Posts written by #Michelle

  1. .
    Titolo: Jealousy
    Fandom: Pacific Rim
    Personaggi: Fem!Raleigh Becket [Rosie Becket], Fem!Chuck Hansen [Charlotte “Charlie” Hansen], Fem!Yancy Becket [Nancy Becket]
    Genere: Introspettivo, Erotico
    Rating: Arancione
    Avvertimenti: Flashfic, FemSlash, Genderbend, Incest, What if? (E se…)
    Conteggio Parole: 270
    Note: 1. Nata per un meme su tumblr ù_ù datemi una coppia ed un prompt ed io scrivo una fic in 3 frasi per voi<3 In questo caso le frasi sono di più… ma non importaXD
    2. Prompt: Charlie peering through a slightly opened door (their room for example) watching Nancy and Rosie fuck, boiling with jealousy.


    Charlotte Hansen aveva appena sedici anni quando mise per la prima volta piede nell'Icebox, e nella speranza di non dare di matto si era detta: « Sei nello stesso Shatterdome delle sorelle Becket, non fartela addosso Charlie! Forza!», perché in fondo: quanti potevano vantare l'opportunità di poter incontrare i propri idoli sul posto di lavoro?

    Adorava le sorelle Becket sin da quando erano state presentate come piloti di Gipsy Danger, e lei da quel momento aveva iniziato a collezionare tutto quello che le riguardava - specialmente gli articoli su Rosie -, e mentre percorreva i corridoi alla ricerca della stanza delle due, si incoraggiò dicendosi che un po' di emozione era più che giustificata in quella situazione.

    Ciò che tuttavia non riuscì a giustificare una volta davanti alla porta, stranamente socchiusa - come se fossero entrate in tutta fretta senza curarsi di chiuderla per bene -, fu ciò che vide all'interno: erano entrambe nude, Rosie era seduta sul bacino di Nancy che, con la mano, la carezzava lentamente tra le gambe - facendo sparire le dita all'interno della sorella.

    A Charlie bastò quello sguardo per restare praticamente pietrificata e per sentire due differenti fitte: una allo stomaco, l'altra poco più in basso, sotto l'ombelico. Lo stomaco si stava attorcigliando per la gelosia, aumentando ad ogni gemito più alto di Rosie... e come conseguenza di quei versi sentiva aumentare la sua eccitazione.

    Strinse i denti, incapace di smettere di guardare all'interno della stanza e ritrovandosi istintivamente a detestare Nancy per quanto stava facendo... desiderando al tempo stesso di essere al suo posto: di essere l'artefice di quei gemiti che scivolavano fuori dalle labbra di Rosie.


  2. .
    Titolo: Babysitter
    Fandom: Pacific Rim
    Personaggi: Raleigh Becket, Chuck Hansen
    Genere: Introspettivo, Fluff
    Rating: Verde
    Avvertimenti: Flashfic, De-aged, What if? (E se…)
    Conteggio Parole: 225
    Note: 1. Nata per un meme su tumblr ù_ù datemi una coppia ed un prompt ed io scrivo una fic in 3 frasi per voi<3
    2. Prompt: De-aged Raleigh with Chuck looking after him




    « Impossibile», aveva iniziato il Dottor Gottlieb prima di mettersi a litigare con l'altro scienziato - « Ma hai visto che forza?! Non sapevo che i Kaiju avessero anche queste abilità!» -, e alla fine il Marshall se ne era uscito con un: « Prenditi cura tu di lui», e Chuck senza aver neanche avuto il tempo di rifiutare si era ritrovato a dover fare da babysitter ad un Raleigh di quattro anni.

    Tutti nello Shatterdome - da quel bastardo di suo padre a quella traditrice di Mako - sembravano aver deciso di evitarlo e lui, con il moccioso che stringeva la manina sull’orlo della sua giacca - guardandosi attorno curioso e confuso, visto che per lui era tutto nuovo -, era stato solamente in grado di tornare nella sua camera sperando che quell’impiastro di Becket tornasse normale il più velocemente possibile… anche se c’era da dire che Raleigh in quelle condizioni era più sopportabile del solito, anzi: era quasi carino - diciamo estremamente carino - con quei suoi grandi occhioni chiari e i capelli biondi.

    Sospirò, forse - e ripeteva 'forse' - era solo per quel motivo che quando Raleigh gli aveva chiesto di giocare agli ‘eroi’ non aveva avuto le palle per rifiutare... e si era ritrovato suo malgrado nell’imbarazzante posizione di dover impersonare ‘la fanciulla in pericolo’ che veniva salvata dal ‘coraggiosissimo Super Rals’.


  3. .
    Titolo: Falling
    Fandom: Pacific Rim
    Personaggi: Raleigh Becket, Chuck Hansen
    Genere: Introspettivo, Angst
    Rating: Giallo
    Avvertimenti: Flashfic, Slash, What if? (E se…), Suicide
    Conteggio Parole: 160
    Note: 1. Nata per un meme su tumblr ù_ù datemi una coppia ed un prompt ed io scrivo una fic in 3 frasi per voi<3
    2. Prompt: Raleigh kills himself after learning Chuck /really/ didn't make it through Operation Pitfall.
    3. Non è proprio quello che chiedeva il prompt ma… bohXD




    C’era stato un bacio - veloce e duro, ma anche stranamente dolce -, poi Chuck si era allontanato, mostrandogli un sorrisetto malizioso e salutandolo con un: « Ci si vede dopo, Ray», e Raleigh, per la prima volta dopo tutti quegli anni, aveva davvero sperato che ci potesse essere un 'dopo' per loro, ma come sempre sceglieva i momenti peggiori per fare dei progetti.

    Come una doccia fredda aveva compreso che non ci sarebbe stato nessun ‘futuro’ per lui e Chuck... e Raleigh era ormai stanco di perdere le persone a lui care, stanco di quella vita che gli aveva portato via ogni cosa.

    Non si sentiva più in grado di respirare e andare avanti, non quando tutto quello che toccava veniva distrutto... forse quello lo rendeva un debole, ma a Raleigh ormai non importava più, poteva solamente sperare che con la sua caduta quell’incubo finisse definivitamente.


  4. .
    Titolo: Before going to sleep
    Fandom: Pacific Rim
    Personaggi: Raleigh Becket, Yancy Becket
    Genere: Introspettivo, Fluff, Erotico
    Rating: Rosso
    Avvertimenti: Flashfic, Incest, Slash, What if? (E se…), Blowjob
    Conteggio Parole: 150
    Note: 1. Nata per un meme su tumblr ù_ù datemi una coppia ed un prompt ed io scrivo una fic in 3 frasi per voi<3
    2. Prompt: Yancy and Raleigh, 29.Feb 2020, before going to sleep. (To wake up 2 AM again...)
    3. Ambientata prima della morte di Yance çAç




    Yancy sapeva che a quell'ora, dopo un'intensa giornata di lavoro, sia lui che suo fratello Raleigh sarebbero dovuti andare a dormire perché, con ottime probabilità, l'indomani sarebbero stati svegliati all'alba per chissà quale test o, peggio, per l'attacco di un Kaiju.

    Lo sapeva benissimo, eppure quando Raleigh lo aveva bloccato sul suo letto - seduto con le gambe ancora a penzoloni -, non era stato in grado di fare niente, se non affondare la mano tra i capelli di suo fratello e gemere quando quella maledetta bocca si era avventata sul suo sesso.

    Yancy allora non poté non imprecare tra sé e sé per quella sua debolezza - ed anche per l'innegabile bravura di Rals che lo metteva spesso e volentieri in situazioni 'scomodamente piacevoli' -, e sperò con tutto se stesso di non ricevere alcunissima chiamata l'indomani mattina e di godersi un po' di meritato riposo.


  5. .
    Titolo: Coffee
    Fandom: Pacific Rim
    Personaggi: Hercules Hansen, Scott Hansen
    Genere: Introspettivo, Fluff
    Rating: Verde
    Avvertimenti: Flashfic, Incest, Slash, What if? (E se…)
    Conteggio Parole: 160
    Note: 1. Nata per un meme su tumblr ù_ù datemi una coppia ed un prompt ed io scrivo una fic in 3 frasi per voi<3
    2. Prompt: Herc/Scott & coffee
    3. Tutta per il mio amore<3




    Herc non sapeva in che modo si fosse ritrovato con il sedere premuto contro il piccolo cucinino della stanza che divideva con Scott, né come quest’ultimo avesse fatto ad arrivare così vicino a lui da essere in grado di premere il proprio corpo contro il suo.

    Sapeva che solo fino a qualche istante prima si stavano godendo il caffè, parlando degli imbarazzanti regali che stavano iniziando a ricevere dalle loro fans - l’ultimo pacco conteneva degli slip in pizzo diretti proprio ad Herc -, ed il secondo dopo le labbra Scott erano sulle sue, calde ed amare come il caffè nero che avevano sorseggiato fino a qualche istante prima.

    Herc avrebbe voluto rifiutare quel bacio, allontanare Scott e ricordargli che ‘era sbagliato’, ma senza rendersene conto aveva già iniziato a ricambiare il gesto del fratello e a mandare a puttane tutto il buon senso che credeva di possedere, convincendosi con fin troppa facilità che non aveva mai desiderato altro in vita sua.



  6. .
    Titolo: Red Lipstick
    Fandom: Pacific Rim
    Personaggi: Aleksis Kaidanovsky, Sasha Kaidanovsky
    Genere: Introspettivo, Fluff
    Rating: Verde
    Avvertimenti: Flashfic, Het, What if? (E se…)
    Conteggio Parole: 180
    Note: 1. Nata per un meme su tumblr ù_ù datemi una coppia ed un prompt ed io scrivo una fic in 3 frasi per voi<3
    2. Prompt: Alek and Sasha, Red Lipstick
    3. Il cognome di Sasha l’ho inventato °ç°




    La prima volta che Aleksis incrociò Sasha si trovavano nella sala da pranzo delle guardie carcerarie, e per lei era il primo giorno di lavoro; non conosceva ancora il suo nome, ma era piccola e bionda, con un'espressione determinata e seria che si rifletteva nella piega forte delle sue labbra, colorate da un acceso rossetto rosso.

    Si era presentata come Agente Kuznestova ed era l'unica guardia donna dell'intera prigione, per quel motivo era impossibile non notarla, e come tutte le guardie anche Aleksis era rimasto affascinato da lei - non solo per l'aspetto e per quelle labbra, ma anche per il suo carattere forte e autoritario: non si faceva mettere i piedi in testa da nessuno - e la cosa, pur imbarazzandolo, lo eccitava non poco.

    Ovviamente a quel tempo, Alek non sapeva ancora che quella sarebbe diventata la sua futura moglie - anzi, si struggeva come un ragazzino per non essere in grado di spiaccicare neanche mezza parola con la donna - e non avendo il coraggio di chiederle il nome, tra sé e sé era solito chiamarla affettuosamente "rossetto rosso".


  7. .
    Titolo: Breakfast
    Fandom: The Hobbit
    Personaggi: Thorin Oakenshield, Kìli
    Genere: Introspettivo, Fluff
    Rating: Verde
    Avvertimenti: Flashfic, Slash, Domestic Fluff
    Conteggio Parole: 150
    Note: 1. Nata per un meme su tumblr ù_ù datemi una coppia ed un prompt ed io scrivo una fic in 3 frasi per voi<3
    2. Prompt: ThorinKìli, modern AU!


    USiHoqM



    Per Thorin era impossibile continuare a dormire quando Kìli si metteva in testa di fagli una sorpresa e portargli la colazione a letto, forse perché aveva il sonno leggero o forse perché - cosa molto più probabile - Kìli non era di certo silenzioso… infatti, pur non alzandosi, l'uomo poteva sentire ogni singolo rumore provenire dalla cucina, imprecazioni comprese.

    A conti fatti, sarebbe stato semplice per Thorin alzarsi e far terminare gli esperimenti culinari di Kìli, ma alla fine riusciva solamente a tenere gli occhi chiusi e fingere poi di svegliarsi quando sentiva il giovane entrare in camera con in volto un ampio sorriso soddisfatto per il suo operato.

    Forse quella che gli stava offrendo non era la colazione migliore del mondo - Kìli era proprio negato in cucina -, ma a Thorin non importava, perché se ogni mattina il giovane lo accoglieva con quel sorriso, sentiva di poter sopportare ogni cosa.



    Edited by p r i n c e s s KURENAI ~ - 8/11/2013, 20:52
  8. .
    Titolo: Time of Need
    Fandom: Pacific Rim
    Personaggi: Newton Geiszler, Hermann Gottlieb
    Genere: Introspettivo, Fluff
    Rating: Verde
    Avvertimenti: Flashfic, Slash, What if? (E se…)
    Conteggio Parole: 150
    Note: 1. Nata per un meme su tumblr ù_ù datemi una coppia ed un prompt ed io scrivo una fic in 3 frasi per voi<3
    2. Prompt: Newmann, Time of Need
    3. Tutta per il mio amore<3




    Al pari di Hermann, anche Newton sapeva essere molto orgoglioso e testardo, e cercava il più delle volte di cavarsela da solo senza dover chiedere aiuto - perché nessuno era in grado di comprendere le sue ricerche.

    Anche quando stava male reagiva in quel modo e si chiudeva in sé... ma le cose erano ben diverse, perché nella sua testa si ripetevano le parole di Hermann: « Te lo avevo detto», e si faceva trascinare dalla vergogna per aver fatto una cavolata - per lui assolutamente sensata - che lo aveva portato ad avere o il raffreddore, o un'intossicazione alimentare o qualche altra cosa oltremodo imbarazzante.

    Tuttavia Hermann riusciva ogni volta a stupirlo perché, per quanto fosse chiaramente indispettito per la sua mancanza di senno, si trovava sempre lì accanto a lui, pronto ad aiutarlo con una minestrina, a tenergli compagnia o anche solo a porgergli un fazzoletto nel momento del bisogno.

  9. .
    Titolo: Take Care
    Fandom: Pacific Rim
    Personaggi: Newton Geiszler, Hermann Gottlieb
    Genere: Introspettivo, Fluff
    Rating: Verde
    Avvertimenti: Flashfic, Slash, What if? (E se…)
    Conteggio Parole: 140
    Note: 1. Nata per un meme su tumblr ù_ù datemi una coppia ed un prompt ed io scrivo una fic in 3 frasi per voi<3
    2. Prompt: Newmann, Take Care
    3. Tutta per il mio amore<3





    Hermann era un tipo immensamente orgoglioso e riservato, uno di quelli che non chiedeva mai aiuto - forse anche perché non aveva mai avuto nessuno disposto ad aiutarlo -, e quando gli capitava di sentire quel solito fastidio alla gamba, era solito stringere i denti e far finta di niente.

    Era abituato in quel modo, era certo di poter superare ogni cosa da solo, e forse solo per quel motivo trovava imbarazzanti - ed anche 'romantiche' - le attenzioni che Newt aveva nei suoi confronti.

    Perché per quanto si ostinasse a rimanere in silenzio, Newt era in grado di accorgersi sempre del suo dolore e, sorridendo, gli porgeva - in modo figurato e non - la mano per aiutarlo, e quando lo sentiva dichiarare con voce seria: « Mi prendo cura io di te, Hermann», quest'ultimo non poteva non sentirsi davvero fortunato.


  10. .
    Titolo: Glances
    Fandom: RPF Attori
    Personaggi: Graham McTavish, Adam Brown
    Genere: Introspettivo
    Rating: Verde
    Avvertimenti: Flashfic, Slash
    Conteggio Parole: 140
    Note: 1. Nata per un meme su tumblr in cui dovevano mandarmi una coppia e un’ambientazione AU e non ed io avrei scritto una fic in tre frasi :3
    2. Prompt: Graham and Adam. Glances
    3. Tutta per il mio amore ù_ù





    Adam crollò per terra, ansimante e grondante di sudore per l'intensa sessione d'allenamento appena conclusa.
    Quel suo movimento - improvviso ed accompagnato da un sospiro quasi disperato - attirò immancabilmente le attenzioni di Graham che, continuando a stento i suoi esercizi, non riuscì a non fissarlo con malcelato interesse... ritrovandosi a seguire con lo sguardo le goccioline di sudore che scivolavano sul volto del giovane attore ed il petto che si alzava e abbassava velocemente al ritmo del respiro.
    Era bellissimo ed innocente, o almeno era quello che pensava Graham, perché di certo non poteva neanche lontanamente sospettare che Adam - che si stava alzando il bordo della maglietta per asciugarsi il viso, scoprendo ovviamente il ventre - talvolta tendeva ad esagerare un po' la sua 'stanchezza' pur di sentire su di sé gli intensi sguardi carichi di desiderio di Graham.



  11. .
    Titolo: They don't need to say anything else
    Fandom: Pacific Rim
    Personaggi: Hercules “Herc” Hansen, Chuck Hansen
    Genere: Introspettivo, Fluff
    Rating: Verde
    Avvertimenti: Flashfic, Incest, Slash, What if? (E se…)
    Conteggio Parole: 240
    Note: 1. Ispirata alla fanart che mi ha fatto Julie çAç<3
    2. Chuck deve vivere. Punto!




    " Ti ho spaventato, vecchio?"

    Herc non riesce a trattenere un sorriso nel sentire quelle parole.
    Scuote un poco il capo e stringe con un po' più di decisione la mano di Chuck.

    Non è in grado di riprenderlo per averlo chiamato in quel modo. Al contrario, Herc sente il suo cuore quasi più leggero. Privo di quel peso che lo aveva schiacciato fino a qualche settimana prima.

    " Non mi sarei mai aspettato di essere felice di sentirtelo dire", ammette sincero, soffocando una piccola risata sollevata.

    Poi, mettendo da parte il timore di essere respinto, Herc si azzarda ad alzare la mano per carezzare il volto di Chuck.

    Il ragazzo non lo allontana e piega a sua volta le labbra. Non è un ghigno canzonatorio, né uno di quei finti sorrisi che era solito fare davanti alle telecamere.
    Quello che Chuck gli regala è un vero sorriso, uno di quelli che Herc non vedeva da anni.

    Non hanno bisogno di dire nient'altro.
    Sono stati così tanto tempo l'uno nella testa dell'altro che ormai riescono quasi a percepire i rispettivi pensieri. Inoltre, nessuno dei due è mai stato bravo con le parole.

    Eppure Herc non riesce a non avvertire la necessità di parlare. Di chiedergli scusa e di dirgli che è felice di poter ancora sentire la sua voce.

    " Senti..."

    " Baciami e basta, papà", taglia corto Chuck ed Herc, incapace di fare altro, decide di fare quello che gli è stato detto.

    In fondo, per parlare ci saranno tanti altri momenti.



  12. .
    Autore: Princess Kurenai
    Titolo: Little Bastard
    Fandom: Originale
    Personaggi: Caleb “Cale” Adler, Nolan Collins
    Pairing: Caleb/Nolan
    Genere: Introspettivo, Erotico
    Rating: Rosso
    Avvertimenti: Oneshot, Slash, Dirty Talking, Lemon, Oral Sex, Rimming, Anal Fingering, Anal Sex
    Conteggio Parole: 7760

    Note: 1. Scritta per il concorso della pagina FB “Io scrivo su EFP”, il “Promtiamo Halloween Edition”… anche se credo di aver cannato il tema LOL
    2. Non dovevo scrivere una originale. Non volevo per davvero… dovevo scrivere una Hansencest da PacRim, ma alla fine è nata lei °A°
    3. Ovviamente il locale citato non esiste, così come la videoteca nominata alla fineXD
    4. Altre note random totalmente inutili *O* I nomi dei personaggi. Lo sanno tutti che il mio nome maschile preferito è Caleb (Cale come diminutivo <3). Nolan mi piaceva come suonava. Adler è in onore di Irene Adler ovviamente X°D
    5. I prestavolto sono Max Martini (Caleb) e Robert Kazinsky (Nolan). Come ho già detto, inizialmente volevo fare una fic su PacRim ma… non avevo ispirazione. Poi dopo aver detto ad una ragazzina che alleno: “Io alla tua età non mi comportavo così” è nata l’idea di mostrare “due mondi”. Quello di un uomo adulto e quello dei classici ragazzini, teste di cazzo, che popolano questo mondo. Ed i volti sono comunque rimasti quelli di Rob e Max XD
    6. Il banner è opera mia bla bla bla, le solite cose.
    7. Dediche di rito. Come ogni cosa che scrivo, la fic è dedicata a Thomas perché mi sopporta e mi da ottimi suggerimenti. Ed anche alla mia sorellina, Lucrezia, che mi sopporta pure leiXD
    8. Non betata<3


    ENYcC5F



    Quando Caleb aveva incontrato Nolan per la prima volta, si trovavano entrambi al Samhain, un Irish Pub di Sydney.
    Caleb Adler era un assiduo frequentatore di quel locale - tavolo da biliardo, freccette, birra: non poteva chiedere di meglio -, mentre Nolan era ‘quello nuovo’, entrato in quel posto dimenticato da Dio durante una serata come tante altre.
    Era impossibile non notarlo tra tutti quei volti ormai conosciuti - gente che, al pari di Cale, faceva la muffa in quel locale.
    Nolan era un ragazzino, forse appena uscito da scuola. Con un leggero accenno di barba, capelli castani e brillanti occhi azzurri, ma soprattutto con una personalità che, come era ovvio, non aveva tardato ad attirare le attenzioni su di sé.
    Se si tralasciavano gli abituali del Samhain, tanta gente era entrata ed uscita dal pub. In tanti passavano, si fermavano per una birra e se ne andavano senza lasciare anche il solo minimo ricordo della loro persona. Ma quel tipetto, al contrario, era entrato e non se ne era più andato.
    Ogni sera faceva il suo ingresso al locale, ordinava la sua birra e chiacchierava con chi gli capitava a tiro… riuscendo in ogni modo a catalizzare su di sé gli sguardi di tutti.
    Era un tipetto niente male, con la lingua lunga ed un ghigno malizioso che - Cristo, Cale sentiva le mani prudergli al solo pensiero - sembrava attirare gli schiaffi… ma alla fine, gli unici colpi che Nolan riceveva risultavano essere delle amichevoli pacche sulle spalle. Cose che, a conti fatti, lo avevano fatto passare da essere ‘quello nuovo’ a diventare un cliente abituale del pub. E giorno dopo giorno Cale, volente o nolente, aveva imparato a conoscerlo pur non avendo mai avuto a che fare direttamente con lui.
    Anche se, a dirla tutta, un’interazione l’avevano avuta. Una cosa di poco conto che si poteva riassumere con un: « Ehi Caleb! Questo piccolo bastardo fa Collins di cognome. Parente della vecchia strega?», iniziato da Connor, il barista, e che si era conclusa con un secco ‘no’ da parte sua e da una risata da parte del più giovane.
    Collins era sicuramente un cognome comune e non lo stupiva più di tanto il fatto che quel ragazzo e sua madre lo condividessero. In ogni caso era certo che non fossero parenti visto che non aveva fratelli - qualche lontano nipote? Poteva anche essere dato che Caleb non prendeva più parte alle noiosissime cene di famiglia da anni.
    In ogni caso, Nolan - ventun anni, amante del rugby e di saghe tipo Star Wars e Star Trek, ovvero cose che Cale aveva scoperto con il passare delle settimane - non aveva mai tentato un approccio con lui.
    Scherzava e parlava con tutti tranne che con ‘il vecchio Adler’ e, con l’intraprendenza tipica della sua età, ‘flirtava’ con chiunque fino a riuscire a farsi offrire da bere.
    “ Figli di puttana”, Cale li chiamava così i tipi come Nolan ma, come un’idiota, si trovava a chiedersi perché ‘tutti’ tranne lui.
    Era... un affronto al suo orgoglio maschile.
    Bisognava ovviamente precisare che Caleb aveva ormai raggiunto una certa 'consapevolezza' riguardante la sua sessualità e che, come la maggior parte di quei vecchi maniaci del Samhain, aveva convenuto che ‘uomo’ o ‘donna’ non faceva più differenza alla sua età.
    Il problema sorgeva nel rendersi conto di essere interessato ad un ‘ragazzino’, esattamente come tutti gli ubriaconi in quel pub - con la differenza che lui, ormai, non si struggeva più per delusioni finanziarie o matrimoniali.
    Nolan era giovane e chiaramente disponibile. Il volto ‘nuovo’ e ‘fresco’ di quel locale frequentato per lo più da vecchi trinconi - Cale stesso con i suoi quaranta cinque anni sentiva di poter rientrare in quella categoria.
    Decisamente fuori posto al Samhain.
    Non aveva una famiglia? Una fidanzata? Il college da frequentare? Amici della sua età?
    No. Sembrava che la sua vita iniziasse e finisse in quel locale… e per quanto Cale volesse smettere di pensare a Nolan, quando quel ragazzo metteva piede nel locale lui si ritrovava istintivamente a tenerlo d’occhio per evitare che facesse qualche stronzata. Neanche fosse suo padre - e poteva pure essere suo figlio, e la cosa lo faceva non poco irritare.
    In ogni caso, tralasciando i pensieri da falliti, depressi e maniaci, si era chiesto più volte che cosa avesse di tanto speciale Nolan da riuscire ad attrarlo in quel modo.
    Niente. A parte gli occhi chiari. La sua espressione maliziosa. Il corpo. Le mani. La voce...
    Gli piaceva, dannazione.
    Gli piaceva come anni prima gli era piaciuta Annie - la sua ex moglie.
    Lavorava in banca e a lui era bastato vederla una sola volta per sapere che era 'quella giusta'. Aveva più o meno l'età di Nolan, e come un'idiota aveva trovato ogni scusa per entrare dove lavorava la donna, o almeno farsi trovare sempre nei dintorni.
    Di conseguenza, per Caleb quelli erano gli stessi 'sintomi' - gelosia compresa. Ovviamente non aveva nessuna intenzione di farsi avanti con Nolan, perché significava rendersi ridicolo oltre che apparire come uno di quei classici padri di famiglia scontenti della propria vita che cercavano di infilarsi nei pantaloni del ragazzo.
    E tenendo per se quegli assurdi sentimenti lasciò passare i giorni e le settimane, fino a farli diventare mesi. Non poteva dire che le cose stavano 'andando bene' ma non erano nemmeno cambiate con Nolan continuava a 'flirtare' con chiunque, e lui invece a fissarlo, truce, dal fondo del locale.
    Forse di tanto in tanto aveva beccato il ragazzino a fissarlo, ma non si era mai fatto avanti.
    Cale era frustrato da quella cosa? Sì, decisamente, ma a conti fatti non sarebbe cambiato niente anche se si fosse avvicinato.
    Era un uomo adulto, aveva ormai smesso di credere al classico idillio d'amore. Per lui ormai esisteva solo quel locale, la birra, il biliardo e qualche buona scopata di tanto in tanto.
    Un quadro patetico, doveva ammetterlo, ma non si lamentava. Da qualche anno a quella parte, da quando Annie se ne era andata per la precisione, la sua vita era quella: un lavoro noioso in una fabbrica di coperture industriali ed il Samhain.
    Tuttavia Nolan ‘esisteva’, ed il fatto che gli piacesse rendeva tutto complicato anche perché doveva ancora capire se si trattava di un interesse fisico o di qualcosa di romantico - e Cristo, sperava che non lo fosse: sarebbe stato imbarazzante oltre che da deviato mentale.
    Ma per quanto Caleb cercasse di tenersi alla larga, si ritrovò ben presto nella condizione di non poter fare a meno di farsi avanti. Era metà ottobre, e quella che stava cambiando tutte le carte in tavola era apparsa come una serata non tanto diverso dalle altre passate al Samhain, con lui beveva e giocava a freccette e a biliardo e Nolan a bere a sul volta al bancone in compagnia di qualche vecchio maniaco.
    Era quasi consolante per Cale sapere che per quanto il ragazzo apparisse 'disponibile', nessuno in quel pub fosse ancora riuscito a portarselo a letto - era un locale dove tutti parlavano, una notizia del genere sarebbe subito uscita allo scoperto -, e solo per quel motivo trovò impossibile non allarmarsi quando Nolan ed il suo ‘compagno’ di bevute per quella serata sparirono alla sua vista da un momento all’altro.
    Caleb non pensò neanche per un istante che il giovane se ne fosse andato - restava fino a tardi, proprio come lui -, e stringendo in mano la stecca da biliardo, percorse con grandi falcate il pub fino ad infilarsi nei bagni. E da lì, quel blando equilibrio che si era creato andò rapidamente in mille pezzi, come la stecca sulla testa del grassone che stava baciando e toccando Nolan.
    Ovviamente quel gesto non aveva causato nessuna grave conseguenza - Caleb aveva semplicemente ringhiato qualcosa in direzione del maniaco e si era poi dovuto sorbire le battute di cattivo gusto sulla sua palese gelosia -, se non quella di attirare le attenzioni di tutti i pettegoli del locale ed immancabilmente anche quelle del giovane.
    Nolan in ogni caso era inizialmente apparso confuso - doveva aver bevuto qualcosa di troppo forte o chissà che altro -, poi dopo qualche bicchiere d'acqua ed un po' d'aria fresca, si era ripreso... sempre sotto la supervisione di Cale, rosso in volto per l’ira e l'imbarazzo.
    Inizialmente il loro ‘primo dialogo’ - così come l’unica interazione che avevano avuto in tutti quei mesi - si rivelò piuttosto spiacevole con un: « Stai meglio, ragazzino?» seguito da un: « Potevi farti i cazzi tuoi, vecchio», che aveva spinto Cale a rientrare nel locale fumante di rabbia, ordinandosi una birra e riprendendo a giocare a biliardo per sfogarsi.
    Aveva fatto una stronzata e ne stava già pagando le conseguenze. Alla fine però Nolan era tornato dentro il Samhain, aveva preso a sua volta una stecca e si era unito con lui al tavolo. Non avevano parlato - Caleb era testardo e quel ragazzo gli teneva decisamente testa -, avevano solamente giocato.
    Dopo quell’avvenimento ne erano seguiti tanti altri che avevano cambiato ancora una volta il regolare scorrere delle serate nel locale. Perché quando Nolan entrava al Samhain non andava più di filato al bancone - dove lo attendevano i suoi ‘ammiratori’ -, ma raggiungeva Cale con due birre in mano ed un sorrisetto malizioso in volto.
    Forse Nolan provava riconoscenza nei suoi confronti. Era probabile, ma era anche altrettanto chiaro che non lo avrebbe mai dimostrato apertamente.
    In ogni caso, il loro rapporto si presentò sin da subito ‘complicato’. Erano ben lontani dall'andare d'accordo e il più delle volte discutevano, anche animatamente, per le cose più futili, ma in altrettanti momenti riuscivano a passare delle serate abbastanza piacevoli l'uno in compagnia dell'altro. Anche perché, come Cale aveva notato, con lui Nolan non si comportava come un 'figlio di puttana' - non cercava di sedurlo come faceva con gli altri - ma ‘scherzava’ e lo ‘sfotteva’ amichevolmente.
    Per quasi due settimane avevano portato avanti quello strano rapporto tra partite a biliardo - o con le freccette - e birra. Tant’è che per Cale la vicinanza di Nolan era diventata già una nuova abitudine - non doveva più guardarlo da lontano e ringhiare incazzato per ogni uomo che allungava un po’ troppo le mani -, poi però, di punto in bianco, il giovane aveva saltato una serata. Cosa che non era mai accaduta durante quei mesi.
    Cale aveva ovviamente tentato di non lasciarsi prendere dal panico quando non lo aveva visto, ma quando era venuto a mancare anche il giorno successivo si era dato dello stupido per non aver mai chiesto al ragazzo dove abitasse o il suo numero di telefono - non lo aveva fatto solo perché non voleva sembrare un vecchio maniaco.
    Si chiese allora che altro sapeva di Nolan. Cosa aveva scoperto di nuovo da quanto avevano stretto quella sorta di rapporto?
    Non frequentava il college e lavorava in una videoteca - Cale aveva alcune tessere di quei negozi, ma erano comunque troppi a Sydney per poter individuare quello giusto - e viveva da solo. Niente che in ogni caso potesse dargli un indizio su come trovare Nolan.
    Poteva essergli successo chissà che cosa - idiota come era quel ragazzino poteva aver fatto qualche stronzata - e lui non sapeva che fare.
    Era preoccupato? Maledettamente. Ed il trentun ottobre - il ‘terzo giorno’ - quando entrò al Samhain, schivando per pura fortuna un gruppetto di bambini travestiti per Halloween che stava correndo sul marciapiede, si sentì quasi rinascere quando vide il ‘suo piccolo bastardo’ giocare con le freccette.
    Avvertì subito un notevole sollievo quando Nolan si voltò verso di lui con un sorriso malizioso, ma sentì anche la familiare voglia di afferrarlo per il colletto e tirargli un pugno in pieno viso.
    Si permise di osservarlo da capo a piedi come per assicurarsi che fosse completamente intero, stupendosi quando gli parve di notare dell’eyeliner attorno agli occhi. Indossava inoltre una maglietta nera con una grande zucca disegnata e con scritto “This is Halloween, bitch!”.
    Era proprio un ragazzino - come quelli fuori dal locale che stavano andando di casa in casa come idioti alla ricerca di dolci -, ma sembrava ‘sano’ come le sere precedenti.
    Eliminò allora la distanza che li separava velocemente, pronto a fargli quella che si sarebbe potuta definire ‘una paternale’.
    « Ehi vecchio!», lo salutò con un cenno del capo Nolan, e senza alcun preavviso Cale lo prese per davvero per il colletto.
    « Che fine avevi fatto?»
    Il ragazzino non apparve intimorito, anzi: sembrava al contrario divertito.
    « Quante volte devo ripeterti di farti i cazzi tuoi?», ribatté, e Caleb per poco non lo spinse contro il muro.
    « Sono cazzi miei se riguardano te».
    Era una pessima scenata di gelosia ma ormai, come diceva sempre, aveva il bersaglio e doveva sparare.
    Il sorriso di Nolan non si spense neanche per un attimo e Cale ebbe quasi la sensazione di essere caduto nella trappola di quel piccolo bastardo.
    « Allora dovremo parlarne altrove, non pensi?»
    Era un invito? Dannazione, lo era. Quello era un maledetto invito... al quale Caleb rispose afferrandolo per il braccio e trascinandolo fuori dal Samhain - tutti li stavano guardando e c'era addirittura chi sembrava sul punto di scoppiare a ridere, ma a Cale non importava minimamente.
    Prese subito la strada del suo appartamento - ringraziando il fatto che vivesse vicino al pub -, schivando le zucche intagliate sui marciapiedi, proprio all'ingresso delle case, ed ignorando i bambini vestiti da zombie, streghe e da altri mostri che affollavano le strade.
    Il suo unico obiettivo era quel buco nel quale viveva. Nient'altro.
    Nolan non si ribellò minimamente a quella sua reazione. Al contrario, le sue labbra erano piegate in quel suo insopportabile sorrisetto da schiaffi e si lasciava guidare per quelle stradine senza fiatare.
    Una volta entrati nel palazzo dove Cale viveva, quest’ultimo iniziò a sentire una vaga sensazione di ‘colpa’.
    Cosa stava facendo? Stava davvero portando quel piccolo bastardo a casa sua? E per fare cosa?
    Si morse l’interno della guancia cercando di nascondere quel suo palese nervosismo ed aprì il suo appartamento, invitando Nolan ad entrarvi.
    Il ragazzo a quel punto sembrò non voler attendere oltre, ed una volta chiusa la porta alle sue spalle afferrò Caleb per il colletto della camicia ed unì le loro labbra. La sua iniziativa venne ovviamente apprezzata dall’uomo che, una volta superato l’iniziale stupore ed il disagio, lo fece appoggiare contro l’uscio, carezzandogli lentamente i fianchi e la pelle sotto la maglia.
    Quanto aveva desiderato baciarlo in quel modo? Neanche lo sapeva, ma ormai non aveva più importanza.
    « Così... vivi qui», commentò Nolan staccandosi per riprendere fiato, restando però ugualmente vicino alle labbra dell’uomo, « È... comodo vivere così vicino al locale».
    Caleb strinse le mani sulla maglia del ragazzo.
    « Tu dove vivi piuttosto», ribatté, ritrovandosi a mugugnare quando il ragazzo mosse il bacino contro il suo.
    « Vuoi venire a trovarmi?», ghignò Nolan.
    « Solo per prenderti a calci in culo se osi sparire un’altra volta», ringhiò Cale facendo ridacchiare l’altro.
    « Mmhh… abbastanza lontano», rispose qualche momento dopo il più giovane, lasciando Caleb quasi spiazzato.
    « Perché cazzo vieni al Samhain allora?»
    Non aveva senso. Sydney era piena di pub, molti dei quali decisamente più adatti ad un ragazzo della sua età.
    Nolan gli morse però giocosamente il labbro inferiore, tirandolo verso di sé con i denti.
    « Per un vecchio del cazzo che per mesi ha fatto finta di non essere interessato a me», sussurrò, lambendo poi la pelle offesa con la lingua e lasciando Cale senza parole.
    Che cosa voleva dire?
    « Andiamo Caleb», esclamò Nolan quando non ottenne alcuna risposta, « Non ci vuole un genio a capire che quel cazzo di vecchio idiota sei tu».
    Se si trovavano in quella situazione era abbastanza chiaro che fosse proprio lui quel vecchio, constatò l’uomo, quello che gli sfuggiva però era il motivo di tutto quello.
    Perché proprio lui?
    « Abbiamo parecchie cose da dirci allora», tagliò corto cercando ancora la sua bocca, scontrandosi subito con l’entusiasmo del giovane.
    « Videoteca», ansimò Nolan quando le labbra di Caleb si allontanarono dalle sue, « Ti ho visto lì... un paio di volte», spiegò tra un bacio e l'altro.
    L'uomo non rispose, stupito ed anche divertito da quella scoperta - in fin dei conti, non erano poi così diversi.
    « È stato difficile scoprire che altri posti frequentavi», aggiunse poi il ragazzo, iniziando ad aprirgli la camicia.
    « Hai fatto la puttana con tutti», ribatté invece Cale, aiutandolo a spogliarlo e cercando di fare la stessa cosa con Nolan.
    « Attiravo la tua attenzione e bevevo gratis».
    " Figlio di puttana", decretò mentalmente Caleb prima di far scivolare le labbra verso il basso, soffermandosi inizialmente sul mento e poi sul collo.
    « Però, ha funzionato, no?», concluse Nolan con soddisfazione, tirando indietro il capo per permettere all’altro di muoversi con più libertà.
    Su quello l'uomo doveva dargli ragione. Provandoci con tutti ed ignorando proprio lui lo aveva attratto più del previsto... ma era ugualmente un figlio di puttana.
    Allora gli aprì frettolosamente i pantaloni, abbassandoli il più possibile insieme ai boxer indossati dal ragazzo.
    L'erezione era già dura, e Nolan parve sospirare sollevato quando l'intimo arrivò alle ginocchia.
    « Che fine avevi fatto in questi giorni?», chiese.
    « Dovevo lavorare per una cazzo di convention», rispose il ragazzo quasi seccato, aggiungendo poi un: « Ti sono mancato a quanto vedo».
    Cale ringhiò per quell’insinuazione, purtroppo veritiera, ed iniziò senza alcun preavviso a masturbarlo - lo sentì tremare ed appoggiarsi alla porta per non cadere.
    Nolan gemette sin da subito sotto le sue carezze, muovendo il bacino contro la mano dell’uomo con fare lascivo. Era talmente bello e sensuale che Cale, anche senza toccarsi, sentì il suo sesso tremare dentro i pantaloni.
    « Mi hai fatto incazzare».
    Era una mezza verità, e ad essere sinceri Caleb non era intenzionato ad ammettere né la sua gelosia né la preoccupazione.
    Voleva però fargliela pagare per quei mesi infernali e strinse infatti la presa sull'asta, facendolo sussultare.
    « Era questo quello che volevi, vero piccolo bastardo?», chiese, ricevendo un "sì" basso e frustrato in risposta, « Hai fatto la troia con tutti quei vecchi ubriaconi quando ti bastava aprire le gambe per me per avere tutto questo».
    « E il divertimento dov’era poi, scusa?», ghignò Nolan, ma quando tentò di aggiungere qualcos’altro Caleb riuscì a bloccarlo iniziando a sfregare con lenti movimenti circolari il suo palmo sul glande del giovane. Lo vide aprire la bocca e sgranare gli occhi prima di emettere un gemito, e sentendosi pienamente soddisfatto da quella reazione Cale continuò a toccarlo in quel modo con studiata lentezza.
    Ascoltò i gemiti di Nolan e l'erezione ingrossarsi lentamente sotto le sue attenzioni, studiò con attenzione il suo corpo, i capezzoli rosei e la leggera peluria sul petto e quella più fitta vicino al pube.
    Era bello e sensuale. Lascivo quel che bastava per spingerlo a desiderare di prenderlo lì su due piedi, senza aspettare altro.
    Premette la mano con più sicurezza, sfregando il palmo con vigore fino a sentirlo inumidirsi.
    Si avventò allora di nuovo sul collo, accompagnando quei movimenti con morsi e lente lappate.
    « C-cazzo vecchio... datti una mossa!», esclamò d'un tratto Nolan, frustrato.
    « Forse non lo hai ancora capito», ribatté Caleb, bloccandolo di nuovo contro la porta ed allontanando del tutto le mani, « Qui comando io, e se ti dico di inginocchiarti e di succhiarmelo tu che fai?»
    Nolan lo guardò inizialmente stupito prima di sciogliersi in un sorriso malizioso.
    « Ti risponderei: quanto forte devo succhiare, signore?», ironizzò aprendogli i pantaloni ed abbassandosi tra le gambe dell’uomo come se quello fosse realmente un ordine.
    Cale avrebbe anche voluto ridere per quella battuta, ma quando Nolan liberò la sua erezione per prenderla in bocca si sentì solo in grado di gemere.
    Stava ‘scherzando’. Voleva semplicemente far valere la sua autorità… ma sinceramente non gli dispiaceva per niente quella situazione.
    Soprattutto quando il ragazzo iniziò a suggere lentamente il glande, muovendoci contro la lingua. Nolan teneva gli occhi, ancora cerchiati dall’eyeliner scuro, fissi su di lui come per sfidarlo, stringendo la bocca attorno alla punta prima di farla scivolare sempre più all’interno.
    Le guance si stringevano mentre succhiava e le ginocchia di Caleb tremavano quasi violentemente sotto le attenzioni del ragazzo.
    Era maledettamente bravo e la cosa, oltre ad eccitarlo, gli fece sentire un vago senso di gelosia che iniziò a pungergli insistentemente lo stomaco.
    « Chissà quanti cazzi hai già succhiato, piccolo bastardo», ringhiò, dando voce ai suoi pensieri.
    Nolan non rispose, preferendo invece sorridere e continuare a succhiarlo quasi con entusiasmo, arrotolando la lingua attorno all’asta e spingendola quasi fino alla gola, lasciando che fossero effettivamente le sue capacità a parlare per lui. Cosa che Cale - nonostante le violente ondate di piacere che gli stavano rubando dei vergognosi gemiti -, non riuscì a sopportare e ringhiando lo afferrò per i capelli, allontanandolo con rabbia dal suo sesso gonfio ed umido.
    Il ragazzo gli rivolse un’occhiata stupita ma non fiatò neanche quando Caleb insistette con un: « Quanti?»
    Era geloso. Geloso come non lo era mai stato in vita sua. Neanche con Annie aveva mostrato un simile attaccamento, mentre con Nolan… con lui tutto sembrava diverso e la cosa, oltre a spaventarlo, sembrava eccitarlo ulteriormente.
    « Rispondi».
    « Ma che cazzo ne so! Andiamo Cale, non sarai mica geloso!», esclamò frustrato, e forse un poco imbarazzato, il giovane.
    « Tirati su», ordinò irritato l’uomo e Nolan, rimettendosi in piedi, si ritrovò sbattuto di nuovo contro la porta.
    Emise un lamento che si trasformò rapidamente in un gemito quando la mano di Caleb si posò sull’erezione prima di stringerla nel pugno. La massaggiò lentamente, senza alcuna fretta, facendo scorrere il palmo e le dita sull’asta e poi sui testicoli.
    Cale rafforzò la presa, premendo il proprio corpo contro quello del ragazzo che, continuando a gemere, accolse quelle carezze con chiaro entusiasmo.
    Sinceramente l’uomo non era in grado di rispondere all’insinuazione del ragazzo sulla sua gelosia. Aveva già ammesso di esserlo ma farlo ad alta voce era tutta un’altra cosa.
    Significava ammettere l’importanza di Nolan, sviluppata durante quei mesi, e Caleb non era certo di voler affrontare quell’argomento… non in quel momento mentre la sua mente stava venendo offuscata dal pensiero di altri uomini.
    In quanti avevano toccato il ragazzo? Per i suoi gusti erano in ogni caso troppi, e voleva cancellare quel ricordo dalla pelle di Nolan.
    Voleva che si ricordasse solo ed esclusivamente quello che gli avrebbe fatto lui.
    E così come erano iniziate, quelle carezze cessarono strappando a Nolan un verso di puro disappunto.
    « C-Cale!», esclamò, spingendo il bacino verso la mano immobile dell’uomo che, dapprima silenzioso, gli leccò l'orecchio, percorrendolo lentamente con la lingua.
    « Voglio che tu ora vada in bagno, Nolan», esordì con un'innaturale voce calma, « Sai cosa devi fare se vuoi che io ti fotta fino a domani mattina?»
    Il giovane annui, continuando a muovere il bacino verso la mano ancora immobile, e Caleb non poté non sentire il petto gonfiarsi d'orgoglio nel vedere il potere che stava esercitando su Nolan.
    « Dillo», sibilò, osservando il corpo del ragazzo scosso da un brivido.
    « D-devo lavarmi...», soffiò il giovane stringendo i denti.
    « E sai anche perché?», chiese Cale, mordendo delicatamente il lobo senza però ottenere una vera e propria risposta - il giovane annuì ancora, guardandolo carico di frustrazione e necessità.
    « Perché sei un maledetto maniaco», ringhiò Nolan premendo le mani sulle spalle di Caleb per allontanarlo, « Dimmi dov’è quel fottuto bagno», aggiunse, e l’uomo, piegando le labbra in un sorriso, si tirò di nuovo su i pantaloni per fargli fare un rapido tour dell’appartamento.
    In realtà non c’era tanto da vedere. L’ingresso, la cucina, un minuscolo salottino dove guardava le partite di football ed infine la sua camera da letto accanto al bagno.
    « Datti una mossa, ragazzino», lo incoraggiò dandogli una sonora pacca sul sedere che fece quasi balzare Nolan.
    « Dovresti ringraziarmi al posto di trattarmi in questo modo! A quest’ora potevo essere a casa, a fare la maratona di film horror e a strafogarmi di dolcetti che, ovviamente, non avrei dato ai mocciosi per Halloween!», lo rimproverò il ragazzo con tono divertito, ricevendo in risposta un profondo bacio da parte di Cale.
    « Vuoi ancora i dolci?», domandò l’uomo sulle labbra del giovane lasciandolo per qualche istante a boccheggiare.
    « Decisamente no… ma sei e resti un pervertito», tagliò corto Nolan ridacchiando, andando poi a chiudersi nel bagno con una certa urgenza.
    Caleb, rimasto solo, osservò per qualche istante la porta prima di entrare nella sua camera constatando che il giovane aveva suo malgrado ragione.
    Era un pervertito.
    Non solo era attratto da un ragazzino, di uno che poteva benissimo essere suo figlio - vent’anni di differenza erano tanti -, ma era soprattutto geloso e possessivo.
    Cale aveva ormai smesso di credere all’amore e ad altre stronzate varie - l’aveva fatto con Annie e si era ritrovato fottuto in un appartamento neanche lontanamente paragonabile alla sua vecchia casa -, ma con Nolan era stato diverso.
    Quel piccolo bastardo lo sfidava e gli teneva testa, risvegliava in lui istinti che credeva di aver perso o, addirittura, di non possedere.
    Ovviamente non se la sentiva di vedere quel ‘rapporto’ sotto una luce romantica, ma era molto vicino a poterlo considerare ‘importante’.
    Sospirò e si buttò sul letto prendendo dei lunghi respiri per calmarsi, lasciando che alle sue orecchie giungesse il rumore dell’acqua proveniente dal bagno. E l’idea di Nolan sotto la doccia che si preparava per lui rese vani i suoi tentativi di recuperare il controllo.
    Si passò la mano sul volto soffocando un verso e la voglia di ficcarsi una mano tra le gambe e masturbarsi, preferendo invece rialzarsi e spogliarsi - non voleva perdere tempo ed era certo che il ragazzo avrebbe apprezzato la sua iniziativa.
    Lanciò allora per terra i pantaloni ed i boxer, cercando nei cassetti il lubrificante ed i preservativi, trovandoli proprio quando il rumore dell’acqua cessò.
    Rimase fermo ad ascoltare i movimenti provenienti dal bagno, trovandosi ulteriormente eccitato quando sentì finalmente la porta aprirsi seguita dai passi di Nolan.
    Puntò gli occhi sull’ingresso della camera, tendendosi quando il giovane attraversò l’uscio tenendo con una mano un misero asciugamano bianco attorno alla vita.
    Era ancora bagnato e Caleb in un’altra occasione sarebbe anche stato in grado di rimproverarlo per aver lasciato le impronte dei piedi sul pavimento, ma non in quel momento.
    Aveva già avuto modo di apprezzare il fisico di Nolan e quelle goccioline che scorrevano sul corpo lo rendevano se possibile più ‘desiderabile’.
    « Hai perso la lingua, Cale? E dire che speravo di vedere quanto eri bravo nell’usarla», ironizzò il ragazzo per spezzare il silenzio che si era creato.
    L’uomo si riscosse, e rispondendo con un mezzo sorriso a quella battuta, allontanò definitivamente i suoi dubbi e le varie seghe mentali su quanto fosse sbagliato fottersi quel piccolo bastardo.
    « Sali sul letto», lo riprese e Nolan ubbidì subito, lasciando scivolare per terra l’asciugamano con non poca malizia - si stava ancora una volta dimostrando pienamente consapevole della sua avvenenza.
    « Ti voglio sulle ginocchia», continuò Caleb, facendo un passo verso il letto ed osservando il giovane seguire ancora una volta i suoi ordini.
    « Ed è in questo momento che mi scopi?», chiese Nolan leccandosi le labbra, voltandosi leggermente verso l’uomo tenendo i gomiti sotto il viso e con le ginocchia ben piantate sul materasso, larghe come se volesse offrirsi all’altro.
    « Prima voglio vedere se hai fatto quello che ti ho detto», ribatté Cale, osservando il ragazzo spostare le braccia alle sue spalle facendo affondare il volto sul copriletto.
    Seguì attentamente i movimenti di Nolan, tremando un poco per l’eccitazione quando il giovane portò le mani sulle proprie natiche, allargandole per mostrare l’apertura ancora umida.
    « Bravo ragazzo», lo lodò Caleb con voce improvvisamente roca, cercando di controllarsi e di trattenersi ancora una volta dal masturbarsi - quel bastardo lo avrebbe fatto impazzire.
    « Non trattarmi come un moccioso!», esclamò Nolan, senza poter nascondere un vago rossore sulle guance. « Datti una mossa a scoparmi, vecchio! Siamo qui per questo no?»
    Aveva ragione, ma Cale aveva ben altre intenzioni.
    Abbandonò sul bordo del letto il lubrificante ed i presevativi per gattonare alle spalle di Nolan.
    « Vedi di portarmi rispetto!», ribatté con tono minaccioso, afferrando a sua volta le natiche del giovane per tenerle larghe, « O ti lascio così fino a domani mattina».
    Quella minaccia parve sortire l’effetto desiderato, infatti il ragazzo - tremando leggermente quando sentì le mani di Caleb sulla sua pelle - si zittì improvvisamente, emettendo solo un gemito quando l’uomo spinse il pollice sui bordi dell’apertura, stuzzicandola.
    Continuò a giocare con l’apertura senza penetrarla realmente, osservando l’orifizio contrarsi per quelle sue carezze e stringersi poi attorno alla sua falange quando cercò di spingerla oltre quel confine.
    « Che cosa aspetti? Un invito scritto?!», sbottò d’un tratto Nolan, senza neanche nascondere la propria frustrazione e muovendosi quasi irrequieto verso di lui.
    « Prova a chiederlo ‘per favore’, ragazzino», ribatté Caleb allontanando il pollice.
    « Caaale!», l’acuta lamentela del giovane gli strappò un sorriso ma, tornando serio, si ritrovò a leccarsi le labbra nell’osservare l’orifizio.
    Aveva un’idea. Una cosa che non gli era mai venuta in mente prima d’ora - vista per lo più in qualche porno - e che ovviamente non aveva mai fatto con nessuno dei suoi precedenti amanti.
    Non aveva mai avuto il ‘bisogno’ di mettere la lingua in ‘posti simili’ ma… Nolan si era lavato per lui e alla fin fine quello non doveva essere tanto diverso da quello che poteva fare ad una donna.
    Strinse la presa sulle natiche, tenendole ancora belle larghe, e prendendo coraggio - e cercando al tempo stesso di non sembrare impacciato - posò le labbra sulla pelle del ragazzo iniziando a percorrerla piano con la lingua.
    Nolan si mosse sotto quella carezza, mugugnando qualcosa ‘contro la sua barba’ che si perse in un gemito quando la lingua raggiunse l’orifizio.
    Superato in parte l’iniziale imbarazzo ed incoraggiato da quel verso - e soprattutto da quelli successivi -, Cale continuò a lambire l’apertura, lasciandovi scivolare sopra la saliva e spargendola poi con lente lappate.
    Ovviamente l’uomo era ben lontano dal trovare ‘normale’ quella situazione - aveva la lingua in posti che fino a qualche minuto prima avrebbe ritenuto ‘inesplorabili’ -, ma non era intenzionato a tirarsi indietro.
    Cale era abbastanza testardo, e anche se tutto quello aveva dell’assurdo, avrebbe ugualmente continuato a leccarlo e a premere con maggior consapevolezza la lingua contro l’orifizio, guidato sempre dal ragazzo e dai suoi gemiti che esprimevano tutto il suo apprezzamento.
    Si allontanava solo per prendere fiato, poi si spingeva di nuovo verso l’apertura, scivolando sulla sua stessa saliva e penetrandola.
    I versi di Nolan diventarono ben presto più frustrati e vogliosi, e lo costringevano a muoversi sotto Caleb alla ricerca di un contatto maggiore che gli veniva puntualmente negato dalla lingua che si allontanava per lambire la striscia di pelle tra l’orifizio ed i testicoli.
    « Ah!», il gemito del ragazzo, forse stupito per quel spostamento, lo spinse a far scivolare la mano sinistra dalle natiche al sesso eretto, iniziando a muoverla lentamente dalla base fino alla punta arrossata, mentre la bocca risaliva di nuovo verso l’apertura.
    Ripeté quelle stesse azioni con calma, godendosi ogni singolo brivido e mugugno proveniente da Nolan, trovando il coraggio di allontanarsi solo quando il ragazzo ansimò un: « C-cale… s-sto per… c-cazzo… f-fammi venire…»
    Chiaramente il giovane emise un lamento frustrato quando non avvertì più su di sé le mani e la bocca dell’uomo, scoccandogli addirittura uno sguardo malevolo che strappò all’altro un sorriso.
    « Dovresti vederti», commentò Caleb, leccandosi le labbra, « Ora voltati però», ordinò poi.
    Poteva essere oscenamente romantico oltre che perverso, ma era certo di una cosa: voleva godersi ogni singola espressione nel viso di Nolan.
    Voleva vederlo gemere e venire per mano sua. Voleva vedere il piacere e la soddisfazione, ma anche la frustrazione e tutte quelle altre sfumature che era in grado di fargli assumere.
    Il ragazzo ubbidì, rigirandosi e continuando a guardarlo quasi con rabbia.
    « Non ti facevo così bastardo», borbottò.
    « No? Sono anche peggio», ribatté Cale piegando ancora le labbra verso l’alto e cercando poi a tentoni il lubrificante abbandonato sul bordo del letto.
    « Allora impegnati, e cerca di non farmi pentire per aver perso tutti quei mesi dietro il tuo culo», aggiunse il giovane, cercando chiaramente di avere l’ultima parola.
    « Ehi Nolan».
    « Mh?»
    « Sta un po’ zitto e vedrai che mi prenderò cura di te», sbottò aprendo il tubetto del lubrificante e versandone un po’ del suo contenuto sulla mano. Sfregò le dita per spargere il gel e Nolan, che ovviamente aveva compreso le sue intenzioni, allargò lentamente le gambe, sollevando le ginocchia con un sorrisetto malizioso.
    « Cura di me?», ripeté il ragazzo, smettendo di respirare quando le dita di Cale si avvicinarono alla sua apertura.
    Così come aveva fatto qualche minuto prima con la lingua, l’uomo stuzzicò i bordi dell’orifizio senza però violarlo, premendo l’indice fino a sentire la pelle cedere al suo passaggio per poi allontanarsi.
    « Non… sono fatto di porcellana», lo incoraggiò con voce roca Nolan quando finalmente la falange iniziò a farsi strada dentro la sua apertura, « Credevo... l’avessi già capito...»
    « La cosa mi fa… incazzare», borbottò in risposta Cale, muovendo circolarmente l’indice nell’orifizio.
    Il ragazzo gli donò un mezzo sorriso per quella parziale ammissione di gelosia e Caleb si impegnò subito per fargli dimenticare quanto aveva appena detto - non poteva permettersi di esporsi in quel modo.
    Piegò l’indice, forzando le calde e strette pareti ad accogliere la sua intrusione e rubando a Nolan dei bassi sospiri. Dopo un’iniziale tensione, il corpo del ragazzo parve non rifiutare più quei tocchi, rilassandosi e fremendo ad ogni movimento.
    Con una torsione del polso Caleb si spinse ancor più affondo, fino a far cozzare le nocche sulle natiche del ragazzo. Poi di nuovo indietro, ritirandosi prima di entrare ancora e ancora nella carne sempre più cedevole del giovane.
    « Ah…», Nolan si leccò le labbra quando un brivido un po’ più forte degli altri lo fece sussultare, « Non... male», commentò.
    Caleb, soddisfatto da quella reazione, allontanò l’indice per portare sull’orifizio anche una seconda falange. Ne stuzzicò ancora i bordi facendo poi pressione per penetrare di nuovo le carni del ragazzo, che parve irrigidirsi.
    Non lo rassicurò dicendogli che sarebbe ‘passato presto’, né gli donò stomachevoli baci o carezze - quello era ‘sesso’ non era mica la ‘promessa di un amore eterno e duraturo’ -, Cale si limitò semplicemente ad attendere paziente che fosse Nolan a permettergli di muoversi dentro il suo corpo.
    Mosse le dita, spingendole poi più a fondo quando il ragazzo mosse il bacino come per invitarlo ad andare avanti.
    Nolan inizialmente non fiatò, seguendo l’esempio dell’uomo, ma quando le falangi di Caleb penetrarono di nuovo in lui non riuscì a trattenersi dal mugugnare quasi infastidito.
    Cale si chiese se gli altri suoi amanti avessero mai avuto la sua stessa premura, e soffocando l’ormai palese gelosia, tentò di non fermarsi e di continuare a muovere le dita con calma.
    Le piegò, spingendole in avanti e torcendo ancora il polso fino a quando le falangi arrivarono a colpire la prostata, ed il lamento del giovane si trasformò in un verso di piacere.
    Caleb, compiaciuto e stupito da quella reazione - non aveva mai avuto modo, ed anche voglia, di approfondire in quel modo i preliminari -, premette di nuovo le dita sulla ghiandola facendo gemere Nolan che, sussultando, tentò di allargare ancora un poco le gambe per accogliere i suoi movimenti.
    Aumentò gradualmente il ritmo, trovando ben presto la posizione giusta per colpire la prostata del giovane e farlo sobbalzare.
    « A-ahh… C-Cale…», il gemito di Nolan attirò lo sguardo dell’uomo che, senza interrompere i veloci movimenti della sua mano, osservò il ragazzo ansimare e stringere con forza le mani sul copriletto. Ma il suo viso lo lasciò quasi senza fiato.
    Era sensuale e lascivo. Con la lingua che di tanto in tanto faceva capolino tra le labbra arrossate del ragazzo.
    Incapace di resistere ancora alla vista del volto arrossato del giovane e ai suoi gemiti, Cale spostò la mano libera sulla sua erezione, carezzandola lentamente per darsi un po’ di sollievo. Strinse le labbra per trattenere un gemito, continuando ad allargare invece le dita per far si che i versi del giovane coprissero i suoi.
    Ogni spinta continuava a far tremare e sussultare il corpo di Nolan, mozzandogli il fiato, ed ogni suo gemito andava ad insinuarsi nella mente di Caleb con forza, spingendolo a molestare con più energia l’orifizio ormai arrossato del ragazzo.
    « C-cazzo… h-ho bisogno di… ah… v-venire C-Cale…», esclamò Nolan d’un tratto, inarcandosi ulteriormente quando le falangi dell’uomo colpirono per l’ennesima volta la prostata sensibile.
    Né il giovane e né tanto meno Caleb avevano avuto bisogno di carezzare il membro del ragazzo, era semplicemente bastata quella regolare stimolazione a far ingrossare il sesso di Nolan fino a portarlo al limite della sopportazione.
    « V-vieni…», ansimò Cale, osservando il glande bagnato dal seme del ragazzo ed aumentando leggermente la presa sulla sua stessa erezione, masturbandola con più energia.
    Nolan, incapace di resistere oltre, portò rapidamente la mano sul proprio membro, carezzandolo e sfregando il palmo velocemente.
    Non tratteneva neanche più i gemiti e, piantando i piedi sul materasso, raggiunse l’orgasmo con dei vischiosi schizzi biancastri che gli sporcarono il petto e la mano.
    Caleb si costrinse a bloccarsi dinnanzi al viso del giovane stravolto dal piacere. Teneva gli occhi chiusi e la bocca, arrossata, semi aperta per riprendere fiato. Il petto sporco si alzava e si abbassava velocemente al ritmo del respiro e l’uomo era quasi certo di essere in grado di sentire il cuore del ragazzo battere contro le sue dita, strette nella sua apertura che si contraeva ancora per l’orgasmo.
    Allontanò entrambe le mani, liberando l’orifizio di Nolan e mettendo definitamente fine alle carezze sul suo sesso - sarebbe potuto venire anche lui in quello stesso modo.
    Cercò i preservativi a tentoni, incapace di distogliere lo sguardo dal corpo del giovane, ma quando li fece cadere per terra si costrinse a calmarsi e ad alzarsi per recuperarli.
    Si morse l’interno della guancia e, una volta strappata una bustina, tornò di nuovo sul letto scivolando sul corpo stremato di Nolan.
    « Ehi…», lo chiamò piano, accennando un sorriso quando il ragazzo aprì un occhio per guardarlo.
    « Ora... mi scopi, vero?», domandò Nolan e Cale non poté far altro che ridacchiare.
    « Cazzo sì», rispose, baciandogli il mento, « E farò in modo che ogni volta che proverai a sederti, ti ricorderai di me», aggiunse aprendo il pacchettino - cercando poi di far scivolare il preservativo sull’asta.
    « Mi sembra giusto», acconsentì il giovane sorridendo ed allungando le braccia per poter afferrare le spalle dell’uomo.
    « Mh-mh», assentì a sua volta Caleb, massaggiando la sua erezione per far aderire il preservativo, « Dammi il cuscino», ordinò poi.
    « Quale? Questo?», domandò Nolan lanciandogli praticamente in faccia il morbido guanciale.
    L'uomo emise un mezzo grugnito esasperato - un qualcosa che somigliava tanto ad un: « Ragazzino» -, prima di afferrare il giovane per i fianchi ed infilare sotto di essi il cuscino per fargli tenere il bacino sollevato.
    Soddisfatto da quella posizione si piegò ancora sul giovane. Si scambiarono un altro bacio, lento ed umido, che cercarono di non interrompere neanche quando Cale iniziò con lo sfregare la punta del proprio sesso contro l’apertura ancora sensibile di Nolan.
    Sentì una contrazione a quel tocco, seguita da un nuovo sussulto del ragazzo, ma quello non fermò Cale dallo spingere ancora facendo penetrare il glande oltre i bordi dell’orifizio.
    Nolan si irrigidì, stringendo le dita sulle sue spalle, ma non tentò di fuggire. Anzi, cercò ugualmente di andargli incontro per affrettare i tempi, ricordandogli con un basso ringhio che ‘non era fatto di porcellana’.
    « Cazzo… l’ho capito…», ribatté nervoso Caleb, mordendogli il mento e mantenendo stoicamente il controllo mentre il ragazzo si muoveva lascivo sotto di lui.
    Con un nuovo bacio bloccò le successive lamentele del giovane, facendo ondeggiare lentamente i fianchi per farlo abituare.
    « C-Cale…», ansimò Nolan non appena le sue labbra furono libere da quelle dell’uomo che, testardo, gli donò solo una leggera spinta.
    Cale continuava a sentirsi in parte uno stupido per quella sua ostinazione, ma non era intenzionato ad arrendersi. Anche perché aveva in parte ammesso che Nolan fosse in un certo qual modo ‘speciale’ - non poteva non definirlo in quel modo -, quindi voleva prendersi tutto il tempo possibile per godere di quel ragazzino perché, come era probabile, dal giorno dopo non lo avrebbe più visto.
    Tuttavia quel pensiero servì più che altro ad irritarlo, e stringendo le dita sui fianchi del giovane tentò di recuperare il controllo - ammettendo tra sé e sé che si trovava in una situazione di merda.
    Cercò allora di mettere a tacere le sue 'seghe mentali' e le lamentele del ragazzo con un bacio, portando al tempo stesso la mano destra tra le gambe di Nolan per iniziare a masturbarlo. Il ritmo delle sue carezze rispecchiò sin da subito quello del suo bacino, e più il giovane si rilassava più Cale aumentava gradualmente l'intensità dei suoi movimenti.
    L'erezione di Nolan si gonfiò rapidamente contro il suo palmo e quando finalmente il glande riuscì a colpire la prostata, Cale poté sentire il sesso del ragazzo sussultare insieme a tutto il corpo.
    Si tirò indietro un poco, poi con un colpo un po' più fermo e sicuro cercò di colpire ancora la ghiandola, ripetendo quel gesto con crescente decisione. Tant'è che il ragazzo non provò neanche per un istante a trattenere i suoi gemiti, preferendo invece assecondare con il bacino i movimenti di Caleb, che riuscì ben presto a penetrare fino in fondo.
    Era dentro Nolan. Piantato nel suo caldo orifizio con l'erezione che sfregava contro la prostata ad ogni singolo movimento ed i testicoli che cozzavano contro le natiche del giovane.
    Era perfetto, si disse chiudendo gli occhi e convincendosi con una facilità disarmante che quella sarebbe stata la scopata migliore della sua vita - sicuramente era stata la più sofferta.
    Si ritirò, uscendo quasi del tutto prima di affondare di nuovo dentro l'orifizio.
    Emise un gemito roco, imitato da quelli ben più frequenti e privi di pudore di Nolan che continuava ad abbracciarlo e a muovere il bacino alla ricerca di un contatto maggiore.
    Lo baciò di nuovo, masturbandolo con più energia sentendosi poi incapace di negargli ancora quel desiderio.
    Le sue spinte infatti si fecero via via più rapide, accompagnate da umidi baci che venivano spezzati dai frequenti gemiti rochi e senza senso, talvolta intervallati da dei: « C-cazzo... a-ah! S-sì! Più f-forte! A-ahn! Forte!», di Nolan.
    Le gambe del ragazzo si artigliarono attorno ai fianchi di Caleb, cercando di tenerlo il più vicino possibile e di trovare una nuova angolazione per quell'amplesso che gli fece raggiungere rapidamente un nuovo orgasmo.
    Le dita affondarono sulle palle dell'uomo, e tutto il corpo di Nolan parve quasi irrigidirsi mentre il seme schizzava tra i loro corpi.
    Cale sentì il suo sesso quasi imprigionato tra gli spasmi causati dal piacere del giovane, ma quello non lo fermò dal continuare a muoversi.
    Era anche lui vicino. Non aveva neanche la forza o il coraggio di rallentare per protrarre ancora un po' quell'amplesso, sentiva solamente di poter continuare a spingere, facendo sussultare Nolan ad ogni affondo.
    Con entrambe le mani ormai libere lo afferrò per i fianchi, costringendolo a sollevarli ancora un poco per entrare con più forza in lui.
    Ad ogni spinta sentiva i testicoli battere contro la carne del ragazzo ed il sudore scivolare lungo i loro corpi.
    Era tutto troppo intenso, così come i gemiti più vogliosi ed alti di Nolan che avvolsero Caleb e che parvero quasi rimbombare nelle sue orecchie quando finalmente raggiunse l'orgasmo, riversandosi del preservativo.
    Con degli ultimi affondi, Cale rallentò fino a fermarsi, concedendosi poi quel breve momento per godersi la sensazione d'appagamento che li stava abbracciando.
    Solo qualche istante dopo l'uomo si mosse pigramente, allontanandosi piano dal corpo di Nolan per mettersi seduto tra le sue gambe ancora tremanti e stanche. Si tolse il preservativo e facendovi poi un rapido nodo lo abbandonò sul pavimento ai piedi del letto.
    Si sentiva soddisfatto, oltre che esausto, ed ogni movimento lo faceva fremere al ricordo ancora fresco dell'amplesso.
    « Ehi... hai visto che disastro hai fatto?», domandò con voce roca ma divertita Nolan rompendo il silenzio che si era creato, rimanendo però immobile sul letto - a sua volta troppo stanco per potersi muovere.
    « Mh?», Cale gli lanciò un'occhiata.
    « Mi tocca rifarmi la doccia», commentò il ragazzo, « E spero vivamente di avere compagnia questa volta».
    Caleb a quel punto non riuscì a non sorridere, e spingendosi verso di lui lo baciò lentamente.
    « Dammi un attimo di tregua, ragazzino», mormorò, lambendo poi con la lingua il labbro inferiore dell'altro.
    « Ora non verrai a dirmi che sei troppo vecchio per queste cose, vero?», ghignò Nolan in risposta, sussultando quando sentì le dita di Caleb di nuovo sul suo orifizio, « Oh!»
    « Ricordo di averti detto che non avresti dimenticato facilmente questa notte», soffiò l'uomo, sfiorando ad ogni parola le labbra del ragazzo, « Ed io mantengo sempre le mie promesse».
    « Mhh… almeno mi farai dormire qui, spero», commentò Nolan, spingendosi verso di lui lascivamente.
    Caleb esitò per un momento davanti a quella frase poi, prima di approfondire il bacio, decise di acconsentire e di mettere a tacere tutte le domande che si sarebbero sicuramente formate nella sua testa insieme ai dubbi ed alle incertezze.
    « D'accordo», borbottò.
    Se si tralasciava il fatto del 'farlo dormire lì', Cale non era assolutamente certo di poter reggere un secondo round, ma quando trascinò il ragazzo nel bagno, chiudendosi con lui nel box doccia, quell'insicurezza venne lavata via dall'acqua lasciando posto ad una seconda erezione che non tardò a trovare soddisfazione nella bocca di Nolan.




    Caleb non si stupì più di tanto quando l'indomani mattina trovò il letto vuoto.
    La sua sveglia - che lo aveva destato con il suo insistente allarme - segnava appena le sette, ricordandogli che il suo turno a lavoro iniziava alle otto e mezza.
    Tastò il letto, sentendolo ancora tiepido. Nolan non doveva essersi alzato da molto, ma nonostante l'orario Cale non era stato in grado di vedere il ragazzo andare via.
    Una parte di lui sapeva che sarebbe successo - Nolan era un ragazzino che lui si era scopato incurante di tutti i 'contro' di quelle sue azioni -, ma non poté non sentirsi deluso.
    Si mise seduto sul letto e come ogni mattina - forse un po' più stanco delle volte precedenti -, si trascinò fino al bagno dove si concesse una rapida rinfrescata, durante la quale cercò di non ripensare ai momenti passati con il giovane la sera prima - dentro e fuori quello stretto box doccia.
    Ma era pressoché impossibile. Nolan gli aveva fottuto il cervello, era entrato nella sua vita riuscendo a distruggerlo in una sola notte.
    Lo detestava? Decisamente, ma non riusciva a non... volergli bene?
    « Merda...», sbottò nervoso.
    Era rimasto fottuto.
    Fregato da un ragazzino poco più che ventenne alla sua età. Era assurdo oltre che frustrante.
    Continuando ad imprecare tra sé e sé entrò nella piccola cucina, preparandosi mentalmente ad iniziare una lunga sessione di 'auto convincimento', riguardante il fatto che fosse tutto finito esattamente come era iniziato - velocemente, senza neanche dargli il tempo di assimilare la cosa.
    Solo in quel momento, mentre notava l'assenza del latte in frigo, notò un bigliettino appeso sulla caffettiera posata sui fornelli.
    Lo prese, sapendo ovviamente in anticipo a chi apparteneva.

    " Lavoro allo Stars&Movies e oggi stacco alle 20.
    Passami a prendere e vedi di essere puntuale, vecchio.

    N.

    PS. Hai finito il latte."


    Caleb dovette rileggere due volte il post-it prima di riuscire a scoppiare in una risata stupita ed anche divertita, e passandosi una mano sul volto con fare esasperato ma sollevato, fu solo in grado di borbottare un: « Piccolo bastardo».






    Edited by p r i n c e s s KURENAI ~ - 7/11/2013, 16:38
  13. .
    Titolo: United we will never fall
    Titolo del Capitolo: 1. Do the right thing
    Fandom: Pacific Rim
    Personaggi: Herc Hansen, Mako Mori, Chuck Hansen, Scott Hansen, Stacker Pentecost
    Genere: Introspettivo, Malinconico
    Rating: SAFE
    Avvertimenti: What if? (E se…), Tematiche Delicate
    Conteggio Parole: 3405
    Note: 1. Post attacco di Onibaba su Tokyo. Mako è stata salvata non da Stacker, ma da Herc.
    2. Ho volutamente ignorato le date che ci ha dato Trevis su Tumblr °A° Perché mentre la scrivevo utilizzavo come base per le età ed i fatti il Pacific Rim: Man, Machines & Monsters dove risulta che Mako è nata del 2003 così come Chuck.
    3. Penso che ormai tutti lo sappiano, ma Scott Hansen è il fratello minore di Herc. Pilota con lui Lucky Seven. Per interpretarlo ho scelto Michael Fassbender perché… perché vogliamo negare che sembrino fratelli lui e Max Martini?!
    4. Come sempre la dedico al mio amore<3
    5. Betata da quell’angelo che è il mio amore<3




    Lucky Seven era appena rientrato nello Shatterdome di Tokyo vittorioso e i suoi due piloti, i fratelli Hansen, vennero accolti dagli applausi e dai complimenti della troupe del loro Jaeger e da quelli del Reparto Tecnico.
    Avevano fatto un lavoro egregio nel soccorrere Coyote Tango in quello scontro, cosa che Scott - tronfio d'orgoglio - non era stato in grado di non precisare.
    Herc, al contrario, non era mai stato tipo da pavoneggiarsi come il fratello ed era riuscito solamente a sorridere davanti alle pacche che aveva ricevuto sulle spalle e a ringraziare tutti per i complimenti che continuavano a fargli.
    Quando incrociò lo sguardo con quello del Marshall dello Shatterdome divenne però improvvisamente serio...
    « Signore!», abbandonò il gruppo in festa per richiamare l'attenzione dell'uomo, raggiungendolo con non poca urgenza - venendo prontamente seguito da suo fratello, incuriosito dalla sua strana reazione.
    « Signor Hansen», rispose l'uomo con un sorriso, « Mi permetta di fare i miei complimenti a lei e a suo fratello per l'esemplare riuscita della missione», si complimentò.
    « Vi ringrazio, Marshall», assentì Herc, mostrando però nella sua voce una certa ansia, « Chiedo il permesso di porvi una domanda.»
    « Permesso accordato.»
    « Quella bambina, la superstite dell'attacco... Dove si trova?»
    Scott, nel sentire quella domanda, fischiò alzando gli occhi al cielo.
    « Abbiamo provveduto a portarla nell'infermeria dello Shatterdome, signor Hansen», rispose il Marshall, « Come da protocollo lo staff la sta sottoponendo a degli accertamenti medici riguardanti possibili contagi del Kaiju Blue.»
    « Non ne è entrata in contatto.», rispose Herc.
    « Ma è stata pericolosamente vicina al Kaiju.», tagliò corto l'altro ed il maggiore degli Hansen non poté non annuire preoccupato.
    Era solo una bambina, si disse. Forse poco più piccola del suo Chuck e aveva vissuto un'esperienza che non augurava a nessuno... un'esperienza alla quale pochi sarebbero sopravvissuti.
    In quell’istante gli fu quasi naturale pensare alla sua defunta moglie Angela, e al fatto che lei non era sopravvissuta all’attacco di Scissure, il Kaiju che aveva attaccato Sydney qualche anno prima - Herc non era riuscito a salvarla, era quella la verità.
    Ripensò anche a quello che la donna era solita dirgli, lo definiva affetto dalla "sindrome dell'eroe". Forse scherzava, ma alla fin fine Herc doveva ammettere che non aveva tutti i torti... perché in quel momento non riusciva a togliersi dalla testa lo sguardo spaventato di quella bambina.
    Quando l'aveva vista era rimasto senza parole, tant'è che era addirittura arrivato a disancorarsi per uscire fuori da Lucky e guardare con i suoi occhi l'esserino ai piedi dello Jaeger.
    L'aveva vista lì ferma, mentre i soccorsi iniziavano ad arrivare, e pur da lontano Herc si era convinto che il terrore riflesso negli occhi della piccola fosse diventato lentamente carico di sollievo e gratitudine.
    Si congedò dal Marshall, e seguito da suo fratello - che si accese la prima di una sicura serie di sigarette -, andò verso l'infermeria.
    Doveva vedere con i suoi occhi le condizioni della bambina, che scorse subito una volta giunto a destinazione.
    Era seduta sul lettino ancora stretta nel suo cappotto. Herc si trattenne dall'avvicinarsi - non era pronto ad affrontarla -, attirando invece l'attenzione di una delle donne dello staff medico.
    « Signor Hansen», lo accolse subito l'infermiera, cordiale, scoccando però un'occhiata malevola a Scott e alla sua sigaretta, « posso esserle utile?»
    Herc guardò ancora la bambina.
    « Come sta?»
    Anche la donna lanciò uno sguardo alla piccola prima di rispondere.
    « Spaventata», ammise, « ma ci ha detto come si chiama e cosa è accaduto».
    « I genitori?»
    « Morti entrambi, signore».
    « Ha... altri parenti in vita? Qualsiasi persona per...»
    « Per evitare l'orfanotrofio?», concluse per lui la donna, senza nascondere un tono consapevole, « mi dispiace ma temo sarà quello il suo destino, signore».
    Herc annuì abbassando il capo.
    « La ringrazio».
    « Vuole vederla?»
    « No», scosse la testa, « dobbiamo andare a cambiarci», rispose anche se suonava più come una scusa che una reale necessità.
    Aveva bisogno di pensare, cosa che risultò alquanto complicata vista la presenza di Scott, il quale prese la parola mentre lasciavano alle loro spalle l'infermeria.
    « Vuoi accollarti un altro peso?», domandò.
    « Peso?»
    « Sì! La mocciosa! Conosco quello sguardo», dichiarò suo fratello iniziando una nuova sigaretta, « la scorsa volta hai preso quell'orribile cane...»
    « Max non è orribile», ribatté Herc sulla difensiva, « e a Chuck piace tantissimo».
    « E ora», riprese con più decisione Scott, « ti vuoi prendere anche la bambina».
    « Non ho detto questo!»
    « Non sia mai che Hercules Hansen perda l'occasione di salvare qualche povera anima», ironizzò Scott.
    « Hai qualche problema?», chiese Herc, cercando di ignorare la veridicità delle parole del fratello.
    Quella bambina era sola. Aveva perso entrambi i genitori e l'avrebbero mandata in uno dei tanti orfanotrofi ormai ultra popolati.
    Quando l'aveva salvata si era come preso la responsabilità sulla sua vita... non voleva che finisse in un posto del genere.
    « Dovresti prima pensare ad essere un buon padre per tuo figlio», aggiunse Scott.
    « Voglio essere un buon padre e lo sarò», dichiarò Herc distogliendo lo sguardo ed incassando quella dolorosa affermazione.
    I suoi rapporti con Chuck erano... peggiorati in quegli ultimi tempi. Erano diventati quasi nulli dopo la morte di Angela - suo figlio non lo perdonava per aver salvato lui e non la madre -, e sperava in ogni modo di 'farsi perdonare' e di fargli capire il perché delle sue azioni.
    « Chuck ha perso sua madre e quella bambina mi ricorda mio figlio. Lei è rimasta senza entrambi i genitori», mormorò piano, più per se stesso che per suo fratello, « mandarla in un orfanotrofio sarebbe un trauma grande quanto quello che ha appena vissuto...»
    « Stai paragonando quella mocciosa a quello che è successo ad Angela ?», sbottò irritato Scott, buttando la sigaretta per terra per schiacciarla poi con il piede. Sembrava stizzito oltre che vagamente ferito.
    « Non è questo il punto… sai che non lo farei mai...»
    « Perché sei così buono? Dovresti smetterla di fare il buon samaritano!», tagliò corto l'altro, aumentando il passo per superarlo, mentre Herc, al contrario, continuò a camminare lentamente.
    In realtà, lui non si sentiva per niente 'buono' come lo descriveva Scott.
    Aveva scelto l'esercito, dedicando sempre poco tempo alla sua famiglia, poi erano arrivati i Kaiju e le cose erano peggiorate. Alla fine erano state la perdita di Angela ed il rifiuto di Chuck nei suoi confronti a fargli aprire gli occhi.
    In quel momento il suo unico desiderio era riuscire a diventare un uomo ed un padre migliore.
    Si cambiò pensieroso, ed una volta indossati i suoi abiti civili si diresse verso i suoi appartamenti.
    Sperava di trovarvi Chuck e di tentare magari un piccolo approccio con lui per ricucire il rapporto che si stava lentamente distruggendo, ma sfortunatamente nella camera non trovò né il figlio né il piccolo cane che aveva salvato qualche tempo prima - e che era diventato il migliore amico di Chuck.
    Forse aveva portato Max a fare una passeggiata, forse proprio per evitare Herc ed il suo ritorno dalla missione.
    Sospirò e, lasciando alle sue spalle la stanza, riprese a camminare con la testa altrove ritrovandosi ben presto sulla strada dell'infermeria.
    Sapeva che quello era l'ultimo posto nel quale doveva trovarsi, ma rimase ugualmente fermo sulla porta ad osservare la bambina che, al contrario della prima visita, sembrò notare la sua presenza.
    Ne incrociò gli occhi, ancora arrossati per il pianto, e trovò impossibile non avvicinarsi.
    « E-ehi», la salutò imbarazzato senza però ricevere una risposta, « Parli inglese?», le chiese allora, afferrando una sedia e prendendo posto accanto a lei.
    Non era certo di poter comunicare con lei ma avrebbe ugualmente fatto un tentativo.
    La osservò da capo a piedi. Sapeva che non aveva riportato ferite, ma il poterlo constatare di persona lo rassicurò non poco.
    La bambina annuì leggermente dopo qualche momento di incertezza, stringendo le mani su una piccola scarpa rossa - la sua gemella era ancora sul suo piede.
    « Io sono Hercules Hansen», riprese Herc, « Ero su quello Jaeger. Lucky Seven. Ricordi?»
    La piccola mosse ancora il capo. Non parlava, sembrava quasi studiarlo.
    « Vuoi dirmi come ti chiami?»
    Inizialmente la bambina esitò poi, abbassando lo sguardo, aprì finalmente bocca.
    « M-mi chiamo Mako, s-signore. Mako Mori», rispose.
    « Uhm... hajimemashite», non era molto portato per il giapponese ma aveva imparato qualcosa per il suo nuovo lavoro, e si ritrovò quasi a sperare che quel suo piccolo sforzo facesse piacere alla bambina - comprese di aver fatto centro quando vide un minuscolo sorriso spuntare sulle sue labbra.
    « Come stai?»
    Mako abbassò di nuovo il capo senza rispondere ed Herc si diede dello stupido, era ovvio il suo stato d'animo. Chiederlo la aiutava solo a riportare alla luce quello che le era accaduto.
    « E... quanti anni hai?»
    La bambina rialzò lo sguardo.
    « U-undici, signore».
    « Chiamami Herc», ribatté l'uomo, mandando la sua mente al figlio che in quel momento stava sicuramente vagando per lo Shatterdome.
    Non poté fare a meno di pensare a cosa sarebbe accaduto se Chuck si fosse trovato in quella stessa situazione. Chi si sarebbe preso cura di suo figlio?
    Scott?
    No, impossibile. Voleva bene a suo fratello ma non era... affidabile.
    « C-cosa mi s-succederà?», quella domanda arrivò inaspettata alle orecchie di Herc, riscuotendolo dai suoi pensieri.
    « Cosa ti...», ripeté bloccandosi.
    Non sapeva se dirle la verità o nasconderla. Era complicato.
    « M-mi manderanno in u-un... o-orfanotrofio?», chiese ancora la bambina, e l'uomo non poté non sospirare.
    « Temo di sì», ammise sincero, cercando di non guardare la piccola negli occhi.
    Come avrebbe potuto sopportarlo?
    Aveva perso i suoi genitori, un Kaiju le aveva dato la caccia e si sarebbe ritrovata in un orfanotrofio.
    Era ingiusto.
    Desiderava fare qualcosa, sentiva di doverlo fare.
    « Andrà tutto bene», tentò di poi tranquillizzarla, carezzandole i capelli.
    Mako però continuò a non parlare, stringendo la scarpetta rossa come se fosse il suo tesoro più grande.
    « Te lo prometto, Mako», aggiunse qualche momento dopo senza però riuscire a confortarla per davvero.
    Era impossibile riuscire a rassicurarla in una situazione simile. Non aveva alcuna certezza, solo parole e vane promesse... e Mako aveva bisogno di qualche sicurezza, che lui tuttavia non poteva dargli.
    « Io... credo di dover andare», mormorò Herc alzandosi, cercando di portare via con sé lo sconforto.
    Mako sollevò il capo, seguendolo con lo sguardo senza però fiatare.
    « A... a presto», la salutò Herc facendo un passo indietro.
    Era intenzionato a risolvere quella situazione, a trovare una soluzione affinché la sua promessa diventasse qualcosa di più che delle semplici parole.
    Andò verso la porta venendo però fermato dalla bambina che decise di rompere quel silenzio.
    « S-signore?», lo richiamò piano, costringendolo a fermarsi, « T-tornerà a... a trovarmi?», chiese.
    Herc le sorrise, preoccupato e al tempo stesso intenerito da quella domanda.
    « Certo. Tornerò il prima possibile», rispose e Mako, stringendo le labbra, annuì permettendogli di andare via.
    Nei giorni successivi, Herc fece di tutto pur di mantenere quella promessa.
    Più Chuck rifiutava i suoi approcci più lui si rifugiava da quella bambina, con la quale aveva anche iniziato a parlare giapponese e a farsi correggere da lei per la sua pronuncia.
    Era ovviamente preoccupato per l'atteggiamento del figlio - non sapeva come comportarsi con lui -, ma sapeva che anche Mako aveva bisogno di lui.
    Non aveva ancora trovato una soluzione a quella situazione e più il tempo scorreva, più sentiva la premura di agire.
    Mancava poco al suo ritorno a Sydney e quello significava abbandonare la bambina al suo destino.
    Sospirò piano, passandosi una mano sul viso ed ignorando totalmente il suo pranzo così come Chuck - che dava da mangiare a Max da sotto il tavolo - ignorava lui.
    Lanciò un'occhiata al ragazzino. Sorrideva divertito mentre giocava con il cane ed era rassicurante vederlo di nuovo ridere.
    « Diventerà grasso se continui così», lo avvertì di punto in bianco, attirando su di sé lo sguardo di Chuck.
    « Non è vero!», ribatté il piccolo, lasciando che il cane gli pulisse con la lingua le dita sporche prima di prenderlo in braccio.
    Max guaì felice per le sue attenzioni, leccandogli la faccia e muovendo la piccola coda velocemente.
    « Diventerete tutti e due grassi», ghignò Herc cercando ancora una volta di creare almeno un dialogo.
    « Stronzate!», esclamò Chuck con le orecchie improvvisamente rosse.
    « Sai, ho delle foto che-»
    « Zitto, vecchio!», il viso del ragazzo bruciava per l'imbarazzo.
    « Scherzavo, Chuck», ridacchiò Herc, ignorando quel 'vecchio' che ormai stava diventando un'abitudine per suo figlio.
    Chuck lo fissò truce, ma quella che doveva sembrare la sua espressione arrabbiata agli occhi di Herc lo faceva apparire come un adorabile gattino offeso.
    Qualche anno prima, davanti a quell'espressione, Herc lo avrebbe abbracciato facendogli il solletico fino a far sparire quel broncio, ma quel ricordo ormai così lontano lo costrinse a smettere di sorridere.
    « Senti...», esordi tornando serio ma Chuck, scuotendo il capo, si alzò.
    « Andiamo Max!», sbottò prima di darsi alla fuga, lasciando Herc con quel "mi dispiace" che non gli permetteva mai di dire.
    L'uomo sospirò di nuovo, chiedendosi per l'ennesima volta come avrebbe dovuto agire con suo figlio.
    « Non ti parla ancora, Herc?»
    Herc annuì senza alzare lo sguardo, riconoscendo quella voce anche senza cercarne il viso.
    « Già», annuì, « Tamsin come sta?», domandò poi, decidendo di mettere da parte i suoi problemi e di guardare finalmente in volto il suo amico e collega Stacker Pentecost.
    Apparve stanco ai suoi occhi, ed Herc sapeva che Stack aveva tutte le ragioni per esserlo.
    Durante l'attacco di Onibaba la sua co-pilota era collassata e lui era stato costretto a guidare lo Jaeger - Coyote Tango - da solo fino all'arrivo di Lucky che per sua fortuna si trovava in quello stesso Shatterdome.
    « Male», rispose sincero, « è stata portata subito in un centro specializzato qui a Tokyo, ma in settimana verrà condotta altrove», spiegò.
    Herc annuì seriamente dispiaciuto per quanto era accaduto alla coppia di piloti. Tamsin e Stacker erano tra i migliori e assistere a simili avvenimenti era doloroso per chiunque.
    « Mi dispiace».
    « Se non fosse stato per te e tuo fratello, non ce l'avrei fatta», ammise l'uomo, « devo ringraziarvi».
    « Dovere», tagliò corto Herc, giocando distrattamente con la forchetta, senza però essere realmente interessato al cibo.
    « E la bambina?»
    L'australiano si bloccò, guardando Stacker come per volergli chiedere cosa sapesse della piccola Mako.
    « Andiamo Herc. Lo sanno tutti che passi le giornate con lei», spiegò l'uomo, « certi hanno anche fatto delle stupide scommesse su come andrà a finire».
    Rimase quasi a bocca aperta per quella notizia, stupito da come le cose si stessero evolvendo.
    « Ovvero?»
    « Dicono che vuoi adottarla».
    Herc guardò il suo piatto rimanendo in silenzio.
    Adottarla? Sarebbe stata la soluzione perfetta, quella che avrebbe impedito a Mako di finire in un orfanotrofio.
    Le avrebbe dato una casa ed una piccola famiglia, le avrebbe dato tutto quello che aveva perso a causa di quel Kaiju... ma Chuck? Come avrebbe reagito? E Mako? Avrebbe accettato una situazione simile?
    Era troppo complicato.
    « Ci avevi già pensato?», chiese Stacker.
    « In realtà no. Ci sono troppi fattori... e Chuck, non so come la prenderebbe».
    L'inglese annuì consapevole.
    « Sono certo che farai la cosa giusta, Herc», lo rassicurò prima di congedarsi e di lasciare l'altro solo con i suoi pensieri e dubbi.
    Sapeva di dover agire in fretta, prima di abbandonare Tokyo e prima che dimettessero Mako - le analisi richiedevano sfortunatamente del tempo. Si era quindi ritrovato a passare ore e ore a pensare a come comportarsi, cosa dire e non.
    Era quasi arrivato a prepararsi un discorso da fare alla bambina nel quale le avrebbe introdotto la sua idea, ma quando si presentò di nuovo in infermeria tutto sembrò svanire.
    Mako, come ogni volta, lo attendeva silenziosa. Giorno dopo giorno sembrava sempre più calma anche se spesso i suoi occhi si riempivano ancora di lacrime.
    Appariva quasi diversa con i nuovi abiti che le avevano dato - una semplice salopette blu scura con una maglietta bianca sotto -, ma l'australiano rivedeva ancora quella piccola bambina terrorizzata, soprattutto quando le sue mani cercavano le sue scarpette rosse.
    Solo qualche giorno prima Mako gli aveva detto che cosa rappresentavano per lei: erano un regalo, l'ultimo che le avevano fatto i suoi genitori prima dell'attacco.
    Erano importanti e lei non era intenzionata a lasciarle.
    « Herc-san!», esclamò subito la piccola, accogliendolo con un sorriso.
    L'uomo ricambiò il saluto ed il sorriso, carezzandole poi il capo con dolcezza - gli mancava rivolgere simili tenerezze a suo figlio, era certo che Chuck lo avrebbe preso quasi a pugni se solo avesse osato trattarlo in quel modo.
    « Come stai?», le chiese.
    « Io... bene».
    Herc sapeva però che si trattava di una bugia.
    « Mako», la riprese con voce ferma ma calma.
    « Hanno…», la bambina esitò, come se stesse cercando le parole giuste, « parlato dell'orfanotrofio e... e di Sydney...»
    « Già...», assenti l'uomo ben consapevole di quanto stava per accadere, « Devo tornare Sydney», dichiarò, confermando le paure della piccola che abbassò il capo, piegata da quella nuova consapevolezza.
    « Capisco…», mormorò ed Herc, silenzioso, si permise di osservarla ancora per qualche attimo prima di prendere un bel respiro.
    « Hai mai visto Sydney?», domandò.
    Mako, sempre con la testa bassa, fece segno di no scuotendo il capo.
    « Ti... piacerebbe venire a vederla?», chiese ancora Herc, « Non è più come un tempo ma è sempre bella».
    La bambina, stupita da quella domanda, sollevò la testa per guardarlo con gli occhi sgranati, carichi di lacrime. Era confusa e sembrava non capire il significato di quelle parole.
    « Ti piacerebbe vivere... con me e mio figlio? A-abbiamo anche un cane. Si chiama Max, te le avevo già detto no?»
    « Che… significa?»
    « Significa vivere insieme».
    « Non... non andrei in un o-orfanotrofio?», chiese incerta.
    « Non lo permetterei mai, Mako», rispose Herc prima di ritrovarsi la bambina in lacrime tra le sue braccia ed il cuore pieno della consapevolezza di aver fatto la cosa giusta.



    Come Herc ben sapeva, l'adozione non era semplice come stilare un rapporto militare - o almeno come poteva esserlo per lui -, ma dopo aver parlato con il Marshall delle sue intenzioni, e venendo inoltre supportato dallo staff medico e da Stacker, era stato solamente in grado di stupirsi dinnanzi alla velocità con la quale avevano accettato la sua richiesta.
    Nel giro di poco le pratiche erano state avviate dai legali della PPDC senza far gravare su di lui troppi pesi se non quello mediatico, l’unica conseguenza ed ‘arma’ utilizzata dai vertici della PPDC.
    Hercules Hansen era l'eroe che aveva salvato una bambina dall'orfanotrofio.
    Un esempio per tutti, un invito alla popolazione mondiale ad adottare le piccole vittime dei Kaiju.
    Avrebbe dovuto sostenere delle interviste su quell'argomento, incoraggiare le persone a seguire la sua stessa strada… si trattava di un compito noioso oltre che gravoso, ma decise di non pensarci.
    La manina di Mako, stretta sulla sua, era ciò che voleva. Lo faceva sentire bene... anche se sapeva di dover affrontare ancora l'ostacolo più grande: Chuck.
    Ovviamente suo figlio era a conoscenza delle sue intenzioni - lo aveva messo subito al corrente -, ma al posto di insultarlo e di fare qualsiasi altra cosa, se ne era andato con Max, ignorandolo. Ed Herc avrebbe preferito di gran lunga essere preso a pugni dal ragazzino piuttosto che dover sopportare quel silenzio.
    C'era anche da dire che Scott lo aveva avvertito. Gli aveva detto, testuali parole: « Ti stai mettendo nella merda con tuo figlio, Herc. Sarai nella merda fino al collo», ma come era ovvio Herc aveva fatto di testa sua.
    Perché era la cosa giusta da fare, su quello non aveva dubbi.
    Tuttavia, quando si trovò davanti alla camera dello Shatterdome che stavano per abbandonare, tutte le sue sicurezze vennero meno.
    Sospirò e chiudendo gli occhi si preparò ad affrontare Chuck e a presentargli Mako: aprì la porta lentamente e davanti ai suoi occhi si presentò un’anonima camera ormai sgombra e con alcuni bagagli disposti contro il muro, pronti per essere portati via. Chuck, invece, era seduto sul letto con Max accoccolato sulle cosce.
    Lo guardò per qualche istante, poi decise di fare la prima mossa.
    « Ehi ragazzo», lo chiamò. Sapeva che suo figlio aveva notato la sua presenza, ma non dava segno di voler parlare con lui.
    « Lei è Mako Mori. Verrà a stare con noi», continuò mentre la bambina, intimidita, si nascondeva dietro le sue gambe.
    Chuck, sempre silenzioso, si voltò solo per un istante rivolgendo a Mako un breve sguardo che celava una certa curiosità - non l'aveva mai vista anche se Herc aveva cercato più volte di invitarlo a presentarsi con lui in infermeria.
    « Mako, lui è mio figlio, Chuck. Mentre il cane è Max», proseguì l’australiano abbassando lo sguardo sulla bambina che annuì mormorando un basso "piacere" che forse solo lui fu in grado di sentire.
    Le cose non stavano andando bene, quello era fin troppo chiaro.
    Mako era timida e Chuck non parlava e lo ignorava.
    Avere un figlio poteva essere complicato, e averne due diventava doppiamente difficile... ma poteva farcela.
    Si batteva senza paura contro i Kaiju dentro dei robot giganti e non poteva affrontare due bambini?
    Era fuori discussione, poi lui era un Hansen e gli Hansen non si arrendevano mai.

  14. .
    Titolo: The wounded ear
    Fandom: Tolkien’s Fandom
    Personaggi: Dwalin, Kìli, Thorin Oakenshield, Frerin
    Genere: Introspettivo, Comico, Fluff
    Rating: Verde
    Avvertimenti: Flashfic, Missing Moment
    Conteggio Parole: 320
    Note: 1. Ispirata alla fanart del banner ù_ù la fanart appartiene alla carissima Julie (Kaciart)
    2. BohXD non scrivevo da un bel po’ su Lo Hobbit <3
    3. Come sempre la dedico al mio amore<3
    4. Se ve lo chiedete... no: non è betata XD


    r9aVfIA



    « Signor Dwalin! Signor Dwalin!»
    Era impossibile per il nano non notare lo sguardo di pura adorazione negli occhi del bambino.
    Grugnì in risposta, pronto a sopportare l’infinito fiume di parole e domande che il più piccolo era solito rivolgergli - Kìli lo ripeteva sempre: Dwalin era ‘il suo eroe’.
    « Signor Dwalin! Come si è procurato quella ferita? L’orecchio dico!»
    Non si poteva non notare quello sfregio tra i tanti che caratterizzavano il corpo del nano e Dwalin stesso, stringendo le labbra, non poté fare a meno di riportare alla memoria il giorno in cui si era procurato quella ferita.
    A dirla tutta, non era una delle cicatrici che portava con orgoglio. Non proveniva da nessuna battaglia.
    Ma da un gioco, alquanto stupido, fatto con Thorin e suo fratello Frerin.
    Erano partiti da una semplice gara al tiro al bersaglio con frecce ed asce per arrivare alla fine ai ‘bersagli umani’.
    Dwalin aveva mostrato la sua abilità con l’ascia, conficcandola nel legno tra le gambe di Thorin. Quest’ultimo aveva lanciato a sua volta un’ascia più piccola poco sopra la testa di Frerin al quale era toccato scoccare una freccia contro Dwalin.
    Erano sicuri di loro e delle loro abilità. Così sicuri che quando la freccia si conficcò nel legno, Dwalin neanche sentì il dolore all’altezza dell’orecchio.
    Almeno non all’inizio.
    Dopo quel momento non ricordava molto altro di quel giorno.
    Solo che era caduto per terra, coprendo con la mano l’orecchio ferito, mentre veniva soccorso da Thorin… e poi anche le infinite prediche di suo fratello Balin, che lo curava, per quanto fossero stati irresponsabili.
    Una vera e propria vergogna.
    « Allora? Come, signor Dwalin? Come è successo?», insistette Kìli, con gli occhi ancora carichi d’ammirazione mentre attendeva una risposta da parte dell’altro nano che, storcendo il naso, decise di non rivelare la vera storia di quella sua ferita - era troppo imbarazzante.
    « Un orco», sbottò, incrociando le braccia al petto, « Un orco gigantesco. Il più grande che abbia mai visto, ragazzino».




    Edited by p r i n c e s s KURENAI ~ - 20/10/2013, 17:45
  15. .
    Titolo: We should have sex
    Fandom: Pacific Rim
    Personaggi: Hermann Gottlieb, Newton Geizler
    Genere: Introspettivo, Comico
    Rating: Arancione
    Avvertimenti: Oneshot, Slash
    Conteggio Parole: 600
    Note: 1. Ho letto un prompt sulla community Pacific Rim Kink Meme e ho scritto randomicamente questoXD Il prompt in questione: Newt keeps complaining about his sex life, or rather lack thereof, frequently and loudly, to Hermann, in the lab, while working. Like, he gets seriously graphic, it's as if he has no filter between his brain and his mouth.
    Finally Hermann snaps and says, "Fine, I'll have sex with you, but will you please shut your mouth!?"
    2. Dedicata all’amore mio che li shippa tantissimo<3
    3. Se ve lo chiedete... no: non è betata XD




    « Dovremmo fare sesso»
    Con quell’affermazione Newton spezzò il silenzio che regnava nel laboratorio, costringendo Hermann a chiudere gli occhi e a lasciarsi sfuggire un sospiro prima di riprendere a lavorare.
    « Dico seriamente!», insistette Newt poco dopo, « Dovremmo farlo»
    Per esperienza Gottleib sapeva quanto fosse pressoché impossibile arrestare il fiume di parole che solitamente usciva dalla bocca di Newt. Parlava velocemente e ad alta voce, sapeva essere insistente oltre che fastidioso, soprattutto quando iniziò a girare attorno ad Hermann che - ostinato - tentava in ogni modo di lavorare.
    « Ho visto un video, sai?», continuò Geizler, « In realtà più di uno, ma questo mi è rimasto impresso perché usavano la lingua. Dev'essere strano forte non pensi?»
    Hermann chiuse gli per qualche attimo gli occhi, contando fino a dieci.
    « Da come gemeva quel tipo doveva però essere piacevole avere una lingua dentro l'ano»
    " Dieci. Undici. Dodici...", continuò a contare Gottlieb stringendo le labbra.
    « Certo che però nei video le cose rispecchiano raramente la realtà. Dico, non deve essere semplice fare il fisting. Sai cos'è, vero?», domandò Newt e, senza attendere una risposta, continuò a parlare, « Significa utilizzare l'intera mano dentro l'ano di qualcuno. Dicono che sia piacevole. Ma ovviamente ci vuole una preparazione specifica per farlo. Molto lubrificante e un clistere per fare in modo che il retto sia pulito. Anche per il rimming funziona così».
    Contare si rivelò inutile ma Hermann, con il volto in fiamme, non si arrese e fissò intensamente la sua lavagna.
    Doveva lavorare. Doveva lavorare, maledizione! E quello non era né il momento e né il luogo di parlare di quelle cose!
    « Ho visto anche degli anime a riguardo. Lì però le cose si fanno decisamente irreali! Anatomicamente parlando assumono certe posizioni che credo non siano possibili... poi ci sono i Kaiju!»
    Quell'affermazione fece scattare nel cervello di Hermann un campanello d'allarme.
    Mettere nella stessa frase ‘Newton’ e ‘Kaiju’ era come prepararsi ad una forte emicrania.
    « Ovviamente è impossibile fare sesso con un Kaiju ma ci sono degli anime hentai dove - questa la devi proprio sentire! - hanno dei tentacoli! Deve essere una forza! Cioè dico... dei tentacoli!», esclamò, « In uno di questi l'eroina veniva legata e letteralmente aperta da questi tentacoli Kaiju. Le si infilavano ovunque! Era decisamente eccitante! Chissà se i Kaiju hanno davvero dei tentacoli...»
    Hermann, che iniziò a sentire le orecchie fischiare per l'imbarazzo, aprì la bocca come per rispondere ma non uscì alcun suono.
    Che doveva dirgli? Cosa avrebbe potuto dire per farlo stare zitto?!
    « Se digiti su internet 'hentai kaiju' trovi di tutto! Una volta ho trovato del porno tra Yamarashi e Knifehead! Te ne rendi conto? Era una forza! Ammetto che mi piacerebbe vedere due Kaiju accoppiarsi».
    Quella discussione iniziò a farsi quasi disturbante ed Hermann, ormai viola, scosse il capo per allontanare quelle maledette immagini evocate dalle parole di Newton.
    « Decisamente, Herm: dovremmo fare sesso!»
    « Va bene!», quelle parole uscirono dalle labbra di Gottlieb senza che potesse fermarle, e come per dare loro un peso maggiore, si voltò verso il collega, « Faremo sesso! Ma, per Giove, stai zitto!», esclamò rosso in volto, incrociando il viso stupito di Newt.
    Geizler lo fissò prima con la bocca aperta poi, piano piano, questa iniziò a piegarsi in un leggero sorriso.
    « Okay!», assentì ed Hermann, dopo averlo osservato truce e sospettoso per qualche attimo - come per assicurarsi che stesse per davvero in silenzio -, cercò di tornare al lavoro e mettere fine a quella maledetta serata il prima possibile.
    « ... ehi Herm!»
    “ No. Di nuovo no”, pensò Gottlieb chiudendo gli occhi e spezzando il gessetto tra le mani.
    « Mi chiedevo: come te lo senti il BDSM?»




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