringraziamento più che adeguato, Lucian.”, rispose, e dopo dei brevi saluti presero due strade diverse, e mentre il più giovane prese la strada della mensa, Valentine decise di sostare nella sua camera.
    Non poteva negare di essere alquanto soddisfatto per i progressi del suo ‘allievo’, né per la cieca fiducia che riponeva nei suoi confronti. Sarebbe diventato un perfetto Cacciatore sotto la sua guida, ma soprattutto sarebbe diventato il suo braccio destro.
    Per lui era semplice creare un ‘qualcosa’ dal ‘niente’ e Lucian si era dimostrato perfetto per i suoi scopi. Tant’è che non poté evitare di definire quasi ‘tenero’ il modo in cui pendeva dalle sue labbra, ed inoltre la sua ingenuità - che gli impediva di nascondere il desiderio che provava nei suoi confronti - era quasi eccitante.
    Era conscio che gli sarebbe bastato schioccare le dita per ottenere tutto quello che anelava, ma sarebbe stato troppo semplice e Valentine sapeva pazientare. Avrebbe aspettato tempi più maturi per reclamare ciò che voleva - Lucian prima di tutto e, grazie a lui, anche Jocelyn Fairchild -, e per ammazzare l’attesa si sarebbe semplicemente divertito nell’osservare le reazioni ed i desideri del suo ‘cagnolino’, concedendogli di tanto in tanto qualche zuccherino come aveva fatto quella sera.






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    Heirs of Durin





  4. .
    Titolo: Out of sight, Out of mind
    Titolo del Capitolo: VI. Distant Memories
    Fandom: The Hobbit
    Personaggi: Dwalin, Balin
    Genere: Introspettivo, Malinconico, Erotico
    Rating: Rosso
    Avvertimenti: Slash, What if? (E se…), Incest, Lemon appena appena accennata
    Conteggio Parole: 1135
    Note: 1. Scritta per questo prompt: “Dwalin si ricorda il vero motivo per il quale lui e Balin non si vedono spesso - che non è il lavoro ma i sentimenti che non dovrebbero provare l'uno nei confronti dell'altro. Possibilmente con un flashback smut.” ed io ne ho tirato su, beh... una cosa un po’ più lunga del previsto che ho deciso di dividere in tre (o quattro) parti.
    In questo capitolo ci troviamo alla Città del Lago, dove però vivremo un flashback della battaglia di Azanulbizar, nella quale Thorin prende il nome di Scudodiquercia e tra le tanti morti c’è anche quella del padre di Dwalin e Balin </3
    2. Partecipa a 500 Themes Italia con il prompt: 186. Ricordi che si srotolano nella mente
    3. Ovviamente per il mio dolce uomo che mi ha riempito di prompt ù_ù
    4. Non betata °A°




    Era ormai notte inoltrata, e nonostante la stanchezza, Dwalin non riusciva a chiudere occhio.
    Sentiva sul suo petto un opprimente peso, e neanche la rassicurante presenza di Balin - che dormiva nudo accanto a lui - riusciva a placare quei sentimenti.
    Si trovavano vicini ad Erebor ed il Giorno di Durin era ormai prossimo, ed avrebbe segnato la riuscita o il fallimento della loro missione... escludendo Smaug, ovviamente.
    Sospirò, e nonostante fossero passati anni, si sentiva come quel giovane Nano che affrontava la battaglia per la riconquista di Moria.
    Perduto.


    L'accampamento dei Nani non era lontano dalla valle di Azanulbizar.
    Si preannunciava una notte mite, caratterizzata da una luminosissima luna e da un leggero venticello.
    Una notte fatta per riposare e rinfrancare gli animi e che, tuttavia, veniva spezzata da delle urla, grugniti e sinistri rumori metallici nell'oscurità.
    All'interno di Moria, gli Orchi si preparavano, e quello non era altro che il preludio della battaglia.
    Nessun Nano sarebbe riuscito seriamente a riposare quella notte. Tensioni e timori albergavano nei loro spiriti, e neanche le forti parole del loro Re erano state in grado di eliminare quelle sensazioni. E Dwalin era tra quelli.
    Avvertiva il cuore pesante, ancora fresco dall'attacco di Smaug ad Erebor. E il ricordo delle fiamme, delle urla e dell'impotenza davanti alla forza del drago, gli faceva sentire ogni sicurezza svanire sotto il peso degli eventi.
    Sulla sua persona però gravava un pena ancor più grande. Amore e vergogna si mischiavano nelle sue azioni, e si chiedeva se Mahal stesse cercando di punirlo con quelle disgrazie... ma non poteva fare a meno di tornare da suo fratello, cercandone il calore ed il conforto che solo Balin era in grado di donargli.
    Anche quella notte ne cercò infatti la tenda, rifugiandosi poi come un bambino tra le sue braccia quando la trovò.
    Era uno dei guerrieri più valorosi, ma non per questo privo di paure.
    Temeva la morte, ma non per se stesso: per Balin.
    Era quanto di più prezioso avesse in vita, e non sopportava l'idea di poterlo perdere.
    " Giuralo su quanto hai di più caro.", ringhiò, strappandogli i vestiti con foga.
    Cercava un giuramento, eppure si comportava come se fosse l'ultima notte da tanta era la brama di possedere quel corpo.
    " Dwalin... è una battaglia.", mormorò Balin serio, senza neanche tentare di fermare l'altro. " Non posso giurarti che..."
    Le labbra del Nano si scontrarono violente contro le sue, impedendogli di parlare.
    " Devi giurare. Devi farlo.", continuò qualche attimo dopo. " Devi giurarmi che uscirai vivo da questa battaglia."
    Il maggiore tentò di rispondere ancora, ma non poté far altro che assentire e dare a Dwalin quel che desiderava.
    Aveva bisogno di quella sicurezza, così come entrambi avevano bisogno di carezzarsi e baciarsi, facendosi cullare da quelle sensazioni tanto familiari quanto proibite.
    Dwalin poteva tentare di rifiutare la realtà, spingere suo fratello a giurare che sarebbe uscito vivo da quella battaglia, ma sapeva benissimo che l'indomani sarebbero potuti morire entrambi.
    Solo per quel motivo aveva sciolto le catene che si era imposto, abbracciando quel peccato che lo costringeva ad amare Balin più di ogni altra cosa in quella terra.
    Lo desiderava con tutto se stesso, e con altrettanta convinzione cercava di rifiutare quel legame... ma non quella notte che poteva segnare la fine di tutto.
    Perché forse l'indomani sulle labbra avrebbe solamente sentito il sapore del sangue e del ferro, non quello della pelle di Balin. Il suo naso non sarebbe stato invaso dal familiare e piacevole profumo del fratello, ma dalla terra lurida e dal fumo... fino a quando i suoi occhi, che godevano del piacere che donava al suo amante, non si sarebbero spenti nella morte.
    Era quello il destino che lo attendeva e che, suo malgrado, poteva abbracciare anche Balin.
    " Giuralo...", ringhiò ancora al solo pensiero di stringere a sé quel corpo, che sussultava sotto le sue spinte, e scoprirlo privo di vita.
    Il Nano ansimò, afferrandolo per le spalle ed esalando un roco: " S-sì..."
    Poteva essere un gemito, così come la risposta che il minore attendeva, ma non gli importò. Cercò di affondare ancora e ancora dentro il corpo stretto e caldo di Balin, stringendolo a sé possessivo.
    'Mio', ripeteva la sua testa in un'infantile cantilena senza fine.
    Senza alcun futuro abbracciarono in quel modo il loro destino.
    Morte, vita, sconfitta e vittoria. Era quella la battaglia.
    Nessuna guerra si sarebbe conclusa senza morte e senza sconfitti, e quando l'indomani scesero sul campo ne erano ben consapevoli.
    Lo stesso Fundin, loro padre, ne era a conoscenza, e stringendo a sé i suoi figli mormorò delle parole che rimasero nel cuore dei due fino al termine di quella cruenta battaglia.
    " Comunque vada, sarete sempre il mio orgoglio."
    Nella sconfitta e nella vittoria, così come in vita e nella morte... così come del peccato, si disse Dwalin prima di lanciarsi come un animale contro i suoi nemici.
    Il suo corpo ricordava ancora le carezze di Balin, ben più dolci delle sue.
    Ricordava il calore ed il senso di colpa, insieme ad una convinzione: più Orchi uccideva, meno avrebbero tentato di portargli via suo fratello.
    Lo cercava con lo sguardo, lo cercò anche quando un Orco gli strappò via parte dell'orecchio con un morso.
    Lo cercò quando, guidati da Thorin, correvano verso l'ultima battaglia che li condusse ad un'amara vittoria, senza festeggiamenti.
    Perché tante erano le morti, e ai vivi non restava altro che piangere i caduti senza poter dar loro una degna sepoltura.
    Tra i tanti, anche il corpo di Fundin giaceva privo di vita sulla terra sporca di sangue e Dwalin lo osservò, sentendo crescere sul suo petto un peso ben maggiore di quello ormai familiare.
    Strinse a sé Balin, come per consolarlo davanti alla vista del loro genitore, posando poi la fronte contro la sua con delicatezza. Lo sentiva tremare ormai sull'orlo delle lacrime e, pur di non scorgerne il viso stravolto dal dolore, chiuse gli occhi.
    " È colpa mia...", mormorò.
    Era a causa sua se loro padre aveva pagato il prezzo di quel peccaminoso legame che lo univa a Balin.
    Se solo fosse riuscito a trattenersi. Se solo non avesse amato a tal punto suo fratello da non essere in grado di rifiutarlo. Se solo...
    " Dwalin..."
    Si allontanò, evitando di guardarlo in viso, attraversando il campo di battaglia con il capo basso.
    Doveva... andarsene.
    Stare vicino a Balin avrebbe portato solo altre disgrazie, e non voleva che suo fratello pagasse per la sua debolezza o finisse vittima dei pettegolezzi altrui.




    " Dwalin...", la voce di Balin lo riscosse dai suoi pensieri.
    " Mh?"
    " Smettila di pensare.", lo riprese divertito il maggiore, appoggiandosi al petto nudo dell'altro.
    " D'accordo...", acconsentì Dwalin, abbracciandolo " Mi dispiace."
    " Inizi ad essere ripetitivo: ti sei già scusato."
    Il minore scosse il capo, accennando un lieve sorriso.
    " Ma non abbastanza.", mormorò in risposta, permettendo a quelle memorie che gli avevano impedito di dormire scivolassero via, lasciandogli solo il ricordo del calore del fuoco sul viso mentre osservava il corpo di suo padre e dei suoi compagni bruciare nella valle, sperando che Mahal accogliesse ugualmente le anime di quei valorosi guerrieri.







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    Heirs of Durin





  5. .
    Titolo: The Long Way Home
    Titolo del Capitolo: XII. Forgive me
    Fandom: The Hobbit
    Personaggi: Bilbo Baggins, Fìlì, Kìli, Thorin Oakenshield, Dìs
    Genere: Introspettivo
    Rating: Verde
    Avvertimenti: Slash, What if? (E se…)
    Conteggio Parole: 1300
    Note: 1. Ambientata alla fine del libro Lo Hobbit, dopo la Battaglia dei Cinque Eserciti.
    2. Aggiornamenti settimanali<3 ogni mercoledì vedrà la luce il nuovo capitolo!
    3. Capitolo corto</3 scusate ç_ç ma spero che la scena finale mi faccia perdonare ç_ç <3
    4. Non betata BWAH!







    Bilbo abbandonò la sua camera solo il giorno successivo, presentandosi quasi all'alba in cucina con non poca fame ed i suoi indumenti abituali.
    Aveva passato delle ore terribili prima di trovare il coraggio di abbandonare la stanza. Sapeva benissimo di dover delle scuse ai Nani, specialmente a Dìs per aver fatto una scenata simile a casa sua, ma per la vergogna - ed anche per paura di incrociare Thorin -, era rimasto in posizione fetale sul letto a piangere e a pensare alle parole giuste da utilizzare.
    Alla fine era stata anche la fame a spingerlo fuori dalla camera e, certo di incontrare solo la padrona di casa, si era spinto fino alla cucina.
    Come aveva supposto, vi trovò solo Dìs intenta a cucinare.
    " Buongiorno...", la salutò piano.
    " Signor Baggins! Buongiorno!", la Nana si asciugò frettolosamente le mani, per rivolgere tutte le sue attenzioni allo Hobbit.
    " Mi... mi permetta di porvi le mie scuse per l'atteggiamento irrispettoso che ho assunto.", mormorò piegando in capo in avanti. " Prometto che non si ripeterà più..."
    " Non devi scusarti...", ribatté con tono confidenziale Dìs, ma Bilbo la fermò con un gesto della mano.
    " Ho deciso di partire oggi stesso. È chiaro che la mia presenza non è più gradita dal vostro Re e non desidero arrecare problemi alla vostra famiglia..."
    La sua voce era ferma e decisa, così tanto che pure lo stesso Bilbo faticò a riconoscerla come sua.
    Era stato difficile prendere una simile scelta ma non vedeva altra soluzione, perché sapeva che Fìli e Kìli avrebbero preso le sue difese contro Thorin e che probabilmente lo avrebbe fatto anche Dìs, e non voleva che accadesse.
    Poteva considerarli una famiglia ma non ne avrebbe mai fatto parte, e per quel motivo doveva andare via.
    " Temo di non poter far niente per farti cambiare idea, ma non ti permetterò di lasciare queste mura senza un'adeguata scorta.", rispose la Nana.
    " Mi permetto di rifiutare la vostra proposta. Penso di essere lo grado di raggiungere la Contea e..."
    " Sono certa che tu sia in grado di farlo.", assentì Dìs, sempre con tono confidenziale - aveva così preso a cuore lo Hobbit che non poteva fare a meno di trattarlo come un amico di vecchia data. " Ma ti chiedo di ripensare a questa scelta, almeno per Fìli e Kìli."
    Bilbo incassò quell'affermazione mordendosi le labbra.
    " Non..."
    " Si sentono in colpa.", continuò la Nana.
    " Non dovrebbero..."
    Avevano solo cercato di aiutarlo, non avevano alcuna colpa. Anzi: meritavano tutta la sua gratitudine.
    " Inoltre temo che partiremo entro la fine della settimana.", aggiunse Dìs.
    " Mi sta chiedendo di attendere, non è vero?"
    " Esattamente.", assentì lei e mentre Bilbo mormorava un: " D'accordo.", solo ed esclusivamente per l'affetto che provava per i due fratelli, questi ultimi fecero la loro entrata nella cucina.
    Si stupirono non poco quando videro lo Hobbit, e in men che non si dica le braccia di Kìli si strinsero attorno al suo corpo, riuscendo quasi a sollevarlo da terra.
    " Mi dispiace, Bilbo...", mormorò.
    Lo Hobbit gli carezzò i capelli con dolcezza.
    " Va tutto bene, Kìli. Lo sapevamo come sarebbe andata a finire.", rispose piano.
    " Ma..."
    " Ero già rassegnato all'idea che non ci fossero speranze.", era una menzogna, perché per qualche istante aveva seriamente creduto che ci potesse essere una possibilità. " Sto bene. Non c'è bisogno che tu ti senta in colpa e lo stesso vale per te, Fìli.", in quel momento voleva solo rassicurarli.
    " Bilbo noi..."
    " Avete agito con le migliori intenzioni, lo so. E se non fosse stato per voi, adesso sarei da solo nella Contea a piangermi addosso per la nostalgia. Mi avete tirato fuori da un momento terribile e ora spetta a me andare avanti."
    I due si scambiarono un'occhiata.
    " Ci saremo sempre per te, Bilbo.", rispose Fìli.
    " Lo so... e ve ne sarò eternamente grato."
    Aveva perso Thorin per sempre, ma non poteva rinunciare a quei due ragazzi... doveva aggrapparsi a quello se voleva per davvero andare avanti.



    I giorni si susseguirono abbastanza velocemente, e quando i preparativi per il viaggio furono completati, la piccola compagnia di Nani che erano intenzionati a tornare ad Erebor si incamminò abbandonando le Montagne Azzurre.
    Avrebbero viaggiato lentamente al contrario dell'andata - portavano con loro bagagli, anziani e anche qualche bambino -, e quello avrebbe permesso a Bilbo di restare ancora per qualche tempo in compagnia di Fìli e Kìli.
    In quel breve lasso di tempo, anche grazie all'aiuto dei due fratelli e di Dìs, lui e Thorin erano riusciti ad ignorarsi a vicenda.
    Mangiavano ad orari diversi e lasciavano l'abitazione quando rientrava l'altro. Era una situazione drastica che si rivelò necessaria per permettere allo Hobbit di pensare solo ed esclusivamente a cose positive.
    Nonostante tutto però, anche quel viaggio parve voler giungere al termine, e ad un giorno di distanza dalla Contea, Bilbo iniziò a sentire su di sé la paura di restare di nuovo solo.
    " Ti verremo a trovare Bilbo! O potremo incontrarci a metà strada a Gran Burrone!", Kìli era sempre pieno di promesse e lo Hobbit non faticava a credere che avrebbe fatto di tutto pur di mantenerle. " Te lo giuro sulla mia stessa barba!"
    " Aspetta che ti cresca prime di fare simili giuramenti!", ribatté Fìli e Bilbo si ritrovava a ridere, nascondendo la tristezza, e lasciandosi trasportare dagli affettuosi abbracci dei due giovani Nani che non volevano abbandonarlo e che loro malgrado avevano dovuto mettere la parola fine alla loro missione.
    Thorin si era allontanato perfino da loro in quell'ultimo periodo, era scontroso e silenzioso. Nessuno aveva per davvero voglia e coraggio di mettersi a discutere con lui.
    Ma la verità era ben diversa, il Nano aveva bisogno di una mano ma... era troppo orgoglioso per farlo.
    Desiderava chiedere scusa a Bilbo, pregarlo affinché lo perdonasse, ma temeva di utilizzare ancora le parole sbagliate o di non riuscire affatto a parlare.
    Ma ormai il tempo era agli sgoccioli e aveva intrapreso la via del codardo, chiudendosi nel silenzio.
    Bilbo sarebbe riuscito a dimenticare, né era certo... e, mentre lo guardava dormire, sperò che ci riuscisse per davvero.
    Perché lo Hobbit meritava tutta la felicità di quella terra e che lui, sfortunatamente, non sarebbe riuscito a donargli.
    Perché era stato in grado solo di farlo soffrire e non era certo di riuscire a farlo di nuovo sorridere.
    Abbandonato a quella sicurezza, tuttavia non riuscì a trattenersi dal carezzare i riccioli dello Hobbit che continuava a dormire pacifico.
    Erano morbidi esattamente come li ricordava.
    " Bilbo...", mormorò piano, assaporando ancora il suo nome sulle labbra. " Mi... mi dispiace...", aggiunse con difficoltà, incoraggiato dal sonno dello Hobbit. E come in un fiume in piena, le parole iniziarono a lasciare le sue labbra.
    Gli chiese scusa per tutto quello che gli aveva detto e fatto. Per essersi comportato da codardo e per non aver accettato il suo aiuto.
    Lo pregò affinché lo perdonasse per la sua testardaggine e per l'incapacità di chiedergli scusa personalmente.
    Parlò dolcemente, carezzando ancora i capelli di Bilbo che, forse avvertendo inconsciamente quella coccola, aveva assunto un'espressione rilassata.
    " Perdonami...", mormorò ancora, abbassandosi lentamente verso il viso dell'altro. " Se non posso smettere di amarti..."
    Non lo avrebbe mai fatto e, posando delicatamente le labbra contro le sue, gli rubò un ultimo bacio.
    Si allontanò subito, imbarazzato ma con il cuore quasi più leggero, trattenendo quell'assurda necessità di svegliarlo e di baciarlo ancora.
    " Thorin."
    Sussultò, venendo riportato violentemente alla realtà dalla voce calma di Dìs.
    Lo fissava stupita e non riuscì a sostenerne lo sguardo - era troppo debole lo quel momento.
    " Hai visto tutto?"
    " Sì... e temevo non ti importasse più nulla di lui.", sorrise la Nana.
    " Come posso?", domandò piano Thorin, avvicinandosi però alla sorella, lasciandosi scivolare accanto al suo giaciglio. " Non mi è possibile rinunciare a lui..."
    " Dovresti parlargli ed assicurarti che senta ciò che hai da dirgli."
    " Dìs..."
    " Sì?"
    " Penso... di aver bisogno di una... m-mano.", ammise con difficoltà e la Nana, sorridendo ancora, lo attirò a sé in un abbraccio.
    " Sarò più che felice di aiutarti."






  6. .
    Titolo: You can trust me
    Fandom: The Mortal Instruments (Shadowhunters)
    Personaggi: Lucian Greymark (Luke Garroway), Valentine Morgenstern
    Genere: Introspettivo
    Rating: Verde
    Avvertimenti: Oneshot, Pre-Slash, Missing Moments, What if? (E se…)
    Conteggio Parole: 1255
    Note: 1. Mi sono mangiata i libri della prima trilogia da pochissimo =w=... quindi non ho mai scritto nulla su questo fandom e non so se mi ripeterò dopo questa breve serie di ficXD Non so quante shot saranno ma riprenderanno il racconto di Luke più o meno XD
    2. Non so che nome abbia la coppia (Valentine/Luke) nel fandom - io l’ho chiamata Lukentine LOL -, né se esiste effettivamente XD ma non mi importa ù_ù li shippo e tutto il resto non conta =ç=
    3. Le fanart del banner appartengono a Cassandra Jean.
    4. Dedicata all’amore mio che, anche se non conosce la serie beh... mi sopporta ogni giorno! Ti amo!
    5. Se ve lo chiedete... no: non è betata XD




    Non era la prima volta che Luke, carico di sconforto, si ritrovava a tirare fuori da sotto il letto una sacca verde militare ed iniziava a riempirla con propri vestiti e le poche cose che riteneva di prima necessità.
    A ben pensarci, non era complicato indovinare il fine di quella sacca - preparata e poi svuotata più e più volte durante le settimane che si erano susseguite. Luke, di fatti, voleva fuggire e andare lontano da quella scuola che lo stava distruggendo, perché da quando vi era entrato non aveva fatto altro che collezionare fallimenti su fallimenti, e non ne poteva più.
    I suoi sogni si stavano sgretolando lentamente, giorno dopo giorno, ed i ricordi di quando lui e la sua migliore amica, Jocelyn, avevano giocato a ‘Demoni e Cacciatori’ per i verdi prati di Idris - divertimenti infantili di quando non sapevano ancora quanto fosse realmente importante e pericoloso cacciare i Demoni -, immaginando di entrare in quella scuola, sembravano sempre più lontani, insieme a quando erano stati mandati per davvero in quell'istituto ad Alicante.
    I primi giorni per Luke erano stati fantastici, e non si era neanche sentito poi così diverso dagli altri ragazzi - non tutti erano dei ricchi figli di papà, c'erano infatti anche giovani dalle origini modeste come le sue -, ma con il passare del tempo tutti sembravano migliorare, mentre lui restava fermo allo stesso punto.
    Luke non sopportava né i marchi più leggeri, né sembrava in grado di apprendere perfino le lezioni basilari... al contrario di Jocelyn, che era fantastica e sembrava essere nata per essere una Cacciatrice.
    Per quel motivo, quando la sconfitta si faceva più bruciante - un esame andato male o qualcosa di simile -, di tanto in tanto si ritrovava, come in quell'istante, a riempire la sua sacca pronto per tornarsene a casa con la coda tra le gambe, pensando addirittura di diventare un mondano per non pesare sui suoi genitori. Questo perché non vedeva alcun futuro per sé in quel mondo, solo vergogna e disgrazia. Tuttavia, quando si trovava sull'orlo della sua camera, ci ripensava e tornava sempre indietro - pensava alla delusione dei suoi parenti, e al fatto di essere ancora troppo inesperto per vivere da solo.
    Ma quella volta non sarebbe tornato indietro. Non sopportava più di essere l'ultimo e di arrivare quasi a piagnucolare per il dolore davanti ad un marchio. Era una cosa che lo riempiva di vergogna, oltre che di frustrazione e rabbia, e con la sacca in spalla decise di affrettarsi verso la porta.
    Nessuna esitazione. Nessun ripensamento.
    Era la cosa giusta da fare, si disse, ma quando aprì l'uscio scoprì di avere ospiti.
    Davanti alla porta della sua stanza, pronto a bussare, c'era Valentine Morgenstern.
    Era impossibile non conoscerlo, tutti sapevano chi era. Era bello come un angelo, intelligente e carismatico, lo studente più bravo e promettente dell'intero istituto... e si trovava davanti alla sua camera, quella della nullità della scuola.
    Valentine gli rivolse un sorriso quando incrociò il suo sguardo e Luke non poté fare a meno di sentirsi arrossire davanti a quella perfetta fila di denti bianchi.
    " Spero di non averti disturbato, Lucian."
    Luke balbettò confuso per quell'inaspettata visita, bofonchiando poi un: " Conosci il mio nome?", che lo fece sentire alquanto stupido - non aveva di meglio da dire davanti a quello che poteva benissimo essere ‘il suo idolo’?
    " So tutto di te, Lucian Graymark.", rispose Valentine senza nascondere un tono vagamente compiaciuto davanti alla confusione dell'altro. " E sono venuto qui per parlarti, anche se vedo che... stai andando via.", aggiunse, lanciando un'occhiata alla sacca che Luke portava in spalla, e quest'ultimo, riportato alla realtà da quell'affermazione, scosse il capo quasi furiosamente.
    " Io... no! No! Entra pure. Non... non stavo andando da nessunissima parte!", esclamò in risposta, facendosi di lato per farlo entrare.
    Era ancora stupito per via di quell'inaspettata visita, ed il vederlo attraversare la camera, per poi andarsi a sedere comodamente sul suo letto, lo lasciò ancor più perplesso.
    Luke sapeva fin troppe bene di essere una nullità - per quel motivo era rimasto sconvolto nel sentire il suo nome uscire dalle labbra di Valentine -, e non riusciva neanche ad immaginare il motivo della presenza dell'altro in quel luogo.
    Aveva detto di ‘sapere tutto di lui’, ma come? Come poteva conoscerlo?
    Si riempì di domande su domande, senza però riuscire a trovare una risposta ma solo una certezza: Morgenstern gli aveva detto la verità. Ne era convinto, in fondo non ci guadagnava niente nel mentirgli.
    Richiuse quindi la porta alle sue spalle, troppo nervoso e confuso per fare qualsiasi altra cosa, se non ascoltare Valentine iniziare a parlare con quella sua voce calma e affascinante.
    " Come ti ho già detto, Lucian. So tutto di te.", esordì tranquillamente, accavallando le gambe in una posizione tanto elegante quanto sicura. " Ho avuto modo di osservarti a lungo in questi mesi, ed ho notato le tue numerose difficoltà d'apprendimento.", continuò, e Luke non riuscì a non arrossire ancora.
    Era alquanto ovvio che lo conoscesse per la sua incapacità, in fondo non aveva alcuna dote speciale, né proveniva da una famiglia facoltosa o con degli agganci.
    " Sono tuttavia certo di poterti aiutare.", aggiunse con sicurezza Valentine, assicurandosi che Luke sentisse per bene le sue parole. Lo osservò infatti aprire la bocca senza lasciar uscire neanche un suono, fino a quando non si liberò poi con un: " C-come?", stupito ed incredulo.
    " In te vedo il seme del Cacciatore, Lucian.", spiegò, fissandolo con quei suoi occhi tremendamente profondi. " Hai solo bisogno di una mano, e penso di essere la persona adatta per questo compito."
    " Io... credo...", Luke balbettò qualche istante prima di riuscire ad esprimersi con una frase di penso compiuto. " Devi aver fatto un errore, io... io non ho la stoffa del Cacciatore.", mormorò.
    Se era sul punto di andare via, era proprio perché aveva la certezza di non avere futuro in quel mondo.
    " Io non sbaglio mai.", ribatté Valentine, sorridendo ancora. " Fidati di me, Lucian. So che sotto la mia tutela potrai diventare un grandissimo Cacciatore."
    Nelle sue parole non traspariva né scherno né esitazione - non si stava prendendo gioco di lui -, ed era talmente sicuro di sé che Luke pensò quasi di credergli.
    Era lo studente più promettente dell'istituto, affascinante e carismatico, nessuno sembrava più adatto di Valentine Morgenstern ad essere un Cacciatore... quindi, poteva davvero fidarsi di lui?
    Si ripeté ancora una volta che non ci avrebbe guadagnato niente nel mentirgli, e che forse aveva per davvero ragione. Certo, continuava a non sapere il motivo di quell’improvviso ed inaspettato aiuto, ma scoprì che non gli importava.
    Valentine gli stava offrendo l’opportunità di coronare il suo sogno e, lasciando che la sua sacca scivolasse per terra in un tonfo, decise di fidarsi, assumendo un'espressione tanto decisa quanto carica di gratitudine.
    " Sarebbe un vero onore per me.", rispose sincero e Valentine, chiaramente soddisfatto, si rimise in piedi, affiancandolo dopo pochi passi per poi appoggiargli una mano sulla spalla.
    " Faremo grandi cose insieme, Lucian.", sussurrò piano, facendo tremare il giovane.
    Era così vicino che il giovane non riuscì ad ignorare la pronuncia del suo nome sulle labbra di Valentine. Lo diceva in un modo strano ma piacevole, strisciando leggermente in sulla 'sh' e donandogli dei lunghi brividi che gli attraversavano la colonna vertebrale.
    " Luke. Puoi... ecco chiamarmi Luke.", mormorò con voce roca, sentendosi per l'ennesima volta uno stupido.
    " Preferisco Lucian.", rispose divertito Valentine, lasciando poi la stanza del giovane, troppo sconvolto per poter aggiungere qualsiasi altra cosa.
    Non sapeva cosa sarebbe accaduto l’indomani, ma sentiva di potersi fidare di Valentine e che avrebbe fatto di tutto pur di non tradire le sue aspettative.






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    Outside a Saint, Inside a Devil



    Heirs of Durin





  7. .
    Titolo: Take me on the Floor
    Fandom: RPF Attori | Cast lo Hobbit
    Personaggi: Martin Freeman, Richard Armitage
    Genere: Introspettivo, Erotico
    Rating: Rosso
    Avvertimenti: Oneshot, Slash, Blowjob, What if? (E se…)
    Conteggio Parole: 1360
    Note: 1. Tutta colpa si Richard che fa strane dichiarazioni X°D
    2. Dedicata all’amore mio che mi ha scritto una bellissima Dwalin/Dìs ùçù <3
    3. Anche alla Queen e alla Nari perché sono la mia OTP e le adoro<3
    4. Se ve lo chiedete... no: non è betata XD




    " Yeah I am shy, but once I have a drink inside me I’m not. I get on the dance floor and I’m an animal." - Richard Armitage



    Martin non poteva fare a meno di pensare che ci forse qualcosa di maledettamente sbagliato nello sguardo che il 'timido' Richard gli stava rivolgendo.
    Avevano lavorato a stretto contatto per mesi - e spesso quel 'stretto' era diventato 'intimo' - e poteva dire di aver imparato tante cose sul suo conto.
    Cose professionali, ed altre meno nobili. Per quel motivo poteva definire 'strani' quegli occhi che lo studiavano - mentre le mani giocavano distrattamente con una bottiglia di birra. Perché Martin sapeva quanto il suo collega preferisse evitare un contatto visivo prolungato, eppure non smetteva di fissarlo.
    Deglutì, a sua volta incapace di volgere altrove lo sguardo. Era impossibile negare un certo stupore davanti a quell'atteggiamento del collega, ma ne era anche intrigato, e la cosa lo eccitava non poco. Soprattutto quando portò con una lentezza quasi estenuante la bottiglia alle labbra, socchiudendole e posandole sopra il bordo.
    La inclinò lentamente, lasciando che la birra scivolasse dentro la sua bocca e Martin, incantato, seguì quel movimento fino a posare lo sguardo sul pomo d'Adamo che si muoveva ad ogni sorso.
    Era maledettamente bello, si disse. Non che non lo fosse abitualmente, ma in quell'istante non poteva negare un ulteriore fascino.
    " Cazzo..."
    Martin non riuscì a trattenersi dall'imprecare quando si rese conto di essersi eccitato. Abbassò giusto per qualche istante lo sguardo sul cavallo improvvisamente gonfio dei suoi pantaloni e, quando riportò gli occhi sull'uomo seduto davanti a sé si lascio scappare una seconda parolaccia.
    La lingua. La maledettissima lingua di Richard si stava arrotolando maliziosa sul collo della bottiglia ormai vuota, leccandolo con malizia e con uno sguardo che prometteva fin troppo.
    Non che gli dispiacesse - c'era il brivido della novità in quello strano atteggiamento - ma... che fine aveva fatto il suo timido Richard?
    Perché quello che lo stava fissando - e mangiando con gli occhi - sembrava quasi un animale, pronto a sbranarlo da un momento all'altro... e la cosa lo eccitava ulteriormente.
    Si leccò le labbra improvvisamente secche, osservando ancora i sensuali movimenti del suo compagno che continuava a molestare la bottiglia facendogli desiderare di avere su di sé quella maledetta lingua.
    " Ric...", la voce di Martin - in parte coperta dall'assordante musica -, suonò quasi roca oltre che carica di frustrazione e desiderio.
    Voleva forse... pregarlo?
    Di smetterla? Di tornare in sé? O di continuare e anzi: di arrivare addirittura alla fase finale che avrebbe previsto i loro corpi molto vicini, molto nudi e decisamente molto sudati.
    Richard parve recepire quel suo messaggio e, alzandosi, si protese verso il suo collega sfiorandogli le labbra con le sue.
    Sapevano di birra e forse anche di qualche altro alcolico, si disse Freeman socchiudendo gli occhi, ma non era un sapore spiacevole.
    " Vieni...", mormorò Richard, e Martin strinse con forza le gambe come per impedire al suo corpo di seguire alla lettera quel semplice ordine.
    Armitage neanche gli diede tempo di riprendersi e di controbattere, si limitò ad allontanarsi mentre nel locale veniva messa 'a palla' - per utilizzare il gergo per quelle occasioni - una canzone di qualche anno prima che, ironia della sorte, sembrava fare a caso suo.
    Seguì il suo collega lasciando che le parole di 'Take me on the Floor' lo accompagnassero mentre attraversava la pista da ballo. Non si lasciò intimidire dagli spintoni, né dal fatto che si stavano effettivamente imbucando nel bagno del locale, tutto ciò che improvvisamente sembrava avere valore erano le maledette labbra di Richard che avevano iniziato a divorare le sue.
    Le mordeva e le succhiava, esplorando poi la bocca con la lingua come se volesse fottergliela, tant'è che non riuscì ad impedirsi di tremare - eccitato e spaventato al tempo stesso.
    Martin si allontanò dalle sue labbra quasi senza fiato, fissandolo con una muta richiesta subito accolta.
    La musica, ormai ovattata dalla porta chiusa, giungeva ancora alle sue orecchie ma sentì ugualmente il lento rumore della cerniera dei suoi jeans che veniva abbassata - insieme al suo collega che si inginocchiava in modo ben più silenzioso.
    Abbassò lo sguardo incrociando gli occhi chiari di Richard - erano tremendamente lucidi per quella sbronza che gli stava dando il coraggio di fare cose indicibili per il suo carattere -, ritrovandosi poi a prendere un ampio respiro quando sentì la sua bocca tremendamente vicina alla sua erezione nascosta dai boxer.
    Era certo che il suo intimo sarebbe stato ben presto fonte di un 'umido disagio'. Lo sapeva ancor prima che Richard tirasse fuori la lingua per iniziare a leccare lentamente la stoffa, bagnandola. Tuttavia, nonostante fosse quasi preparato a quel gesto, quella carezza lo fece ugualmente tremare, strappandogli un versetto per il quale si sarebbe anche vergognato.
    Maledì più volte il suo collega e quella che sembrava essere la sua 'sexy personalità alcolica' - ogni lappata un insulto -, ma il suo corpo non voleva né reagire né tentare di prendere il sopravvento. Perché la saliva di Richard poteva anche bagnare i suoi boxer, ma gli andava pure bene se continuava a toccarlo in quel modo.
    Martin sapeva di essere stato ormai soggiogato dai movimenti del suo amante, e anche se desiderava per davvero ribellarsi e fargli vedere chi comandava - al diavolo quei giochetti! Voleva molto di più! -, il suo corpo restava immobile a subirne quel sensuale e frustrante attacco che, incontrò una vaga soddisfazione quando finalmente Richard gli abbassò l'intimo liberando la sua erezione.
    Umida e dura, ricadde davanti al viso del suo amante che, privato di ogni esitazione, la lambì lentamente con la lingua.
    " M-merda...", imprecò, sentendo le ginocchia tremare per quella carezza, andando ad appoggiarsi alla porta - ben più sicura delle sue improvvisamente deboli gambe. Richard tuttavia si dimostrò sordo alle sue reazioni, e continuò a leccare il sesso con crescente malizia, ripetendo gli stessi movimenti con i quali aveva stregato Martin a poco prima.
    Il collo della bottiglia era il suo membro e si muoveva con sicurezza mentre andava a chiudere le labbra sulla punta, spingendo la lingua ad attorcigliarsi attorno a quella calda pelle.
    Martin gemette ancora e si lasciò sfuggire parole ben poco gentili, la sua testa girava come in preda alle vertigini e tutto ciò che rimaneva un punto fermo nel suo sguardo era il maledetto volto arrossato di Richard che, centimetro dopo centimetro, ingoiava la sul erezione.
    Stringeva le labbra, succhiando fino a far apparire delle oscene fossette sulle guance, spingendosi sempre più a fondo fino a quando Martin non sentì la punta contro la gola del suo compagno e un mugugno lamentoso provenire da essa.
    Il respiro liberato nervosamente con il naso, e forse stava anche sopprimendo un conato di vomito nel sentirsi riempito in quel modo, tant'è che Richard fu costretto ad allontanarsi.
    Freeman lo osservò con il fiato corto - aveva anche lui trattenuto il respiro senza rendersene conto -, gemendo per l'ennesima volta quando il suo amante tornò all'attacco.
    Non poteva né voleva fermarlo e mentre muoveva il capo avanti ed indietro, ingoiando e rilasciando il suo sesso, Martin poté solo afferrarlo per i capelli nel tentativo di sorreggersi e di dettare il ritmo che desiderava.
    L'orgasmo lo colse all'improvviso qualche minuto dopo senza che potesse anche solo avvertire il suo amante, che tuttavia continuò a succhiarlo fino a quando non si svuotò del tutto.
    Solo in quell'istante il corpo di Martin cedette ma Richard fu abbastanza pronto di riflessi per afferrarlo ed impedirgli di cadere.
    Si allontanò dal membro ormai a riposo, avvicinandosi lento alle labbra socchiuse del suo amante.
    Le sfiorò come per voler chiedere il permesso poi, decidendo improvvisamente di non attendere, lo baciò con foga, permettendo a Freeman di sentire il proprio sapore.
    Mugugnò contro le sue labbra ma non tentò neanche di sottrarsi, andando invece a cercare la lingua dell'altro per un umido incontro.
    Era stato oscenamente eccitante - un'esperienza da ripetere! -, e quando Armitage si allontanò sperò quasi in un secondo round, che tuttavia non arrivò.
    Richard infatti si accostò lentamente al suo orecchio, sussurrandogli il ritornello della canzone che li aveva accompagnati fino al bagno.
    Quella proposta - l'invitante sesso sul pavimento - lo fece tremare non poco, e Martin si convinse che quella sarebbe stata una lunga, lunghissima notte... e che soprattutto, la mattina successiva sarebbe stato divertente assistere al risveglio del suo collega.
    Ghignò tra sé e sé e quando Richard abbandonò il bagno lo inseguì prontamente gridandogli dietro un: “ Io. Te. Albergo! ORA!”



  8. .
    Titolo: The Long Way Home
    Titolo del Capitolo: XI. The Last Hope
    Fandom: The Hobbit
    Personaggi: Bilbo Baggins, Fìlì, Kìli, Thorin Oakenshield, Dìs
    Genere: Introspettivo
    Rating: Verde
    Avvertimenti: Slash, What if? (E se…)
    Conteggio Parole: 2790
    Note: 1. Ambientata alla fine del libro Lo Hobbit, dopo la Battaglia dei Cinque Eserciti.
    2. Aggiornamenti settimanali<3 ogni mercoledì vedrà la luce il nuovo capitolo!
    3. L’immagine del banner appartiene a Kaciart.
    4. Questo capitolo è stato un parto ç_ç scusate il ritardo ma non riuscivo a scrivere ed ero piena di impegni ç_ç
    5. Non betata BWAH!







    Erano passati alcuni giorni da quando erano giunti alle Montagne Azzurre e nonostante i numerosi tentativi, né Dìs né Fìli e Kìli, erano riusciti a far riavvicinare Bilbo e Thorin - quest'ultimo passava così poco tempo a casa che era quasi impossibile parlarci, mentre lo Hobbit aveva trovato in delle lunghe passeggiate un diversivo per evitare argomenti troppo personali.
    Era diventata quasi una questione personale per la Nana - che non desiderava altro che vedere suo fratello felice -, e più i giorni passavano più sentiva la necessità di prenderli con la forza e rinchiuderli dentro qualche stanza. Ma, ovviamente, si dimostrò pronta ad accettare anche le idee dei figli - decisamente meno drastici di lei - che sembravano voler ricorrere all'amicizia che li legava allo Hobbit per parlarci. Perché sapevano quanto Bilbo tenesse alla loro compagnia, e approfittando di quell'importante fattore - era un colpo basso, ma in amore e in guerra tutto era concesso - lo pregarono aiutarli a scegliere quali oggetti portare con loro ad Erebor.
    Lo Hobbit, ovviamente, non riuscì a rifiutare e si ritrovò nella camera dei due ed osservare i tanti piccoli ricordi che nascondevano. Le loro prime armi, dei 'trofei di caccia' e anche dei vecchi giocattoli segnati dal tempo e da dei morsi - opera di Kìli, si premurò di precisare il maggiore.
    Erano tutti oggetti più o meno importanti, tant'è che i due - nonostante il piano - si trovarono seriamente in difficoltà nel scegliere visto che non potevano portare ogni singola cosa alla Montagna Solitaria - era un viaggio lungo e di certo non privo di pericoli.
    Con non poca difficoltà riuscirono a scegliere le prime cose da conservare e, approfittando della calma che si era creata, decisero di mettere in atto il loro piano.
    " Bilbo, ti ringraziamo per l'aiuto che ci stai dando.", sorrise Fìli.
    " Oh, ma figurati!", rispose gentile lo Hobbit. " Per me è un piacere."
    " Dovresti permetterci di ricambiare.", aggiunse il maggiore aprendo un vecchio baule.
    " Non è necessario. Mi... mi basta darvi una mano."
    " Noi però sappiamo di cosa hai bisogno.", ribatté Kìli. " E possiamo darti una mano."
    " Dico davvero, ragazzi!”, ridacchiò Bilbo. “ Per me è già importante essere qui con voi.”
    " Hai bisogno di Thorin.", tagliò corto il più giovane, osservando Bilbo sussultare ed arrossire leggermente.
    Lo Hobbit aveva improvvisamente capito il motivo di quella ‘tranquilla mattinata’ e l’idea di essere caduto in quella trappola.
    " Vi state sbagliando!", si affrettò a dire, portando avanti le mani come per volersi difendere.
    I due si scambiarono un'occhiata.
    " Sei limpido come una pozza d'acqua. I tuoi sentimenti non sono un mistero, almeno per noi due.", mormorò Fìli, aggiungendo mentalmente che non potevano dire la stessa cosa di Thorin.
    Era così cieco che non si rendeva conto del male che stava facendo allo Hobbit ed anche a se stesso...
    Bilbo si morse le labbra, cercando di non guardarli in viso.
    " Forse avete ragione...", ammise, aggiungendo poi con tono grave:. " Ma... guardate in faccia la realtà. È finita."
    Cercò di soffocare la voglia di piangere, controllando tra i vecchi indumenti dei due se ci fosse qualcosa di utile.
    In quei giorni aveva cercato di evitare Thorin ma non era riuscito ad ignorare le parole che il Nano gli aveva rivolto durante il viaggio, la notte in cui stavano parlando del padre di Fìli e Kìli e dell’essere genitori: “ Sono certo che anche tu lo sarai quando troverai qualcuno da amare.”
    Come poteva dire una cosa simile?
    Che avrebbe trovato qualcun’altro da amare e magari creare una famiglia?
    Come?
    Non si era mai sentito così solo tra gli Hobbit - tra la sua gente -, perché la sua famiglia erano loro. Erano quei due idioti che cercavano di aiutarlo, lo erano gli altri Nani che aveva conosciuto, come Bofur e Balin che gli erano stati amici sin dall’inizio... e suo malgrado lo era Thorin che aveva amato e che avrebbe continuato ad amare ancora.
    “ Bilbo non puoi arrenderti così...”, mormorò Kìli allungando la mano per scuoterlo. “ Devi combattere e fargli capire che sbaglia...”
    Lo Hobbit non rispose, preferendo invece nascondersi dietro dei vecchi indumenti che tirò fuori dal baule.
    " E questi?", domandò cercando di sorridere, mostrando ai due dei piccoli vestiti un po' malandati.
    " Ehi! Quello era mio!", esclamò il minore, scegliendo di non insistere oltre - non sopportava quel sorriso così falso. " Quanto ero piccolo!"
    " Non penso però vogliate portarvi dietro qualcosa che non indosserete mai.", commentò lo Hobbit, ripiegando i vestiti e provando quasi un po’ di pena a quel pensiero.
    Si sentiva come uno di quegli indumenti: inadatti per un mondo che era cresciuto troppo in fretta.
    Perché fino all’anno prima il suo mondo era la Contea, ed era piccolo proprio come quei vestiti... poi un giorno era partito per una pericolosa avventura che gli aveva permesso di vedere le bellezze della Terra di Mezzo, di scoprire la sua forza e tante altre cose ed il suo mondo era diventato troppo grande e quei vestiti erano diventati inutili.
    Tuttavia Kìli lo ignorò, andando a scavare tra gli altri indumenti - loro madre aveva conservato tutto, non amava gli sprechi, neanche se si trattava di vecchie cose che non avrebbero più potuto utilizzare.
    " Questo te lo ricordi, Fee?", domandò d'un tratto il minore, mostrando all'altro una maglia rifinita con del metallo leggero simile all'oro - Bilbo aveva imparato quanto fosse normale per i Nani indossare gioielli e pietre preziose, e soprattutto quanto fossero dotati nella sua lavorazione.
    " È il vestito della festa.", rispose Fìli distrattamente, pensando alle parole adatte per convincere lo Hobbit.
    “ È davvero molto bello...”, commentò Bilbo, sollevato dal rapido cambiamento d’argomento.
    " Sai... era raro per noi festeggiare. Non eravamo ricchissimi e spesso abbiamo passato dei brutti momenti...”, ammise il maggiore. “ Tuttavia, quando c’era la possibilità di festeggiare e potevamo indossare un certo tipo abiti. Eravamo i membri della famiglia reale... era un modo per ricordarci il nostro posto.", concluse.
    Bilbo assentì, voltandosi poi verso l'altro fratello che ridacchiava, posando sulle sue spalle la maglia dorata.
    " È della tua misura, sai?", sorrise Kìli. " Perché non lo provi?"
    Lo Hobbit arrossì, scuotendo prontamente la testa.
    " No. No! Non posso!"
    " Dai! Tanto noi non li metteremo mai più!", insistette. " Poi sarà divertente vederti vestire i panni di un Nano!"
    " Non è il caso! Sono... troppo importanti!"
    Bilbo, ovviamente, continuò a rifiutare ma quando anche Fìli si unì al fratello comprese di non avere scampo.
    " Dopo tutto quello che hai fatto per noi, permettici almeno di farti questo piccolo donò per ripagare in parte il debito. Saranno degli indumenti vecchi ma hanno un forte valore sentimentale, e tra tutti tu sei il più adatto a riceverli.", spiegò, trovando improvvisamente un appiglio per convincere lo Hobbit ad incontrare Thorin.
    Era un azzardo, ma poteva funzionare.
    " Inoltre, sei un membro della famiglia ormai.", concluse Fìli e quell'affermazione fece subito crollare Bilbo, ed il suo cuore mancò un battito nel sentirsi definire parte di quella famiglia.
    Non erano mai stati così ‘diretti’. Certo, non avevano mai nascosto il loro affetto ma non avevano mai usato quella parola.
    " I-io... ma... non c'è nessun... debito... e vi ringrazio per questo dono.", mormorò emozionato, finendo poi per saltare quasi in piedi quando Kìli gli strattonò un po' la camicia come per spogliarlo. " Ehi! Giù le mani!"
    " Ti diamo una mano, dai Bilbo!", ridacchiò il Nano.
    “ N-non ho ancora accettato! E in ogni caso posso fare da solo!", esclamò, ma ovviamente Kìli lo ignorò - così come suo fratello.
    Bilbo detestava essere al centro dell’attenzione. Quando aveva troppi occhi su di sé gli sembrava quasi di bruciare - iniziava con un leggero e fastidioso pizzicore sulle guance che poi su riversava sugli angoli degli occhi fino alla punta delle orecchie.
    Di conseguenza il sentire tutte quelle mani su di sé - erano solo quattro in realtà -, non rientrava assolutamente tra le sue ‘preferenze’.
    " Ma... è p-proprio necessario?", tremò coprendosi il petto con le braccia quando la camicia gli venne sfilata via dalle abili mani di Fìli - lamentandosi quando il minore gli pizzicò la pancia appena scoperta.
    " Lo è. Quindi sta zitto, Bilbo!", tagliò corto Kìli ridendo, armeggiando poi con i bottoni dei pantaloni dello Hobbit.
    " Devi essere al meglio per presentarti al Re.", continuò Fìli, ghignando quando Bilbo tentò di sottrarsi alle dita di Kìli.
    " P-posso spogliarmi da solo!", gracchiò. " E... e basta con questa storia di Thorin! È finita!"
    Faceva male ripeterlo ogni volta. Soprattutto ad alta voce... quei due però erano testardi e non volevano smettere di insistere. Sapeva che cercavano di aiutarlo, ma era inutile.
    " Sei troppo lento!", ribatté il più giovane, strattonandogli i pantaloni fino a riuscire ad abbassarglieli - facendo ovviamente avvampare il povero Hobbit. " Non vuoi farti bello per lo zio? Potresti riconquistarlo."
    " I-io... non... non intendo fare niente!"
    " Allora non fare niente e lasciati preparare e zitto!", esclamò ancora Kìli.
    E alla fine di quell'imbarazzante tortura, si ritrovò con parte degli indumenti del minore, caratterizzati dall'azzurro, e quelli d'oro di Fìli.
    " Non male.", commentò il maggiore, sorridendo per il rossore che colorava il volto dello Hobbit.
    " Soddisfatti?"
    " Decisamente.", ghignò Kìli. " Lo zio non saprà resisterti."
    " Ragazzi..."
    " Bilbo come hai detto tu: è finita. Mal che vada non farà niente come al solito.", spiegò Fìli, assecondando in parte lo Hobbit.
    Di certo non poteva promettergli che avrebbe funzionano - non era neanche convinto della ‘genialità’ del suo piano, in realtà - ma Thorin lo avrebbe visto con quegli indumenti e avrebbe capito che Bilbo poteva stare bene anche tra i Nani e ad Erebor, lontano dalla Contea.
    “ Capisco che vogliate aiutarmi.”, mormorò lo Hobbit. “ E mal che vada, come hai detto, finirò per farmi solo delle false speranze e so come andrà a finire...”
    “ Non lo sai Bilbo!”, esclamò Kìli. “ Potrebbe funzionare e...”
    “ No, ha ragione.”, ripose Fìli. “ Noi vogliamo solo vedervi felici perché questa situazione vi sta distruggendo, ma non possiamo sapere se funzionerà.”
    Il minore lo guardò ferito per quella risposta, anche se in realtà sapeva che suo fratello aveva ragione: Thorin era così testardo che forse non si sarebbe mai arreso e Bilbo avrebbe solo sofferto di più nel tentare e fallire.
    Lo Hobbit osservò i due scambiarsi un’occhiata delusa e non riuscì a trattenersi dal mordicchiarsi l’interno della guancia.
    Era tutto sbagliato, si disse. C’era una parte di lui che voleva scappare e ignorare tutto quello che stava accadendo, ma c’era quell’altra, incoraggiata dall’affetto che provava per Fìli e Kìli, che voleva davvero combattere e tentare di riavvicinarsi a Thorin. Dirgli che si sbagliava e che non avrebbe mai potuto creare una famiglia.
    Doveva solo trovare il coraggio di battersi un’ultima volta, come già aveva fatto in passato.
    “ D’accordo.”, mormorò. “ Ma... se le cose non cambieranno, lasciamo perdere...”, aggiunse, guardandoli come se non ammettesse repliche e i due, stupiti da quella decisione, non poterono far altro che sorridere felici e carichi di speranze.
    Era la loro ultima possibilità, non potevano sprecarla.


    Thorin durante quei giorni aveva avuto spesso modo di pensare a come comportarsi con Bilbo.
    Non era una decisione semplice né poteva prenderla così, su due piedi. Dìs - che si aspettava una rapida reazione - lo punzecchiava, incitandolo ad agire il più in fretta possibile, ma doveva pensarci bene. Valutare i fattori contrari e quelli positivi e ragionare su ogni parola da utilizzare.
    E, di questo il Nano ne era più che certo, doveva trovare la soluzione prima del ritorno nella Contea.
    Ad occhio e croce sarebbero partiti al sorgere della prima luna del mese, e al contrario dell'andata non sarebbero riusciti a viaggiare leggeri e veloci.
    Avrebbero impiegato almeno una settimana in più per giungere a casa di Bilbo e doveva fare tesoro di quell'opportunità.
    Tuttavia, nonostante la sua scelta, non poteva fare a meno di subire le pressioni della sua famiglia che desideravano ovviamente dargli una spinta... e quando vide Fìli e Kìli entrare in cucina per la lena, spingendo Bilbo, comprese di ritrovarsi di nuovo dinnanzi all'ennesimo tentativo di dialogo.
    E in quel momento comprese che non sarebbe stato possibile ignorarlo. Perché Bilbo - sicuramente a causa di quei due scalmanati dei suoi nipoti - indossava degli abiti tipici della sua razza.
    Non faticò a riconoscerli. Erano i vecchi abiti delle feste che indossavano Fìli e Kìli quando erano più giovani.
    " Oh! Mastro Baggins! Sta benissimo vestito in quel modo!", si complimento sincera Dìs, rubando le parole dai pensieri di Thorin.
    Bilbo sembrava un principe nanico, inoltre quelli erano dei colori che donavano particolarmente alla carnagione dello Hobbit - l'oro e l'azzurro -, ed il Nano non faticò ad immaginarlo con abiti ben più ricchi.
    Magari avrebbe potuto mantenere l'oro e al posto dell'azzurro mettere in rosso. Sarebbe sembrato il tesoro più prezioso di Erebor.
    " Tu che ne pensi, Thorin?", lo interpellò Kìli, spingendo verso di lui Bilbo - abbastanza imbarazzato.
    “ Io... non dovrebbe indossare abiti simili.”, rispose sincero, attirando su di sé gli sguardi di tutti - dello Hobbit compreso.
    Non riuscì a non incrociarli, leggendovi stupore ed aspettativa...
    “ Perché”, domandò Kìli carico di stupore per quell’affermazione. Aveva visto lo sguardo del Nano e si aspettava delle parole ben diverse.
    “ Non sono degne di lui.”, sbottò Thorin con finta rabbia - cercava di nascondere l'imbarazzo.
    Bilbo era stupendo, certo, ma non doveva cambiare per lui né vestirsi come un Nano, perché era davvero perfetto nella sua semplicità.
    Si era innamorato di quello Hobbit proprio per il suo carattere ed aspetto che ‘sapeva di casa’. E lo avrebbe ripetuto all'infinito: per quanto quegli abiti gli donassero, non erano degni di essere indossati da uno come Bilbo.
    Tuttavia, quelle belle parole sembravano non voler uscire dalla sua bocca e Dìs, così come i ragazzi, lo guardarono sconvolti.
    Tant'è che Thorin si rese conto che la sul affermazione poteva essere stata fraintesa senza un'adeguata spiegazione.
    Tentò quindi di riaprir bocca ma lo Hobbit lo anticipò.
    “ Non sono degno di cosa?”, ribatté Bilbo irritato, trattenendo a stento la rabbia. Il suo volto era paonazzo ed era come se si fosse spezzato qualcosa dentro di sé nel sentire quelle parole - il suo cuore forse.
    “ Della tua amicizia? Della tua presenza?”, insistette rabbioso, puntandogli addosso l’indice. “ Chi ti ha salvato da Azog? Chi dalle prigioni di Bosco Atro? Chi ha affrontato Smaug? Chi ti ha permesso di sedere sul trono di Erebor? Dimmelo Thorin! Perché mi sembra che tu ti sia dimenticato tutte queste cose!”
    Bilbo non aveva mai rinfacciato niente a nessuno in vita sua, ma in quel momento non riusciva a non parlare.
    “ Non ho dimenticato il debito nei tuoi confronti...”, esordì il Nano, ma l’altro continuò con il suo sfogo.
    “ Non hai nessun debito! Nessuno di voi lo ha! Ho rischiato la vita solo ed esclusivamente perché era la cosa giusta da fare e perché volevo bene a tutti voi. Soprattutto a te.”, strinse i pugni. “ Forse avrò sbagliato nel consegnare quella pietra, ma non sopportavo di vederti in quello stato. Non sopportavo l'idea di perderti!"
    “ Signor Baggins...”, Dìs si fece avanti per parlare, ma lo Hobbit alzò la mano come per fermarla.
    “ Ho tradito Erebor e la tua fiducia e per questo non sono degno di portare questi indumenti. Non sono degno neanche più della tua amicizia e rispetto a quanto pare. Sono certo di non meritarmi un simile trattamento ma... ho fatto di tutto per accettarlo, per cercare di capire il motivo del tue azioni. Ma non ci riesco più! E la cosa peggiore è che fa male.”, tremava ancor più violentemente, puntando lo sguardo verso il pavimento mentre sentiva tutto il coraggio provato fino a poco prima svanire lentamente. “ Mi fa male il tuo odio e l’indifferenza, perché non riesco a smettere di... di... oh giorni celesti!”, gemette coprendosi il viso con le mani, senza riuscire a concludere la frase.
    Si stava rendendo ridicolo e si era addirittura pentito di essersi sfogato in quel modo davanti a tutti - specialmente in presenza della padrona di casa -, tant’è che al colmo della vergogna non riuscì a trattenersi dal fuggire e rinchiudersi nella sua camera, lasciando i tre Nani senza parole.
    Il primo a riprendersi fu Kìli che, decisamente più impulsivo, guardò con un cipiglio severo Thorin.
    “ Complimenti...”, commentò, ma il Nano - dopo aver fissato per qualche attimo il punto nel quale lo Hobbit era scomparso - non rispose, e si allontanò velocemente abbandonando prima la cucina poi la casa.
    Si sentiva distrutto per le parole di Bilbo. Lo aveva davvero trattato in quel modo?
    Era stato un idiota ed un egoista... ed in quel momento tutti i suoi propositi si stavano sgretolando.
    Non sarebbe mai riuscito a chiedergli di venire con loro ad Erebor. Non poteva chiedergli di restare con lui dopo tutta la sofferenza che gli aveva inflitto.
    Bilbo si meritava di meglio, non una vita con chi doveva essere condannato per la propria stupidità.
    Colpì un albero con un pugno, soffocando un verso di dolore - non tanto per la mano, ma anche per il suo cuore... perché aveva sbagliato tutto.





  9. .
    Titolo: The Long Way Home
    Titolo del Capitolo: X. Make the Right Choice
    Fandom: The Hobbit
    Personaggi: Bilbo Baggins, Fìlì, Kìli, Thorin Oakenshield, Dìs
    Genere: Introspettivo
    Rating: Verde
    Avvertimenti: Slash, What if? (E se…)
    Conteggio Parole: 3100
    Note: 1. Ambientata alla fine del libro Lo Hobbit, dopo la Battaglia dei Cinque Eserciti.
    2. Aggiornamenti settimanali<3 ogni mercoledì vedrà la luce il nuovo capitolo!
    3. EDIT: L’immagine del banner appartiene a Alythekitten che ha fatto questo splendido disegno per me çAç alla fine del capitolo l'immagine originale ç///ç <3
    4. Dedicata all’amore della mia vita che mi ha aiutato tantissimo durante la scena tra Thorin e Dìs *O* Ti amo<3
    5. Non betata BWAH!




    Vms0H8V




    C’erano tante frasi che un Nano - Elfo, Hobbit o Uomo, non importava la razza: era una cosa universale - desiderava non voler mai sentir pronunciare da una femmina e: " Dobbiamo parlare.", era una di quelle. Ovviamente, quando la sentì uscire dalle labbra di sua sorella, Thorin ebbe la macabra sensazione che non sarebbe arrivato vivo all'indomani mattina.
    Non era una menzogna il fatto che talvolta fosse più terrorizzato da Dìs che da un drago, e in quel momento sentiva davvero la necessità di fuggire.
    " È tardi.", ribatté prontamente, cercando una scusa qualsiasi per evitare scomodi discorsi con la Nana - anche se sapeva che niente avrebbe funzionato. " Di qualsiasi argomento si tratti, possiamo attendere il mattino.", aggiunse.
    " Desidero parlarti ora, invece.", rispose invece Dìs testarda, facendolo spostare di lato per entrare nella stanza.
    " Accomodati pure...", mormorò il Nano rassegnato, chiudendo la porta alle sue spalle ed osservando l'altra sedersi sul letto, sul quale la raggiunse poco dopo.
    A dirla tutta, Thorin aveva una mezza idea riguardante l’argomento, e la cosa lo metteva non poco in apprensione. Gli sembrava quasi di essere tornato indietro nel tempo, quando sua sorella cercava in ogni modo di trovargli una moglie - cosa che, con il passare del tempo, era diventata alquanto imbarazzante e seccante.
    " Dimmi, nadadel...", esordì Dìs qualche attimo dopo." C'è qualcos'altro della vostra spedizione che dovrei sapere?", domandò mostrandosi pericolosamente tranquilla.
    " I tuoi figli ti hanno narrato tutto.", rispose Thorin sospettoso. “ Non c’è altro che tu debba sapere.”
    " Esattamente. Mi hanno detto tutto.", precisò la Nana. " Quindi... non pensi di essere stato troppo crudele con il signor Baggins? Dopo tutto quello che ha subito durante il vostro viaggio, penso abbia lo stesso mio diritto, così come quello di tutta la nostra gente, di rivedere Erebor e visitarla quando desidera..."
    " Non è semplice e conosci la legge. Si è macchiato di tradimento e la pena era la morte, l'esilio era la soluzione più corretta visti i suoi servigi come scassinatore."
    " Certo che conosco le leggi, ma tu stesso stavi tradendo la tua famiglia mettendola in pericolo in quel modo.", ribatté Dìs.
    " Non eri lì, namad. Non potevi vedere gli occhi degli uomini e di quegli elfi. Non potevi vedere come desideravano cacciarci dalla nostra casa per impadronirsi del tesoro.", rispose con rabbia Thorin. " Dovevo agire per proteggere il mio regno."
    " Proteggerlo? Ingaggiando una battaglia?"
    " Sarebbe stata inevitabile contro gli orchi.", tagliò corto il Nano. Non voleva affrontare un simile discorso con sua sorella, anche perché sapeva che sarebbe stato immancabilmente sconfitto... e che Dìs non avrebbe avuto tutti i torti nel volerlo uccidere.
    " Comprendo. Ma il drago aveva distrutto le case di coloro che vi avevano accolto e sfamato. Il Governatore forse non era una brava persona, ma la sua gente? Loro forse non sono stati gentili con voi?", insistette. " Tu più di tutti sai che significa perdere la propria casa e non ricevere l’aiuto che ci si aspetta..."
    Thorin, ovviamente, sapeva di non aver agito in modo saggio, ma sentire sua sorella parlare in quel modo lo faceva sentire ancor più nel torto anche se il suo orgoglio continuava ad impedirgli di ammetterlo.
    " Ed il signor Baggins lo ha capito. Voleva salvarvi... voleva salvare te dalla pazzia.", continuò Dìs.
    " Non stavo impazzendo.", borbottò.
    " E minacciare di morte i tuoi compagni, la tua famiglia?", insinuò la Nana. " Mi hanno raccontato anche questo Fìli e Kìli. Quel tuo comportamento non ti aveva forse reso simile ad un folle? E tutto per una pietra..."
    " Dimentichi che quella pietra è l'Arkengemma! Il cuore della montagna!", si difese accorato Thorin. " Non è un semplice pezzo d'oro o una qualunque gemma. Dimentichi il suo valore? Ciò che ha significato per Erebor e per nostro Nonno?"
    " No, non lo dimentico.”, ammise con un sospiro Dìs. “ Ma guarda dove abbiamo vissuto per quest'ultimo secolo. Non eravamo ricchi, e spesso ci siamo anche privati del cibo pur di sfamare Fìli e Kìli... e se non fosse stato per te e per i miei figli, io avrei cercato la morte pur di non vivere più in questa terra che mi tolto ogni ricchezza e felicità con la quale ero cresciuta.", ammise, e Thorin non faticò a comprendere a quale periodo della sua esistenza si stesse riferendo. Perché ricordava come si era ridotta a causa di Vìli. E neanche dopo l’esecuzione del Nano per il crimine che aveva commesso, sua sorella era riuscita a reagire.
    Era arrivato quasi a temere di perderla, ma fortunatamente non era accaduto ed era riuscita a superare quel momento anche per i suoi figli che avevano bisogno di lei.
    " Questo mi ha fatto rivalutare la vita e quali valori sono davvero importanti.", concluse.
    " Sbagli se credi che non li abbia compresi...", mormorò Thorin.
    " Allora perché hai cacciato il signor Baggins?"
    " Perché sono il Re. E per salvarci, come hai detto tu, ha infranto le leggi. Dovevo farle rispettare."
    " Leggi. Leggi. Leggi! Non credo che tu lo abbia fatto per quello! Sembra quasi che ti voglia nascondere dietro questa parola. Quindi Thorin, sii sincero: hai davvero mai pensato alle leggi?", il Nano rimase in silenzio, costringendo Dìs a continuare a parlare. " Fìli e Kìli mi hanno detto tutto, forse anche troppo.", aggiunse, osservando con sommo piacere il volto del fratello sbiancare.
    “ Qualsiasi cosa ti abbiano detto, penso che abbiano frainteso.”, dichiarò qualche attimo dopo il Nano, superando lo stupore e cercando di apparire il più deciso possibile - pensando al tempo stesso come punire quei due ficcanaso.
    “ Hanno frainteso il fatto che tu abbia giaciuto con lui? E per di più senza neanche un adeguato corteggiamento!”, esclamò Dìs senza trattenere un tono vagamente stizzito. “ E sai come la penso riguardo al corteggiamento!”
    Thorin, davanti a quella dichiarazione rischiò quasi di avvampare - arrivò quasi a pregare tutte le divinità conosciute pur di non mostrarsi in quello stato -, borbottando un: “ C-che... diavolo...?”
    Era sempre stato riservato e aveva cercato di tenere la sua relazione con Bilbo altrettanto nascosta, per quanto fosse complicato. E quei due avevano spiattellato ogni singola cosa all’essere in tutta la Terra di Mezzo che non doveva conoscere una storia del genere - ed eccoli che tornavano a galla! Tutti i ricordi delle femmine che sua sorella adocchiava come 'candidate' per un futuro matrimonio.
    “ Un atto simile me lo sarei immaginata da parte di Nori, ma non dal Re di Erebor!”, insistette Dìs.
    “ Sono delle menzogne.”, ringhiò l'altro, cercando istintivamente di difendersi anche davanti alla cruda realtà.
    Quell’affermazione sembrò non piacere per niente alla Nana che, rapida, andò ad afferrarlo per una treccia tirandola con forza.
    “ Osi dare dei bugiardi ai miei figli, nadad?”, sibilò, facendo digrignare i denti al fratello. “ E vuoi sapere perché mi hanno voluto raccontare tutto? Perché sono delusi dall'atteggiamento del loro Re, ma soprattutto da quello del Nano che lì ha cresciuti! Lo hanno fatto perché ti vogliono bene, e ne vogliono anche al signor Baggins. Dicono che stai male dal giorno in cui lo hai fatto andare via e che prima, quando era al tuo fianco, eri diverso. Sembravi felice.”
    Thorin non rispose - riuscendo però a liberarsi dalla presa dell’altra -, lasciando che quelle parole, tremendamente veritiere, rimbombassero nella sua testa, costringendolo ad abbassarla carico di vergogna.
    Non poteva negare quanto fosse successo tra lui e Bilbo, ne continuare a mentire in quel modo a sua sorella che già sapeva tutto quello che era accaduto.
    “ È... successo.”, borbottò. “ Non ho avuto tempo né modo di poterlo corteggiare, d'accordo?”, concluse, sincero.
    Sin da bambini, Dis era sempre stata non solo la sua ‘piaga’ - e una “protettiva cotta infantile” -, ma anche la sua confidente e amica. Era una delle persone più importanti della sua vita, e nonostante le continue discussioni, tenevano per davvero l'uno all'altra.
    " Posso comprendere.", rispose la Nana qualche attimo dopo. “ Ma allora perché hai rinunciato alla tua felicità... hai forse smesso di amarlo?”, insistette.
    “ Dovevo proteggerlo e renderlo felice.", rispose Thorin, ignorando la domanda dell’altra - non poteva rispondere, non ne era in grado.
    " Proteggerlo da cosa?"
    " Da me e da un'esistenza basata sulla nostalgia.”, la guardò serio in viso, sperando che capisse il motivo delle sue azioni. “ Perché ha abbandonato la sua vita per un qualcosa che non significava niente per lui, ed ha rischiato di morire più volte per un luogo che solo pochi di noi ricordavano...”
    Dìs si morse le labbra allungandosi verso di lui per stringergli la mano, come per volergli infondere un po’ di forza.
    “ La tua è una scelta nobile, nadad... ma ti sei chiesto se si trattava per davvero di quella giusta?”, domandò gentilmente, sollevata dalla sincerità di Thorin. Temeva di scontrarsi contro la sua testardaggine, e invece era stato abbastanza semplice convincerlo a parlare - anche se sapeva che non avevano ancora finito la loro discussione.
    “ Come hai detto poco fa: capisco come ci si sente quando la propria casa viene strappata via.”, ribatté grave Thorin. “ Le Montagne Azzurre ci hanno dato un rifugio, certo... ma la nostra casa è Erebor. Così come per Bilbo, il suo posto è nella Contea. Morirei nel vederlo soffrire lontano dal luogo in cui è nato...”, ammise abbassando la voce.
    “ Allora stai già morendo.”, rispose Dìs, cercando di farlo reagire. “ Perché state soffrendo entrambi per via di questa tua maledetta convinzione!"
    " Bilbo si può fare una vita nella Contea. Può essere felice."
    " Non capisci che esiliandolo gli hai semplicemente tolto l’opportunità di scegliere? Hai fatto tutto da solo... come sempre.”, continuò la Nana, ignorando l'affermazione dell'altro.
    " Non era in grado di scegliere."
    " Tu lo eri?", ribatté prontamente Dìs. " Dovresti ripensarci e..."
    “ So dove vuoi arrivare.", tagliò corto Thorin. " E non intendo revocare l’esilio. Né che sia tu a chiedermelo, o Fìli e Kìli. Sono le leggi.”, concluse, mettendosi sulla difensiva.
    Se Bilbo fosse tornato ad Erebor, lui era certo che non lo avrebbe più lasciato andare via. L’avrebbe privato per davvero dell’opportunità di scegliere dove e come vivere, e desiderava evitare di farlo soffrire in quel modo.
    “ Ho degli obblighi verso la nostra gente. Sono il Re Sotto la Montagna, ora.”, concluse, cercando di aggrapparsi a quella convinzione.
    “ Che ti cada la barba, razza di insensibile! Non sai quanto vorrei prenderti a pugni!”, esclamò la Nana, stringendo la presa sulla mano del fratello, che passò da 'piacevolmente confortante' a 'fastidiosamente dolorosa'. “ Non ti rendi conto di cosa stai diventando? Anziché rischiare, ed essere felice, preferisci rifugiarti sotto una corona e dietro l’Arkengemma. Questo atteggiamento ha quasi fatto perdere la vita a te e ai ragazzi! Ti... ti rendi conto che se vi fosse accaduto qualcosa... sarei rimasta sola?"
    " Dìs..."
    " Che avrei fatto? A questo non hai pensato?", mormorò la Nana, allentando lentamente la presa sulle mani dell'altro, mostrando a sua volta la sua debolezza. " Proseguendo per quella strada rischiavi di fare la fine di nostro Nonno, lo sai vero?”
    Thorin non ebbe la forza di rispondere. Perché lui se ne era a sua volta reso conto anche se cercava di rifiutarlo. Si era lasciato ammaliare dal tesoro e aveva agito come uno sciocco.
    Non erano i beni terreni ad essere davvero importanti, ma le persone ed i legami stretti con esse. E Thorin quando aveva lasciato andare via Bilbo, aveva compreso che né tutto l’oro di Erebor né quello di tutta la Terra di Mezzo poteva riempire il vuoto che avvertiva dentro.
    Tuttavia, si stava rendendo conto che dentro di sé aveva quasi sperato di diventare un pazzo come suo Nonno e magari dimenticare ogni dolore in mezzo alle ricchezze del suo Regno, ma non era accaduto e sentiva sempre più lontana la brama d’oro che lo aveva animato quando aveva raggiunto la Montagna Solitaria.
    “ Nadad...”
    “ Sarò sincero con te, namadith...”, mormorò Thorin. “ Credo di aver desiderato lasciare che la malattia di nostro Nonno mi colpisse.”, ammise grave, cercando di ignorare l’espressione stupita e preoccupata della Nana. “ Volevo dimenticare, ma ho scoperto che non posso. L'oro sembra non sortire più alcun effetto su di me, ormai posso solo andare avanti e sopportare.”
    Nadadel... ma tharkû sulel rud ayawumakhizu...”, mormorò Dìs nella loro lingua segreta, allungandosi di nuovo verso di lui per abbracciarlo. “ Puoi cambiare le cose se lo desideri... puoi ancora fare la scelta giusta...”
    “ Credo sia troppo tardi.”
    Aveva fatto soffrire Bilbo, non lo avrebbe mai perdonato.
    “ Sei forse diventato cieco?”, ribatté Dìs, cercando di alleggerire quella discussione. “ Hai visto come ti guarda di nascosto? Come sospira quando si rende conto che tu non ricambi il suo sguardo? Oh, Thorin... hai tra le mani un tesoro più grande di quello contenuto tra le mura di Erebor e te lo stai lasciando sfuggire...”
    “ Conosco il valore di Bilbo.”, ammise Thorin in un sussurro, posando il capo sulla spalla della Nana, lasciandosi andare alla sua debolezza per la prima volta dopo tanto tempo. Sentiva il bisogno di lasciar cadere la sua corazza d’orgoglio ed essere semplicemente se stesso.
    “ Non ti voglio chiedere di ritirare l’esilio o di cambiare repentinamente idea...”, mormorò Dìs. “ Ti chiedo solo di chiarire con lui, di cercare di recuperare quell’amicizia che sembra persa... per te e anche per i ragazzi. Soffrono nel vederti così...”
    Il Nano sospirò annuendo mestamente.
    “ Ci proverò...”, promise, sorridendo appena quando sentì le dita della sorella attraversare i suoi capelli con delicatezza - non lo avrebbe mai ammesso, ma era un qualcosa che lo aveva sempre fatto rilassare.
    “ Ti ringrazio, e...”
    “ Mh?”
    “ Grazie per essere tornati da me.”



    L'indomani mattina, Thorin sparì prima di colazione per continuare ad informare la sua gente - era più una tattica per non incontrare lo Hobbit -, e Bilbo si ritrovò suo malgrado di nuovo solo con i due fratelli e la Nana. O, almeno, lo sarebbe stato quando Fìli e Kìli si sarebbero svegliati, per il momento - con suo sommo disagio - poteva solo godere della compagnia di Dìs che si stupì non poco quando lo vide seduto vicino al caminetto a fumare.
    " Già sveglio, signor Baggins?", constatò con tono amichevole la Nana.
    Lo Hobbit sussultò ma annuì ugualmente con il capo.
    " Ha dormito male nella stanza che vi ho preparato?", chiese Dìs, prendendo un grembiule.
    " Oh no no.", si affrettò a rispondere Bilbo gesticolando con entrambe le mani. " Non avevo sonno. Tutto qui.", concluse frettoloso, facendo ridacchiare la Nana.
    " Qualunque cosa vi abbiano detto Fìli e Kìli sul mio conto... è almeno una parte una menzogna.", dichiarò Dìs qualche attimo dopo, notando la tensione dell'altro.
    " Mi hanno... parlato molto bene in realtà.", mormorò.
    " Grazie signor Baggins, ma so chi ho cresciuto.", ghignò lei per nulla offesa - anzi: appariva alquanto divertita -, iniziando poi a preparare la colazione.
    Bilbo la osservò in silenzio, permettendosi di cercare nel suo volto le somiglianze con Thorin ed i suoi figli, notando subito quanto il suo sorriso fosse simile a quello di Fìli.
    " Sa... mi sembra passata un'eternità da quando ho preparato la colazione per qualcuno che non fossi solo io.", constatò Dìs dopo qualche attimo di silenzio.
    " Posso immaginare quanto vi siano mancati...", ammise sincero lo Hobbit.
    " É per questo che avete accettato la loro proposta?", domandò prontamente l'altra. " Intendo, quella di intraprendere questo nuovo viaggio."
    Bilbo deglutì, ma assenti. La temeva - ed era colpa di Fìli e Kìli -, ma non poteva fare a meno di fidarsi di lei.
    Gli Hobbit erano degli essersi amichevoli ma talvolta sospettosi dinnanzi agli estranei, ma lui nella scorso anno aveva imparato a non dubitare subito di chi lo circondava e a fidarsi del proprio istinto, che in quel momento gli diceva di non dover temere Dìs.
    " Ne sentivo la mancanza.", mormorò con un sorriso triste. " Ho passato mesi e mesi in loro compagnia che... beh, il ritrovarmi in una casa vuota mi ha fatto comprendere quanto seriamente tenessi a Fìli e Kìli."
    " Allora non siamo poi così diversi, signor Baggins.", sorrise Dìs, e quando vide lo Hobbit alzarsi come per volerle dare una mano, si affrettò a fermarlo. " Siete un ospite, non si disturbi."
    " Nessun disturbo.", ribatté Bilbo, sorridendo leggermente più rilassato. " Per me è un grande piacere cucinare e rendermi utile."
    E senza che la Nana facesse altro per fermarlo, i due iniziarono a preparare la colazione, lasciando che l'atmosfera si rilassasse lentamente.
    " Penso di dovervi delle scuse.", esordì Dìs qualche momento dopo, preparando della pasta per dei dolci da consumare durante la merenda.
    " Come?"
    " Da parte di mio fratello. Per come si è comportato nei vostri confronti."
    Bilbo avvampò, stringendo le mani sul manico della padella sulla quale stava preparando le uova.
    " N-no! Non deve! Thorin è... beh, lui si è sempre comportato correttamente con i suoi c-compagni e...", balbettò lo Hobbit, cercando di nuovo di concentrarsi sulle uova. " E... con il mio atto h-ho... tradito la sua fiducia e..."
    " Non dovete difenderlo.", taglio corto la Nana. " È un insensibile. Buono solo a parole, lo conosci come fa. Tutto pomposo con i suoi paroloni.", borbottò Dìs, in una quasi perfetta imitazione di Thorin. " Ma alla fine è incapace di prendersi le sue responsabilità. E dovrebbe farlo dopo quello che è successo con voi."
    " Re-responsabilità?", lo Hobbit, che fino a qualche attimo prima stava anche sorridendo per l'imitazione, si ritrovò letteralmente a sbiancare davanti a quelle affermazioni.
    Quanto sapeva Dìs?
    Si stava riferendo a quello che pensava lui o alla questione del tradimento?
    " Fìli e Kìli.", dichiarò la Nana e all'altro bastò sentire quei due nomi per comprendere la situazione.
    " È... successo...", mormorò Bilbo con il capo basso, girando il bacon sulla padella.
    Dìs si permise a sua volta di osservarlo, sorridendo nel sentire quelle parole: le stesse utilizzate da Thorin la notte prima.
    " Ed è anche finito...", concluse lo Hobbit poco dopo, senza dare troppe spiegazioni e l'ingresso di Fìli e Kìli impedì alla Nana di poter dire la sua su quell'argomento.
    " Non pensavo di avere due madri!", esclamò il minore quando vide Dìs e Bilbo armeggiare con la colazione. Nel sentire la loro voce i due si voltarono donando ad entrambi un sincero sorriso.
    " 'Giorno!", rispose Bilbo, sinceramente sollevato dal loro ingresso.
    " Ben svegliati ragazzi.", li accolse invece la Nana, andando ad abbracciarli d decidendo al tempo stesso di rimandare di qualche ora il discorso con Bilbo - certo, Thorin aveva detto che ci avrebbe parlato... ma sinceramente non si fidava.
    " Buon giorno a voi.", rispose Fìli, ricambiando l'abbraccio della madre e sorridendo a Bilbo che iniziò a servire la colazione.
    A sua volta anche lo Hobbit sapeva che la discussione con Dìs era lungi dall'essere finita... e avrebbe fatto di tutto per evitare che continuasse.
    Perché era troppo imbarazzante e, soprattutto, non gli sembrava neanche il caso di parlare di certe cose così 'intime' con la sorella di Thorin.



    Note:
    Nadadel: letteralmente “Fratello di tutti i fratelli”. Per i Nani sarebbe come dire “sei il fratello più importante” o qualcosa del genere :3
    Nadad: Fratello
    Namad/Namadith: Sorella/Sorellina
    Ma tharkû sulel rud ayawumakhizu: “ Non caricare tutto il peso sulle tue spalle.”, un po’ arrangiata ma il senso dovrebbe essere quello X°D


    Ecco lo splendiderrimo (!?) disegno fatto da Alice ç///ç LO AMO çAç *piagnucola e sparge amore*

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    Edited by p r i n c e s s KURENAI ~ - 25/4/2013, 16:08
  10. .
    Titolo: Deathless
    Titolo del Capitolo: II. Destroy a Wall
    Fandom: The Hobbit
    Personaggi: Kìli, Fìli
    Genere: Introspettivo, Erotico
    Rating: Rosso
    Avvertimenti: Incest, Lemon, Slash, What if? (E se…), Alternative Universe (AU)
    Conteggio Parole: 6755
    Note: 1. Scritta ma non partecipante (non ho fatto in tempo X°D) per la #9 Notte Bianca di Maridichallenge. Prompt: Lo Hobbit, Fili/Kili, BeingHuman!AU in cui Kili è un vampiro e Fili è un umano.
    2. Allora... visto che sono un’idiota che si complica la vita, non riuscivo a scrivere senza un “background” ho tentato di ricreare una sorta di storia dietro Vampire!Kìli, riprendendola da quella di Mitchell. Comunque... ci tengo ad avvisare che qui i Fìli e Kìli protagonisti NON sono fratelli, la storia è uscita in questo modo e il ‘nostro’ Fìli è il nipote di Kìli - che era un vampiro ancor prima che nascesse. Sì mi sono complicata la vita X°D
    3. E visto che non mi andava di lasciare le cose così... beh... semplici... ho dato a tutti dei nomi “umani” X°D ovviamente poi i diminutivi sono i loro nomi originali, quindi vi troverete davanti Kilian (Kìli) e Fillian (Fìli) che sono due nomi di origine irlandese - ambientazione della storia.
    4. Clondalkin. Città irlandese nella quale è nato Aidan ù_ù
    5. L’immagine del banner è di Hvit-ravn
    6. TROPPO LUNGA! NON HO NEANCHE IL CORAGGIO DI RILEGGERLA! Perdonatemi çAç




    La loro 'relazione', se così la si poteva definire, aveva iniziato a prendere una vera e propria forma quando Fili, con ancora il naso rosso e screpolato per il raffreddore, liberò parte del suo armadio per far spazio agli indumenti di Kilian.
    Era un piccolo gesto per un grande passo, ma era ormai chiaro che si piacevano l'un l'altro, e anche se era ben lontana dall’essere una cosa ufficiale, Fillian voleva stare con il suo compagno, dormire con lui e godersi quei momenti di intimità tanto desiderati.
    Come avevano già fatto in passato, ovvero prima di arrivare a patti con i loro sentimenti, decise che avrebbe lasciato al tempo la sentenza su come quella relazione sarebbe andata a finire o come invece sarebbe divenuta una cosa seria. Ovviamente Fillian sperava di farla diventare 'importante', ma per il momento gli andava bene prendere tra le mani il viso sempre freddo di Kili e baciarlo con tutta la dolcezza che conosceva. Arrivando poi ad ammettere che il poltrire a letto, da quando Kilian si era trasferito nella sua stanza, non era mai stato così piacevole, e anche se sarebbe stato bello passare tutto il giorno distesi tra le lenzuola, che avevano iniziato a prendere il 'loro' profumo, sapevamo entrambi di non poter rinunciare ne abbandonare tutti gli impegni che li costringeva fuori da quella camera, quali il lavoro e lo sport - scherma per uno e tiro con l'arco per l'altro.
    C'era anche da dire che tutto con il suo compagno diventata un ‘gioco’, perché Kilian sorrideva sempre ed aveva ogni volta una battuta pronta che accompagnava sia i momenti in cui ridevano semidistesi sul divano davanti alla televisione, sia quegli istanti un po' più imbarazzati e tesi caratterizzati dai loro sguardi e dalle labbra che si incontravano alla ricerca di un poco di intimità. Erano quelli i momenti più complicati, ed il suo spirito riusciva sempre a rendere meno imbarazzanti quegli attimi spesi alla scoperta dei loro corpi e su come donarsi piacere a vicenda senza alcuna fretta.
    Fu semplice approfittare della complicità che aveva caratterizzato la loro amicizia e quel legame non faticò a trovare 'dimora' anche nell'evoluzione del loro rapporto.
    Tuttavia - non che Fillian lo reputasse strettamente necessario -, sentiva una sorta di blocco provenire dal suo compagno, che contribuiva a tenere ferma la loro ‘relazione’ alle sole carezze più o meno intime.
    Avevano già avuto modo di parlare dell’argomento sesso mesi e mesi prima, e Fili sapeva che l'altro aveva avuto le sue esperienze, ma vista la giovane età si era ritrovato a pensare che si trattasse di qualcosa avvenuta durante la sua adolescenza e che magari non aveva lasciato un buon ricordo - infatti si ricordava che il suo amante aveva accennato a qualcosa riguardo delle relazioni che si erano concluse male. Non che lui fosse tanto esperto. Aveva semplicemente avuto delle storie di poco conto con delle ragazze e non si era mai interessato a qualcuno del suo stesso sesso prima di Kilian, ma - cosa che lo faceva arrossire non poco al solo pensiero - si era ben informato quando aveva iniziato a provare certi sentimenti per l’amico.
    Quindi non gli restava altro da fare che dagli il tempo che desiderava... e per quanto Kilian fosse grato per la pazienza che Fili dimostrava nei suoi confronti, non poteva né negare i suoi crescenti desideri riguardanti il suo compagno, né poteva dimenticare la sua natura.
    Era un vampiro. Un succhia-sangue.
    Certo, era 'pulito' da anni, ma sapeva quanto il sesso fosse in grado di annullare i sensi e quanto sarebbe stata forte la tentazione di abbandonarsi.
    Fillian però era diverso dagli altri - innocenti, ma non erano 'nessuno' per il vampiro. Lui rappresentava tutto per Kilian, e davanti all'incertezza creata dal suo controllo e guidato dal forte desiderio di non far finire l'amplesso come le precedenti volte - non voleva neanche pensare a cosa sarebbe successo se avesse ferito, o peggio, il suo compagno -, si ritrovava immancabilmente a rifiutare quel contatto fisico più intimo.
    Voleva proteggerlo, ma al tempo stesso temeva che a lungo andare quella situazione avrebbe contribuito ad allontanare l’altro. Quel continuo 'rifiuto' poteva indurlo a credere che non lo desiderasse, mentre al contrario Kilian provava per lui un 'fuoco' che faticava sempre di più a domare.
    Il suo controllo era messo a dura prova non solo dal 'vampiro' ma anche dal desiderio, e solo dopo parecchie settimane di combattimenti mentali riuscì a trovare il coraggio di ‘distruggere’ almeno una parte di quel muro che aveva eretto per proteggere Fillian, arrivando alla soluzione temporanea della masturbazione.
    Era ben lontana dall'essere definitiva - perché anche quella situazione con il passare del tempo sarebbe potuta diventare pesante -, ma in quel modo entrambi raggiungevano il piacere che desideravano e inoltre i suoi sensi riuscivano a restare più vigili, cosa che lo aiutava a controllarsi.
    In quel modo, scoprì ben presto come e dove toccare il suo amante per farlo tremare ed eccitare, beandosi poi delle espressioni che trasfiguravano il volto di Fillian mentre stringeva la mano sulla sua erezione. Lo ascoltava gemere e ripetere infinitamente il suo nome - “ Kili... Kili... Kili...” - con una nota di lussuria che non aveva mai sentito in nessuno dei suoi sventurati amanti, ma non perdeva mai il controllo perché la sua mente si riempiva di: " Concentrati. Stai attento."
    Poi, ovviamente, arrivavano quei momenti in cui era il suo compagno a ricambiare il favore, e muovendo le dita con abilità lungo il suo membro, scopriva a sua volta i punti deboli del vampiro.
    Giocava con lui con calma alla fin fine, in netto contrasto con i movimenti di Kilian ben più imprevisti ed impulsivi. E mentre l'orgasmo cresceva in lui fino a scopare, la mente del vampiro cercava di essere impassibile mentre continuava a ripetersi: " Resta con i piedi per terra! Concentrati!"
    Settimana dopo settimana, quelle carezze iniziarono ad evolversi quasi in modo naturale e divennero via via più intime e maliziose. Come quella volta in cui Kili, costringendo Fillian contro il muro, decise di aprirgli i pantaloni e donargli piacere con la bocca.
    Quel gesto avventato ma altrettanto eccitante, mise a dura prova il suo controllo, soprattutto quando il sangue iniziò a pompare con forza sul sesso che si risvegliava sotto la sua lingua, ma ancora una volta Kilian riuscì a resistere alla tentazione, appellandosi all’amore che provava per l’altro.
    Quella situazione in continua evoluzione sembrò quindi funzionare, perché entrambi iniziarono ad avvertire un minor timore nel donarsi piacere a vicenda e lo stesso Kilian iniziò ad essere quasi più ottimista nel rendersi conto di quanto fosse forte il suo auto controllo che gli impediva di perdere la testa e di andare ad affondare i denti laddove sentiva le vene pulsare cariche di sangue.
    Tuttavia, senza accorgersene, una sera le cose gli sfuggirono di mano, o meglio... il suo corpo era talmente ubriaco da quelle attenzioni che neanche si accorse della situazione nella quale stava andando a cacciarsi.
    In men che non si dica si trovò ‘particolarmente nudo’, con il viso premuto tra i cuscini, con le ginocchia piantate sul materasso e le mani di Fillian che tenevano larghe le sue natiche. Sulle quali, qualche attimo dopo, poté sentire il fiato caldo del suo amante carezzarlo carico di impazienza.
    Era come se stesse cercando a sua volta di frenarsi dal fare qualcosa di sbagliato, fremendo al tempo stesso per farla. Non era una sensazione tanto sbagliata in fin dei annui, conosceva abbastanza bene il suo amante e sapeva che prima di fare qualsiasi cosa era solito pensarci per qualche momento - al contrario suo, in una situazione simile si sarebbe probabilmente fatto trasportare dalle sensazioni. Ed infatti, Fillian attese qualche attimo prima di iniziare a mordergli giocosamente le natiche, leccando lentamente le parti offese che venivano poi carezzate dal suo alito, lasciando che piacere e frustrazione si mischiassero.
    Lo toccava in un modo quasi incesto, e quello data a Kilian l’impressione che il suo compagno stesse aspettando una sorta di autorizzazione per spingersi oltre.
    Il vampiro davanti a quel pensiero - carico delle attenzioni e delle cure che Fili riservava su quella parte così intima del suo corpo -, non riuscì a non arrossire, arrivando addirittura a stupirsi perché pensava di non esserne in grado, era un ‘morto’ in fondo. E in effetti non poteva, era solo il suo corpo che si ricordava quelle sensazioni e le trasmetteva come reali nella sua mente - il suo viso sarebbe rimasto freddo perché il suo sangue non era 'vivo' e reagiva in modo diverso da quello dei mortali -, ma in fin dei conti non gli importava mentre ansimava e cercava di soffiare via dalla sua bocca e dal naso i lunghi capelli ancora bagnati per la doccia appena conclusa - ne avrebbe sicuramente dovuta fare una seconda.
    Si ritrovò a tremare quasi violentemente, venendo scosso da quelle nuove sensazioni mai provate in quella sua lunga esistenza. Perché più sentiva su di sé la bocca e le mani dell’altro, più si ritrovava sul punto di arrendersi a quella crescente eccitazione che aumentava insieme alla necessità di... beh, venire scopato da Fillian.
    Cercò ostinato di trattenersi, ripetendosi di stare concentrato e attento, ma quando il suo compagno osò lambire con la lingua i bordi ruvidi del suo orifizio, Kilian fu sul punto di perdere ogni controllo.
    Ansimò emettendo un gemito strozzato, stringendo istintivamente i pugni sul cuscino e sulle lenzuola. E mentre il suo corpo tremava per il piacere, quella sua reazione - interpretata come un invito a proseguire - spinse Fili a continuare a leccare con il piatto della lingua la sua apertura.
    Era una cosa talmente oscena che non gli era neanche mai passata per la testa, ma era altrettanto eccitante da non fargli muovere un muscolo per impedirgli di continuare. Anzi: il suo corpo desiderava che andasse avanti.
    Si ritrovò ad ansimare e a mugugnare sempre più frequentemente, ed tutti i suoi muscoli vibravano tesi come non mai.
    “ F-Fili...”, gemette, vergognandosi poi per il tono assunto dalla sua voce e che costrinse però il suo amante a fermarsi.
    “ Va... tutto bene? Sto... correndo troppo?”, domandò incerto.
    Perché così come Kilian, che non aveva mai sperimentato una cosa simile, neanche lui lo aveva mai fatto, e tutta la sua 'preparazione' sul sesso maschile si basava sulle letture fatte in rete - e su certi filmini che l’avevano costretto a ficcarsi una mano in bocca per stare zitto e l'altra dentro i pantaloni.
    Per quel motivo, vista la sua inesperienza, desiderava che forse Kili a guidarlo.
    “ C-cazzo sì... continua!”, ordinò il vampiro poco dopo, stupendosi non poco per quell’improvvisa lascività che lo stava trasportando lontano dal suo auto controllo.
    Fillian non riuscì a non piegare le labbra in un sorriso davanti a quella risposta, e alquanto rincuorato tornò di nuovo con la lingua e con la bocca sull’orifizio del suo amante.
    Aveva già superato da parecchi minuti la soglia del: " È sporco la sotto.", anche perché Kilian era appena uscito dalla doccia - la sua pelle, umida, profumava ancora del bagnoschiuma -, e arrivato a quel punto non poteva far altro che leccare e succhiare l'apertura, nella speranza di strappargli altri gemiti sempre più alti.
    I suoi movimenti si alternarono passando da una sorta di decisione a una ben più chiara incertezza, perché alla fine stava sperimentando e testando ciò che poteva piacere al suo amante, mettendo ovviamente in pratica ciò che aveva appreso durante le sue ricerche e scoprendo con quei tentativi come far sciogliere il corpo dell'altro.
    Lo sentiva tremare oltre che gemere in un modo quasi incontrollato, fino a quando tra i versi senza senso non avvertì una richiesta ben chiara.
    " De-dentro... F-Fili... dentro... l-la li-lingua...", ansimò Kilian tenendo gli occhi chiusi e spingendo poi le natiche verso il suo compagno.
    Il giovane si leccò le labbra, mostrandosi alquanto teso per quella richiesta, e con non poca indecisione cercò di spingere la lingua oltre lo stretto anello di muscoli come gli era stato chiesto.
    Inspirò ed espirò con il naso, soffiando con fare quasi nervoso l'aria direttamente sulla pelle dell'altro. Riuscì a spingere la punta leggermente all'interno - Kili gemette per quell'intrusione -, ma ben presto Fillian comprese che era troppo poco per poterlo soddisfare come desiderava. Cercò quindi di costringere ancora l'orifizio ad accoglierlo, dimenando la lingua e trattenendo il fiato per lo sforzo, ma fu costretto ad allontanarsi.
    Ovviamente, Kilian non poteva essere... beh, 'portato' come 'alcuni' attori di 'alcuni' filmini, e per poter fare una cosa simile doveva prima prepararlo a dovere, ed il solo pensiero lo fece tremare per l'eccitazione.
    " A-aspetta qui!", esclamò, scendendo velocemente dal letto per correre verso l'armadio.
    Kilian, sentendosi improvvisamente 'vuoto' e più freddo del solito per la mancanza del caldo corpo dell'altro, ricadde sul materasso con il respiro corto. Era certo che se avesse avuto un cuore ancora vivo, questo sarebbe stato sul punto di esplodere. Non aveva mai provato delle sensazioni così intense e la cosa lo eccitava e spaventava al tempo stesso.
    " E chi va via?", mormorò qualche momento dopo, rigirandosi sul letto per poter osservare il suo amante che frugava nella sacca che utilizzava quando andava a fare scherma.
    Lo fissò interrogativo, ma quando lo vide estrarre una bottiglietta d'olio per massaggi - lo utilizzava spesso dopo l'allenamento per sciogliere i muscoli tesi - non poté far altro che comprendere le sue intenzioni, e ancora una volta Kilian sentì il volto in fiamme - non per davvero, ovviamente, era sempre il ricordo della ‘vita’ che veniva trasmesso dal suo corpo.
    “ Penso... vada bene, no?”, domandò Fillian incerto, guardando la bottiglietta stretta in mano e salendo di nuovo sul letto.
    “ Suppongo di sì...”, ridacchiò imbarazzato il vampiro. “ E anche se non fosse... ti direi di farlo lo stesso.”, ammise. Non sarebbe di certo stato un po’ d’olio a fermare quella piacevole serata.
    Incoraggiato da quella risposta, il giovane fece scontrare le loro labbra mentre si sistemava tra le gambe dell’altro.
    Quella parte non era poi così diversa da quella fatta con le ragazze per così dire, doveva solo armarsi di pazienza e aspettare che il suo amante si rilassasse e accogliesse tutte le sue attenzioni.
    “ Avvertimi se... se faccio qualcosa di sbagliato.”, mormorò guardando il vampiro negli occhi, aprendo poi la bottiglietta per versare poi un po’ del suo contenuto sulle mani - sfregando le dita tra di loro per spargere al meglio quel liquido.
    Kilian assentì prontamente e, sorridendo, allungò le braccia per stringere a sé il suo compagno. Conosceva Fillian da ormai parecchi mesi, e sapeva che sarebbe stato anche fin troppo attento - tra i due era Fili quello calmo -, e lui non poteva che esserne felice.
    Il sorriso che piegava le sue labbra sembrava infatti non voler svanire, così come le sensazioni che animavano il suo corpo - i ricordi della sua vita passata, che gli facevano ‘sentire’ il viso in fiamme e il cuore battere.
    Ovviamente quella non era la prima volta che faceva sesso con qualcuno, ma nessuno era stato gentile con lui - lo stesso Kili non lo era mai stato -, però con Fillian era come se lo fosse.
    In fin dei conti poteva essere per davvero considerata la 'prima volta' per entrambi. Kilian dalla sua non aveva mai amato nessuno e non aveva mai desiderato ‘fare l’amore’ con qualcuno con dolcezza e calma, mentre Fillian non lo aveva mai fatto con un uomo - né quel pensiero gli era mai passato per la testa.
    Insieme, come era giusto che fosse, stavano imparando a scoprire i loro corpi e le emozioni che ogni singola carezza faceva risvegliare in loro. E per quanto il futuro fosse ancora incerto, quello sembrava un buon iniziò per continuare a costruire una relazione solida.
    Il primo ad agire fu Kilian che, nonostante fosse diviso tra il desiderio e la necessità di mantenere il controllo, era e restava decisamente più impulsivo del suo amante ed allargò quindi le gambe per invitarlo ad andare avanti senza indugi. Infatti dopo qualche attimo anche Fillian decise di muoversi, andando a carezzargli le cosce e ad ascoltare i muscoli fremere al passaggio delle sue dita insieme ai sospiri che abbandonavano le labbra dell'altro mentre si avvicinava al sesso dolorosamente eretto.
    Lo ignorò per qualche istante, dedicandosi ai testicoli che massaggiò lentamente e a quel piccolo e sensibile lembo di pelle che li separava dalla base dell'erezione. Sapeva quanto quelle attenzioni fossero apprezzate da Kilian - era uno dei suoi punti deboli -, ed infatti lo sentì sin da subito gemere e cercare di spingersi verso di lui.
    Quella situazione, ormai familiare, portò il giovane a rilassarsi lentamente. Aveva già toccato tantissime volte il suo amante in quel modo e alla fin fine doveva solo concentrarsi sul resto.
    Incoraggiato da quel pensiero afferrò con decisione il sesso di Kilian - che sussultò lasciandosi sfuggire un gemito - e iniziò a sfregarvi contro la mano. Sotto il suo pugno chiuso poteva sentire crescere l'eccitazione ed i gemiti dell'altro, insieme al sangue pulsare violentemente - no, non era proprio un 'pulsare' era più strano, era come se 'ribollisse', ma non era certo di poterlo definire in quel modo né di volervi prestare troppa attenzione.
    Deglutì, e avvicinando le dita lubrificate con l'olio alle natiche, si accostò a sua volta con il viso all'intimità dell'altro. Leccò i testicoli ed il lembo di pelle che li separava dall'erezione - ricevendo come approvazione un: " F-Fili... a-ahn... c-cazzo..." -, e approfittando della sensazione d'abbandono che avvertì nel corpo del suo amante, iniziò a giocare con l'orifizio.
    Vi sfregò contro l'indice con indecisione, cercando poi di farlo scivolare all'interno della stretta apertura. Si incoraggiò, dicendosi che almeno quella parte - se si escludeva ovviamente l'anatomia diversa e altre piccole cose - non era diversa da ciò che aveva fatto con delle ragazze.
    Cercò quindi di concentrarsi solo sulla preparazione di Kilian, riuscendo lentamente a spingere l'indice all'interno dell'orifizio, mentre con l'altra mano e la bocca si occupava dell’erezione.
    Kilian sentì ben presto tutto il suo corpo tremare e reagire alle sollecitazioni di Fillian, e per quanto desiderasse lasciarsi andare, continuava a trattenersi e a rifiutare in un certo qual modo quel piacere.
    Si ripeteva di non poter perdere il controllo, ma pian piano anche quelle ferree convinzioni iniziarono a venir meno, perché il suo amante - ignaro di tutto - continuava a toccarlo, alternando attenzioni più o meno decise ad altre più delicate ma altrettanto piacevoli.
    Il suo corpo non poté fare a meno di rilassarsi, e l’indice di Fili riuscì finalmente a penetrare del tutto dentro l’orifizio, donandogli un sussulto. Quell’intrusione, vagamente fastidiosa, venne subito cancellata dalla bocca del suo compagno che andò a posarsi sulla punta del suo sesso - le labbra si chiusero con decisione, mentre la lingua sfregava sul glande esposto.
    “ Ah!”, Kili non poté fare a meno di spingere il bacino verso l’alto, cercando di andare incontro alla calda bocca di Fillian che, respirando nervosamente con il naso, continuò a succhiare e leccare l’erezione per permettere alla sua falange di muoversi e dimenarsi all’interno dell’apertura.
    Le attenzioni della bocca di Fili lasciarono ben presto il vampiro senza fiato - era una cosa ‘vergognosa’ da dire, ma il suo amante era davvero bravo in quel ‘campo’ -, e quando il suo corpo smise di rifiutare del tutto l’indice, il giovane osò spingere anche una seconda falange.
    Imprecò quando si sentì allargare dalle due dita e istintivamente strinse i muscoli attorno ad esse come per scacciarle.
    “ Rilassati...”, lo incoraggiò con voce roca Fillian, soffiando quella parola sulla punta umida della sua erezione.
    “ La... ah... fai semplice tu...”, ringhiò Kili, stringendo i denti. “ N-non sei tu quello c-con... hn... due dita in... ah!”, non riuscì a non gemere quando Fili, come per impedirgli di continuare a parlare, ingoiò quasi del tutto il suo membro. E anche se non poteva vederlo era certo che stesse sorridendo divertito per quella sua lamentela.
    Erano fastidiose, certo, ma Kilian era convinto di poterle sopportare - in passato i ‘preliminari’ non erano neanche presi in considerazione. Ormai quel briciolo di auto controllo, che ostinatamente stava cercando di afferrare, sembrava sempre più lontano... anche se in quell’istante non era del tutto certo se la necessità di mantenere un certo controllo era ancora legata al ‘tenere rinchiusa sua natura di vampiro’ o dal pregare Fillian come una ragazzina vogliosa affinché la smettesse di giocare in quel modo.
    Non era il massimo della coerenza ma era davvero complicato restare lucidi in quella situazione.
    “ Kili...”, Fili gli rivolse un’occhiata quasi interrogativa, tenendo ferme le dita dentro l’orifizio e respirando lentamente contro la pelle ormai umida.
    “ C-continua...”, assentì il vampiro, certo che si sarebbe pentito di quella scelta. Ma non lo avrebbe fatto in quel momento mentre il suo amante, sorridendo dolcemente, si sollevava per baciarlo sulle labbra. Quel piccolo gesto era così tenero e in netto contrasto con ciò che lo aveva preceduto - che rasentava il limite della decenza -, da fargli quasi mancare il fiato.
    Il suo Fillian era perfetto. Dolce e attento, premuroso ma anche divertente... e tutto quello gli faceva capire quando fosse realmente innamorato di lui. Non era solo attrazione, o un forte affetto, giorno dopo giorno i suoi sentimenti diventavano sempre più forti.
    Allungò le braccia, stringendolo a sé e lasciando che le dita continuassero a muoversi lentamente dentro il suo orifizio, spingendo ed allargando le pareti che si chiudevano ad ogni sussulto del suo corpo.
    Mugugnando non si trattenne dall’affondare il viso nell’incavo del collo del suo amante. Respirò il suo profumo, senza trattenersi dal posare le labbra sulla pelle tesa per regalargli dei leggeri baci. Da quella posizione poté sentire chiaramente il cuore di Fillian battere forte contro la sua bocca mentre pompava il sangue attraverso le vene, un ritmo veloce e senza alcuna logica... ma quasi ipnotizzante.
    Deglutì, allontanando leggermente il viso quando si rese conto di quei pensieri.
    Il suo controllo non era del tutto scomparso e anche se continuava ad essere messo a dura prova da quelle piccole onde di piacere causate dai movimenti delle falangi di Fili, si disse per l’ennesima volta che doveva resistere.
    Chiuse forte gli occhi, prendendo dei profondi respiri che vennero però spezzati da un gemito quando l’altro, dopo infiniti minuti di ricerche - non era così semplice come sembrava - riuscì a trovare la prostata.
    “ Ah!”
    Quel piacere, nuovo ed inaspettato, costrinse il corpo di Kilian ad inarcarsi, facendolo andare inconsciamente incontro alle falangi del suo amante. Il suo cervello parve andare in tilt e, stringendolo a sé con più forza, lo pregò di muoversi ancora.
    Fillian non se lo fece ripetere due volte, e muovendo ancora le dita accontentò il corpo del suo compagno come poteva, andando a cercare di colpire di nuovo quello stesso punto di qualche istante prima.
    Il vampiro neanche tentò di nascondere i propri gemiti, e inesorabilmente attratto dalle pulsanti vene del collo dell’altro, vi tornò con le labbra. Iniziò con il lambire la pelle tesa e calda con la lingua, sfregandovi poi il naso come se potesse sentire l’odore del sangue in quel modo.
    E... no!, si disse. Non doveva farlo. Non doveva morderlo, né doveva azzardarsi a pensarlo.
    Eppure tutti i suoi sensi erano attratti da quelle vene, poteva addirittura sentire i suoi denti diventare lentamente più affilati come per invitarlo ad affondarli sul collo...
    “ Cazzo...”, imprecò Fillian qualche attimo dopo, facendo scattare improvvisamente Kilian che allontanò prontamente il viso dal suo collo.
    L’aveva morso senza rendersene conto? Lo aveva ferito in qualche modo?
    I suoi occhi si posarono sulla pelle sudata ed arrossata del collo del suo amante, e fortunatamente non vide traccia di sangue o altro.
    “ Non ho i... preservativi...”, mormorò il giovane, allontanando la mano dal cassetto spalancato del comodino - quando lo aveva aperto? Non se ne era reso conto -, mordendosi le labbra con non poco imbarazzo.
    “ Ero... certo di averne...”, aggiunse, carezzando i capelli scuri dell’altro come per scusarsi.
    Aveva desiderato tanto arrivare in quel maledetto punto e quella proprio non ci voleva.
    Kilian, invece, si ritrovò a ridere, facendo poi scontrare le loro labbra in un giocoso bacio intriso di sollievo.
    “ Fottimi e basta, idiota!”, esclamò con un ghignò sollevato, muovendo ancora il bacino contro le dita dell’altro.
    Per un attimo aveva realmente pensato di andare incontro ad una tragedia, di aver perso il controllo e di aver fatto la sciocchezza di morderlo, e quella sarebbe stata per davvero una cosa molto più ‘pericolosa’ dello scopare senza preservativo.
    “ Sei sicuro?”, domandò Fili posando la fronte contro la sua, allargando le dita a forbice all’interno dell’orifizio.
    “ Ahh... cazzo sì!”, gemette Kilian senza smettere di sorridere.
    Aveva resistito e non lo aveva ferito, forse... forse poteva andare oltre. Sentiva di poter riuscire a resistere a quella tentazione.
    Fillian assentì nervosamente, andando poi a baciarlo ancora mentre l’imbarazzato per la gaffe dei preservativi andava lentamente a svanire, venendo sostituito dall’eccitazione davanti all’idea di fare l’amore con Kili in quel modo.
    “ Mi raccomando...”, lo ammonì serio, allontanando le dita dall’orifizio mentre con l’altra mano andava a carezzargli il viso. “ Fermami se...”
    “ Lo farò ma tu ora non fermarti...”, ribatté il vampiro, utilizzando le gambe per attirare a sé il corpo dell’altro - cosa che rubò ad entrambi un mugugno.
    Si scambiarono un altro lento bacio mentre Fili afferrava di nuovo la bottiglietta d’olio per massaggi. Ne versò ancora un po’ sul palmo della mano, sfregandolo poi sul suo sesso eretto - mordendosi le labbra per il brivido di piacere che lo attraversò.
    Kilian rimase in silenzio, attendendo paziente la mossa del suo amante, cercando di raggiungere l’equilibrio necessario per resistere ad ogni singola tentazione. Non si era mai sentito così tranquillo e in pace con se stesso, tant’é che si ritrovò a sorridere quasi con dolcezza al suo amante quando lo sentì accostarsi di nuovo al suo corpo.
    Lo attirò in un nuovo abbraccio, cercandone le labbra per l’ennesimo bacio.
    “ Calmo... okay?”, mormorò.
    “ Mh-mh...”, annuì Fillian, guidando lentamente il suo sesso verso l’apertura del vampiro.
    Presero entrambi dei profondi respiri quando la punta dell’erezione del giovane premette contro l’anello muscolare, iniziando subito a sforzarlo affinché si aprisse al suo passaggio.
    Fili si lasciò sfuggire un basso mugugno quando finalmente riuscì a penetrare un poco all’interno dell’orifizio di Kilian ma cercò ugualmente di trattenersi dal fare qualsiasi mossa affrettata.
    Perché desiderava che fosse tutto - o quasi - perfetto la loro prima volta. Voleva che il suo amante conservasse un bel ricordo di quei momenti e in quell’istante era tutto nelle sue mani.
    Si morse le labbra, riuscendo a frenarsi dal dare una spinta più decisa, preferendo invece far ondeggiare un poco il bacino alla ricerca di un segnale da parte di Kili.
    “ V-vai...”, borbottò il vampiro qualche attimo dopo, sbuffando nervosamente per costringere il suo corpo a rilassarsi.
    Sarebbe stato semplice dire a Fillian di entrare in ‘una botta e via’ - il dolore sarebbe presto passato, lo sapeva benissimo -, ma era perfetto così e Kili sentiva di aver bisogno di quelle attenzioni, di quell’affetto e riguardo che veniva riversato sul suo corpo. Chiuse quindi gli occhi, lasciando tutto nelle mani del suo amante che continuò a muovere lentamente il bacino, spingendo sempre più a fondo la sua erezione nella sua apertura.
    Piccoli lamenti e bassi mugugni abbandonarono le loro labbra socchiuse che andarono a guidare i loro movimenti fino a quando anche Kilian non riuscì ad avvertire l’ombra del piacere crescere in lui.
    Non era niente di intenso, ma pian piano iniziò a crescere fino a trasformare i suoi lamenti in dei versi ben più compiaciuti e soddisfatti - accompagnati da quelli emessi da Fillian.
    I movimenti si fecero lentamente più rapidi, e per quanto Fili cercasse ancora un briciolo di controllo, non riuscì né a bloccare i propri gemiti né a rallentare l’intensità delle sue spinte. Le rese sempre più profonde ed angolate e, ansimando contro l’orecchio di Kilian, tremò quando i suoi tentativi vennero ripagati da un alto verso che andò ad abbandonare le labbra dell’altro.
    Tutti i muscoli di Kili erano ormai resi sensibili da quelle attenzioni, e quando avvertì il sesso del suo amante sfregare con più decisione contro la prostata non riuscì a non rilassarsi del tutto, dimenticando ogni singola cosa: anche il leggero ma intenso piacere provato fino a qualche istante prima.
    Guidati ed anche incoraggiati da quella sensazione, entrambi cercarono ancora e ancora di ripetere quello stesso movimento, assecondandosi l’un l’altro fino a quando i gemiti non divennero più frequenti.
    Kilian si sentì ben presto trasportare da quelle calde ondate di piacere - non sentiva il ‘calore’ da ormai parecchi anni -, e lentamente iniziò a desiderare sempre di più, andando a stringere spasmodicamente il corpo dell’altro in un abbraccio.
    Quei movimenti via via più frenetici gli facevano quasi girare la testa e ancora una volta sentì la crescente necessità di affondare i denti nel collo del suo amante, di avvertire sulla lingua il sapore del sangue e la crescente sensazione di forza e benessere trasmessa da quel liquido vitale... di lasciarsi drogare da quel piacere così proibito che si stava negando da fin troppo tempo.
    Fortunatamente fu un ‘piacere’ ben diverso quello che riuscì a riscuoterlo da quel macabro desiderio: quello che i movimenti secchi e profondi del bacino di Fillian, accompagnati dal suo nome ripetuto con lussuria contro il suo orecchio, stavano riuscendo a donargli.
    Rabbrividì, scosso da quella sensazione e dal calore che era in grado di trasmettergli il suo amante, arrivando addirittura a convincersi di non aver bisogno del sangue per sentirsi vivo.
    Per farlo sentire in quel modo bastava Fillian, con il suo amore e calore.
    Quella certezza - mischiata alle spinte dell’altro - lo trasportò rapidamente all'orgasmo, facendogli sentire il suo membro dolorosamente duro sbattere contro i loro addominali tesi per lo sforzo.
    Tentò di darsi un certo contegno, stringendo le mani sui capelli di Fili, ma non riuscì a tenere la bocca chiusa e le parole uscirono senza che potesse anche solo cercare di fermarle.
    " Ti prego... fammi... a-ah... venire...", gemette senza però provare alcuna vergogna, strappando a Fillian una mezza risata tra i sospiri.
    " Non... ti facevo c-così... ah... così...", constatò venendo poi bloccato da un gemito mentre andava ad afferrare il membro del suo amante per masturbarlo - si rivelò quasi complicato reggere il ritmo delle sue spinte, ma dai gemiti che stava emettendo Kili si disse che doveva essere altrettanto piacevole.
    Quelle carezze, insieme agli affondi sempre più decisi, portarono il vampiro al limite. Cercò di trattenersi e di far durare più a lungo quell’amplesso, ma il suo corpo aveva ormai perso ogni controllo.
    Si inarcò all’indietro, affondando con la nuca nel cuscino e lasciandosi andare ad un alto verso mentre il suo seme si riversava sui loro addominali con dei rapidi schizzi che sporcarono entrambi.
    Stupito dal gemito che abbandonò le labbra di Kilian durante l’orgasmo - e dall’espressione che trasfigurò il suo viso -, Fili si sentì a sua volta trascinare verso l’apice ormai prossimo.
    Continuò a massaggiare il sesso del suo amante fino a farlo svuotare del tutto, venendo poi a sua volta con un mugugno roco ed alquanto alto che fece tremare entrambi.
    Privati di ogni forza o voglia di scherzare - cosa che aveva sempre caratterizzato quella ‘relazione’ -, non riuscirono quasi a muoversi, ritrovandosi invece a tremare per le sensazioni che li avevano travolti. Ammettendo che mai in tutta la loro vita - o ‘non-vita’ come ormai la definiva Kili - si erano sentiti così completi.
    Solo dopo qualche momento Fillian riuscì a spostarsi di lato, ricadendo sul letto con il fiato ovviamente corto ed un’espressione carica di soddisfazione dipinta in volto.
    Non si era mai sentito così stanco e appagato in vita sua.
    Rimasero entrambi fermi per qualche altro istante, riprendendo lentamente le forze con i loro corpi che si sfioravano ad ogni respiro.
    " Ehi... tutto okay?", domandò Kilian dopo quel lungo silenzio, sollevandosi pigramente per trascinarsi poi sul petto sudato di Fili - era... fantastico poter sentire ancora il suo cuore battere, e quella per lui non era altro che la prova della sua resistenza e dell'amore che provava per il suo compagno.
    Il giovane sorrise stanco, abbracciandolo poi con fare possessivo.
    “ Mai stato meglio...”, mormorò facendo sorridere anche il vampiro.
    “ Potrei dire lo stesso...”, ribatté Kili, guardandolo poi serio. “ E... ora?”
    " Dormiamo?", propose Fili posando un bacio tra i capelli scompigliati di Kilian, immergendovi poi il naso per poter sentire ancora una volta il suo profumo.
    " Sai cosa intendo...", ribatté il vampiro - poteva anche avere quasi ottant'anni, ma era la prima volta che si trovava in una situazione del genere e non poteva fare a meno di mostrare tutta la sua inesperienza.
    " Stiamo insieme, no?"
    Kili sorrise davanti a quella risposta sincera e concisa, stringendosi a sua volta a Fili.
    " Sì. Stiamo insieme.", ripeté, scegliendo di aspettare e lasciare che fosse ancora una volta il tempo a decidere per loro.
    Forse un giorno gli avrebbe detto la verità - doveva saperla in fondo -, e forse quando sarebbe accaduto Fillian lo avrebbe detestato o ne sarebbe stato terrorizzato. Magari lo avrebbe cacciato via dal ‘loro appartamento’...
    " Ehi Kili...", le braccia di Fili si strinsero con più forza attorno al suo corpo, come se temesse di vederlo scappare.
    Strappato dai puoi pensieri, il vampiro gli sorrise dolcemente.
    " Mh?", mugugnò in risposta.
    " Penso... beh... penso di amarti.", mormorò imbarazzato, e Kilian, se avesse avuto ancora un cuore - e se fosse ovviamente sopravvissuto a quando avevano appena fatto -, era certo che lo avrebbe perso definitivamente per la troppa emozione.
    " Lo penso anch'io, Fili...", rispose sincero qualche attimo dopo, baciandolo dolcemente sulle labbra.
    Alla fin fine in quegli attimi di pace poteva solamente ipotizzare come sarebbe andata a finire, immaginarsi mille scenari più o meno piacevoli, ma per il momento voleva solo restare con lui e nient'altro. Godendosi quell'amore che aveva pensato di aver perso con la morte e che gli era invece stato restituito quando i suoi occhi si erano posati su quelli di Fillian.



    Erano passate alcune settimane da quando la loro ‘relazione’ - ormai la si poteva definire in quel modo - divenne quasi ufficiale.
    Giunti a quel punto, per renderla ‘ufficiale’, mancava solo mettere al corrente la famiglia di Fillian ma questo sembrava intenzionato a prendersi ancora un po’ di tempo, in modo da sondare prima il terreno ed evitare di creare inutili pesi che avrebbero creato dei problemi nella loro neonata relazione.
    Era una semplice precauzione che, ovviamente, non gli impedì di godersi al pieno i piaceri che stavano scoprendo insieme. Infatti, una volta ‘abbattutto il muro del sesso’, risultò quasi difficile costringerli ad abbandonare il letto, ma alla fine - come era giusto che fosse - i loro obblighi riuscivano sempre a portarli sulla retta via.
    Fili non si era mai sentito così felice in vita sua e quando riusciva a leggere la stessa gioia nel volto del suo compagno non poteva non sentirsi completo. E anche se non aveva mai vissuto una vera e propria relazione, quello che stava accadendo tra lui e Kilian - che era pressoché perfetto ai suoi occhi - era fantastico.
    Continuavano a giocare tra di loro, anche durante il sesso, e ciò che stava provando non lo avrebbe cambiato per nulla al mondo.
    Tuttavia, le cose sembrarono voler prendere una strana piega quando nell’appartamento giunse un enorme scatolone speditogli da sua madre.
    Sapeva benissimo che si trattava dei vecchi album di famiglia, ma Fillian non poté fare a meno di aprirlo con crescente curiosità, sentendosi emozionato come ogni volta quando si ritrovava a sfogliare quelle pagine piene di foto.
    Ricordava ancora con un sorriso quando si sedeva sulle gambe del nonno con quegli enormi tomi, andando ad indicare ogni persona nelle foto, chiedendo chi fosse e che cosa facessero, ritrovandosi poi ad ascoltare le storie che il suo anziano parente aveva per lui.
    Per quel motivo Fillian Senior aveva deciso di donarglieli come parte della sua eredità, e quello portò immancabilmente il giovane indietro con la mente, spingendolo ad aprire gli album e a sfogliarli carico di nostalgia.
    Foto di matrimoni e ricevimenti. Riunioni e cene di famiglia. Natale, Capodanno, Pasqua e i tanti compleanni. I classici ricordi di chi non vuole dimenticare niente, dai quelli più recenti a quelli più 'antichi', come una vecchia foto che ritraeva la famiglia del nonno.
    C’era la bisnonna con suo fratello - morti quando era molto piccolo -, ed insieme a loro c’era un giovanissimo nonno Fillian con accanto quello che riconobbe essere...
    " Kilian...", il nome del suo compagno scivolò fuori dalle sue labbra non appena posò gli occhi sul fratello defunto di suo nonno.
    Rimase a fissare quella vecchia foto senza fiatare, iniziando poi a sfogliare l’album alla frenetica ricerca di un primo piano, soffermarsi sull'immagine che - come vagamente ricordava - stava sbiadita anche sulla tomba del giovane Kilian Durin, il fratello minore del nonno.
    Fillian conosceva 'quella storia' sin da bambino.
    Era morto a diciott'anni in circostanze ‘misteriose’, ovvero un incendio che non aveva mai fatto ritrovare il corpo.
    Non aveva mai prestato troppe attenzione a quel fatto, anche perché era una ferita ancora aperta nel nonno e aveva sempre preferito non insistere. Tuttavia in quell’istante non riuscì a non porsi una prima, spontanea, domanda non del tutto inerente a quella storia.
    Perché a casa sua c'era un diciottenne di nome Kilian e che somigliava in un modo incredibile al suo defunto parente?
    Certo, lui stesso aveva qualcosa che ricordava il viso di suo nonno, ma erano solo alcuni tratti - era normale in una famiglia -, ma il 'suo Kilian' era diverso.
    Era uguale. Era come se fossero la stessa persona!
    Stesso sguardo e taglio degli occhi, i capelli sembravano gli stessi così come le labbra ed il naso... ogni singola cosa.
    Continuò a fissare la foto confuso con in testa un altro milione di domande che lo lasciarono senza fiato.
    Come era possibile una somiglianza del genere? Erano parenti in qualche modo?
    Che fosse un figlio illegittimo o qualcosa del genere? Ma di chi?
    E in quel caso, perché Kilian non gli aveva detto niente?
    Stavano insieme da mesi! Inoltre, era andato anche al funerale del nonno! Certo, gli aveva detto che le loro famiglie si conoscevano e forse era per davvero un suo lontano cugino o qualcosa del genere... che probabilmente si vergognava per la natura della sua nascita - forse non era neanche stato riconosciuto dal padre o dalla madre - e non ne aveva fatto parola.
    Non poteva esserci altra spiegazione, si disse. Ma, in ogni caso, sembrava ancora mancare qualcosa.
    Tanti piccole cose che durante quei mesi aveva ignorato e che in quell’istante non riusciva ad ignorare. Attimi in cui Kilian appariva... strano.
    “ Ehi!”, proprio in quel momento, Kili fece il suo ingresso nell’appartamento, strappandolo ai suoi pensieri.
    Sorrideva luminoso come sempre ma Fillian quella volta non riuscì a ricambiare. Era troppo confuso e, soprattutto, desiderava avere delle risposte.
    “ Ehi...”, mormorò, osservando il volto dell’altro rabbuiarsi non poco mentre posava sull’ingresso l’arco e la sacca che si portava dietro all’allenamento.
    “ Va tutto bene?”, chiese apprensivo lanciando ovviamente un’occhiata allo scatolone e agli album, e qualcosa nel suo sguardo fece comprendere a Fili di non essere poi così tanto nel torto con le sue ipotesi.
    Forse, si disse, Kilian era per davvero un suo lontano cugino. Probabilmente, ponderò poi, si era davvero vergognato e quando i loro sentimenti d’amicizia avevano preso la via dell’amore aveva deciso di non dirgli niente per evitare ulteriori imbarazzi. Perché, effettivamente, quella situazione avrebbe fatto sorgere qualche problema visto che erano parenti, ma Fili lo amava e avrebbe superato anche l’insorgere di quel cosiddetto imprevisto. Sperando ovviamente che tutto si risolvesse per il verso giusto.
    “ Questo...”, esordì qualche attimo dopo, mostrandogli la foto. “ Riesci a darmi... una spiegazione?”
    Kili rimase in silenzio, osservando la foto di quello che sembrava essere in tutto e per tutto il suo sosia.
    Sembrò quasi più pallido del solito e Fillian fu tentato dal ritirare tutto e abbracciarlo stretto, baciandolo e dicendogli che sarebbe andato tutto bene - avrebbe fatto di tutto per rassicurarlo in quella situazione sempre più complicata.
    “ Fili, io...”
    “ Ehi, sta tranquillo. Non sono arrabbiato.”, rispose il giovane accennando un lieve sorriso. “ Sono curioso. Beh... perché penso che tu sia tipo... un mio parente?”, chiese poi, e per quanto Kilian desiderasse fuggire da quelle domande, comprese di non poterlo più fare.
    Forse un po’ troppo presto era giunto il momento della verità, e non poteva più scappare o nasconderlo.
    Inventarsi qualche strampalata storia avrebbe solo creato delle menzogne che alla fine sarebbero venute a galla rendendo le cose ancor più difficili da affrontare.
    “ Penso di doverti delle spiegazioni.”, mormorò grave, andando a sedersi accanto al suo amante che assunse a sua volta un’espressione ancor più seria, pronto ad ascoltare ciò che Kili aveva da dirgli.







  11. .
    Titolo: Anchor
    Fandom: Real Persons
    Personaggi: Jed Brophy, Peter Jackson
    Genere: Introspettivo, Erotico
    Rating: Rosso
    Avvertimenti: Oneshot, una sorta di PWP Romantica, Fluff, Slash, Lemon, What if? (E se…)
    Conteggio Parole: 685
    Note: 1. A te che mi fai scrivere su queste coppie assurde! Ti amo amore mio! Ti amo!
    2. Questi due sono praticamente canon dai, anche se sembrano assurdi... sono canon X°D
    3. Non betata ù_ù




    Jed era sempre stato un punto fisso nella vita di Peter. Che fosse sul piano lavorativo che su quello personale, perché c’era qualcosa in quell’uomo che lo rendeva impossibile da non amare.
    Forse la sua interpretazione di ogni personaggio, anche secondario, o il suo modo di sorridere e scherzare, l’energia che ci metteva in ogni singola scena... qualsiasi cosa fosse, Peter non poteva fare a meno di lui.
    Era la sua ancora, anche quando la loro ‘relazione’ si era spostata su un piano ben più complicato di quello lavorativo ed anche di amicizia. Erano diventati ‘amanti’ e Peter si ritrovava come un bambino in preda alle vertigini a chiudere gli occhi e a stringersi a lui mentre il piacere cresceva nel suo corpo fino a privarlo di ogni volontà.
    C’era Jed e Jed soltanto attorno a lui. Le sue mani sudate, le lunghe dita che si infilavano tra i suoi capelli, il corpo nudo ed atletico che si muoveva sul suo bacino e quelle maledette labbra piegate sempre in quel sorrisetto malizioso e divertito, spezzato dai gemiti.
    E Peter lo abbracciava, lo baciava e gemeva a sua volta, lasciando che la sua testa vorticasse e che il suo corpo trovasse appiglio solo ed esclusivamente contro quello di Jed.
    “ Peejay...”, cinguettò il suo amante contro il suo orecchio, leccandone poi il profilo con la punta della lingua. “ Più forte...”, continuò, ansimando e facendo leva sulle gambe per cercare di aumentare il ritmo di quell’amplesso.
    Peter non riuscì a non arrossire ulteriormente davanti alle oscenità che Jed era solito sussurrare al suo orecchio. Sentiva le guance pizzicare, il cuore battergli contro le tempie e l’orecchio - seviziato dalla bocca di Jed - bruciare.
    Gemette, alzando il bacino per accontentarlo, affondando sullo schienale del divano e tirando i piedi nudi addirittura sulle punte per aiutarsi nel movimento. Tutto il suo corpo tremava per quello sforzo, sentiva quasi i crampi formarsi sui polpacci per quella posizione, ma continuò imperterrito ad affondare del corpo del suo amante, che continuava senza alcun pudore ad incoraggiarlo a ‘fotterlo ancora più forte’.
    Altre oscenità lasciarono le labbra di Jed. Altre sporche e lussuriose richieste, spezzate dai mugugni, che davano a Peter la spinta per andare avanti, per dimenticarsi il lavoro sfiancante che stava affrontando, le denunce e l’ultimo grande problema dovuto all’abbandono di Rob, che lo avrebbe costretto a cercarsi un nuovo Fìli.
    Tutto. La sua testa era vuota, piena solo dei versi emessi da Jed e del suo corpo che ormai conosceva fin troppo bene.
    Ansimò il suo nome e, anche senza vederlo, sapeva che il suo amante stava ancora sorridendo, soddisfatto per il totale abbandono nel quale versava Peter.
    Era quello che voleva: fargli dimenticare tutto tranne i loro corpi. Il sudore e i gemiti, le spinte profonde e tremendamente piacevoli accompagnate dal rumore del preservativo che entrava ed usciva dal suo orifizio ad ogni movimento.
    “ P-peter... ancora... ah-ancora...”, ansimò, inarcandosi all’indietro per accogliere dentro di sé il sesso eretto dell’amante da un’altra angolazione.
    Peter strinse le mani sui suoi fianchi, così forte che forse avrebbe lasciato i segni, accompagnandolo ed aiutandolo in ogni affondo, avvampando quando i suoi occhi - affamati e tratti da quella lussuriosa visione - carezzarono il corpo di Jed.
    Il petto forte ed imperlato dal sudore, i capezzoli duri e scuri, le braccia tese e le mani che si stringevano sulle sue spalle, il ventre con gli addominali contratti e la sua erezione, umida e rossa, che sbatteva ad ogni movimento sui loro corpi.
    “ M-maledizione...”, gemette, tirando il capo indietro. Sentiva ancora quelle stesse vertigini e la necessità di stringerlo a sé, accompagnato dall’orgasmo che cresceva fino a portarlo al limite.
    Imprecò, riuscendo con l’ultimo barlume di lucidità ad afferrare il membro di Jed e a stringerlo nel pugno chiuso, portandolo all’apice con poche carezze. La mano si sporcò del seme del suo amante e, come se non avesse aspettato altro, anche Peter raggiunse l’orgasmo qualche attimo dopo, accogliendo tra le sue braccia il corpo stremato del suo amante.
    Lo strinse per l’ennesima volta a sé, sorridendo quando lo sentì ridacchiare compiaciuto.
    Era la sua ancora. L’unico punto fisso della sua vita. Perché senza Jed, Peter, si sarebbe sentito perso.




  12. .
    Titolo: The Long Way Home
    Titolo del Capitolo: IX. Mother
    Fandom: The Hobbit
    Personaggi: Bilbo Baggins, Fìlì, Kìli, Thorin Oakenshield, Dìs
    Genere: Introspettivo
    Rating: Verde
    Avvertimenti: Slash, What if? (E se…)
    Conteggio Parole: 2755
    Note: 1. Ambientata alla fine del libro Lo Hobbit, dopo la Battaglia dei Cinque Eserciti.
    2. Aggiornamenti settimanali<3 ogni mercoledì vedrà la luce il nuovo capitolo!
    3. Prima di tutto ho modificato un po’ i capitoli precedenti. Niente di che! Ho solo sistemato “i tempi” XD avevo fatto dei calcoli sbagliati nei tempi del viaggio</3 Non è cambiato tanto, il viaggio dura un po’ di più ma visto che non succede niente di importante -Thorin e Bilbo si ignorano, Fìli e Kìli tengono alto il morale dello Hobbit e cercano di farli avvicinare tutto quiXD - ho saltato le scene ù_ù Comunque finalmente appare la nostra amata Dìs. Attesa da tutti noi (!?)
    4. L’immagine del banner appartiene a Kaciart. Ovviamente nella fic non sono feriti, ma l’immagine era troppo bella ç///ç maledetta Julie, tu e tutti i disegni che fai e che mi ispirano çAç
    5. Dedicata all’amore della mia vita<3
    6. Non betata BWAH!






    I giorni di marcia si susseguirono con le solite poche soste previste per il pranzo e la cena, e come previsto né Bilbo né Thorin sembravano interessati ad intraprendere la via della riconciliazione.
    Non parlavano quasi mai tra di loro - solo lo stretto necessario durante i pasti - e quella situazione iniziò ben presto a pesare ancor di più sulle spalle di Kìli e Fìli, tant'è che quest'ultimo si ritrovò a pensare che non sarebbe poi stato così male affidare Thorin alle grinfie di Dìs - inizialmente provava pietà per lo zio, ma più il tempo passava, più si convinceva che quella fosse l'unica scelta disponibile.
    Dovevano solo sopportare quell'ultima giornata di viaggio, e quando in lontananza scorsero la loro dimora non si trattennero dall'aumentare leggermente l'andatura dei loro pony.
    " La vedi, Bilbo? Quella è casa nostra!", esclamò Kìli, indicando la costruzione davanti a loro senza nascondere una certa eccitazione nella voce, e lo Hobbit non riuscì a non sorridere davanti a quella genuina felicità, concentrandosi sulla costruzione sempre più vicina.
    L'abitazione dei due fratelli era all'apparenza modesta, costruita in parte in legno e per il resto scavata nella montagna, ma a ben guardarla Bilbo si sentì quasi in obbligo di definirla degna di una famiglia nobile.
    Era certo che Thorin avesse fatto di tutto per far vivere i propri cari come meritavano e tutto in quel luogo ispirava forza e pace, ma anche 'casa' in un certo qual modo. Tant'è che lo Hobbit non faticò ad immaginare Fìli e Kìli correre e divertirsi per quell'ampio spazio verde che li circondava e per le montagne.
    Era un posto stupendo e davanti al sorriso che si allargava nei volti dei due giovani Nani, Bilbo sentì tutto l'amore e la nostalgia che entrambi provavano.
    Si fermarono non molto lontani, smontando dai pony per poi legarli ad un palo per evitare che si allontanassero.
    " Bene. Ci siamo.", dichiarò Fìli, scambiandosi un'occhiata complice con il fratello prima di iniziare a spingere lo Hobbit verso la porta chiusa dell'abitazione.
    " Stai per conoscere il Terrore delle Montagne Azzurre.", lo avvertì ghignando Kìli e Bilbo, totalmente incapace di rifiutarsi, deglutì e si ritrovò a lanciare addirittura un'occhiata a Thorin - era stato un gesto inconscio, ma improvvisamente sentiva il bisogno di nascondersi dietro il Re -, il quale sembrava volersi tenere a debita distanza.
    Solo in quell'istante lo Hobbit si rese conto di essere stato troppo occupato a pensare in negativo e ad ignorare Thorin per ricordarsi che da lì a poco avrebbe conosciuto la sorella e di quest'ultimo nonché madre di Fìli e Kìli.
    Troppo distratto da tutti i suoi problemi per preoccuparsi al ricordo delle descrizioni fatte dai due Nani a riguardo della 'temibile Dìs'.
    " Io...", cercò di fare un passo indietro, ma Kìli lo fermò prontamente.
    " Non aver paura. Di certo non sarai tu la sua vittima.", lo incoraggiò Fìli ridacchiando per poi battere energicamente il pugno sul portone in legno.
    Non potevano di certo entrare come se non fossero mai andati via - magari con un: " Salve madre! Cosa c'è per cena?", come avevano fatto tante altre volte in passato -, avrebbero spaventato loro madre in quel modo e non volevano farla arrabbiare per quello scherzo.
    Era più 'sicuro' per tutti il farsi accogliere sulla porta, dando il tempo a Dìs di realizzare il loro ritorno a casa.
    Attesero giusto qualche momento - attimi infiniti per Bilbo - e quando sentirono dei passi dietro l'uscio sia Fìli che Kìli sfoggiarono il loro miglior sorriso - potevano scherzare quanto volevano ed organizzare piani su piani per raggiungere i loro scopi, ma erano davvero felici di essere di nuovo a 'casa' dalla loro mamma.
    La porta scricchiolò un poco mentre veniva aperta e Bilbo divenne teso come la corda di un arco quando scorse finalmente la figura di Dìs.
    La poté osservare solo di sfuggita, ma notò subito che era scura come suo fratello e Kìli. Era anche più alta di lui - non che fosse una novità - ma ugualmente più bassa dei suoi figli.
    E giusto un attimo di venir travolto dalla Nana che si lanciò per poter abbracciare Fìli e Kìli una volta superato l'attimo di stupore - lasciandosi trasportare dall'eccitazione e dalla felicità -, Bilbo non poté non notare i suoi tratti vagamente 'nobili', non dissimili da quelli di Thorin.
    “ Amadi! Così ci soffochi!”, esclamò Fìli sorridendo e ricambiando come poteva la possessiva stretta della madre.
    " Siete tornati...", mormorò Dìs, stringendoli con forza e nascondendo il viso nell'incavo del collo di Kìli - che, cosa che poi avrebbe negato fino alla morte, non riuscì ad impedirsi di lasciarsi andare a qualche lacrimuccia borbottando un: " Mi sei mancata tantissimo."
    Rimasero in quella posizione per qualche minuto, stretti in quell'abbraccio che racchiudeva tutta la preoccupazione e l'amore di una madre per i propri figli. Quando si separarono, Bilbo notò finalmente un lieve ma scuro alone di barba che partiva dalla mascella di Dìs. La cosa lo lasciò inizialmente perplesso, ma come ben sapeva per le Nane era una cosa normale, anzi: era particolarmente apprezzata dal sesso maschile.
    " Fatevi vedere!", dichiarò Dìs qualche attimo dopo, afferrando con decisione il viso di Fìli come per poterlo studiare meglio - strappando al maggiore un lamento.
    " Hai visto, Amadi?", esclamò prontamente Kìli, desideroso di ricevere le attenzioni della Nana. " La barba mi sta crescendo sempre di più!", continuò indicando il mento con una nota d'orgoglio.
    " Il mio bambino sta crescendo...", pigolò Dìs, abbandonando Fìli - che tirò un sospiro di sollievo - per dedicarsi al suo adorato figlio minore, carezzandogli il viso per poi stringerlo a sé con forza.
    Era sempre stato il più coccolato tra i due - era il più piccolo in fondo - e Kìli, anche se non si sarebbe mai detto, sembrava per davvero amare quelle attenzioni che gli venivano rivolte.
    Bilbo, completamente ignorato, continuò ad osservarli in silenzio. In parte poteva comprendere le emozioni che stavano animando Dìs, e non poteva non sorridere davanti a quella scenetta familiare che qualche istante dopo coinvolse anche Thorin.
    La Nana, che aveva occhi solo per i suoi bambini, iniziò ben presto a riempire i due di domande come " Mangiate abbastanza?" o " Questi indumenti sono troppo leggeri, quante volte ti ho detto di coprirti meglio?", con un tono tra la preoccupazione e lo zuccheroso - tant'è che Bilbo si chiese che fine avesse fatto la 'Terribile Dìs' descritta da quei due mascalzoni, ma forse avevano semplicemente esagerato per spaventarlo.
    Al che Fìli cercò prontamente di sviare le attenzioni verso qualcun'altro - non che non apprezzasse l'amore e la preoccupazione della Nana, ma erano imbarazzanti e preferiva ricevere simili esternazioni d'affetto in privato.
    " Tranquilla Amadi, lo zio si è preso cura di noi.", dichiarò indicando Thorin rimasto in disparte, e finalmente la Nana volse il suo sguardo verso suo fratello.
    Lo Hobbit si aspettava un abbraccio, magari un "Ben tornato a casa.", ma la reazione di Dìs lo stupì a tal punto che non riuscì a trattenersi dal ridacchiare.
    " Ah, ci sei anche tu."
    Il tono della Nana era improvvisamente cambiato e la sua affermazione non venne seguita da nessuna reazione 'fraterna', anzi: sembrava quasi seccata dalla presenza di Thorin.
    La cosa era quasi comica per Bilbo - sotto sotto pensava che il Re si meritasse un simile trattamento -, tuttavia la sua risatina lo costrinse a mettersi in mostra.
    Kìli, infatti, lo afferrò e lo attirò a sé.
    " Amadi! Permettimi di presentarti il signor Bilbo Baggins. Il quattordicesimo membro della compagnia di Thorin."
    Lo Hobbit tremò tra le braccia del giovane Nano, ma riuscì ugualmente a fare un piccolo inchino.
    " B-Bilbo Baggins, al vostro servizio."
    " Dìs, Figlia di Thrain, al vostro.", rispose prontamente la Nana, fissandolo con due penetranti occhi azzurri, studiandolo con attenzione.
    Da quella posizione - per quanto imbarazzante -, Bilbo poteva osservarla meglio. Proprio come aveva notato poco prima, Dìs possedeva gli stessi tratti nobili di Thorin.
    Non sapeva se definirla 'bella' o 'brutta' per i canoni dei Nani, ma in un certo qual modo trovava piacevole guardarla.
    Forse era la somiglianza con Thorin o la piacevole scenetta familiare di poco prima con Fìli e Kìli, ma alla fin fine non era poi così spaventosa come l'avevano descritta quei due.
    " Ci ha salvato la vita innumerevoli volte durante il viaggio.", aggiunse subito Fìli. " Senza Bilbo non saremo qui in questo momento."
    Il volto di Dìs a quelle parole parve sciogliersi ed infatti donò un sorriso allo Hobbit.
    " Allora ti sono debitrice, Bilbo Baggins.", affermò con sicurezza ma anche dolcezza, strappando un grugnito a Thorin che si guadagnò un'occhiataccia da parte della sorella. " Di certo non sono qui per merito tuo, nadad."
    " Grazie a me sono tornati come i Principi ed Eredi di Erebor, namad.", ribatté fiero il Nano.
    " Fanno sempre così...", sussurrò Kìli allo Hobbit. " Ma si vogliono bene."
    Bilbo, nonostante lo stupore, annuì e in men che non si dica si ritrovò all'interno dell'abitazione dove Dìs pretese un dettagliato racconto di quanto forse successo durante tutto quel tempo.
    Ovviamente furono Fìli e Kìli a prendere la parola e cercarono subito di mettere sotto una buona luce lo Hobbit - la loro mamma era già loro alleata per principio, dovevano solo far sì che lo adorasse -, omettendo ovviamente alcune cose 'private' dal loro racconto.
    " E grazie a Bilbo, che ha ceduto l'Arkengemma per ricostruire la Città del Lago, gli Uomini e gli Elfi si sono alleati con noi nonostante il rifiuto di Thorin.", spiegò Kìli, ignorando lo sbuffo dell'altro Nano - era semplice intuire quali fossero le intenzioni dei suoi nipoti, ma non osava aprir bocca davanti a Dìs.
    " L'attacco degli Orchi è stato violento, ma siamo riusciti a contenerlo con l'intervento delle Aquile e del buon Beorn. Per questo siamo stati in grado di ridurre le perdite tra i nostri compagni e gli alleati.", continuò più calmo Fìli.
    " Ovviamente ci sono state ferite più o meno gravi. Come il signor Dwalin, che ha perso un occhio!"
    " Per Mahal...", mormorò Dìs versando del tea nelle tazze, lasciando che Kìli continuasse con il suo racconto.
    " Bilbo però è stato esiliato per la storia dell'Arkengemma.", aggiunse grave, concludendo poi con un tono ben più allegro: " Ma le cose sono migliorate. Bard ci ha restituito la pietra alla fine della battaglia, tutto in cambio di un aiuto nella ricostruzione della Città del Lago, ed anche noi nel mentre ci siamo messi al lavoro per riportare Erebor al suo antico splendore. Ora che e tutto quasi terminato siamo qui per ricondurre te e la nostra gente a casa."
    Dìs si sedette, offrendo a Bilbo dei biscotti per il tea - il quale ringraziò con un sorriso educato ed anche alquanto imbarazzato.
    " E tutto questo... a causa dell'orgoglio di vostro zio.", constatò la Nana, lanciando un'occhiata al fratello.
    " Non puoi mettere bocca nelle faccende che non conosci, namad.", dichiarò Thorin serio. " Desideravano impadronirsi del tesoro dei nostri padri, non potevo permetterlo."
    " E mandare in guerra i miei figli? Questo potevi permetterlo?", ribatté Dìs. Sembrava addirittura pronta ad azzuffarsi con il fratello, e lo Hobbit - tremando - iniziò finalmente a vedere la ‘vera faccia’ della madre dei suoi due amici.
    “ Amadi siamo qui e siamo vivi. Non serve litigare.”, la riprese Fìli. “ Non davanti al nostro ospite.”, e davanti a quella furba affermazione la Nana parve calmarsi.
    “ Oh... mi perdoni Mastro Baggins.”, si scusò educata. “ Ma alle volte dimentico di non poter strozzare mio fratello davanti a tutti.”, aggiunse lanciando a Thorin un’occhiata che sembrava voler dire: “ A te ci penso dopo.”
    Bilbo, ovviamente, non sapeva che rispondere e si concentrò sul tea e sugli ottimi biscotti che gli aveva offerto Dìs, mentre Thorin - ben deciso ad evitare un’inutile e snervante discussione con sua sorella - preferì sparire per andare alla ricerca della sua gente e parlare loro del ritorno ad Erebor.
    Certo, sapeva che prima o poi l’avrebbe dovuta affrontare - e Dìs non aveva neanche tutti i torti, era stato uno stupido ed aveva rischiato la vita dei suoi nipoti -, ma preferiva evitare lo scontro il più a lungo possibile.



    Il resto della giornata, Dìs lo passò in compagnia dei suoi bambini, godendo della loro presenza che le era mancata troppo a lungo. Così tanto che talvolta era arrivata anche a pensare di averli persi definitivamente.
    Non era abituata a restare sola in quella casa costruita esclusivamente per lei e per la sua famiglia. Perché sin da bambina era sempre stata circondata da tantissime persone, e dopo Erebor ed anche quello che era successo con il suo compagno, con Dìs e i bambini c’era sempre stato qualcuno, che fosse Dwalin - il suo ‘cavaliere’ - o suo fratello... ma tutti se ne erano andati via, lasciandola sola.
    Per quel motivo non riusciva a smettere di stringerli a sé in ogni momento e di carezzare quel volto che aveva temuto di non vedere più, ascoltando i loro racconti ed i piccoli litigi che le lasciavano addosso un piacevole senso di familiarità.
    Era come se non se ne fossero mai andati e lei non poteva essere più felice. Ovviamente però non aveva fatto i conti con alcuni segreti che i suoi figli iniziarono a svelarle - aveva come l’impressione che fosse il loro intento sin dall’inizio, ma erano i suoi bambini ed erano appena tornati: non poteva essere arrabbiata con loro.
    “ Amadi... che ne pensi di Bilbo?”, domandò Kìli mentre la Nana passava con attenzione una spazzola tra i suoi capelli, assumendo una mezza espressione beata per quelle attenzioni.
    “ Che dovrei pensare?”
    “ Intendo... ti sembra una brava persona? Ti piace?”, spiegò Kìli.
    “ Non ci sono dubbi che si tratti di una brava persona. Se poi piace a voi, credo possa piacere anche a me con il passare del tempo...”, rispose dolcemente Dìs.
    “ Quindi... non provi rabbia per il fatto che ha ceduto l’Arkengemma.”, constatò Fìli.
    “ Il suo intento, come mi avete spiegato, era evitare la battaglia. Lo reputo un gesto avventato visto che l’Arkengemma è un simbolo importante per la nostra gente, ma è stato altrettanto nobile.”
    I due si scambiarono un’occhiata, come se stessero cercando le parole per dirle qualcosa di importante. Ovviamente, la cosa non sfuggì alla Nana.
    “ Che cosa mi state nascondendo?”, domandò.
    “ Riguarda Thorin.”, rispose Fìli.
    “ Immagino che siate contrariati per l’esilio e...”
    “ Sì, lo siamo!”, la interruppe Kìli, voltandosi per osservare la madre in viso. “ Ma non è solo questo... Thorin e Bilbo si amavano.”
    Quell’affermazione fece improvvisamente immobilizzare Dìs, tant’è che Fìli - che era sempre stato il più calmo quando si trattava di discutere - riprese la parola.
    “ Conosci meglio di noi Thorin, e in tutti questi anni non ha mai provato interesse per nessuno... tranne che per Bilbo.”, esordì. “ Penso sia un qualcosa di serio sotto questo punto di vista e...”
    “ E anche se lo zio ha personato Bilbo per l’Arkengemma, ha usato l’esilio per allontanarlo e dargli modo di vivere felice nella Contea! Ma non ha pensato al fatto che nessuno dei due può vivere felice senza l’altro accanto!”, esclamò infervorato Kìli, fissando Dìs in viso. “ Amadi... ti scongiuro, fallo ragionare tu. Thorin è triste e più sgorbutico del solito da quando ha lasciato Bilbo!”, confessò, forte del fatto che il Re Sotto la Montagna non si trovava lì con loro per sentire quella definizione.
    La Nana si prese ancora qualche istante di silenzio, ragionando su quanto gli era stato detto. Lo sapeva sin dall’inizio che suo fratello, per quanto nobile e coraggioso, era uno stupido quando si trattava delle ‘relazioni personali’ - era tanto bravo a parlare, era il degno erede del trono di Erebor, ma l’orgoglio lo rendeva un’idiota.
    “ Mi state chiedendo una cosa complicata...”, mormorò.
    “ Ma tu vuoi bene a Thorin e...”
    “ Certo che gli voglio bene, è mio fratello anche se litighiamo.”, ribatté. “ Ma non voglio mettermi in mezzo nelle sue questioni private.”
    “ D’accordo. Hai ragione.”, rispose Fìli, facendo tacere Kìli intenzionato ad insistere. “ Ma almeno prova ad osservarli... senza una mano Thorin non capirà mai il suo errore.”
    Dìs assentì, incapace di rifiutare le richieste dei suoi bambini, anche se inconsciamente aveva già deciso di controllare suo fratello e lo Hobbit. Non poteva fare a meno di essere curiosa e, inoltre, sapeva che Thorin si meritava finalmente un po’ di felicità e voleva fare in modo che lo fosse.
    Continuò quindi ad ascoltare quello che i due avevano da dirle a riguardo di quella relazione - facendosi un’idea ben chiara della ‘gravità’ della situazione -, e dopo essersi permessa di osservare Bilbo durante tutta la cena prese la sua decisione, andando a presentarsi in piena notte sulla porta della stanza di Thorin. Dichiarando poi un secco e deciso: “ Dobbiamo parlare.”, non appena suo fratello apparì da dietro l’uscio.




    Note:
    Amadi: Madre
    Nadad: Fratello
    Namad: Sorella


  13. .
    Titolo: Out of sight, Out of mind
    Titolo del Capitolo: V. Prisoners in the Darkness
    Fandom: The Hobbit
    Personaggi: Dwalin, Balin, Un po’ tutti
    Genere: Introspettivo, Malinconico
    Rating: Rosso
    Avvertimenti: Slash, What if? (E se…), Incest
    Conteggio Parole: 2500
    Note: 1. Scritta per questo prompt: “Dwalin si ricorda il vero motivo per il quale lui e Balin non si vedono spesso - che non è il lavoro ma i sentimenti che non dovrebbero provare l'uno nei confronti dell'altro. Possibilmente con un flashback smut.” ed io ne ho tirato su, beh... una cosa un po’ più lunga del previsto che ho deciso di dividere in tre (o quattro) parti.
    In questo capitolo siamo a Bosco Atro. I nostri ‘eroi’ hanno passato più di un mese a vagare nel Bosco, ed altrettanto tempo prigionieri degli Elfi. Ovviamente questo non accadrà nel movieverse XD infatti dalle immagini che ci sono pervenute i Nani non sono ‘imballati’ dentro i barili, ma non importa... a me piace quella scena e mi baserò sul libro :3
    2. Partecipa a 500 Themes Italia con il prompt: 361. Un segnale di speranza
    3. Ovviamente per il mio dolce uomo che mi ha riempito di prompt ù_ù
    4. Non betata °A°




    La tranquillità e la pace della casa di Beorn mancarono sin da subito all'intera compagnia. Benché avessero passato poco tempo con il mutapelle, davanti alla crescente oscurità del bosco tutti i Nani furono quasi sul punto di pregare Thorin affinché tornasse indietro a chiedere ancora asilo al gigantesco uomo - soprattutto dopo la separazione con Gandalf.
    Ovviamente - forse per orgoglio o forse per non ricevere una secca risposta negativa che avrebbe smorzato definitivamente gli animi -, nessuno ebbe il coraggio di aprir bocca, ed utilizzarono le forze che avrebbero sprecato per lamentarsi per procedere lungo il loro cammino... cosa che tornò utile quando, parecchi giorni più tardi, Bombur - dopo aver rischiato di affogare - perse i sensi e costrinse la compagnia a portarlo sulle loro spalle.
    Il viaggio si fece giorno dopo giorno sempre più duro e il bosco sembrava non cambiare mai nonostante le lunghe ore di marcia - anzi, se possibile diventava sempre più tetro - e anche se avevano seguito il sentiero, senza mai abbandonarlo come era stato detto loro da Gandalf, le cose non sembravano voler volgere al meglio.
    Il ricordo del sole sembrava ormai lontano e quando le provviste iniziarono a scarseggiare scoprirono inoltre che in quella foresta niente era commestibile - così come l'acqua, e se non fosse stato per Beorn che li aveva fortunatamente messi in guardia, si sarebbero messi davvero in grossi guai.
    Le cose ovviamente non migliorarono neanche durante le notti, che anche se non erano fredde, erano comunque così scure da donare a tutti una terribile sensazione di gelo fin dentro le ossa. Cosa che li costringeva a dormire l'uno accanto a l'altro - visto che nessuno sembrava essere in grado di vedere al di là del proprio naso -, pronti ad avere un punto di riferimento durante il cambio della guardia o in caso di attacco.
    A dirla tutta, nessuno voleva davvero dormire perché spesso - se non sempre - venivano colti da strani sogni che risvegliavano in loro antichi timori, ma la stanchezza era troppa e crollavano tutti uno dopo l’altro. Forse erano solo suggestionati dall'ambiente che li circondava - notte e giorno diventavano quasi impossibili da distinguere -, e con ogni probabilità erano anche stanchi ed affamati... ma nessuno di loro riusciva per davvero a tranquillizzarsi.
    Perfino gli animi più giovani e spensierati di Ori, Fìli e Kìli parvero spegnersi lentamente, e addirittura anche Dwalin iniziò ad avvertire sulle sue forti spalle un peso troppo grande per poter essere sopportato.
    Il guerriero sapeva di dover tenere duro - per Balin, per Thorin e per i suoi compagni -, e cercava addirittura di controllare tutto e tutti per evitare altri spiacevoli inconvenienti come quello di Bombur - il quale, al suo risveglio, iniziò a piangere come un bambino, farneticando qualcosa a riguardo di un sogno meraviglioso... cosa che abbassò ulteriormente il morale della compagnia. Tuttavia, nonostante gli sforzi, neanche Dwalin poté ignorare a lungo i brividi che lo coglievano durante la notte... né il terrore che provava davanti a quegli occhi che sembravano fissarli nell'oscurità. E come un bambino, finiva per avvicinarsi il più possibile al corpo di Balin - cercando ovviamente di non tremare -, nella speranza di calmarsi.
    Detestava quella debolezza, ma la vicinanza di suo fratello era rassicurante, così come il fatto che nessuno li avrebbe visti grazie a quella fitta oscurità.
    Si ritrovava allora a rilassarsi tra le braccia del suo compagno che, accogliendolo in un abbraccio, arrivava quasi a cullarlo fino a quando non si addormentava, riuscendo poi a calmarsi a sua volta. Perché neanche lui era immune a quell'ambiente.
    Per quanto Balin fosse saggio e anziano, non poteva nascondere all'infinito la sua debolezza e ringraziava quell'orribile oscurità che gli permetteva di stringere a sé suo fratello, dandogli la certezza che non sarebbe stato inghiottito dal bosco.
    Inoltre, certe notti - quando per entrambi era difficile riuscire a dormire - si concedevano delle lunghe chiacchierate, con i visi così vicini che spesso le parole sparivano dietro dei leggeri baci che avevano il potere di rilassarli e di farli sentire bene.
    Quel benessere tuttavia era ovviamente passeggero, ma entrambi trovavano conforto in quei piccoli gesti che li incoraggiavano a continuare il cammino e ad aiutare i loro compagni. Come ad esempio Bilbo che, tremante, arrivò a rivelare a Balin un suo incubo riguardante Thorin e che aveva fatto nascere in lui il timore che quella foresta lo... portasse via.
    Balin, ovviamente, tentò di rassicurarlo ma scoprì ben presto che nessuna parola sarebbe stata di conforto, soprattutto quando quella paura si concretizzò dopo che lo Hobbit li salvò dalle grinfie di quei ragni giganti.
    Fu proprio Dwalin a rendersi conto dell'assenza del loro Re quando le acque si calmarono, e per quanto desiderasse mantenere un certo contegno - e non spaventare i suoi compagni, soprattutto Fìli e Kìli -, non riuscì a trattenersi dal lasciarsi sfuggire un verso carico di dolore e disperazione...
    Si era distratto un attimo e aveva appena perso il suo migliore amico, il suo Re... e quello fece nascere in lui la convinzione niente sarebbe stato in grado di impedire a quella foresta di catturare anche Balin e tutti gli altri. Si sentiva impotente e debole, tant'è che quando vennero catturati dagli Elfi, la sua ribellione non durò tanto ma per lo meno riuscì a tenere la bocca chiusa davanti alle domande che gli vennero rivolte.
    Poteva succedere qualsiasi cosa, ma lui non avrebbe mai tradito Thorin... neanche quando gli Elfi lo separarono da suo fratello per rinchiuderli nelle prigioni.
    L'idea di star lontano da Balin lo feriva e preoccupava più di ogni altra cosa al mondo. Anche se aveva passato anni a fuggire da lui e dal loro legame, quella era stata una sua scelta! Inoltre non sopportava il fatto che fossero rinchiusi in una prigione come dei ladri della peggior specie.
    Solo quella situazione, e soprattutto la lontananza forzata da Balin, riuscirono a riscuoterlo dalla sua iniziale apatia dovuta alla scomparsa da Thorin.
    Avrebbe trovato un modo per liberarsi e per rendere la vita impossibile a quei maledetti Elfi.




    Balin pensava che non sarebbe mai arrivato a quel punto, ma più i giorni passavano in quella cella, più sentiva la mancanza della foresta.
    Non era un bel pensiero - dopotutto prima della cattura stavano quasi per morire di fame -, ma quella prigione non gli permetteva di pensare ad altro.
    Erano stati rinchiusi in delle celle singole e non sapeva che fine avesse fatto Dwalin, così come gli altri Nani - soprattutto Thorin, scomparso prima che venissero imprigionati. L'apprensione cresceva giorno dopo giorno ed erano state inutili le richieste che aveva rivolto agli Elfi di poter avere informazioni sui suoi compagni.
    I suoi ‘carcerieri’ aspettavano altrettante risposte da lui, ma Balin era fedele al suo Re e non avrebbe mai rivelato il motivo del loro passaggio nel bosco. Quindi la situazione era semplice: al suo silenzio corrispondeva sempre quello degli Elfi, e di quella quiete forzata ne aveva avuta abbastanza.
    Cercava di pensare ad un modo per liberarsi e andare alla ricerca degli altri - soprattutto di Dwalin perché non poteva scordare lo sguardo carico di dolore che lo aveva accompagnato sin dalla scoperta della scomparsa di Thorin, era certo che il suo Thadulurel avesse bisogno di lui -, ma quella prigione sembrava senza via di fuga.
    Subì l’ennesima interrogazione della settimana, e quando rimase di nuovo solo non poté dar altro che sospirare e chiudere gli occhi, abbandonandosi contro il muro.
    " Mastro Balin?", un sussurro, basso e familiare, lo riscosse costringendolo a mettersi prontamente sull'attenti. " Sono dietro la porta. Mi sente?"
    Balin riconobbe subito la voce, e correndo verso la porta - era grande per lui, e le sbarre erano troppo in alto per guardare all’esterno - vi si appoggiò con l'orecchio come per assicurarsi di non essere vittima di qualche illusione.
    " B-Bilbo?", domandò esitante, mantenendo la voce bassa.
    " In persona.", rispose la voce.
    " Che la grazia di Mahal ti protegga!", esalò sollevato, trattenendo per se la valanga di domande che desiderò rivolgergli in quel momento - come aveva fatto ad arrivare lì senza essere catturato? Come stava Dwalin? E gli altri?
    " Sta bene, Mastro Balin?", chiese preoccupato lo Hobbit.
    " Sentire una voce amica rinfranca lo spirito, ragazzo.", rispose. " Tu? E gli altri?"
    " Abbiamo tutti vissuto dei momenti migliori. Devo ancora individuare le celle di Mastro Oin e Mastro Bifur, ma non devono essere lontane."
    " Questo è un sollievo.", sorrise il vecchio Nano - il suo cuore perse un battito nell'apprendere che anche Dwalin era stato rintracciato dallo Hobbit.
    " Vi... vi tirerò fuori da qui.", promise qualche attimo dopo Bilbo e Balin, nonostante la situazione, non riuscì a non rilassarsi ulteriormente.
    " Che cadano le barbe di chi non ha creduto nelle tue capacità di scassinatore, ragazzo."
    " Ma non sono uno scassinatore.", rispose Bilbo, e anche se la porta li separava Balin lo ‘sentì’ sorridere.
    " Ti ringrazio ugualmente. Tutti noi ti dobbiamo la vita. Ti saremo debitori in eterno, ragazzo mio.", continuò il Nano, e dopo dei brevi saluti - e la promessa di tornare a fargli visita con delle buone notizie - lo Hobbit lo lasciò di nuovo solo ma con un sorriso stampato in viso.
    Forse era un peso troppo grande per il fisico minuto di Bilbo, ma Balin non poté far altro che riversare in lui tutte le sue speranze.



    Come promesso, Bilbo nei giorni successivi portò a tutti i Nani delle buone notizie. Non solo stava organizzando un modo per farli fuggire, ma aveva anche ritrovato Thorin, prigioniero come loro del Re Thranduil.
    L’umore della compagnia, specialmente quello di Dwalin, migliorò non poco davanti a quella rivelazione. Il loro Re era vivo e diceva loro di fidarsi dello Hobbit... e così avrebbero fatto. E anche se era passato quasi un mese dalla loro cattura non persero le speranze.
    Attesero pazienti le disposizioni di Bilbo e quando tutto fu pronto, Balin fu il primo a venire liberato dallo Hobbit e - nonostante la debolezza dovuta alla lunga prigionia del Nano - riuscirono entrambi ad andare verso le altre celle.
    Liberarono Ori e Nori, subito dopo Kìli e Bifur, e più i Nani aumentavano più il rischio di essere scoperti cresceva, soprattutto quando fu il turno di Bofur e Bombur, il quale iniziò a lagnarsi per il cibo scandente e la stanchezza - venendo subito ripreso da un calcio ben assestato del fratello che gli intimava di stare in silenzio se voleva arrivare a mangiare ancora.
    Balin era quasi sollevato nel vederli così volenterosi nonostante tutto e attese con ansia il momento in cui avrebbe rivisto Dwalin. Durante quegli infiniti giorni aveva più volte chiesto a Bilbo notizie sulla salute del fratello, e a detta dello Hobbit il guerriero sembrava essersi ripreso e pronto a dare battaglia per la libertà.
    Liberarono anche Dori e Oin, e presto fu il turno di Fìli - che venne travolto dall’abbraccio di Kìli - ed anche quello di Dwalin che andò subito incontro a Balin.
    Erano tutti troppo stanchi ma anche eccitati per quella fuga, tant’è che non prestarono loro troppa attenzione quando di scambiarono una poderosa testata che fece sussultare il povero Bilbo - non si sarebbe mai abituato a certe ‘usanze naniche’ tra i due fratelli.
    “ Come stai?”, domandò subito Dwalin, facendo scorrere lo sguardo sul corpo del compagno come per assicurarsi di persona della sua salute. “ Ti vedo più... magro.”, commentò.
    “ Staremo meglio quando usciremo da qui, nadad.”, sorrise il Nano, permettendosi di stringere la mano di Dwalin con forza.
    “ Esattamente.”, assentì il guerriero rivolgendosi poi allo Hobbit che liberava Gloin dalla sua cella. “ Dov’è Thorin?”
    “ Si... si trova più in fondo, nelle segrete.”, rispose voltandosi verso un buio corridoio. “ E dobbiamo fare ancor più silenzio però.”, rammendò Bilbo qualche attimo dopo.
    Si tapparono tutti la bocca e, procedendo in fila indiana dietro lo Hobbit si fecero guidare alla cieca lungo quegli oscuri corridoi che ormai conosceva a memoria.
    La liberazione di Thorin donò a tutta la compagnia una notevole forza - erano di nuovo tutti insieme e stavano per fuggire, non potevano chiedere di meglio -, ma tutto parve sparire quando lo Hobbit svelò loro il suo ‘piano di fuga’.
    Raccontò loro dei barili che venivano lasciati sul fiume e che, dopo giorni di ricerche, risultavano l’unica loro opportunità. Ovviamente alcuni si lagnarono - specialmente Bombur - ma non poterono far altro che accettare e fidarsi ancora del loro piccolo compagno.
    Pian piano trovarono dei barili abbastanza grossi per contenerli e mentre imballavano e rinchiudevano Bombur - il più complicato da sistemare - Dwalin si avvicinò a Balin che faceva la guardia sulla porta della cantina.
    Attirò la sua attenzione, nascondendosi nell’ombra con lui vicino all’ingresso - lontani però da occhi indiscreti.
    “ Va tutto bene?”, domandò Balin senza nascondere una certa preoccupazione nel vedere suo fratello così vicino - nonostante l’oscurità qualcuno poteva ugualmente vederli... ma entrambi scoprirono di non temere quella possibilità.
    “ Ero preoccupato per te, nadad...”, ammise piano il guerriero, ricevendo subito in cambio un fermo da dolce abbraccio da parte del maggiore, incapace di resistere davanti alla necessità di un minimo contatto fisico.
    “ Non ho fatto altro che stare in pena per te, Dwalin. Eri... distrutto...”
    Erano ormai dei Nani adulti, ma c’erano quei momenti in cui il più il più giovane non resisteva al peso che portava sulle spalle e andava alla ricerca della mano dell’altro, e quest'ultimo poteva solo stringerlo a sé facendogli sentire la sua vicinanza.
    “ Potrei dire lo stesso...”, ribatté Dwalin appoggiando la fronte contro quella di Balin, immediatamente rincuorato da quell’abbraccio.
    “ Resistiamo ancora un po’, nadad. Presto saremo fuori da questa foresta...”
    Dwalin assentì, e dopo essersi azzardando a rubargli un bacio - una veloce carezza che però donò ad entrambi un brivido lungo la schiena - raggiunse con le spalle curve per la preoccupazione quello che sarebbe stato il suo barile. Bilbo lo aiutò volenteroso con della paglia, ma come era ovvio quel mezzo di trasporto era tutto tranne che comodo.
    Presto il coperchio venne calato sulla sua testa e il guerriero non poté fare a meno di sperare per l’ennesima volta di poter uscire presto da quella ‘prigione di legno’ possibilmente intero e di poter ovviamente riabbracciare Balin... altrettanto in salute.
    Come previsto, quando vennero scaricati nel fiume il viaggio si rivelò sin da subito tutt’altro che piacevole. Scossoni e botte improvvise, acqua e gelo, accompagnarono quell’infinita traversata nell'oscurità. E quando giunsero finalmente a destinazione, Dwalin fu quasi certo che non sarebbe riuscito a mettersi in piedi da quanto era dolorante.
    Balin - così come altri Nani - non era messo meglio di lui e si concessero una piccola pausa sulla riva mentre gli altri venivano liberati dai volenterosi Fìli e Kìli, da Bilbo e da Thorin.
    “ Hai... un aspetto orribile, fratello.”, commentò Balin qualche attimo dopo, strappando una risata roca al minore.
    “ Mi dispiace dirlo, ma non hai un aspetto migliore del mio.”, ribatté.
    “ Ma almeno siamo qui... insieme...”, aggiunse l'altro, facendogli l'occhiolino.
    “ Già... più o meno vivi, ma ci siamo...”, assentì Dwalin, lasciandosi poi andare all’indietro sul terreno ciottoloso ed umico, concedendosi un sospiro stanco e dolorante.
    Era ben lontano dal dire che ‘il peggio era passato’, ma almeno non erano più imprigionati - sia dagli Elfi che in quei maledetti barili.







    Nota:
    Thadulurel: L’Unico tra tutti. Nella mia headcanon i Nani si possono innamorare una sola volta nella vita e visto che in italiano non rendeva bene “l’uno” ho deciso di ‘inventare’ la parola per definire quel legame. La parola è realmente in Khuzdul, ma l’idea di utilizzarla per lo scopo di definire il legame è mia.
    Nadad: Fratello


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    Outside a Saint, Inside a Devil



    Heirs of Durin





  14. .
    Titolo: The Long Way Home
    Titolo del Capitolo: VIII. She will help us
    Fandom: The Hobbit
    Personaggi: Bilbo Baggins, Fìlì, Kìli, Thorin Oakenshield
    Genere: Introspettivo
    Rating: Verde
    Avvertimenti: Slash, What if? (E se…)
    Conteggio Parole: 2225
    Note: 1. Ambientata alla fine del libro Lo Hobbit, dopo la Battaglia dei Cinque Eserciti.
    2. Aggiornamenti settimanali<3 ogni mercoledì vedrà la luce il nuovo capitolo!
    3. Dedicata all’amore della mia vita<3
    4. Non betata BWAH!




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    Quando Fìli venne raggiunto dal pony di Kìli scosse prontamente il capo per bloccare il fratello dal fare qualunque domanda.
    Sinceramente, non si sentiva in grado di rispondere o di riferirgli ciò che si era appena detto con Thorin, e a dirla tutta non voleva farlo davanti a Bilbo che stava già soffrendo abbastanza.
    In vita sua non si era mai sentito più deluso e arrabbiato come in quel momento, perché aveva sempre 'idolatrato' Thorin per il suo coraggio e la saggezza, e per quel motivo non sopportava il vederlo comportarsi come un, beh... codardo. Mai si sarebbe aspettato di definirlo in quel modo, ma non poteva usare altri termini per descrivere il suo scappare dai fin troppo chiari sentimenti che provava per lo Hobbit.
    Fìli, così come Kìli, lo conosceva da sempre e lo aveva visto vivere da solo per anni, rifiutando ogni relazione per occuparsi della sua famiglia e della sua gente... solo con Bilbo si era lasciato andare, ed erano nel bel mezzo di una missione pressoché suicida.
    Se non era amore quello, Fìli non avrebbe più creduto a niente in vita sua.
    " Va... tutto bene?", domandò lo Hobbit qualche attimo dopo, costringendo il Nano a sciogliersi in un piccolo sorriso nel tentativo di rassicurarlo.
    " Sì, non preoccuparti.", rispose gentile. " Parlavamo del tragitto.", mentì, e anche se Bilbo e Kìli sapevano che si trattava di una bugia, preferirono non indagare oltre.
    " Le... Montagne Azzurre sono... molto lontane?"
    " Dovremo arrivare entro la fine della settimana. Viaggiamo leggeri e veloci.", spiegò Kìli. " E oggi Bilbo dormirà con me!", aggiunse poi scherzoso, stritolando con un solo braccio lo Hobbit che emise un lamentò tra le risate.
    Doveva concentrarsi solo sulla loro piacevole compagnia, magari in quel modo sarebbe riuscito ad arrivare fino alla fine di quel viaggio.
    " Ma non preferireste dormire insieme?!", insinuò cercando di liberarsi dalla stretta del Nano.
    " No! Fìli russa.", ribatté il minore.
    " E Kìli tira calci e molesta le persone nel sonno.", si difese l'altro.
    " M-molesta?", indagò subito Bilbo, diventando leggermente rosso.
    " Ma non è vero!"
    " Allora perché mi trovo sempre le tue mani tra le gambe?", domandò Fìli.
    " Perché stanno bene lì al caldo~", rispose prontamente il più piccolo, facendo ridere anche suo fratello e lo Hobbit.
    " Kìli... sei senza speranza...", mormorò Bilbo, aggiungendo poi un serio: " Ma dico davvero ragazzi... non rinunciate ai vostri momenti per me..."
    " Ci stai dando il permesso di giacere insieme, con te accanto?!", esclamò Kìli.
    " Oh! Ma non fare il finto tonto!", ribatté, con il viso ancor più acceso per l’imbarazzo. " Ho perso il conto di quante volte lo avete fatto!"
    Ed era vero quei due sembravano quasi non avere pudore... ma, non era mai stato davvero importante, perché in fondo lo avevano fatto anche lui e Thorin. Tante, tantissime volte.
    I ricordi erano ancora vivi. Dalle dolci carezze cariche d'amore e passione che si erano scambiati, ai baci che si donavano l'un l'altro per trattenere i gemiti fino al modo in cui si nascondevano sotto le coperte in intimi abbracci... quei ricordi erano sempre lì e lo tormentavano, tant'è che non poté trattenersi dal tremare tra il piacere ed il dolore, riuscendo però ad impedirsi di guardare verso Thorin.
    Non doveva assolutamente pensare al passato, si ripeté testardo. Doveva andare avanti...
    " Non lo faremo mai Bilbo.", rispose Fìli qualche attimo dopo, concedendosi una risata. " O almeno... non di nuovo.", precisò poi.
    " Va bene. Voglio fidarmi di voi.", concesse con un sorriso triste lo Hobbit, espressione che non sfuggì ai due. Si scambiarono all'istante un'occhiata complice e cupa, carica di indecisione e preoccupazione per la piega presa dalla situazione.
    Sapevano di dover fare qualcosa, ma al momento non sapevano cosa.
    Quando erano partiti, erano certi che le cose si sarebbero subito sistemate. Perché erano a conoscenza dei sentimenti di Bilbo per Thorin, e avevano addirittura visto quest'ultimo 'spento' durante l'esilio dello Hobbit - non ne parlava, ma lo conoscevano.
    Dovevano stare insieme, ma tutto stava andando per il verso sbagliato a causa del troppo orgoglio e forse anche per via di qualche incomprensione. Tutte cose che non avrebbero assolutamente giovato al loro ‘ricongiungimento’, e che avrebbero costretto Fìli e Kìli a trovare un altro piano.
    Per il momento però... potevano solo cercare di rendere meno triste Bilbo, perché nessuno dei due sopportava la vista di quell’espressione distrutta. Infatti solo le inutili chiacchiere di Fìli e Kìli rallegrarono un poco la mattinata trascorsa senza soste, e anche quando si concessero una breve pausa pranzo i due continuarono a parlare cercando di coinvolgere i loro compagni... ovviamente senza troppi risultati.
    Né Thorin, né tanto meno Bilbo, sembravano interessati a fare un po' di dialogo e per quanto quella situazione fosse stressante, i giovani Nani non erano intenzionati ad arrendersi.
    Per quel motivo, con la scusa del cacciare qualcosa per la cena - e magari raccogliere qualche frutto -, si permisero di allontanarsi un po' dagli altri per parlare.
    “ Cosa ti ha detto Bilbo?”, domandò Fìli non appena furono abbastanza lontani.
    “ Che è senza speranza... non so cosa gli abbia detto Thorin, ma è convinto che non ci sia più niente da fare. Non vuole neanche combattere...”, rispose Kìli semplicemente, guardandosi al tempo stesso attorno alla ricerca di qualche animale - ovviamente, non potevano tornare al campo a mani vuote.
    “ Thorin invece è convinto di avergli dato l’opportunità di vivere felice...”, borbottò il maggiore. “ E neanche lui sembra intenzionato a ritrattare... e sappiamo entrambi che insistere non porterebbe niente di buono...”
    “ Testardo.”, assentì Kìli. “ E, sfortunatamente, non possiamo di certo rinchiuderli da qualche parte.”
    “ Decisamente fuori discussione.”, approvò Fìli, incrociando le braccia il petto con fare pensieroso.
    “ Se magari lo zio ci desse ascolto...”, sospirò il minore, alzando poi la mano per far tacere il fratello quando avvistò un coniglio poco lontano.
    Estrasse silenzioso una freccia dalla faretra e, tendendo l’arco, prese la mira. Studiò con attenzione i movimenti dell'animale e, regolarizzando il respiro, scoccò il suo colpo qualche attimo dopo, uccidendo quella che sarebbe diventata parte della loro cena.
    “ Bel colpo.”, si complimentò prontamente Fìli. “ Comunque... sai benissimo che non ascolta nessuno...”, continuò, mentre raggiungevano il cadavere del povero animale.
    “ Beh... a qualcuno sì.”, fece presente il minore, chinandosi per estrarre la freccia - ripulendola con attenzione - e prendere poi con sé il suo ‘trofeo di caccia’.
    Fìli, che ovviamente aveva afferrato l’allusione dell’altro, non riuscì a trattenersi dal sorridere.
    “ Non puoi proporre una cosa simile.”, rispose senza nascondere un tono vagamente allegro. L'idea era di per sé era divertente, ma era anche alquanto preoccupante sotto alcuni punti di vista...
    “ Perché no?”
    “ Perché sarebbe... crudele?!”
    “ Crudelmente divertente, nadad.”, lo corresse Kìli con un ghigno, donandogli poi una scherzosa gomitata.
    “ Ora capisco da chi hai preso.”, sospirò il maggiore.
    “ Daiiii...”, cantilenò l’altro, abbracciandolo e baciandolo sulle guance come per volerlo convincere. “ Potrebbe funzionare e lo sai anche tu!”, aggiunse, continuando a baciarlo.
    “ Lo so...”, mormorò Fìli, arrendendosi a quelle attenzioni - suo fratello era maledettamente convincente quando voleva. “ Ma... dobbiamo lasciarlo come piano di riserva...”, concluse, reclamando poi le labbra di Kìli per un contatto più intimo.
    In realtà non era assolutamente certo di voler mandare loro zio in pasto ad una... bestia.
    “ Si metterà in mezzo un ogni caso.”, rispose il minore qualche attimo dopo, leccandosi le labbra rosse per quel lungo e ben poco casto bacio. “ La mamma non può farne a meno, soprattutto quando si tratta di Thorin.”
    Fìli sapeva benissimo quanto loro madre adorasse mettersi in mezzo a tutto ciò che riguardava suo fratello e i suoi figli. Ricordava ancora lo sguardo di fuoco la sera in cui Thorin le aveva detto del viaggio per la riconquista di Erebor, e tremava al solo ricordo della sua reazione quando l’aveva avvertita che avrebbe portato con sé lui e Kìli.
    Era ben più bassa dello zio, ma quando lo aveva afferrato per il colletto della tunica - costringendolo ad abbassarsi - era sembrata pericolosamente imponente... soprattutto mentre sibilava un: “ Osa metterli in pericolo e assaggerai il ferro della mia ascia, nadadel.”
    “ Speriamo solo che Bilbo le piaccia.”, concluse, scrollando le spalle e scompigliando affettuosamente i capelli al fratello.
    “ Lo adorerà! Ne sono certo!”, esclamò Kìli con un ampio sorriso. “ E costringerà Thorin a comportarsi a modo. Soprattutto quando scoprirà tutto quello che il nostro Hobbit ha fatto per noi. Lo farà ragionare, vedrai!”
    Il maggiore non ne era a totalmente convinto - era il ‘far ragionare’ Thorin a preoccuparlo - ma... non avevano idee migliori.
    “ D’accordo. Affidiamoci alla mamma.”, concesse, chinandosi poi per raccogliere dei funghi avvistati qualche attimo prima - assicurandosi di non aver a che fare con quelli velenosi.
    “ Ovviamente... speriamo di non dover ricorrere a lei. Abbiamo ancora tutta la sera e domani per farli avvicinare... anche se sono certo che saranno esattamente dove gli abbiamo lasciati quando ci siamo allontanati.”
    Ed infatti, quando fecero ritorno al campo - con il coniglio e i funghi che avevano raccolto -, trovarono Thorin seduto ai piedi di un albero e Bilbo ben lontano da lui, in quella che era un atmosfera più che gelida.
    Ripartirono qualche minuto dopo nel silenzio più totale.
    Se Dìs non fosse riuscita a sistemare le cose... Fìli e Kìli non sapevano davvero a quale entità superiore appellarsi.



    Quando Thorin decise di fermarsi per la notte sulla riva del fiume Luhun, Bilbo avrebbe davvero voluto dire che quella settimana era passata in fretta, ma a lui era parsa quasi infinita.
    Fìli e Kìli si erano impegnati come non mai per farlo distrarre, e per quanto lo Hobbit fosse ben grato per quell’interessamento - non voleva far altro che stare con loro in fondo -, i suoi sorrisi si spegnevano sempre in una smorfia di tristezza.
    Si era dato più volte dello stupido per quell’atteggiamento passivo che aveva assunto, considerato soprattutto il fatto che ormai mancava davvero poco ad arrivare nella vecchia dimora dei Nani - e ancor meno al suo rientro nella Contea.
    Proprio per quel motivo sapeva di non poter sprecare quei momenti a piangere ancora dietro Thorin... ma alla fine riusciva solo ad alternare momenti di rabbia e decisione - durante i quali si ripeteva di non dover più pensare a lui - ad altri di tristezza che facevano rabbuiare anche i due fratelli.
    Solo il cucinare il coniglio preso da Kìli - ovviamente pulito attentamente da quest’ultimo - riuscì a distrarlo per qualche istante, ma solo perché non poteva permettersi di rovinare lo stufato... questo perché sicuramente Thorin lo considerava un peso e far andare a male la cena significava solo confermare quell’impressione.
    Quel momento di improvvisa ‘pace’ e concentrazione, insieme a quei pensieri, gli diedero addirittura il coraggio di prendere la ciotola per il Re e portargliela di persona con un’espressione dura e decisa. Dicendosi che non poteva continuare ad ignorarlo e che doveva andare avanti e fare finta di niente... salvo poi pentirsi una volta tornato al suo posto, a ripetersi di aver fatto una cavolata a ‘fronteggiare’ in quel modo il Nano.
    Neanche la notte riuscì a portare ‘consiglio’, tant’è che faticò a prendere sonno nonostante il rassicurante calore di Fìli e Kìli che lo ‘chiudevano’ tra i loro due corpi - era davvero piacevole, ma non era quello che desiderava.
    Giunto a quel punto Bilbo non sapeva davvero che fare ed ovviamente era ignaro che anche Thorin, dalla sua, era scosso dai suoi stessi pensieri, seguiti dalle parole di Fìli che si ripetevano incessanti nella sua testa.
    Stava davvero dando a Bilbo l’opportunità di vivere felice?
    Per tutto il viaggio alla conquista di Erebor non aveva fatto altro che parlare della Contea, gli mancava e non ne aveva mai fatto mistero... neanche quando erano insieme.
    Quello aveva sempre fatto riflettere Thorin, tant’è che aveva preso il suo tradimento - che alla fine non lo era stato, visto che l’alleanza stretta dallo Hobbit aveva salvato la sua vita e quella dei suoi nipoti durante quella battaglia - come un pretesto per permettergli di tornare in quel luogo che chiamava ‘casa’.
    Perché sapeva che Bilbo non lo avrebbe mai fatto di sua spontanea volontà e che avrebbe per sempre rimpianto Casa Baggins. Ma... era davvero stata la scelta giusta?
    Si concesse un sonno frammentato e movimentato che lo costrinse a rigirarsi come un’anima in pena nel suo giaciglio fino a quando, riaprendo gli occhi, si ritrovò ad osservare la luce dell’alba iniziare a rischiarare il cielo.
    Aveva dormito sì e no solo poche ore, ma non gli importava... presto quel viaggio sarebbe terminato e con esso, almeno lo sperava, anche quelle notti insonni.
    Si alzò lentamente, iniziando sin da subito a prepararsi per la partenza, emettendo poi un sospiro vagamente divertito quando avvertì anche Fìli svegliarsi con un assonnato: “ Kìli... leva quella maledetta mano dal mio sedere.”, seguito subito dalla risata del minore - e da un lamento imbarazzato di Bilbo..
    Era felice per i suoi nipoti, e da una parte era anche fiero di loro per la spensieratezza che continuavano a mostrare nonostante la situazione - erano affezionati allo Hobbit e avevano più volte mostrato la loro disapprovazione davanti alla sua scelta di allontanarlo -, ma dall’altra Thorin arrivava anche ad invidiarli per quella loro felicità che lui si stava negando.
    Ovviamente però, avrebbe tenuto solo per sé quel pensiero così vergognoso - ed anche crudele a dirla tutta, visto che per lui Fìli e Kìli erano come dei figli -, così come i suoi dubbi sulle scelte fatte in passato e i suoi ancor vivi sentimenti per Bilbo che non sarebbero mai scomparsi da un giorno all’altro...





    Note:
    Nadad: Fratello
    Nadadel: letteralmente “Fratello di tutti i fratelli”. Per i Nani sarebbe come dire “sei il fratello più importante” o qualcosa del genere :3





    Edited by p r i n c e s s KURENAI ~ - 15/4/2013, 12:14
  15. .
    Titolo: Deathless
    Titolo del Capitolo: I. Rediscovering a Lost Life
    Fandom: The Hobbit
    Personaggi: Kìli, Fìli (Nominati: Smaug, Bilbo Baggins)
    Genere: Introspettivo
    Rating: Giallo
    Avvertimenti: Incest, Slash, What if? (E se…), Alternative Universe (AU)
    Conteggio Parole: 4255
    Note: 1. Scritta ma non partecipante (non ho fatto in tempo X°D) per la #9 Notte Bianca di Maridichallenge. Prompt: Lo Hobbit, Fili/Kili, BeingHuman!AU in cui Kili è un vampiro e Fili è un umano.
    2. Allora... visto che sono un’idiota che si complica la vita, non riuscivo a scrivere senza un “background” ho tentato di ricreare una sorta di storia dietro Vampire!Kìli, riprendendola da quella di Mitchell. Comunque... ci tengo ad avvisare che qui i Fìli e Kìli protagonisti NON sono fratelli, la storia è uscita in questo modo e il ‘nostro’ Fìli è il nipote di Kìli - che era un vampiro ancor prima che nascesse. Sì mi sono complicata la vita X°D
    3. E visto che non mi andava di lasciare le cose così... beh... semplici... ho dato a tutti dei nomi “umani” X°D ovviamente poi i diminutivi sono i loro nomi originali, quindi vi troverete davanti Kilian (Kìli) e Fillian (Fìli) che sono due nomi di origine irlandese - ambientazione della storia. Poi verrà nominato Smaug - ma non gli ho dato nessun’altro nome, quello sta bene così com’è - e anche Bilbo - nome “intero” William. Ecco... spero di non aver fatto stronzate *O*
    4. Clondalkin. Città irlandese nella quale è nato Aidan ù_ù
    5. Non betata<3


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    Erano passati quasi sessant'anni da quando Kilian Durin era morto o almeno, aveva smesso di vivere come un essere umano.
    Aveva appena diciotto anni quando fece il suo primo incontro con un vampiro.
    Al periodo non credeva minimamente nell'esistenza di esseri simili, ma quando si specchiò nelle iridi opalescenti di quell'uomo - incrociato a pochi metri dalla sua abitazione -, si ritrovò a vedere la sua vita sotto un'altro punto di vista.
    Non era interessato alla sua famiglia, era semplicemente... affamato. Tuttavia, qualcosa in lui lo aveva affascinato - Kilian ancora non sapeva cosa lo avesse spinto a fargli quella proposta -, e lo mise davanti ad una scelta.
    Sopravvivere e veder morire ad uno ad uno i membri della sua famiglia, o sacrificarsi per loro.
    Era terrorizzato, ma non aveva neanche bisogno di pensare ad una risposta.
    Per sua madre, suo fratello e suo zio - gli unici parenti in vita che aveva, oltre qualche cugino che viveva tra i monti della Scozia - avrebbe fatto di tutto: anche offrire la sua stessa vita a quel vampiro.
    Non ricordava di aver mai sofferto così tanto, e quando aveva perso i sensi aveva quasi pensato di essere morto.. In effetti lo era, ma si era ugualmente risvegliato... e non era più un umano.
    Si trovava solo ed impaurito, in preda ad una strana 'fame', all'interno di un magazzino.
    Il vampiro che lo aveva trasformato, Smaug, era scomparso abbandonandolo in quel luogo ma la prima cosa che Kilian fece - ancor prima di pensare alle conseguenze - fu andare a controllare la sua famiglia scoprendoli preoccupati per la sua strana assenza ma vivi.
    Ed era quello che contava più di tutto...
    Solo in quell'istante, dopo il sollievo, si rese per davvero conto di essere... morto. Di essere un vampiro.
    Conosceva vagamente le varie leggende su quei 'mostri' - la luce del sole era fastidiosa ma non mortale come raccontavano nei libri -, e se non era una frottola lui in quel momento era un immortale. E Kilian si ritrovò costretto ad abbandonare Clondalkin e tutto ciò a cui teneva - le gare di tiro con l'arco, le sue amicizie e l'amata famiglia.
    Non era una scelta volontaria - si era sacrificato per loro.
    Erano semplicemente le conseguenze del suo sacrificio. Perché la morte gli aveva donato un'esistenza eterna - non poteva definirla 'vita' -, e la sua pelle non sarebbe più stata segnata dallo scorrere del tempo.
    Mentre i suoi cari invecchiavano, lui sarebbe rimasto come quel giorno in cui aveva perso la vita. La sua presenza ed eterna giovinezza, avrebbe solamente destato troppi dubbi e messo in pericolo la sua famiglia - l'aveva salvata, evitando loro il suo stesso destino... non poteva lasciarli in pasto ad uno ben peggiore.
    Decise quindi di scomparire lasciando che tutti credessero che fosse morto - lasciò pochi effetti personali in un magazzino, dandogli poi fuoco per inscenare la sua scomparsa.
    Dopo quel momento, rimase nell'ombra ad osservarli da lontano. Soffrendo con loro per il dolore che la sua presunta morte aveva causato... e anche se la sua famiglia non poteva saperlo, la perdita del 'loro Kili' - lo chiamavano affettuosamente in quel modo - li aveva salvati. E con quella sicurezza li lasciò a piangere su una tomba senza un corpo, abbandonando la sua città natia.
    Forte del dolore provato per quella separazione e della sua 'nuova vita', iniziò a vagare prima per l'Irlanda poi per l'Inghilterra, lasciando dietro di sé solo una scia di sangue e morte...
    Era il castigo per aver infranto il confine tra vita e morte, che lo lasciava carico di sensi di colpa e con i visi - le voci! - di tutte le sue vittime ben stampati nella sua mente.
    Per anni continuò a distruggere delle vite innocenti ed altrettante volte, atterrito da ciò che era diventato, aveva pensato al suicidio... ma non aveva mai avuto il coraggio di portare avanti quei suoi propositi.
    Kilian non era poi così forte. Forse coraggioso e sicuramente stupido ed immaturo - era morto a soli diciotto anni, si stava appena affacciano alla vita -, ma non lo era abbastanza per mettere la parola fine alla sua seconda esistenza.
    Fu proprio durante quei momenti di disperazione che Kilian incontrò William Baggins, un vampiro ‘anziano’ dall'aspetto giovane e buffo, con dei chiari ricci castani che gli incorniciavano il volto.
    Tutto in quell'essere ispirava fiducia - perfino l'infantile soprannome, Bilbo, che si portava dietro dalla sua precedente vita - e quando gli propose un'alternativa alla scia di morte che stava lasciando alle sue spalle, Kilian non esitò ad accettare.
    Qualsiasi nuova prospettiva sarebbe stata migliore della sua attuale situazione, perché non voleva più uccidere nessuno, ma ciò che Bilbo cercò di insegnargli non era... semplice da accettare.
    La sua alternativa - che il vampiro seguiva diligente da oltre cent'anni - era il digiuno.
    Gli spiegò che non era necessario per un vampiro nutrirsi, che era più che altro un'abitudine insita nella loro natura. Che durante i primi tempi sarebbe stato davvero complicato, perché solo con innumerevoli sacrifici e forza di volontà poteva essere in grado mettere la ‘necessità’ di bere il sangue, e in quei momenti, Kilian sarebbe arrivato a provare sentimenti di rabbia e odio, voglia di distruggere e addirittura di uccidere lo stesso Bilbo.
    Sembrava impossibile davanti a quelle premesse, ma... accettò la proposta, ritrovandosi in men che non si dica a viaggiare e vivere con lui.
    Il vampiro più anziano aiutò come meglio poté Kilian. Il compito, complice anche l'indole del più giovane, non si rivelò assolutamente facile - era testardo ed impulsivo, ed era pressoché un ‘neonato’ per i vampiri -, ma dopo sforzi e fallimenti, attimi di gioia e di dolore, i risultati iniziarono a maturare.
    Kilian voleva davvero migliorare e smettere di uccidere e solo quel pensiero - quella ferrea convinzione! - lo aiutò ad andare avanti giorno dopo giorno. Tant’è che lentamente Bilbo gli permise anche di avventurarsi nei centri abitati, e stringendo i denti davanti alle tentazioni - scappando letteralmente via quando si sentiva troppo debole -, Kilian riuscì ad imparare a controllarsi quasi del tutto.
    Anno dopo anno, arrivarono alle porte del nuovo millennio, ed il giovane vampiro si sentì finalmente pronto ad iniziare una vita con la consapevolezza dei suoi poteri e la resistenza che stava faticosamente acquistando, cercando di guardagnarsi dopo tutti quegli anni una parvenza di umanità... e la prima cosa che andò a ‘cercare’ fu la sua famiglia.
    Erano stati un pensiero fisso - soprattutto durante i giorni più dolorosi di digiuno - e in tutto quel tempo aveva accuratamente evitato ogni ricerca - era troppo pericoloso, soprattutto quando era senza alcun controllo. Ma erano ormai passati anni - oltre mezzo secolo - e desiderava sapere che fine avessero fatto le persone che aveva amato più di ogni altra cosa.
    Dopo mesi di ricerche - temeva di avvicinarsi troppo a Clondalkin - scoprì che sua madre e suo zio erano morti da ormai tempo, e tramite i necrologi più recenti venne a conosceva che anche il suo amato fratello, Fillian, aveva cessato di vivere.
    Avevano sicuramente vissuto un'esistenza piena e soddisfacente, e lui... non ne aveva fatto parte.
    Quello era solo l'ennesimo castigo della sua maledetta natura di vampiro - il sopravvivere alle persone a lui care -, e davanti alla consapevolezza di non avere più nessuno in quel mondo decise di tornare nella sua città per dare almeno l'ultimo saluto a suo fratello.
    Clondalkin era cambiata in quegli anni, era cresciuta, vecchi negozi familiari erano stati chiusi ed avevano lasciato il posto a centri commerciali più all'avanguardia.
    I suoi amici e compagni erano ormai morti, o erano così vecchi che forse neanche si ricordavano di lui - magari anni prima avevano anche loro pianto la sua 'morte' - e quella sicurezza lo incoraggiò quasi a tornare a vivere lì.
    Non metteva più in pericolo nessuno, in fondo. Tuttavia, per pura prevenzione, celò il suo volto dietro i lunghi capelli scuri, lasciati sciolti, e degli occhiali da sole quando si presentò alla messa.
    Attese ovviamente all’esterno della chiesa - non poteva entrarvi, era contro la sua natura - il termine della funzione funebre di Fillian, raggiungendo poi il breve corteo fino alla tomba di famiglia.
    La sepoltura fu relativamente veloce e quando tutti abbandonarono il cimitero, Kilian si permise di avvicinarsi e di salutare a sua volta l’ultimo membro della sua famiglia.
    Aveva ovviamente smesso di credere in Dio, ma era certo che ci fosse una vita dopo la morte... un qualcosa di non tanto differente dalla sua maledizione, ma indubbiamente positiva - poteva chiamarsi ‘paradiso’ o con tanti altri nomi, il senso era però quello.
    Kilian non riuscì a trattenere un mezzo sorriso davanti alla sua lapide accompagnata da una foto quasi sbiadita che lo ritraeva. L’epitaffio, ancora ben leggibile, riportava un delle tristi e toccanti frasi come: " Kilian Durin. Amato figlio e fratello, venuto prematuramente a mancare all’affetto dei suoi cari..."
    Tutte parole di rito che non servivano minimamente a consolare chi restava in vita.
    Si rivolse poi alle tombe di sua madre e di suo zio, per soffermarsi poi su quella più nuova di suo fratello.
    Quando era diventato un vampiro era stato guidato dalla necessità di proteggerli, ed era felice che il suo sacrificio avesse permesso alla sua famiglia di continuare a vivere per molti altri anni dopo la sua scomparsa.
    L'unico rimpianto che gli era rimasto, era il non essere stato lì con loro a crescere e morire. E mai come in quel momento sentiva la loro mancanza...
    Perso com’era nei suoi pensieri, si accorse solo grazie ad una folata di vento della presenza di qualcuno non molto lontano.
    Forse qualche ritardatario, si disse, ma c’era un qualcosa in quel profumo di vagamente familiare - il suo olfatto era particolarmente sviluppato, riconosceva le varie flagranze da lontano.
    Si strinse nella sua giacca in pelle, socchiudendo gli occhi come per assaporare quell’odore umano che venne poi accompagnato da una giovane voce.
    “ Conoscevi mio nonno?”
    Nessuna presentazione, solo una semplice e concisa domanda.
    “ Si può dire di sì...”, rispose sincero Kilian senza voltarsi, continuando ad osservare la lapide e poi la foto che ritraeva suo fratello - era ormai anziano, ma in quel volto c’era sempre qualcosa di ‘riconoscibile’ ai suoi occhi.
    “ Temo tu sia arrivato tardi. Ti ho visto qui e mi sembrava corretto avvertirti...”
    “ Ti ringrazio, ma ho seguito la messa dall’esterno.”, lo rassicurò Kilian. “ Le chiese non mi piacciono particolarmente.”
    “ A nessuno piacciono, soprattutto durante eventi simili...”
    “ In effetti...”, assentì con un sorriso triste, voltandosi verso il ragazzino - che altri non era che un suo nipote visto che aveva nominato ‘suo nonno’ -, e mai lo avesse fatto.
    Perché il Fillian dei suoi ricordi - all’epoca aveva vent’anni - aveva una folta chioma scura ed un viso cordiale e gentile. Era il suo adorato fratello maggiore, quello che seguiva ovunque e che considerava il suo ‘mondo’. E colui che aveva davanti era... la sua perfetta copia.
    La somiglianza era incredibile. L'unica differenza che incontrò in quel giovane ad una prima occhiata erano i suoi lunghi capelli biondi, raccolti in una coda, ed una barba ben curata - era una cosa ‘di famiglia’, tutti i maschi erano sempre stati particolarmente irsuti.
    “ Non credo di averti mai visto...”, mormorò il ragazzo qualche attimo dopo, non appena riuscì a vederlo in viso.
    Lo osservo aggrottare la fronte e stringendo poi le labbra in un’espressione pensosa, per iniziare poi a scrutarlo con malcelata curiosità come se cercasse qualcosa nel suo volto.
    “ Ma mi ricordi qualcuno...”, aggiunse sincero.
    “ Credo sia solo una tua impressione.”, ribatté il vampiro, trattenendosi davanti all’impulso di abbracciare il giovane come avrebbe fatto nel trovarsi dinnanzi a suo fratello.
    Perché ‘il suo Fillian’ era morto, e quello era... beh, era suo nipote.
    “ Impressione o meno... hai detto di conoscere mio nonno.”, continuò con tono quasi più amichevole, ma ugualmente pacato e serio.
    Kilian assentì distrattamente, continuando ad osservarne il viso, le espressioni ed i gesti. La somiglianza con ‘il suo Fillian’ non sembrava fermarsi solo all’aspetto fisico, ma anche nei suoi movimenti talvolta inconsci.
    Forse era solo la sua necessità di rivedere in quel ragazzo suo fratello, ma certe cose non potevano essere ignorate.
    “ Quindi... come lo conoscevi?”, incalzò prontamente il giovane.
    “ I nostri genitori erano... intimi.”, rispose Kilian - e non era neanche una menzogna, stava solamente distorcendo la verità. “ Posso... chiederti come è morto?”, domandò poi.
    “ Aveva già da tempo dei problemi al cuore e l’ultimo intervento ha portato solo ulteriori complicazioni.”, spiegò il giovane triste, indicando poi con un gesto del capo l’uscita del cimitero. “ Se ti va possiamo continuare a parlare a casa. I miei parenti e i conoscenti si stanno riunendo lì, sai cose da funerale...”
    “ La... vecchia casa di famiglia?”, chiese esitante il vampiro, sentendo in lui crescere il desiderio di rimettere piede nella sua dimora, e quando il ragazzo assentì lui non poté far altro che accettare ed incamminarsi con lui verso l’uscita del cimitero.
    “ Comunque...”, esordì qualche attimo dopo il giovane, tendendogli la mano. “ Non mi sono presentato. Fillian Durin, ma tutti ormai mi chiamano Fili per distinguermi dal nonno.”
    Kilian non poté fare a meno di sussultare davanti a quella rivelazione - la somiglianza ed il nome, che scherzo del destino era?!
    “ Kilian.”, mormorò stranito, stringendogli la mano senza neanche trovare la forza di inventarsi un altro nome.
    Sapeva che di star commettendo un grave errore - era un membro della famiglia, poteva aver sentito parlare di lui -, ma non riusciva a mentirgli... proprio come accadeva con suo fratello.
    L’istinto, ovviamente, gli diceva di andare via - di scappare! - ma qualcos’altro dentro di lui lo convinse a salire nella macchina di Fili.
    La necessità di ritrovare una famiglia? Il volersi comportare di nuovo come un ‘essere umano’? O si trattava semplicemente della somiglianza con il fratello che aveva tanto amato?
    Non riusciva a trovare una risposta a nessuna di quelle domande, ma forse neanche gli importava perché sentiva che il suo posto era lì in quel momento.



    Non era chiaro a nessuno dei due come fossero finiti a condividere lo stesso tetto, ma Fillian si era rifiutato di lasciare che Kilian dormisse in un albergo e quest’ultimo non aveva avuto il coraggio di rifiutare quel gentile invito... ed alla fine ‘una notte’ era diventata ‘una settimana’... ed i giorni si erano susseguiti, aumentando senza poterli - o volerli - fermare.
    Fili non sapeva esattamente cosa lo avesse spinto ad invitarlo, e c’erano così tanti motivi che risultava complicato capire quale fosse la verità.
    Poteva dire che ogni volta che guardava in viso quel ragazzo aveva come la certezza di... di averlo già visto da qualche parte, e desiderava scoprire dove.
    O che quando Kilian aveva ammesso di errore addirittura più piccolo di lui - aveva diciott'anni . mentre lui andava per i ventuno - e che non aveva più una famiglia, si era detto che sarebbe stato ‘crudele’ lasciarlo da solo. In più con quella convivenza sentiva a sua meno pesante la solitudine di quell’appartamento.
    Inoltre era simpatico, aveva un ottimo senso dell’umorismo e si era anche dimostrato più volte maturo... cosa che non guastava mai.
    Ciò che però lo lasciava perplesso più di ogni altra supposizione, era l’attrazione.
    In tutta la sua vita Fillian non si era mai sentito attratto sessualmente da un ragazzo, ma quel Kilian possedeva qualcosa che lo affascinava, il problema era che... non sapeva esattamente ‘cosa’.
    Il senso del proibito? Quell’aspetto misterioso e talvolta... animalesco?
    Non era la definizione giusta, ma non poteva fare a meno di utilizzarla perché c’erano dei momenti in cui i suoi occhi sembravano quasi diventare più scuri e famelici, come quelli di un animale. Arrivava quasi a temerlo in quegli istanti - ma ne era anche attratto -, però Kilian riprendeva a ridere subito dopo e di quello sguardo non rimaneva niente... solo un ricordo che faceva tremare Fili al sol pensiero.
    Era imbarazzante quella situazione, soprattutto perché credeva di aver ormai superato la fase della 'confusione ormonale' - era quasi un uomo! -, ma il suo ospite gli faceva quell'effetto e non ne era del tutto dispiaciuto.
    Fillian ovviamente avrebbe tenuto per sé quei vergognosi pensieri, e lo stesso avrebbe fatto anche Kilian che aveva iniziato a nutrire nei suoi confronti dei sentimenti simili.
    Sin da subito aveva sviluppato un affetto non tanto diverso da quello che rivolgeva a suo fratello - complice la somiglianza -, ma con il passare del tempo si era rivelato indubbiamente differente e più complicato.
    Anche se per lui non era 'strano' accettare l'attrazione verso un qualcuno del suo stesso sesso - aveva visto tante rivoluzioni in quegli anni e aveva imparato ad accettare le varie diversità... soprattutto quelle che lo riguardavano direttamente -, i problemi erano ben più gravi.
    Poteva essere in grado di ammettere di averlo più volte desiderato fisicamente - soprattutto quando lo vedeva mezzo nudo nel bagno che dividevano -, ma lui era un vampiro. Era... morto!
    Non faceva altro che ripeterselo così tante volte da averlo fatto diventare un pensiero fisso... o quasi. Perché c'erano dei momenti in cui si dimenticava la sua natura e si rendeva conto delle 'piccole' cose che differenziavano il giovane da suo fratello.
    Infatti, al contrario del 'suo Fillian' - che aveva una leggera pancetta -, Fili aveva un corpo tonico ed atletico con i muscoli al posto giusto. Era attraente e, suo malgrado, lo eccitava non poco... ma fortunatamente era sempre riuscito a trattenersi.
    Sarebbe stato fuori luogo il saltargli letteralmente addosso. Prima di tutto perché non voleva rovinare il loro rapporto - si stava formando un legame speciale e carico di complicità - né perdere l'umanità che stava ritrovando, inoltre non sapeva neanche se... beh, se avrebbe resistito alla tentazione di morderlo in una situazione così intima - e li il pensiero della sua morte tornava con forza a rimbalzare nella sua testa.
    Spesso gli capitava addirittura di sentire la necessità di nutrirsi - sudava freddo e tremava quasi violentemente - ma riusciva sempre ad evitare di fare sciocchezze. Doveva ringraziare Bilbo per quella sua tempra, ma sembrava quasi più semplice resistere da quando viveva con Fili perché lo faceva per lui, non più per se stesso, e l’ultima cosa che desiderava era infatti metterlo nei guai o peggio...
    Ovviamente però, poteva trattenersi quanto voleva... ma non poteva impedire alla sua mente di lavorare un po’ troppo di fantasia quando andava ad osservare il suo ‘amico’ fare anche le cose più normali.
    Era certo che Fili non ci mettesse malizia nei vari gesti quotidiani, anche perché non c’era niente di sensuale nel grattarsi, ad esempio, un’ascella. Ma a Kilian bastava vedere i muscoli tonici tendersi in quel semplice movimento per desiderarlo nudo e legato al letto... teso come la corda di un arco sotto le sue mani.
    Si rimproverava quando si rendeva conto di essersi immancabilmente eccitato, e si dava del pazzo e del malato perché non poteva provare simili desideri nei confronti di un ragazzino così giovane - poteva anche avere l’aspetto di un diciottenne, ma Kilian aveva quasi ottant’anni! -, né doveva rivolgere simili attenzioni al suo pronipote. Ma era impossibile non desiderarlo... e suo malgrado, con il passare del tempo, non poté neanche non notare certi sguardi che gli rivolgeva Fillian.
    All’apparenza poteva sembrare una cosa positiva l’essere ricambiato, ma non lo era. Perché Kilian aveva come l’impressione che fosse il ‘vampiro’ - il senso del pericolo ed il mistero - ad affascinare il giovane. Non era una cosa che poteva 'controllare' e non ne era certo, ma ‘sentiva’ che si trattava di una delle tante doti insite nella sua natura, un modo per facilitare la caccia o per renderla più eccitante.
    Non voleva che Fili fosse attratto da lui per via del ‘vampiro’, ma per la sua personalità! Era quella la sua ferma convinzione davanti a quei pensieri, che poi ritrattava mentalmente dicendosi per l’ennesima volta che ‘non’ poteva permettersi una simile ‘relazione’.
    Era giovane ed un suo parente, maledizione!
    Tuttavia, più il tempo passava, più quelle sue convinzioni iniziavano a venire meno insieme ad un’insistente vocina dentro di sé gli diceva che, beh... non erano poi ‘così parenti’ perché Kilian Durin era morto, e lui era invece un vampiro. Non erano ‘del tutto’ la stessa persona.
    E la 'convinzione' utilizzata per rifiutare i suoi sentimenti era diventata una 'scusa' per farli invece crescere.
    Non era mai stato incoerente, a dirla tutta lui si era sempre rivelato abbastanza fermo nelle sue decisioni, ma Fillian faceva la differenza in ogni singola cosa... e non poteva fare a meno di cercare di dare una risposta a quella situazione.
    Perché proprio lui?, si chiese. Perché doveva invaghirsi di un ragazzo così simile a suo fratello?
    Perché... perché non ne era disgustato?
    Certo, aveva notato tante differenze che rendevano Fili diverso da suo fratello, ma la somiglianza era pur sempre tanta. E quello lo portò a farsi una precisa domanda: possibile che l'affetto che in passato aveva provato per Fillian fosse... un qualcosa di più grande e 'perverso'?
    Aveva amato suo fratello, era il suo idolo... ma forse aveva nascosto dietro quella sua ammirazione dei sentimenti che si era rifiutato di... razionalizzare.
    Erano sbagliati - e lo erano tutt'ora -, ma aveva imparato a vedere il mondo sotto un altro punto di vista da quando era morto.
    Alla fin fine quella era l'unica spiegazione logica, ma non serviva a niente. Non gli dava alcuna vera risposta per dare un nome a quell'attrazione e a ciò che provava per Fili.
    Ne era innamorato? Lo era stato anche di Fillian?
    O era solo attrazione o... qualcosa di ben più pericoloso, causato dal digiuno?
    Erano troppe le domande senza risposta, e avrebbe ovviamente continuato a torturarsi alla ricerca di una soluzione... ma niente gli impedì di lasciarsi quasi andare nei confronti di Fili.
    Entrambi iniziarono con timidi gesti - come affettuosi abbracci o le loro mani che si sfioravano -, seguiti poi dai loro occhi carichi di dubbi riguardanti quella situazione ma altrettanto pieni desideri che andavano sempre alla ricerca del corpo dell'altro.
    Avevano inconsciamente iniziato una sorta di corteggiamento, che pian piano iniziò a sfociare nella frustrazione. Perché quel desiderio non veniva minimamente soddisfatto da quel lento corteggiamento. Volevano qualcosa di più, ma non avevano il coraggio di fare quel primo passo che avrebbe cambiato ogni cosa.
    Tutti e due avevano avuto le loro 'esperienze', Fillian era stato più che sincero con Kilian quando una sera, comodamente seduti sul divano per godersi una birra fresca e un film, gli aveva rivelato di aver avuto delle ragazze ma nessuna storia seria - facendogli poi intendere che era 'aperto' a nuove esperienze . Ed anche il vampiro aveva a sua volta cercato di dirgli la verità: ogni suo rapporto finiva male. Ovviamente non aggiungeva che finiva sempre per uccidere i suoi amanti - cosa che lo spaventava per davvero visti i sentimenti che provava per Fili -, ma fece anche capire all'altro che... beh, aveva avuto esperienze con entrambi i sessi.
    Si trattava di una sorta di invito a tentare qualcosa insieme, ma neanche quella volta i due riuscirono a concludere.
    Dovettero aspettare quasi sei mesi, dall'arrivo di Kilian nell'appartamento di Fillian, per far smuovere un po' le acque. Il loro alleato era stata l'impulsività del vampiro e del latte caldo.
    Niente di più normale. Kilian aveva già visto il giovane bere il latte - vivevano insieme da tanto ormai -, ma quella sera Fillian era raffreddato.
    Naso rosso, occhi lucidi e gonfi e la voce resa roca da un fastidioso mal di gola. Era quasi comico mentre borbottava un nasale: " Sdo balissibo.", ma di sicuro non poteva essere definito sensuale. Tuttavia il vampiro era così... 'cotto', che ormai da tempo aveva capito che anche i movimenti più stupidi nella sua testa diventavano lussuriosi - era una cosa decisamente da malati!
    Giunti a quel punto, porse poteva dare la colpa alla frustrazione accumulata, o all'aspetto tenero e indifeso del giovane sotto i vari strati di coperte... ma quando gli aveva portato il latte caldo a letto, ed aveva osservato le labbra sporcarsi di una leggera 'patina' bianca che venne prontamente portata via dalla lingua... non riuscì più a resistere.
    Un attimo prima gli stava togliendo la tazza dalle male e quello successivo lo stava baciando senza avergli dato alcun preavviso.
    Ci mise qualche istante per razionalizzare quello che stava accadendo, la sua mente era occupata dalle labbra di Fili - anche se erano screpolate, erano migliori di come se le era immaginate in quegli ultimi mesi - e dal suo profumo quasi intossicante.
    Solo un mezzo gemito - forse causato dalla sua lingua che cercò di insinuarsi nella bocca del giovane - riuscì a farlo tornare alla realtà, costringendolo ad allontanarsi dal corpo di Fillian come se scottasse.
    Lo fissò mortificato, insultandosi mentalmente per aver perso la testa in quel modo.
    " Io non...", esordì cercando una scusa che potesse spiegare il motivo del suo atteggiamento, senza però troppo successo. " No... lo volevo.", ammise poi sincero - non era in grado di mentirgli.
    Fillian si leccò di nuovo le labbra screpolate, come se stesse ancora cercando il sapore dell'altro su di sé.
    " Anch'io...", rispose piano dopo qualche momento. " Ma... non credevo di... dovermi prendere uno stupido raffreddore per... baciarti...", aggiunse con un mezzo sorriso nello sforzo di parlare decentemente nonostante il naso chiuso - aggiunse da qualche parte delle 'b' e delle 'd', cosa che ebbe il potere di sorridere e calmare Kilian.
    Temeva di averlo spaventato, di aver frainteso i 'segnali' di quei mesi e di aver fatto qualcosa di irreparabile che avrebbe rovinato per sempre il loro legame, ma invece non era successo niente di sbagliato.
    Si erano baciati ed era stato assolutamente fantastico.
    " Neanch'io lo credevo...", ribatté tranquillo, sporgendosi di nuovo verso di lui per sfiorargli ancora le labbra con le sue. " E spero di non dover aspettare il prossimo raffreddore per poterti baciare un’altra volta."
    " Questo basta e avanza.", ribatté Fillian, approfittando di quella vicinanza per poterlo abbracciare e baciare con più trasporto e decisione.
    Forse, si disse, non stava poi così male.






    Edited by p r i n c e s s KURENAI ~ - 3/4/2013, 23:02
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