Posts written by #Michelle

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    Titolo: The Long Way Home
    Titolo del Capitolo: VII. It’s Over
    Fandom: The Hobbit
    Personaggi: Bilbo Baggins, Fìlì, Kìli, Thorin Oakenshield
    Genere: Introspettivo
    Rating: Verde
    Avvertimenti: Slash, What if? (E se…)
    Conteggio Parole: 1920
    Note: 1. Ambientata alla fine del libro Lo Hobbit, dopo la Battaglia dei Cinque Eserciti.
    2. Aggiornamenti settimanali<3 ogni mercoledì vedrà la luce il nuovo capitolo!
    3. Dedicata all’amore della mia vita<3
    4. Non betata BWAH!






    Quando Fìli si svegliò il mattino seguente, sentì subito un corpo attaccato al suo.
    Era ovviamente abituato a trovarsi in situazioni simili, infatti - ancora assonnato - si ritrovò a sorridere perché sapeva quanto Kìli si muovesse nel sonno, e il più delle volte finiva per abbracciarlo ed infilargli le mani dove non doveva.
    Non aveva proprio alcun pudore - o era il suo sonno a non averlo? Perché inconscio o meno, lo faceva sempre! -, tuttavia quella volta non avvertì su di sé nessuna maliziosa ma familiare mano, e quello gli fece comprendere che non si trattava di suo fratello.
    Solo un'altra persona aveva il suo giaciglio così vicino da poter fare una cosa simile, e nonostante quella certezza, non riuscì a non assumere un'espressione stupita quando trovò Bilbo stretto a lui.
    Inizialmente pensò di scostarlo per evitare che suo zio facesse qualche inutile scenata di gelosia nel vedere il loro piccolo compagno avvinghiato al suo corpo in quel modo – in passato c’era stato infatti un momento in cui aveva seriamente ‘detestato’ Bofur per la sua amicizia con lo Hobbit - ma quando si rese conto che Thorin era già sveglio capì che non avrebbe fatto niente. Stava addirittura evitando accuratamente di guardarli... e non era una cosa normale. Inoltre Fìli riconosceva quello sguardo negli occhi di Thorin... e quella ‘rassegnazione’ non era adatta ad un Re ed un guerriero così forte e fiero come lo era suo zio.
    Ovviamente non sapeva niente della chiacchierata della notte prima tra i due, ma era intenzionato a scoprire che fosse successo, ed allungando la mano su Kìli – che ancora ronfava - lo scosse per svegliarlo.
    “ Uhm…”, mugugnò suo fratello, scostando alla cieca la mano che disturbava il suo sonno, lamentandosi poi quando sentì due decise dita afferrare il suo naso ed impedirgli di respirare tranquillamente.
    Quel gesto sortì per fortuna l’effetto desiderato e il minore si svegliò con non pochi borbottii irritati, che si spensero lentamente quando vide Bilbo attaccato a suo fratello.
    “ Ehi!”, borbottò. “ Che mi sono perso?!”, domandò lanciando una veloce occhiata a Thorin che puliva la sua spada con lo sguardo perso nel vuoto - cosa che trovò a sua volta strana e preoccupante.
    “ Lo vorrei sapere anch'io…”, rispose piano Fìli, carezzando i ricci dello Hobbit con la mano – cercando di destarlo con più delicatezza in confronto ai metodi ben più fastidiosi utilizzati con Kìli. “ Bilbo…”, lo chiamò infatti, ricevendo in risposta un basso mugolio.
    " È mattino, dobbiamo fare colazione e partire!", aggiunse il minore, trascinandosi verso Fìli e Bilbo, premendo con fare giocoso proprio corpo su quello dello Hobbit come per volerlo schiacciare tra il suo fisico e quello del fratello.
    Bilbo, anche se non era ancora del tutto sveglio, avvertì subito una 'presenza' alle sue spalle, e sussultando si attaccò il più possibile... ad un altro corpo.
    Era circondato! E non sapeva che diavolo fosse successo!
    " Ma che...?", mugugnò aprendo di scatto gli occhi e ritrovandosi abbracciato a Fìli - che sorrideva tranquillo.
    Avvampò stupito e la sua mente iniziò all'istante a rimettere a posto i vari pezzi.
    Ricordava che la sua era stata una sua scelta volontaria. Quando si era disteso aveva abbracciato il giovane Nano perché... perché dopo quello che gli aveva detto Thorin, aveva bisogno di un po' di conforto.
    " Ben svegliato!", esclamò la 'presenza' che lo aveva svegliato e che altri non era che Kìli. " Devo per caso essere geloso?", domandò poi il Nano con fare scherzoso, ma quando notò l'espressione triste sul volto di Bilbo divenne a sua volta serio.
    Non era normale lo sguardo che aveva intravisto poco prima in Thorin e ciò che stava leggendo nel volto del suo piccolo amico era altrettanto... strano.
    " Perdonatemi...", rispose piano lo Hobbit dopo essersi ripreso, riuscendo addirittura a non guardare in direzione di Thorin come avrebbe fatto normalmente.
    Sentiva già le lacrime pungergli gli occhi all'idea di posare gli occhi sul Nano e per quel motivo - non voleva mostrarsi ancor più debole - prese una silenziosa decisione.
    Si sarebbe comportato come se non esistesse fino alla fine del viaggio , e non si era mai sentito più sicuro in vita sua...
    " Ehi... che succede?", domandò Fìli preoccupato.
    " Niente... e credo che dovremo alzarci e fare colazione, poltrire non ci farà arrivare a casa vostra...", rispose lo Hobbit sforzando un sorriso, che apparve così falso che i due giovani si sentirono... quasi in colpa.
    " Sì... hai ragione.", assentì Kìli, senza trattenersi dal scusarsi qualche attimo dopo come se la tristezza che aveva 'spento' Bilbo fosse causa sua.
    Lo Hobbit però non rispose, e alzandosi, diede una rapida sistemata ai suoi indumenti stropicciati dal sonno - era un modo come un altro per tenersi occupato.
    Fìli e Kìli seguirono i suoi movimenti, e scambiandosi un'occhiata carica d'apprensione, rivolsero lo sguardo verso Thorin che continuava silenzioso a pulire la sua arma.
    Sembrava rassegnato e triste, ed ebbero quasi la certezza che gli atteggiamenti dei due fossero una cosa collegata.
    " Io Thorin e tu Bilbo?", propose Fìli poco dopo, abbassando la voce.
    " Perfetto.", assentì Kìli, e dopo aver rubato il 'bacio del buongiorno' a suo fratello, si apprestò ad imitare lo Hobbit, alzandosi a sua volta per ritirare i loro giacigli e cercando nel mentre un modo non troppo traumatico per interrogare il loro piccolo amico.
    Una volta preparate tutte le sacche, si concessero una breve colazione tesa e silenziosa a base di frutta prima di rimettersi in viaggio. E come promesso il giorno prima, Bilbo prese posto sul pony di Kìli, accucciandosi contro il petto del Nano come se volesse letteralmente sparire o almeno nascondersi.
    Era strano e sempre più preoccupante e, dopo uno scambio complice di sguardi, Fìli incitò il suo pony a raggiungere quello di Thorin ben deciso a vederci chiaro.
    Bilbo si stupì non poco nel vedere il maggiore dei due spostarsi, diventando rigido come un pezzo di legno quando lo vide affiancare il Re.
    " Ehi, tranquillo!", lo riprese subito Kìli notando l'improvvisa tensione. " Allora... che ti prende Bilbo?"
    Era stato abbastanza diretto: non voleva fare inutili giri di parole.
    " Ecco... ho dormito male.", rispose lo Hobbit, trovandosi impacciato davanti a quella domanda.
    " Hai dormito abbracciato a Fìli. E se permetti, per esperienza so che non si può dormire male in quella posizione~", insinuò. " Inventati un'altra scusa, anche se preferirei la verità."
    Bilbo rimase in silenzio.
    Era così... palese?
    Lo era sempre stato in realtà, ma quelli erano sicuramente i momenti peggiori.
    " Con me poi parlare, lo sai no?", insistette il Nano tenendo un tono di voce basso e serio. " Thorin... ti ha per caso fatto qualcosa?"
    Sì, mi ha spezzato il cuore e ha calpestato ogni mia più piccola speranza!, lo avrebbe voluto gridare da quanta rabbia e tristezza aveva in corpo, ma quando aprì bocca, Bilbo riuscì a dire solo: " No... abbiamo solo parlato, Kìli. Solo parlato."
    Non aveva il coraggio per ammettere così apertamente i suoi sentimenti... soprattutto quelli così dolorosi.
    " Di quale argomento?", lo incalzò prontamente Kìli.
    " Non posso parlarne.", rispose con sicurezza. Poteva stare male o essere sul letto di morte, poteva accadere qualsiasi cosa: ma non avrebbe mai riportato nella mente dei due giovani il ricordo del loro padre.
    " Bilbo..."
    " È inutile. Non posso e non voglio dirti niente.", tagliò corto con più sicurezza.
    Era ammirevole la sua testardaggine, quello Kìli lo ammetteva, ma non gli piaceva che proteggesse in quel modo suo zio. Bilbo stava male e Thorin gli aveva sicuramente detto qualcosa... e se non diceva niente, lui non poteva aiutarlo.
    " Ma ti sta facendo soffrire...", mormorò, appoggiando il mento sulla testa dello Hobbit.
    " Non è quello...", ammise Bilbo, sentendo il corpo di Kìli tendersi subito forza per quella rilevazione.
    " Cosa?"
    Lo Hobbit sospirò. Il Nano non lo avrebbe lasciato in pace fino a quando non avrebbe avuto una spiegazione ma Bilbo non era pronto a dirgli tutto.
    " Mi sono solo reso conto che sono senza speranza.", mormorò.
    " Bilbo... per Mahal, spiegati meglio. Altrimenti, non posso aiutarti...", lo pregò il giovane.
    " È al di là del tuo aiuto. Ma non preoccuparti, doveva accadere. Anzi: dovevo rendermene conto quando ho rimesse piede nella Contea."
    " Cosa?"
    " Che è finita.", sorrise triste, e quell'espressione lasciò senza parole Kìli.
    Il Bilbo che aveva conosciuto era... 'diverso'. Non si arrendeva ad era un gran testardo, riusciva anche a tenere testa a Thorin... quello che invece stava cercando conforto tra le sue braccia era solo l'ombra dello Hobbit che tanto adorava.
    Che fine aveva fatto il suo Bilbo?



    Thorin, nonostante gli sforzi, non riusciva a non pensare alla sera prima.
    Da una parte era stato piacevole parlare con Bilbo perché gli mancava più di ogni altra cosa in quel mondo - anche più dei tesori di Erebor! -, ma dall'altra sentiva di aver sbagliato.
    Doveva mantenere le distanze per il bene di entrambi...
    " Thorin. Posso parlarti?"
    Il Nano, distolto dai suoi pensieri, si voltò verso Fìli che lo aveva affiancato. Gli rivolse uno sguardo quasi stupito, poi assentì con il capo per concedergli udienza.
    " Desideravo chiederti se... hai parlato con Bilbo.", domandò serio, e davanti al secco ‘sì’ del Nano, aggiunse un: " Cosa gli hai detto?"
    Il Nano esitò.
    Per la prima volta nella sua vita, non aveva la forza di parlare perché significava solo... mostrarsi debole e non poteva permetterselo.
    " Zio...", esordì Fìli. " Non me ne andrò fino a quando non avrò una risposta."
    Era sarò che lo chiamasse 'zio' così apertamente, si era sempre rivolto a lui in modo più 'rispettoso' e solo con Kìli - o con pochi altri - si permetteva di chiamarlo in quel modo. E se si stava comportando in quel modo era perché desiderava per davvero ottenere delle spiegazioni.
    " La verità sulla famiglia.", rispose Thorin senza però entrare nei dettagli e Fìli, davanti a quell'affermazione, si rabbuiò non poco, ma non si perse d'animo.
    Certo, Bilbo poteva essere rimasto sconvolto nell'apprendere la storia del loro passato, ma aveva la sensazione che ci fosse qualcosa di più... e lo avrebbe scoperto.
    " Solo questo?"
    " Fìli è inutile.", tagliò corto il Re dopo qualche momento di silenzio.
    Stranamente, non si sentiva in grado di sostenere una discussione con il nipote né con qualsiasi altra persona. Il parlare era sempre stato un suo punto di forza, ma in quell'istante voleva solo mettere fine a quella chiacchierata indesiderata... e non gli importava se quel suo atteggiamento potesse apparire agli occhi di Fìli come una fuga.
    " So cos'hai in mente con tuo fratello.", riprese con voce dura. " E la risposta è no. Ho preso la mia decisione quando l'ho esiliato. Non posso ritrattare."
    " Sei il Re, puoi!", ribatté Fìli, quasi... quasi arrabbiato da quell'affermazione. " E stai soffrendo tanto quanto Bilbo... non condannare entrambi per il tuo orgoglio."
    " Sto donando a Bilbo un'opportunità di vita migliore.", si difese.
    " E gli hai chiesto se è quella la vita migliore che vuole?"
    Quella domanda lo colpì come una pugnalata in pieno petto.
    " No.", ammise piano. " Ma il suo posto è nella Contea, con gli altri della sua razza. Il mio, il nostro Fìli, è ad Erebor con gli altri Nani..."
    Il giovane scosse la testa. Improvvisamente non sembrava più arrabbiato, ma più che altro deluso dal comportamento del suo parente..
    " Ti sbagli.", rispose. " Il nostro posto è quello che possiamo chiamare casa... il mio è ovunque sia Kìli. Che sia Erebor, le Montagne Azzurre o la Contea...", concluse serio, facendo poi fermare il suo pony per farsi raggiungere da quello del fratello.
    Thorin, ovviamente, continuò la sua marcia riportando lo sguardo dritto davanti a sé.
    Le parole di suo nipote rimbalzavano nella sua testa ferendolo con crudele verità... ma non avrebbe cambiato idea. Non poteva permettersi di tornare indietro... non dopo tutto quello che era successo.



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    Titolo: Out of sight, Out of mind
    Titolo del Capitolo: IV. Seek and Find
    Fandom: The Hobbit
    Personaggi: Dwalin, Balin, Fìli, Kìli, Thorin Oakenshield
    Genere: Introspettivo, Malinconico
    Rating: Rosso
    Avvertimenti: Slash, What if? (E se…), Incest
    Conteggio Parole: 1715
    Note: 1. Scritta per questo prompt: “Dwalin si ricorda il vero motivo per il quale lui e Balin non si vedono spesso - che non è il lavoro ma i sentimenti che non dovrebbero provare l'uno nei confronti dell'altro. Possibilmente con un flashback smut.” ed io ne ho tirato su, beh... una cosa un po’ più lunga del previsto che ho deciso di dividere in tre (o quattro) parti.
    Siamo sempre a casa di Beorn, diretto continuo del capitolo precedente
    2. Partecipa a 500 Themes Italia con il prompt: 185. Cercare e trovare
    3. Ovviamente per il mio dolce uomo che mi ha riempito di prompt ù_ù
    4. Non betata °A°




    L’ingresso di Fìli e Kìli nell’abitazione di Beorn attirò immancabilmente l’attenzione di Dwalin che, lanciando loro un’occhiata, non poté non notare qualcosa di anomalo.
    Era ormai normale per tutti il vederli dormire insieme - consapevoli o meno, l’intera Compagnia sapeva quanto i due fossero legati -, ma quella notte presero dei giacigli ben lontani l’uno dall’altro, e fu ovviamente impossibile per il guerriero ignorare il leggero tremore che iniziò a scuotere il corpo del minore in quello che sembrava essere un silenzioso pianto.
    Che avessero litigato? O forse era successo qualcosa di... più grave.
    Non riuscì a trattenersi dal farsi quelle domande, ma ancora una volta la sua attenzione venne attirata da altri movimenti. Fìli si era alzato con dei movimenti nervosi e tesi, e ignorando lo sguardo indagatore di Dwalin, lanciò un’occhiata a suo fratello prima di abbandonare l’abitazione con in mano il fodero con le sue spade.
    Quell’atteggiamento era tutto fuorché normale e, riponendo la propria pipa, il guerriero si apprestò a seguirlo. Non era una persona curiosa, ma quei due li conosceva sin da quando erano nati, aveva insegnato loro a combattere e... ed era impossibile negare l’affetto che nutriva per entrambi.
    Tuttavia, una volta all’aperto scoprì di non avere idea di dove fosse finito Fìli... era come se fosse scappato via di corsa e la cosa non poté non preoccuparlo.
    Cosa poteva aver spinto il giovane Nano ad un atto così avventato? Perché Fìli - così come Dwalin - non conosceva quel territorio, perché era... ‘scappato’?
    Ovviamente quella sua mancanza di preparazione ‘territoriale’ impediva anche al guerriero di potersi lanciare al suo inseguimento e l’oscurità - benché fosse rischiarata dalla luna - era troppo fitta per permettergli di seguirne almeno le tracce.
    Cercò di ragionare e di intravedere nel terreno almeno un indizio sulla direzione presa dal giovane Nano, senza alcun successo... tant’é che quando sentì un rumore non poco lontano da lui sperò che fosse Fìli.
    “ Dwalin?”, la voce stupita di Balin, seguita subito da quella di Thorin che gli domandava il motivo della sua presenza al di fuori della casa di Beorn, gli fece perdere quel piccolo barlume di speranza.
    “ Fìli.”, rispose brevemente. “ Ha preso le sue spade e se ne è andato.”
    Non si azzardò ad utilizzare parole come: “ È scappato” per non creare troppo disordine, ma dall’espressione assunta da suo fratello e dall’altro Nano comprese che entrambi pensavano la stessa identica cosa.
    “ E Kìli? Lui è ancora qui?”, domandò Thorin con un chiaro tono di preoccupazione nella voce, e quando Dwalin assentì con il capo non esitò a correre dentro l’abitazione, lasciando gli altri due soli.
    “ Che succede?”
    “ Thorin ha avuto una discussione con i ragazzi...”, rispose Balin serio. “ E a quanto pare, Fìli l’ha presa peggio del previsto.”
    Ovviamente Dwalin non faticò a comprendere l’argomento della discussione - il solo fatto che avessero preso dei giacigli lontani l’uno dall’altro era solo una conferma per il Nano - e, rabbuiandosi, riprese a cercare delle tracce.
    In parte poteva comprendere il motivo della ‘fuga’ di Fìli ma... non voleva che il ragazzo facesse il suo stesso errore e, soprattutto, che vagasse da solo per quelle terre a lui sconosciute e piene di pericoli - era un abile cacciatore e guerriero, certo, ma era pur sempre troppo giovane ed inesperto.
    Thorin tornò qualche attimo dopo seguito da Kìli, pallido come un cencio. La notizia dell’allontanamento del fratello lo aveva sicuramente scosso. Per quanto fosse testardo e anche imprevedibile, restava pur sempre un ragazzo e Fìli rappresentava per lui una colonna alla quale appoggiarsi in ogni singolo momento di sconforto.
    Ma non solo, si disse Dwalin. Per Kìli suo fratello era molto più importante e poteva capirlo... proprio per quel motivo non dovevano attendere oltre nel lanciarsi alla sua ricerca. Sapeva che non sarebbe stato semplice trovare il giovane Nano con una squadra di sole quattro persone, ma era meglio non coinvolgere troppe teste in una situazione simile - era privata e delicata.
    Si divisero le zone e, dopo aver definito rapidamente un metodo di comunicazione, si misero subito alla ricerca di Fìli.
    Nessuno di loro poteva seriamente pensare che il giovane Nano fosse scappato - tra i due fratelli era sempre stato quello più assennato e serio, sarebbe stato un ‘colpo di testa’ troppo strano per uno come lui -, e quando Balin lo trovò scoprì di avere ragione.
    Era stato attirato da dei rumori inconsueti per quella zona boschiva e, seguendoli, raggiunse una piccola radura dove Fìli, con le sue spade in mano, colpiva ripetutamente un grande tronco come se si stesse sfogando.
    Nell’osservarlo Balin non riuscì a non concedersi un sorriso sollevato ed anche vagamente intenerito, perché quella era una cosa che il giovane Nano si portava dietro sin da piccolo. Non era solito piangere o fare grandi scenate, si rintanava da qualche parte e sfogava la sua rabbia ‘fisicamente’ - combattimenti corpo a corpo, armi e cose simili.
    Gli parve subito giusto lanciare il richiamo agli altri suoi compagni prima di uscire allo scoperto attirando l’attenzione di Fìli - in pochi minuti li avrebbero sicuramente raggiunti.
    “ Signor Balin...”, mormorò il giovane, abbassando le sue spade.
    “ Ci hai fatto prendere un bello spavento, ragazzo.”, lo riprese bonariamente. “ Pensavamo fossi scappato...”
    Fìli non rispose, né tentò di scusarsi per il suo atteggiamento, tant’è che Balin trovò impossibile non continuare a parlargli. In quel momento il giovane Nano necessitava un aiuto e lui, forse meglio di tutti, era l’unico in grado di dirgli ciò che aveva bisogno di sentire.
    “ È comprensibile.”, esordì il vecchio guerriero. “ Spero di non passare per uno spione, ma ho assistito a quanto è accaduto con Thorin.”
    “ Perdonami...”, esordì Fìli, non tanto per l’affermazione di Balin, ma per quanto stava per dire al suo vecchio maestro. “ Ti rispetto, e lo sai... tuttavia tu e Thorin potete dirmi quello che volete. Potete tentare di costringermi a stare lontano da Kìli... ma non posso fare a meno di amarlo...”, concluse con sicurezza, tenendo però il capo vergognosamente basso.
    “ Per quanto mi riguarda, e sono certo che lo pensi anche tuo zio, non c’è nulla di sbagliato nel vostro amore, ragazzo.”, lo rassicurò subito Balin. “ Qualcosa di più forte della nostra volontà ci spinge a scegliere il nostro Thadulurel. Quel legame è più forte di qualsiasi altro vincolo, ed un qualcosa di così puro ed importante non può essere uno sbaglio.”
    Il giovane Nano alzò finalmente il viso, cercando negli occhi dell’altro la conferma di quelle parole.
    “ Ma... Thorin...”, sussurrò poi.
    “ Anche Thorin sa quanto possano essere strane le scelte del nostro cuore. Soprattutto quando incontra la persona che diventerà la sua unica ragione di vita...”, spiegò Balin, ignorando lo sguardo curioso di Fìli per la questione di Thorin.
    Era una confessione che gli aveva fatto il suo principe, e non lo avrebbe tradito.
    “ Desidera solo proteggervi da chi non potrebbe capire.”, concluse.
    “ Perché non poteva... dircelo in questo modo? C-come stai facendo tu in questo momento?”, chiese il giovane, per poi scuotere il capo. Aveva già la sua risposta, conosceva Thorin sia come leader di quella Compagnia che come zio... e per quanto fosse un Nano capace di fare grandi discorsi, non era molto portato per le ‘relazioni umane’.
    “ Ha compreso il suo errore.”, lo rassicurò ancora Balin. “ Siete giovani ed è più che naturale il dimostrarvi il vostro affetto apertamente, ma non tutti potrebbero comprenderlo...”
    “ Ne sono consapevole...”, Fìli deglutì. “ Ci... ho pensato più e più volte, e so che se accadesse qualcosa... non esiterei e cercherei di trovare un modo per non gettare ulteriore vergogna su Kìli e sulla mia famiglia.”
    Quell’affermazione - nobile, certo - fece rabbuiare non poco il Nano.
    “ Non sobbarcarti un peso simile. Non sei solo tu a doverlo portare sulle tue spalle.”
    “ Kìli non ne sarebbe in grado...”
    “ Non dubitare mai della forza del vostro legame. Può rendervi deboli agli occhi degli altri, facili bersagli per l’ipocrisia della nostra società... ma per voi è molto di più. Insieme siete più forti.”


    Dwalin, attratto dal richiamo del fratello, era stato il primo a raggiungere la radura, e quando sentì quelle parole non poté non ritrovarsi a pensare...
    Non poteva non dare ragione a Balin per quanto aveva detto a Fìli, ma... non poteva neanche ignorare quell’ormai familiare senso di colpa che lo coglieva quando ripensava al passato.
    La sua fuga aveva creato più problemi che altro. Aveva reso deboli sia lui che Balin, e li aveva costretti a perdere attimi preziosi di quella che poteva essere una vita passata insieme.
    Era stato uno stupido ed un codardo, ma era felice che il giovane Fìli avesse accanto a lui in quel momento una persona come Balin, che con la sua saggezza e gentilezza lo avrebbe sicuramente aiutato a fare la scelta giusta.
    Tese di nuovo le orecchie, giusto in tempo per sentire i Fìli ringraziare suo fratello per la comprensione e per l’aiuto che gli aveva dato in quel momento di sconforto, per poi voltarsi verso la direzione opposta dove vide giungere Thorin e Kìli.
    Solo in quell’istante uscì a sua volta allo scoperto e, scambiandosi un’occhiata con Balin si allontanarono entrambi, lasciando gli altri tre Nani da soli. Avevano bisogno di chiarirsi e di una certa intimità, quindi si avviarono verso l’abitazione di Beorn.
    “ Le cose sarebbero andate diversamente, vero?”, domandò qualche attimo dopo Dwalin.
    “ Mh?”
    “ Se al posto di scappare ne avessi parlato con te.”, spiegò il minore.
    “ Possibile, ma questo non possiamo saperlo.”, rispose saggiamente Balin.
    Dwalin prese un bel respiro, fermandosi per guardare suo fratello negli occhi.
    “ Mi... mi dispiace...”, ammise sincero. “ Non ti avrei mai dovuto lasciare solo. Avrei dovuto affrontare la situazione in modo più maturo e non scappando come un codardo...”
    Non era semplice mettere da parte il suo orgoglio e mettere a nudo i suoi sentimenti e sensi di colpa in quel modo ma... sentiva di doverlo fare. Balin si meritava tutta la sua fedeltà e sincerità per averlo aspettato per tutto quel tempo, per aver resistito alla dolorosa lontananza che Dwalin si era imposto...
    “ L’importante è che ora tu sia qui, fratello.”, sorrise il maggiore, stringendogli una mano come per rassicurarlo. “ E mi piaci di più quando fai il barbaro.”, aggiunse con tono scherzoso che fece sciogliere anche l’altro, costringendolo a piegare le labbra verso l’alto.
    Era inutile piangere su ciò che avevano perso, il passato non sarebbe mai tornato indietro... potevano solo fare tesoro degli errori commessi, cercando di non commetterne più.


    Nota:
    Thadulurel: L’Unico tra tutti. Nella mia headcanon i Nani si possono innamorare una sola volta nella vita e visto che in italiano non rendeva bene “l’uno” ho deciso di ‘inventare’ la parola per definire quel legame. La parola è realmente in Khuzdul, ma l’idea di utilizzarla per lo scopo di definire il legame è mia.



  3. .
    Titolo: Family Ties
    Fandom: The Almighty Johnsons
    Personaggi: Anders Johnson, Tyrone Johnson
    Genere: Introspettivo, Erotico
    Rating: Arancione
    Avvertimenti: Oneshot, Incest, Slash, What if? (E se…)
    Conteggio Parole: 570
    Note: 1. Scritta per la #9 Notte Bianca di Maridichallenge. Prompt: The Almighty Johnsons, family ties
    2. Sono e resterò per sempre per la Britchell (Crossover addict<3) ma adoro questa pure coppia °ççççç° Ty è tanto dolcioso ç_ç
    3. Non betata<3


    5Us6L9F



    Tyrone non sapeva come definire quella... ‘necessità’ che lo spingeva ad andare da Anders ad ogni delusione amorosa - ovviamente senza dire niente a nessuno. Cercava di trattenersi, ma alla fine si presentava sempre nel suo appartamento con il capo basso e la temperatura corporea più bassa del solito... e a suo fratello bastava una semplice occhiata per comprendere che cosa fosse accaduto.
    Anders allora sorrideva - perché sapeva come sarebbe andata a finire la serata -, e lo invitava per un drink che poi neanche bevevano davanti all’insana fretta di Ty di far scontrare le loro labbra.
    Lo baciava quasi furioso, sfogando quella rabbia repressa causata da ogni rifiuto che aveva ricevuto. Era inusuale per lui comportarsi in quel modo, Tyrone era tutto fuorché una persona violenta, ma c’erano dei momenti in cui non riusciva a trattenersi e solo con Anders riusciva a mostrare quel lato della sua personalità.
    Perché... beh, suo fratello era un gran coglione, ma era pur sempre suo fratello e non si tirava indietro all’idea di aiutarlo e confortarlo - anche se tutto quello prendeva il nome di ‘incesto’.
    Era stato chiaro sin dalla prima volta che non ci sarebbe mai stato niente di sano in quella... ‘relazione’, ma non poteva neanche essere chiamata in quel modo visto che era solo sesso, intervallato solamente da qualche sporadica domanda - “ Perché la b-benda?” “ Perché Hodr è cieco.” oppure “ Hai il preservativo?” “ Per chi cazzo mi prendi, Ty?!”
    Erano ‘molto legati’ - in ogni senso della parola - anche se Tyrone non ne faceva assolutamente un vanto, e ovviamente neanche Anders ostentava quella sua ‘conquista’ come era invece solito fare.
    Lui era attratto solo ed esclusivamente da giovane e belle donne, neanche piacevano gli uomini e non sarebbe mai andato a sbandierare il fatto che si scopava suo fratello perché era ovviamente sbagliato - erano fratelli!
    Tuttavia - per quanto sbagliato fosse -, fare sesso con Ty gli piaceva. Era... strano, ma non in modo negativo, era davvero piacevole perché aveva sempre pensato di trovarlo ‘freddo’, era il dio di "tutte le cose fredde e oscure" in fondo, mentre invece era oscenamente caldo - fuori e dentro, soprattutto dentro, cosa per la quale aveva sviluppato una strana predilizione.
    Scopavano in ogni modo possibile - era Anders a tenere le redini del gioco -, dalle sveltine a delle vere e proprie torture architettate dal maggiore, ma alla fine il risultato era sempre lo stesso.
    Venivano accolti da un caldo orgasmo che li lasciava piacevolmente soddisfatti e senza fiato, e crollando sul letto rimanevano lì a godersi la totale pace dei sensi.
    Solo dopo qualche momento Ty decideva di nascondersi sotto le coperte come se provasse vergogna nel farsi vedere nudo dal fratello - il quale sembrava invece non possedere alcun pudore, in fondo... erano due maschi, scopavano ed erano fratelli: che problema c’era nell’essere nudi?! - e non riusciva a trattenersi dal fargli una semplice domanda: “ Perché lo fai?”
    Sempre. Ogni singola volta gli rivolgeva quella domanda, andando alla ricerca forse di una rassicurazione o di un po’ di affetto viste le numerose delusioni che lo avevano reso molto più che pessimista, ed Anders - piegando le labbra in quel suo solito sorrisetto malizioso, che forse nascondeva un affetto ben più grande - rispondeva sempre allo stesso identico modo.
    Con un: “ Tengo al nostro... legame familiare.”, che aveva da sempre la capacità di dare a Ty tutto ciò che desiderava sentire in quell’istante.






    Edited by p r i n c e s s KURENAI ~ - 9/4/2013, 19:46
  4. .
    Titolo: Time takes it all, whether you want it to or not
    Fandom: The Hobbit
    Personaggi: Bifur, OC!Naldris, OC!Boldris, Bofur
    Genere: Introspettivo, Angst
    Rating: Giallo
    Avvertimenti: Oneshot, Het, What if? (E se…)
    Conteggio Parole: 2543
    Note: 1. Scritta per la #9 Notte Bianca di Maridichallenge. Prompt: “Time takes it all, whether you want it to or not.” ― Stephen King, The Green Mile
    2. Scritta anche per : 500 Themes Ita. Prompt: 481. La morte di mille urla
    3. Headcanon che condivido, a quanto pare, con William (l’interprete di Bifur) e con altre adorabili persone. Infatti l’immagine del banner appartiene a Papermachette.
    4. Naldris e Boldris sono due miei OC (Original Character), rispettivamente la compagna e la figlia di Bifur.
    5. Dedicata a Sacchan :3
    6. Non betata<3





    Nonostante la porta fosse ben chiusa, neanche quella barriera poteva fermare le urla che provenivano dal suo interno. Lo sforzo ed il dolore si mischiavano in un unico acuto lamento e Bifur, anche se non era nuovo a situazioni simili - aveva ‘assistito’ al parto di una sua zia che anni prima aveva messo al mondo due suoi cugini -, non si era mai sentito così teso e nervoso.
    Detestava il dolore e sentire la sua compagna - la sua Naldris - soffrire in quel modo per donare una vita... lo faceva tremare - se solo avesse potuto sarebbe entrato lì ad aiutarla, ma non sapeva letteralmente dove mettere le mani -, e quella sensazione gli impediva di restare fermo nello stesso punto.
    Percorreva infatti con ampi passi il corridoio davanti alla porta chiusa, fermandosi solo qualche istante in ascolto della sua compagna che ancora urlava prima di riprendere il suo nervoso cammino.
    Solo dopo parecchio tempo quei versi di dolore e sforzo si affievolirono, venendo sostituiti da un infantile pianto... era nato.
    Suo figlio era nato, ripeté mentalmente con il cuore che, prima di iniziare a battere furiosamente per l’emozione, parve quasi fermarsi.
    Rimase fermo, attendendo davanti alla porta la levatrice che non tardò ad arrivare.
    “ Mastro Bifur.”, lo chiamo l’anziana Nana, sudata ma con in volto un bel sorriso. “ Può entrare...”
    Non attese oltre e varcò la soglia della stanza - mai come in quel momento l’odore del sangue, e di tutto quello che era stato usato durante il parto, gli faceva venire la vita -, scorgendo subito tra le braccia della sua compagna un fagottino strillante.
    “ È una bellissima bambina.”, dichiarò la levatrice, aiutando Naldris a mostrare quel piccolo miracolo all’altro Nano.
    Era... minuscola e arrossata - lo sfogo sulla sua pelle delicata sarebbe passato in un paio di giorni - e Bifur non aveva mai sentito un neonato gridare così tanto - neanche i suoi cugini Bofur e Bombur erano stati così 'chiassosi' quando erano venuti al mondo - ed alle sue orecchie il pianto della sua bambina sembrava quasi squillare come cento trombe.
    Come era possibile che una creatura così minuta potesse avere così tanta energia?
    Forse era solo il suo modo di accogliere la sua nascita, utilizzando tutta la forza che aveva in quel piccolo corpo. Ed era così piena di vita che perfino il Nano non riusciva a trattenersi dal sorridere.
    Si sentiva... completo.
    La prese dalle mani della levatrice che l’aveva lavata e avvolta in una copertina, stando ben attento a non farla cadere perché lui... lui era un solo minatore, non era di certo abituato ad avere a che fare con un qualcosa di così piccolo e fragile. Ma quando la sentì agitarsi tra le sue braccia capì che non sarebbe mai caduta: che lui non l’avrebbe mai fatta cadere.
    Si accostò alla sua compagna, sudata e rossa per lo sforzo ma con un’espressione lieta.
    “ Lei... è bellissima, Naldris.”, mormorò dolcemente Bifur, sedendosi accanto alla Nana che, sorridendo, lasciò cadere il capo contro la spalla dell’altro.
    “ Il suo nome?”, chiese qualche attimo dopo, riprendendo la neonata - ormai calma - tra le braccia.
    Bifur ci pensò qualche istante poi, posando le labbra sui scuri capelli di Naldris, soffiò nelle sue orecchie il nome che aveva scelto per la loro bambina.
    “ Boldris.”



    Sin dai suoi primi istanti di vita, Boldris si era rivelata essere un vulcano di energie.
    Gridava e strepitava ancor prima di riuscire a parlare, e fissava il mondo con occhi carichi di curiosità sempre alla ricerca di nuove scoperte, accompagnata in ogni passo dallo sguardo vigile ed orgoglioso dei suoi genitori.
    Bifur, in realtà, non si era mai sentito un tipo ‘paterno’ - era un Nano, un minatore! - ma giorno dopo giorno anche lui scopriva nuove cose con la sua bambina ed imparava le bellezze dell’essere il padre di una creaturina così piccola eppure forte come cinquecento temporali.
    Crescevano insieme, e nascosti nel suo cuore Bifur custodiva tanti ricordi. Come quando Boldris aveva imparato a parlare - adorava la sua vocina squillante mentre lo chiamava con un’infinita sequela di: “ Adad! Adad!” non appena lo vedeva apparire sulla porta di casa dopo una giornata di lavoro - o i suoi primi passi - Boldris gli correva sempre incontro, ridendo e abbracciandogli una gamba prima di venire sollevata dalle sue braccia. O come quando la faceva sedere sulle sue ginocchia e le intrecciava i capelli - neri, come i suoi -, o quando erano i suoi cugini Bofur e Bombur a giocare con lei - il primo soprattutto le raccontava fantastiche storie che la lasciavano sempre senza fiato. E Bifur non poteva far altro che osservare la sua famiglia, stringendo a sé la sua adorata Naldris.
    Stupidamente il Nano sperava che la sua bambina non crescesse mai per davvero, che quei momenti di gioia restassero immutati così come nei suoi pensieri. Perché si sentiva felice come non mai.
    La sua vita era perfetta. Non poteva descriverla in nessun’altro modo, ma il tempo portava via ogni singola cosa che lo volesse o meno.
    Boldris cresceva giorno dopo giorno, ma a la felicità rimaneva come un velo protettivo sulla sua famiglia e neanche la dolorosa fuga da Erebor, alla ricerca di una nuova dimora dopo l’attacco del Drago Smaug, li aveva divisi.
    Certo, non era stata una cosa positiva il perdere il proprio lavoro e la casa. Avevano lasciato indietro ricordi e un’intera vita fatta di sacrifici, ma erano insieme in quel viaggio attraverso la Terra di Mezzo.



    “ Adad! Amadi!”, la vocina di Boldris - lei non parlava: gridava! - li fece sorridere. Correva da una parte all’altra, rallegrando con la sua energia tutti i Nani che, tristi e stanchi, seguivano i loro sovrani verso una nuova casa.
    “ Ehi! Vieni qui piccola peste!”, esclamò Naldris, afferrando la bambina che si divincolò tra le sue braccia ridendo.
    “ Voglio andare da Bofur!”, dichiarò, stringendo ugualmente le braccia attorno al collo della madre in un affettuoso abbraccio.
    “ Dopo.”, la riprese Bifur serio, carezzandole il capo. “ In questa strada di montagna è meglio stare vicini. Potresti cadere e farti male...”, concluse con non poca preoccupazione.
    “ Ma dai!”, ridacchiò la bambina. “ Non cado! Non sono così... s... sbagliata?”
    “ Sbadata.”, la corresse Naldris baciandole ma morbida guancia e permettendole poi di tornare a camminare con le sue gambe. “ Resta qui, va bene? Dopo ti portiamo da Bofur.”
    Boldris si lamentò per qualche istante ma, ubbidiente, continuò a camminare con i suoi genitori, coinvolgendo nei suoi discorsi gli altri Nani che marciavano accanto a loro - molti non erano soliti discutere con dei bambini, ma era impossibile non sorridere nel sentirla parlare su quanto adorasse suo cugino Bofur e i dolci che di tanto in tanto faceva Bombur.
    Erano brevi momenti di felicità, strappati a quel crudele tempo di disgrazia che aveva colpito il popolo della Montagna Solitaria... e che durarono ben poco.
    Un urlo, un avvertimento fin troppo chiaro giunse alle loro orecchie in quella gola nell’estremo nord delle Montagne Nebbiose.
    “ Rakhâs!”
    Orchi, che approfittando della loro debolezza, li stavano attaccando da più fronti per privargli degli ultimi residui di dignità che possedevano. Bifur impugnò subito uno dei suoi picconi ergendosi subito in difesa della sua compagna e della bambina.
    “ Restate vicine!”, gridò. Non era un guerriero, né forse tra i Nani più coraggiosi, ma per difendere la sua famiglia avrebbe tirato fuori parti di sé che credeva di non possedere.
    “ Bifur...”, la voce di Naldris era incerta e preoccupata, ma nei suoi occhi il Nano non lesse timore. Era coraggiosa - forse più di lui - e, impugnando a sua volta un piccone, attirò a sé Boldris per poterla proteggere.
    Altre urla seguirono il precedente avvertimento, insieme ad inconfondibili rumori di battaglia e di morte che riempirono quell’infida gola, e Bifur, così come tutti gli altri, si lasciò trascinare da una furia omicida, sterminando ogni orco che osava anche solo avvicinarsi a lui e alla sua famiglia. E Naldris stessa, nonostante il peso di Boldris, si difendeva come poteva - ignorando testardamente il maleodorante sangue che andava a macchiarle gli indumenti e le mani.
    Mai come in quel momento i lieti attimi di felicità che Bifur custodiva nel suo cuore sembravano lontani. Aveva cercato con tutte le sue forze - forse stupidamente - di impedire al tempo di scorrere e di lasciare tutto immutato a quando era felice mentre abbracciava sua figlia e la sua compagna... ma alla fine tutto stava scivolando via dalle sue mani come sabbia.
    Strinse con più forza il piccone nel pugno, come se quello potesse impedire a quella sensazione di perdita di avanzare ancora verso il suo cuore... ma tutto sembrò sfuggire al suo controllo.
    Solo... solo un maledetto secondo.
    Aveva colpito un orco, spaccandogli la testa.
    Aveva dato per pochissimo tempo le spalle alla sua compagna...
    " AMADI!"
    E l'urlo di Boldris - forte e acuto come sempre - lo raggiunse come una doccia gelida insieme al corpo di Naldris riverso per terra in una pozza di sangue.
    " Svegliati! Ti prego!", la bambina urlava ancora, sovrastando i rumori della battaglia e Bifur smise di pensare.
    Colpì con tutta la forza che aveva in corpo l'orco che aveva... no. Non poteva neanche pensarlo - non la sua Naldris, voleva ricordarla sorridente e non nell'ultima espressione della morte -, ingaggiò con quel ‘mostro’ una furiosa lotta gridando alla sua bambina di correre via, di scappare!
    " Non possiamo lasciarla!", strillò Boldris disperata, con gli occhi carichi di terrore.
    “ Va via! Corri! Non guardare indietro!”, ordinò durò prima di ricevere un violento colpo della mazza chiodata dell’orco sul fianco.
    Cadde per terra, senza fiato.
    " Adad...", la flebile la voce della bambina - ben diversa dai suoi soliti schiamazzi - lo riscosse e guidato dalla sola forza di volontà e della disperazione si sollevò ancora colpendo in l’orco sulle gambe.
    Ogni movimento mandava lungo tutto il suo corpo violente ondate di dolore, poteva sentire il sangue scorrere lungo il fianco... era come se attimo dopo attimo la vita gli venisse lentamente strappata, e ma non poteva arrendersi.
    “ Boldris... va via... per M-Mahal...”, la pregò ancora e quando la bambina - incapace di nascondere il terrore - iniziò ad indietreggiare lentamente si sentì quasi più sollevato.
    Lei sarebbe scappata e si sarebbe salvata. Doveva crederci... ormai gli rimaneva solo quella speranza. Tant’è che neanche l’ennesimo colpo sul suo fianco già offeso lo ferì più di tanto.
    Si lasciò semplicemente crollare per terra, sputando sangue sul terreno già pregno di quel liquido scarlatto.
    “ A-Adad...”
    Scappa. Corri Boldris.
    Nella sua mente si ripetevano quelle parole e con gli occhi chiusi cercò di afferrare i ricordi di qualche attimo prima, quando la bambina chiacchierava e rideva con tutti gli altri Nani.
    Quelli di qualche tempo, quando si sedeva vicino al caminetto della loro perduta casa ad ascoltare le storie di Bofur.
    Quelli dei suoi primi anni di vita dove ogni giorno faceva una nuova scoperta.
    Quelli... della sua nascita. Quando Bifur non si era mai sentito più completo.
    Ricordi ormai così lontani.
    “ Adad, ti prego!”, Boldris però era tornata.
    Piangeva e singhiozzava, scuotendolo con le sue manine tremanti e sporche di sangue.
    “ N-non lasciarmi! Alzati!”, tirò con forza la sua tunica, come per aiutarlo ad alzarsi e Bifur, come se si fosse destato, soffiò il suo nome... ma come quei ricordi che sembravano irraggiungibili, sentì il piccolo corpo della bambina allontanarsi violentemente.
    Il gemito che abbandonò la bocca di sua figlia era così basso da essere quasi irriconoscibile - data l’energia che la aveva sempre caratterizzata -, e venne seguito da un tonfo sordo quando cadde qualche qualche metro più in là.
    “ Boldris...”, la chiamò allarmato, stringendo le dita sul terreno insanguinato per avere un appiglio mentre si sollevava sulle ginocchia. " B-Boldris!", ripeté, cercando di alzare la voce per farsi sentire, arrancando verso il corpo della sua bambina con difficoltà.
    Era immobile. Fermo come mai lo era stato perché neanche nel sonno la sua Boldris restava così, era sempre in movimento!
    Energica come mille Nani... ma rimaneva lì, ferma, fredda e silenziosa.
    " Boldris... p-per Mahal... a-apri gli occhi...", la chiamò ancora e ancora, trascinandosi sul chiassoso campo di battaglia, ignorando la ferita al fianco che gli impediva di alzarsi e combattere come tutti i suoi amici e compagni attorno a lui.
    Tuttavia, Boldris non si svegliò né rispose alla sua supplica... e Bifur non sentì nient'altro se non l'odore del sangue e della morte, accompagnato da un assordante silenzio che segnava la morte di mille urla.
    Non reagì più, neanche quando l’orco, vedendolo ancora vivo, lo afferrò e lo costrinse a voltarsi.
    Lo guardò con occhi vitrei, stampandosi nella memoria il volto compiaciuto di chi lo aveva ucciso strappandogli il cuore.
    Il viso di colui che gli aveva rubato senza alcuna pietà quei tempi di gioia e felicità.
    Quell’orco che ora impugnava un'ascia - forse rubata, ma non importava - e che non esitò a calarla sul capo di Bifur... ma andava bene così.
    Non gli importava né del dolore né della morte che presto sarebbe sopraggiunta anche per lui, perché ormai non voleva più sentire niente.
    Bifur desiderava solamente di raggiungere le sue amate Naldris e Boldris...



    L’arrivo di Bofur, Bombur e Bifur era sempre atteso con grande gioia dai bambini delle varie città che visitavano. Non importava l’età o la ‘razza’ - Nani, Uomini oppure Hobbit -, tutti li adoravano e impazzivano per i giochi che preparavano per loro.
    Certo, i bambini preferivano di gran lunga la presenza allegra e positiva di Bofur che raccontava loro delle avventurose storie di eroi e principesse, di Draghi e altri mostri, ma non disdegnavano mai neanche la timida ed imponente - per loro ovviamente - figura di Bombur o quella silenziosa di Bifur, avvolta dal mistero dell’ascia che portava conficcata sulla testa.
    Erano impossibile non essere incuriositi da quel Nano e gli rivolgevano spesso domande, cercando di ottenere una risposta che non sarebbe mai arrivata - se non sotto forma di qualche mugugno in Khuzdul.
    E Bofur non poteva fare a meno di notare come ogni volta quelle attenzioni sembrassero quasi... distruggerlo. Diventava quasi più silenzioso del solito quando sentiva le allegre risate dei bambini che correvano davanti alla bancarella che allestivano e si rabbuiava quando i bambini cercavano di coinvolgerlo nei loro giochi.
    Era come se non riuscisse a sopportare quell’infantile felicità. Era come se provasse rabbia dinnanzi a quella gioia e Bofur sapeva che non era del tutto sbagliata quell’impressione. Sapeva che Bifur non provava astio verso i bambini, ma sentiva semplicemente la mancanza di... di qualcuno. Qualcuno che non avrebbe mai potuto ridere o giocare come quei bimbi.
    Naldris e Boldris, la famiglia che Bifur aveva perso durante un agguato degli orchi. La stessa battaglia che lo aveva distrutto, non solo fisicamente, ma anche spiritualmente...
    Erano passati quasi cinquant’anni da quell’infausto giorno, ma suo cugino non era mai stato in grado di superare quel lutto.
    “ Mastro Bofur! Mastro Bofur! Che è successo a Mastro Bifur? Perché ha un’ascia sulla testa?”
    L’aspetto di Bifur era sempre un argomento di domanda davanti all’innocente curiosità dei bambini ma Bofur per loro non aveva nessuna delle sue epiche storie di battaglie e di avventure. Non per suo cugino almeno... perché lui e Bombur erano la sua famiglia e non voleva ferirlo più di quanto non avesse già fatto il crudele scorrere del tempo, che troppo velocemente lo aveva privato di tutta la sua felicità, lasciandolo quasi insensibile a quella nuova realtà.
    Infatti Bofur poteva solo sorridere triste e carezzare le testoline dei bambini che lo fissavano con i loro occhioni carichi di curiosità, rispondendo con un semplice: " Perché... ha perso il suo cuore."



    Naldris e Boldris: il significato del loro nome in khuzdul si ricollega a "cuore"
    Adad: Padre
    Amadi: Madre
    Rakhâs: Orchi


  5. .
    Titolo: Out of sight, Out of mind
    Titolo del Capitolo: III. Something that must remain secret
    Fandom: The Hobbit
    Personaggi: Dwalin, Balin, Fìli, Kìli, Thorin Oakenshield
    Genere: Introspettivo, Malinconico
    Rating: Rosso
    Avvertimenti: Slash, What if? (E se…), Incest, Lemon
    Conteggio Parole: 1240
    Note: 1. Scritta per questo prompt: “Dwalin si ricorda il vero motivo per il quale lui e Balin non si vedono spesso - che non è il lavoro ma i sentimenti che non dovrebbero provare l'uno nei confronti dell'altro. Possibilmente con un flashback smut.” ed io ne ho tirato su, beh... una cosa un po’ più lunga del previsto che ho deciso di dividere in tre (o quattro) parti. Salto temporale qui ci troviamo a casa di Beorn e verrà mostrata ‘più chiaramente’ un’altra coppia. Simile, e al tempo stesso diversa, a quella creata da Balin e Dwalin :3
    2. Partecipa a 500 Themes Italia con il prompt: 159. Temi ciò di cui non puoi parlare
    3. Ovviamente per il mio dolce uomo che mi ha riempito di prompt ù_ù
    4. Non betata °A°





    A dispetto di ogni previsione, dopo la breve sosta a Gran Burrone, la Compagnia aveva trovato un altro momento di meritata pausa nell’accogliente casa di Beorn, il mutapelle. C’erano stati momenti di tensione e di dolore, battaglie e ferite che dovevano essere curate... e quella dimora era come una manna dal cielo per tutti.
    Non erano tanto lontani da Erebor, e anche se erano separati dalla loro ‘casa’ dal Regno degli Elfi, tutti si sentivano così speranzosi e felici da concedersi canti e balli.
    Perfino Dwalin, che non era mai stato un tipo particolarmente incline all’ottimismo - soprattutto quando si parlava di certi argomenti -, si ritrovò a dirsi che le cose potevano solo andare bene. Che avevano ormai superato il peggio.
    Era tutto merito dell’aria pacifica di quel luogo e del buon cibo che era stato loro offerto, tant’è che non trovò vergogna o timore nel sedersi accanto a suo fratello, cingendogli le spalle con un braccio per attirarlo a sé quasi affettuosamente.
    Nessuno parve far caso a quel gesto, ma dal sorriso che piegò le labbra di Balin, Dwalin comprese che anche quest’ultimo era sicuramente stato contagiato da quell’allegria generale.
    Ovviamente, quando arrivò il momento di riposare negli enormi giacigli preparati per loro da Beorn - giganteschi per dei Nani -, entrambi decisero di non rischiare oltre quella sera. Quindi, mentre Dwalin si concedeva un momento per fumare la pipa accanto al focolare, Balin preferì invece farsi una passeggiata prima di distendersi... e solo grazie a quella sua scelta assistette ad una scena che, sfortunatamente, non poté gradire - come poteva d’altro canto?
    La voce di Thorin era intrisa di rabbia, e nonostante la stesse tenendo forzatamente bassa era stata ugualmente in grado di attirare la sua attenzione.
    Balin non poté fare a meno di preoccuparsi nel sentire quel tono, e silenzioso si avvicinò per poter scoprire il motivo di quel litigio e tentare come al suo solito di fare da paciere - inoltre, il maggiore dei figli di Fundin conosceva fin troppo bene il suo principe per sapere che se stava discutendo in quel modo doveva essere accaduto qualcosa di grave... e doveva per forza cercare di calmarlo.
    " Siete una vergogna!", sibilò adirato Thorin, e al vecchio guerriero bastò una sola occhiata per vedere Fìli e Kìli abbassare il capo davanti a quelle parole, seguite subito da altri crudeli rimproveri.
    Balin, rimanendo nascosto nell'oscurità degli alberi, non faticò a comprendere il motivo di quella discussione a senso unico che non dava ai due giovani Nani neanche l’opportunità di difendersi, complice anche il timore reverenziale che provavano nei confronti del loro parente.
    Solo Kìli, aiutato dall'ardore della sua giovane età, tentò di far ragionare Thorin, ma il secco rumore dello schiaffo che si abbatté sul suo viso segnò la fine di ogni argomentazione.
    " A letto. Ora. E non vi voglio più vedere vicini fino alla fine di questo viaggio. Capito?", ordinò Thorin e senza fiatare i due ripresero la strada per l'abitazione del mutapelle.
    Thorin, rimasto solo, si concesse un sospiro quasi triste che tradiva la durezza della sue parole e Balin si decise a lasciare il suo nascondiglio.
    “ Ragazzo...”, esordì, attirando su di sé lo sguardo del principe.
    “ Balin...”, gli occhi di Thorin si riempirono per qualche attimo di vergogna e timore, e il vecchio guerriero si affrettò a donargli un breve sorriso rassicurante.
    “ Non preoccuparti. Non sono qui per giudicare i tuoi nipoti.”, rispose, e l’altro Nano emise l’ennesimo sospiro.
    “ Lo sapevi già?”, chiese, e quando Balin assentì non poté non appoggiarsi contro il tronco di un albero mormorando un: “ Cosa ho sbagliato con loro?”, che fece rabbuiare non poco il più grande.
    Quella domanda, sicuramente legittima, lo portò a pensare a cosa sarebbe accaduto se fossero stati lui e Dwalin in quella stessa situazione.
    Non osava neanche immaginarlo, ma non poté non chiedersi che cosa avrebbero fatto in quel caso...
    Forse Dwalin avrebbe preso ugualmente la via della fuga pur di proteggerlo e lui sarebbe rimasto solo, forse non sarebbe cambiato niente, ma quello non sarebbe stato neanche lontanamente d'aiuto a Fìli e Kìli.
    Erano così giovani e avevano solo bisogno di una guida e di comprensione, per quel motivo poteva solo cercare di far ragionare il principe.
    “ Se la loro relazione non esistesse, se non ci fosse quel legame, saresti fiero di loro?”, domandò quindi in risposta.
    “ Lo sono da quando sono nati, Balin.”, ribatté Thorin. “ E sarò sempre orgoglioso di definirli i figli di mia sorella.”
    “ Allora non hai sbagliato niente... hai aiutato Dìs a crescere due ragazzi educati e degli abili guerrieri. Ciò che provano l’uno per l’altro è al di là del tuo potere.”
    “ Balin... non voglio che soffrano.”, ringhiò serio il principe. “ Se il loro legame venisse scoperto, verrebbero disprezzati dalla società... e non voglio che accada. Non potrei... proteggerli...”
    Quella risposta parve quasi eliminare un peso dalle spalle dell’anziano che, sorridendo ancora, carezzò la spalla di Thorin.
    Temeva di scontrarsi con i pregiudizi di quel Nano - del suo Re - che tanto ammirava, e che in realtà era semplicemente preoccupato per i suoi nipoti.
    “ Puoi proteggili con la tua comprensione. Con la tua presenza, ma non costringerli a negare ciò che provano l’uno per l’altro. Quella crudeltà li allontanerà solo ed esclusivamente da te, e non servirà a tenerli separati. Quando il tuo cuore sceglierà il suo Thadulurel, comprenderai quando sia complicato fare a meno di quella persona...”, spiegò comprensivo.
    “ So benissimo che significa.”, borbottò il principe, stupendo non poco Balin con quella sua affermazione. “ E non posso permettermi di amarlo.”, concluse secco.
    “ Thorin...”
    “ No. Questa è una mia scelta.”, tagliò corto il Nano. “ Il suo posto non è qui con noi. Non è qui con me... non posso permettermi di farlo soffrire.”
    Balin non faticò a comprendere di chi stesse parlando Thorin, ma preferì non fiatare per lasciare che fosse il tempo a mettere chiarezza su quella situazione... anche perché il maggiore dei Fundin era una persona compassionevole e attenta, e si era presto reso conto dell’interesse che Bilbo nutriva nei confronti del loro Re, quindi ai suoi occhi quella rivelazione era una cosa positiva.
    Ad entrambi serviva solo un po’ di tempo e di coraggio.
    “ Comprendo.”, assentì. “ Ma dovresti parlare con i ragazzi prima di perderli.”, continuò, tornando sul discorso principale.
    “ Li avrebbe potuti scoprire chiunque.”, si difese il Nano.
    “ Sgridarli per la loro mancanza di attenzione è corretto, ma dovevi incoraggiarli a trovare la giusta riservatezza, spiegargli il motivo della tua rabbia.”
    Thorin sospirò ancora, concedendo per l’ennesima volta la ragione al suo vecchio amico.
    “ Domani proverò a sistemare questa situazione...”
    “ Hai fatto la scelta giusta.”, rispose Balin.
    “ Tu...”, esordì Thorin, scrutandolo negli occhi con una tale intensità che il vecchio guerriero temette di ritrovarsi dinnanzi ad una domanda scomoda, riguardante il suo legame con Dwalin. “ Sapevi da tanto di loro?”
    “ … sì, ed ho mantenuto il segreto.”, rispose sincero ed anche altrettanto sollevato dalla piega presa dal discorso. “ Perché basta vederli per capire che non c’era nulla di sbagliato nel loro amore.”, continuò.
    “ Kìli ha cercato di dirmelo...”
    “ Ti somiglia. Siete sempre stati due teste calde.”, sorrise Balin, strappandone uno anche al principe.
    “ Ti ringrazio, amico mio.”, esordì qualche attimo dopo. “ Per la tua riservatezza e saggezza. Sono felice di averti al mio fianco anche durante questo viaggio.”
    “ Ed io ti sono grato per aver scelto di intraprendere la via del dialogo con Fìli e Kìli.”, e senza più parlare, tornarono verso l’abitazione di Beorn... dove li attendeva una notizia tutt’altro che lieta.





    Nota:
    Thadulurel: L’Unico tra tutti. Nella mia headcanon i Nani si possono innamorare una sola volta nella vita e visto che in italiano non rendeva bene “l’uno” ho deciso di ‘inventare’ la parola per definire quel legame. La parola è realmente in Khuzdul, ma l’idea di utilizzarla per lo scopo di definire il legame è mia.


  6. .
    Titolo: The Long Way Home
    Titolo del Capitolo: VI. Words in the Night
    Fandom: The Hobbit
    Personaggi: Bilbo Baggins, Fìlì, Kìli, Thorin Oakenshield
    Genere: Introspettivo, Malinconico
    Rating: Verde
    Avvertimenti: Slash, What if? (E se…)
    Conteggio Parole: 2440
    Note: 1. Ambientata alla fine del libro Lo Hobbit, dopo la Battaglia dei Cinque Eserciti.
    2. Aggiornamenti settimanali<3 ogni mercoledì vedrà la luce il nuovo capitolo!
    3. Questo capitolo mostra la mia ‘seconda headcanon’ riguardante il padre di Fìli e Kìli - la prima riguarda la sua morte in un attacco degli orchetti. Sembrerà un po’ fuori dalla “storia” ma come capirete mi serviva per un motivo ben preciso ù_ù Ho scelto il nome Vìli per due motivi: primo perché i nomi da padre a figlio solitamente si somigliano (Thror - Thrain - Thorin esempio o anche) e secondo beh, così come i nomi degli altri Nani, Vìli proviene dal Völuspá.
    4. Dedicata all’amore della mia vita<3
    5. Non betata BWAH!






    Bilbo, nonostante fosse stato tagliato fuori dai vari compiti per la preparazione del campo per la notte, non si lasciò condizionare dall'atteggiamento di Thorin - o, almeno, tentò di non farlo.
    Nessuno diceva che sarebbe stato semplice, ma lo Hobbit era abbastanza testardo e niente gli avrebbe impedito di lanciarsi in quella titanica impresa.
    Il fallimento era ovviamente previsto, ma provò a non pensarci mentre cercava di dare una mano ai due fratelli, trovando posto 'in cucina' insieme a Fìli.
    Il giovane Nano fu ben lieto di farlo lavorare e Bilbo era altrettanto sollevato dal potersi rendere utile almeno in quel modo. Si impegnò quindi a pulire con attenzione alcune delle patate che Fìli aveva con sé, tagliandole a dadini e buttandole poi nel pentolino sopra il fuoco acceso da Kìli, per dedicarsi poi ad altre verdure.
    Di tanto in tanto sentiva lo sguardo di Thorin su di sé, ma quando andava a cercarne gli occhi - era davvero impossibile ignorarlo - il Sovrano guardava già altrove.
    Ovviamente, si disse, era una cosa positiva non incrociarne lo sguardo - tanto, quelle iridi sarebbero state in ogni caso cariche di rimprovero... non aveva neanche bisogno di vederle per saperlo e stare male.
    Tornò quindi a concentrarsi sulla cena, sorridendo a Fìli e a Kìli che si premurò di preparare un giaciglio anche per lui.
    " Mi... stavate parlando di vostra madre.", esordì Bilbo, recuperando il discorso precedente per fare un po' di dialogo.
    " Oh sì.", assentì Fìli.
    " Che tipo è? Non... non ho mai visto una Nana...", ammise lo Hobbit.
    " Somiglia a Thorin.", svelò Kìli, abbracciando suo fratello da dietro e posando il mento sulla sua spalla. " Ma ha gli occhi come i miei."
    Bilbo non poté non riportare alla mente l'immagine di un Thorin femminile e si concesse una risata.
    " Capisco.", annuì con un sorriso.
    " Ed ha la barba.", aggiunse Fìli. " Soprattutto qui.", spiegò prendendo il viso del fratello come esempio per indicarne la mascella - rubandogli poi un leggero bacio a fior di labbra.
    " Quindi... anche le vostre donne hanno la barba..."
    " Beh, anche le vostre hanno i peli sui piedi, no?", Bilbo ridacchiò ancora davanti alla risposta arguta di Kìli.
    " Sì. E sono davvero curioso e onorato di avere l’opportunità di conoscerla... deve avere un bel carattere per essere riuscita a crescere due come voi."
    " Due come noi?", esclamò il minore. " È un complimento spero!"
    " Tu come vuoi interpretarlo?"
    " Ha un bel carattere.", concluse Fìli sorridendo. " È... autoritaria e forte. Rispettata e amata da tutti. La adorerai."
    " O ne sarai terrorizzato.", aggiunse Kìli, strappando l'ennesima risata allo Hobbit.
    " E... vostro padre?", chiese poi curioso, recuperando però una parvenza di serietà. “ Hai preso da lui, Fìli?”
    Era una delle tante domande che si era portato dietro nel loro precedente viaggio. Fìli e Kìli non avevano mai parlato del padre, né lo aveva fatto Thorin, ed erano riconosciuti solo ed esclusivamente come 'figli di Dìs'.
    Era... strano, ma non conosceva le usanze dei Nani e poteva anche essere una cosa normale.
    I due giovani si scambiarono un'occhiata, e a rispondere fu Fìli con un secco: " È morto."
    Bilbo non faticò a credergli, ma qualcosa nel loro sguardo gli fece comprendere che non era tutta la verità. Tuttavia preferì non indagare.
    " Oh, è quasi pronto.", esclamò cambiando improvvisamente discorso - con sommo sollievo dei due Nani.
    " Finalmente!”, dichiarò Kìli, cogliendo la palla al balzo per parlare d’altro. “ Ho così fame che mi potrei mangiare Fìli!", ghignò, donando un giocoso morso sul collo del fratello - che lo punì con una gomitata.
    “ Stai fermo o rimani senza cena.”, rispose il maggiore con calma, senza però nascondere un sorriso divertito e sollevato. E mentre i due iniziavano a discutere animatamente ed in modo abbastanza scherzoso, Bilbo preparò le varie porzioni per la cena, senza però poter fare a meno di pensare alla reazione di Fìli e Kìli e a quella verità riguardo al padre che rimaneva incompleta...
    “ Dai ragazzi, la cena è pronta. Non vorrete farla raffreddare”, li riprese, lanciando poi un’occhiata a Thorin che aveva appena finito di preparare il suo giaciglio.
    Beh, di certo non si sarebbe mai avvicinato a prendere la ciotola. Lo Hobbit lo conosceva fin troppo bene.
    “ Kìli... potresti...”, esordì, indicando con un gesto del capo la porzione per il Re che il più giovane dei due si apprestò a portare al parente.
    Ovviamente Bilbo non si trattenne dall’osservare Thorin afferrare la ciotola e ringraziare con un grugnito il nipote - non uno sguardo, non un 'grazie' verso chi aveva preparato il pasto.
    Lo Hobbit distolse lo sguardo, e senza fiatare prese la sua porzione e si sedette accanto a Fìli per mangiare a sua volta.
    “ È delizioso Bilbo, complimenti.”, mormorò qualche attimo dopo il maggiore.
    “ Mi hai aiutato, non dare tutti i meriti a me...”, ribatté lo Hobbit, sorridendo appena.
    “ Ho solo girato il mestolo.”
    “ Fìli è buono solo a cacciare e a mangiare.”, precisò Kìli. “ Se non ci fossi stato tu Bilbo, a quest’ora staremo ancora aspettando qualche lepre.”
    “ E tu a morire di fame, nadadith.”
    Bilbo rise con i due, godendosi quell’atmosfera leggera e divertita creata dalle loro chiacchiere. Ancora una volta gli parve di sentire lo sguardo di Thorin ma, tenendo lo sguardo sulla ciotola, decise di non dargli peso... o almeno doveva continuare a tentare.



    Thorin ricordava bene il Nano che aveva sposato sua sorella.
    Vìli, era quello il suo nome, apparteneva alla stirpe dei Barbedure ed era noto per i suoi capelli color dell'oro che poi aveva ereditato Fìli.
    Era fiero e coraggioso, una abile mercante e guerriero. Agli occhi di tutti - agli occhi di Thorin che aveva accettato che Vìli corteggiasse sua sorella - era il degno e nobile consorte della Principessa esiliata di Erebor.
    Le Montagne Azzurre non erano ospitali, ed il ricordo di Erebor e della battaglia di Azanulbizar era una ferita ancora aperta in tutti, ma si erano rimboccati le maniche ed avevano fatto il possibile per recuperare la dignità perduta con la fuga dalla loro terra natia.
    E proprio in memoria di quel periodo complicato poteva ricordare con un sorriso felicità per la nascita di Fìli, ed anche la festa per quella di Kìli. Perché era raro che nascessero dei bambini, soprattutto con solo cinque anni di differenza... e quei lieti eventi - seguiti poi dall'arrivo di Ori e Gimli - avevano portato gioia e speranza nel suo popolo esiliato da Erebor.
    Al periodo Thorin non poteva neanche immaginare cosa stesse accadendo all'interno dell'abitazione di sua sorella. Pensava solo al suo lavoro alla forgia e ad aiutare la sua gente... sordo alle confidenziali lamentele del suo migliore amico, Dwalin, che non aveva mai visto di buon occhio Vìli.
    Aveva sempre avuto l’impressione che il guerriero fosse semplicemente geloso e fin troppo fedele a Dìs - era la ‘sua’ principessa -, ma alla fine si era dovuto ricredere.
    Ed era ancora lì, impresso a fuoco nella sua mente, il giorno in cui Fìli si era presentato alla forgia con Kìli - ancora incapace di camminare - in braccio.
    Il Nano ricordava come un uomo, un compagno di lavoro, aveva attirato la sua attenzione con un: “ Ehi Thorin, ma quelli non sono i tuoi ragazzi?”, e aveva ancora ben vivido lo stupore nell’aver visto i due bambini così lontani da casa... nel vederli soli, non accompagnati né da Dìs né da Vìli.
    La sua mente si era come svuotata, ad aveva addirittura lasciato il ferro sul fuoco per raggiungere al colmo della preoccupazione i suoi nipoti.
    Kìli non piangeva - non lo faceva mai quando suo fratello lo stringeva a sé - ma aveva gli occhi sgranati e arrossati e Fìli, nelle stesse condizioni, aveva sul volto un’espressione terrorizzata e stanca, gli tremavano le gambe ma non accennava a voler abbandonare il più piccolo... né poteva nascondere un violaceo livido sul delicato zigomo.
    Finì la cena, riponendo accanto a sé la ciotola, concedendosi di osservare ancora una volta Fìli e Kìli che continuavano a mangiare e a giocare con Bilbo, preferendo tenere lontani quei tristi pensieri della loro infanzia.
    Thorin sapeva di non poter dare alcuna colpa allo Hobbit per aver riportato alla luce quei ricordi, non poteva sapere cosa era successo...
    Il dolore e la vergogna, la perdita del potere commerciale, aveva portato Vìli ad un forte malcontento, a non vedere la rinascita portata dagli sforzi di ogni singolo Nano. Si era lasciato trasportare dalla rabbia e Thorin non voleva neanche immaginare quello che accadeva all’interno di quelle mura familiari.
    Si era fatto bastare un frammentato e confuso racconto di Fìli, ferito per aver cercato di calmare Kìli - in lacrime per i violenti litigi dei genitori.
    Ricordava di averli solo potuti stringere a sé e aveva lasciato che fosse Dwalin ad occuparsi di Vìli - il cui nome venne poi bandito, cancellato e dimenticato.
    “ Zio vuoi un’altra porzione?”, domandò Kìli allegro.
    “ No.”
    “ Allora... me lo finisco io!”, esclamò il minore, strappando un piccolo sorriso al Re... perché dopo tutto quello che era successo, era lieto di poter sentire ancora le loro risate e chiacchiere.
    Ovviamente quel suo sorriso non sfuggì a Bilbo. Non era riuscito a fare a meno di guardarlo, e dopo aver passato qualche istante a fissarlo incantato - quasi non si ricordava com’era vedere Thorin con quell’espressione -, si riprese abbassando lo sguardo.
    Era chiaro che ci sarebbe sempre caduto.
    I suoi sentimenti per Thorin non potevano sparire da un momento all’altro o per il disprezzo che provava il Nano. Era... ancora innamorato di lui e quel sorriso gli ricordò quelli che era solito rivolgergli.
    Poteva solo arrendersi all’evidenza e sopportare il suo silenzio... ma era ignaro che sarebbe stato proprio il Re ad interromperlo.
    Perché Bilbo, nonostante il comodo giaciglio preparato da Kìli, non riusciva a dormire e aveva deciso di sgranchirsi le gambe - e magari cercare un pretesto per non pensare a Thorin.
    La notte era difficile smettere di pensare e di riportare alla luce vecchi ricordi - piacevoli e dolorosi al tempo stesso - e non sapeva come comportarsi.
    Si avvicinò ai pony, carezzando il muso di uno di loro con delicatezza.
    “ Neanche tu riesci a dormire, eh?”, domandò piano all’animale.
    “ Dovresti tentarci, Mastro Hobbit. Non accetto i ritardatari ed i pigroni alla mattina, dovresti saperlo.”
    Bilbo non poté fare a meno di sussultare davanti alla dura e calda voce di Thorin e, voltandosi verso il Nano - seduto sul suo giaciglio -, si morse le labbra.
    “ I-Io... n-non volevo...”
    Dopo tutte le sicurezze che aveva trovato in quel primo giorno di viaggio, era assurdo che gli avesse rivolto la parola proprio in quel momento - ed in quel modo -, così assurdo che non sapeva quasi che dirgli...
    “ Non ho potuto fare a meno di sentire il discorso riguardante mia sorella durante il pasto.”, tagliò corto Thorin, andando subito al punto della situazione.
    Ci aveva pensato e ripensato e - complice il bisogno di stare vicino allo Hobbit - aveva deciso di dare lui certe spiegazioni all’altro.
    “ S-sì... s-spero non... vi abbiano dato fastidio, Mastro Thorin.”, era chiaro lo sforzo di Bilbo nel doversi rivolgere al Nano in quel modo - dimenticare tutta la confidenza acquistata nei mesi precedenti era... complicato.
    “ No, ma desidero chiedervi di non nominare più il padre dei miei nipoti.”, rispose il Re. Lo Hobbit parve ovviamente stupito da quell’affermazione, e per qualche istante dimenticò addirittura di star parlando proprio con Thorin.
    “ Se desiderate, sarò io a darvi tutte le risposte. Non voglio far sorgere dolorosi ricordi nei miei familiari, potete comprenderlo?”
    Bilbo assentì, esalando poi un: “ D-dolorosi ricordi?”, perché Fìli aveva detto che il padre era morto, e di certo era un ricordo poco piacevole... ma lo Hobbit aveva subito capito che c’era dell’altro in quella risposta.
    Il Nano si alzò lentamente, avvicinandosi all’altro per non destare i due che dormivano pacifici.
    “ Il loro genitore è stato ucciso per i suoi comportamenti violenti sulla sua famiglia.”, rispose Thorin, affiancando lo Hobbit. “ Io stesso ho dato l’autorizzazione a prelevarlo dalla sua dimora per punirlo per quegli atti. Da quel momento non parliamo più di quel Nano, ed il suo nome è stato bandito e cancellato.”
    Quella breve spiegazione lasciò Bilbo quasi senza parole, stupito dalla crudeltà dei fatti e dal passato dei due giovani che ancora dormivano, ignari che quel discorso riguardava proprio loro.
    “ Mi dispiace aver... fatto quella domanda. Non volevo far ricordare a nessuno queste... cose...”, ammise sincero.
    “ Non posso darti alcuna colpa, Bilbo...”, mormorò Thorin, assaggiando per la prima volta dopo tanto tempo il nome del suo compagno sulla sua bocca.
    Gli bastava la sua vicinanza per lenire le ferite del passato, per fagli dimenticare i suoi propositi... ma sapeva anche che aveva solo quella notte per concedersi quella pace interiore.
    Anche Bilbo parve stupito nel sentire il suo nome pronunciato con così tanta familiarità dal Re Sotto la Montagna, ma non commentò oltre... limitandosi invece a guardare i due giovani Nani dormienti.
    “ Mi sembra assurdo pensare che... abbiano sofferto nella loro infanzia. Sono così...”
    “ Ho fatto in modo che dimenticassero il dolore, ho dato loro tutto quello che desideravano e li ho cresciuti in modo che sapessero difendere se stessi e le persone a loro care... perché credo non sopporterei di vedere ancora il terrore nei loro occhi.”, ammise, ricordandosi come avesse evitato il loro sguardo prima della Battaglia che li aveva quasi uccisi.
    “ Sei stato... un genitore migliore di tanti altri...”, rispose Bilbo, riuscendo a trattenersi dallo sfiorare il corpo del Nano.
    Era... era stato fortunato a poter condividere quella breve chiacchierata notturna con Thorin, ma non voleva rischiare di rovinare tutto... voleva far durare quel momento il più a lungo possibile perché sentiva il bisogno di quella sua vicinanza e della ritrovata confidenza.
    “ Ti ringrazio. Sono certo che anche tu lo sarai quando...”, il Nano esitò ma riuscì ugualmente a continuare. “ Quando troverai qualcuno da amare.”
    Perché, si disse per mettere a tacere il lancinante dolore all’altezza del cuore, Bilbo meritava qualcuno in grado di amarlo, di renderlo felice nella Contea.
    Perché era quello il suo posto, tra i campi ed i fiori... non nella fredda roccia di Erebor. Non con lui.
    Quell’affermazione tuttavia, gelò il corpo dello Hobbit.
    Sapeva che era finita - maledizione: lo sapeva benissimo! - ma... ma con quelle parole Thorin aveva eliminato ogni minima speranza.
    Boccheggiò poi, ritrovando un pizzico d’orgoglio - non poteva piangere lì davanti a lui... -, sorrise forzatamente.
    “ Grazie. Lo spero.”, rispose freddo. “ Ora, se permette, torno nel mio giaciglio, Mastro Nano. Buona notte.”
    La sua di certo non sarebbe stata una ‘buona notte’, ma la augurava per davvero a Thorin - gli augurava ogni bene di quella terra. E senza dargli il tempo di rispondere, lo Hobbit andò a rintanarsi sotto le coperte. Cercando poi nel corpo di Fìli, che ancora dormiva ignaro accanto a lui, un po’ di calore... perché Bilbo non ne sentiva più dentro di sé.




    Nota:
    Nadadith: Fratello minore


  7. .
    Ecco qualche icon su Lo Hobbit.
    Queste sono tratte dalle splendide fanart di 芯蕊★ @Pixiv


    123
    456
    789
  8. .
    Titolo: God’s Blood
    Fandom: Crossover | The Almighty Johnsons/Being Human (UK)
    Personaggi: Anders Johnson, John Mitchell
    Genere: Introspettivo
    Rating: Giallo
    Avvertimenti: Oneshot, Pre-Slash, What if? (E se…)
    Conteggio Parole: 1000
    Note: 1. Scritta per un prompt su tumblr!
    2. Adoro questa coppia °ççççç° sono tipo perfetti! Amo Mitchell ed amo Anders! Ambientazione... non specificata X°D
    3. Non betata<3







    Benché fosse fermo al primo piano dell’ospedale, per Mitchell era stato pressoché impossibile ignorare l’odore del sangue quando la vittima di un incidente era stato portata all’ospedale - un uomo scivolato dentro una macchina che compattava il cartone e che stava rischiando di perdere un piede.
    Non aveva neanche avuto il bisogno di raggiungere il pronto soccorso per immaginare la situazione che stavano fronteggiando. Dal sangue che imbrattava le lenzuola del lettino a quello delle mani dei paramedici che avevano cercato di bloccare l’emorraggia...
    Quella scena era lì nella sua testa. Fin troppo vivida.
    Si appoggiò al muro della corsia che stava ripulendo, tremando come se fosse febbricitante.
    Sentiva il suo autocontrollo scivolare via dalle sue dita come fosse sabbia e la crescente necessità di sentire ancora sulla lingua il sapore del sangue.
    I suoi propositi di mantenere una... parvenza umana nella sua maledetta esistenza sembravano essere stati messi per l’ennesima volta a dura prova. Solo la sua ferrea forza di volontà riuscì a fargli compiere l'immenso sforzo della 'fuga'. Riuscì ad abbandonare l’ospedale, scusandosi con i suoi colleghi per l’improvviso malore - non avrebbero fatto domande, era davvero diventato più pallido del solito e il tremore che lo scuoteva era visibile ad occhio nudo.
    Usci dall’ospedale di corsa, buttandosi in mezzo alla strada dove rischiò di essere addirittura messo sotto da una macchina.
    Il clacson e una bestemmia dell'automobilista rimbombarono nelle sue orecchie, ma li ignorò... le sue gambe si muovevano da sole, guidate dalla semplice necessità di allontanarsi da quell’invitante ma al tempo stesso disgustoso odore di sangue.
    Voleva solo trovare un luogo deserto per calmarsi e non fare danni... ma quando alle sue narici giunse un altro odore, ben diverso da quello del sangue ma ugualmente invitante, si rese conto che quella giornata sarebbe finita male.
    Era stato indebolito da quanto era accaduto poco prima nell’ospedale e non riuscì a trattenersi dall’inseguire quel profumo.
    Una volta trovato il suo possessore - un giovane uomo poco più basso di lui e dai corti capelli biondi -, poté solo afferrarlo per un braccio e costringerlo dentro un vicoletto non poco lontano, tappandogli la bocca con una mano per impedirgli di gridare.
    Lo spinse contro il muro, cercando al tempo stesso di appellarsi a quel pizzico di umanità dentro di sé che gridava e che gli diceva di resistere... di non fare stronzate.
    Però quell'odore era davvero troppo invitante, lo stava facendo impazzire... e lui era troppo debole.
    Non aveva mai provato una sensazione simile - era come... attrazione.
    " Che cazzo stai facendo?", esclamò l'uomo quando la sua bocca venne liberata, cercando al tempo stesso di allontanarlo. " Senti... sei un bel ragazzo, ma non scopo con chi ha un cazzo tra le gambe.", aggiunse come se fosse una cosa ‘normale’ il voler scopare con lui.
    Inoltre mentre parlava faceva qualcosa di strano con la bocca, ma Mitchell riuscì ugualmente ad ignorarlo - era leggermente fastidioso, nulla di più.
    L'altro, notando la sua 'resistenza', tentò ancora di parlare. Sembrava più che altro seccato da quell'incontro con successivo 'rapimento' in quel vicolo, ma soprattutto sembrava stupito per qualcosa.
    Mitchell però non era intenzionato ad indagare... il suo corpo aveva ormai perso il controllo.
    Avrebbe voluto dare la colpa a quel tipo e al suo profumo, ma la verità era ben diversa... l’unico colpevole era lui.
    “ Che cazzo hai in men-”, quando gli occhi di Mitchell diventarono improvvisamente neri, l’uomo non riuscì più a parlare.
    Il vampiro riuscì a leggere un vago terrore nelle sue iridi, ma era ormai troppo tardi ed i suoi denti affondarono sul collo di quell'uomo.
    L'ennesima vittima senza un nome della perdita del suo controllo e della sua umanità.
    L'uomo gemette tra il dolore ed il piacere - era quello labile confine di quel gesto scellerato. L'ombra di un piacere che lo avrebbe portato ad una dolorosa morte.
    Tuttavia, quando sentì il sangue di quell'uomo scorrergli dentro provò una... strana sensazione.
    Così anomala che, facendogli riacquistare il controllo, lo costrinse a staccarsi e a fissarlo come se avesse davanti a sé un alieno.
    L'uomo ansimava rosso in viso, stupito ed anche un poco spaventato da quanto era appena accaduto. Ma Mitchell non era neanche lontanamente interessato alle reazioni di quello... ma piuttosto al suo sangue.
    Ottimo. Caldo e... gli era bastato un morso per sentirsi sazio come non gli era mai capitato.
    Per anni aveva ucciso senza pietà, aveva bevuto sangue fino ad esserne ricoperto da capo a piedi... ma mai aveva sentito quella sensazione di sazietà.
    " Tu...", si leccò le labbra sporche: era delizioso. " Chi sei?", esalò.
    " Cosa? Ma sei fuori amico?!", gracchiò l'altro, coprendosi il collo con la mano. " Tu chi sei?"
    Mitchell non rispose, non subito almeno.
    " Io..."
    " È chiaro che non sei umano.", riprese l'uomo. " Dovevo sospettarlo quando non ha funzionato...", aggiunse più per sé, lasciando al vampiro la certezza che quella sensazione di interesse fosse completamente ricambiata.
    Perché stranamente non sembrava spaventato.
    " Mitchell.", mormorò qualche attimo dopo.
    " Anders.", ribatté l'uomo. " E quello che hai fatto è stato quasi meglio di un orgasmo!"
    Quell'affermazione spiazzò non poco il vampiro.
    " Sei pazzo?", esclamò. " I-io... ti volevo uccidere.", dichiarò abbassando la voce.
    " Ma non l'hai fatto.", tagliò corto Anders, fissandolo con mal celato interesse. " Sei tipo Twilight?"
    " Cosa?"
    " Vampiri. Brilli alla luce. Scopi. E cose simili?"
    Mitchell scosse il capo, troppo stupito dalla strana piega di quel discorso.
    " Dovresti... scappare..."
    Era quella la reazione... normale. Ma quel tipo, quell'Anders, non lo era.
    “ Sapevo che i miei poteri non funzionavano con esseri... inumani.”
    “ Dovresti essere... terrorizzato!”
    “ Ma averne la prova è... oltremodo interessante.”, Anders continuò a parlare tranquillo, come se fosse... abituato ad avere a che fare con persone ‘anormali’.
    " Chi sei? Chi sei davvero!", domandò di nuovo Mitchell - quell’odore, i poteri che aveva appena nominato ed il... " Il tuo sangue era..."
    L'uomo si esibì in un ghignò compiaciuto, senza più nascondere quel suo anormale interesse.
    Sembrava sul punto di fare una rivelazione importante e Mitchell era in qualche modo convinto che quel tipo gli avrebbe totalmente cambiato l’esistenza.
    Non sapeva come, né se era una cosa positiva... ma aveva quella sensazione.
    " Io? Io sono un Dio, caro il mio Dracula."






  9. .
    Titolo: Cuddles
    Fandom: The Hobbit
    Personaggi: Fìli, Kìli
    Genere: Introspettivo, Romantico, Fluff
    Rating: Verde
    Avvertimenti: Oneshot, Slash, Incest, What if? (E se…)
    Conteggio Parole: 565
    Note: 1. Scritta per un prompt su tumblr!
    2. Oscenamente fluff çAç ambientata random çAç
    3. Non betata<3







    Kìli lanciò un legnetto nel fuoco, osservandolo bruciare senza però mostrare troppo interesse.
    Attorno a lui tutti gli altri Nani dormivano e, dopo aver puntato gli occhi al cielo puntellato di stelle ed averne studiato rapidamente la posizione, si rese conto che a occhio e croce mancavano ancora un paio d'ore al cambio della guardia.
    Sospirò piano, e attirando le ginocchia al petto vi posò sopra le braccia ed il capo, osservando ancora le fiamme del fuoco.
    Si prospettava una lunghissima notte e stava iniziando ad annoiarsi... perché non aveva svegliato Fìli?
    Almeno in quel modo avrebbe avuto un po' di compagnia, ma suo fratello dormiva così pacificamente che non aveva avuto il coraggio di strapparlo al suo sonno.
    Lanciò altri legnetti tra le fiamme, cercando di trovare un qualcosa che gli permettesse di passare il tempo - e possibilmente di non addormentarsi e incorrere di conseguenza nelle ire di Thorin.
    Perso com’era nei suoi pensieri si ritrovò quasi a saltare in piedi quando due forti braccia lo afferrarono da dietro, costringendolo ad appoggiarsi contro un caldo petto.
    “ Ehi...”, la voce di Fìli che si insinuò nel suo orecchio lo fece tremare e calmare al tempo stesso, tant’è che Kìli non poté far altro che rilassarsi tra le sue braccia.
    “ Ehi...”, rispose.
    “ Perché non mi hai svegliato?”
    “ Eri così... adorabile mentre dormivi.”, rispose sincero il minore, posando il capo sulla spalla dell’altro per inspirarne il profumo - era forte e familiare, lo amava.
    “ Sono tutto fuorché adorabile.”, ribatté Fìli ridacchiando. “ Ti annoiavi, fratellino?”
    “ Iniziavo a pentirmi di non averti chiamato...”, ammise, segretamente sollevato dal fatto di non averlo dovuto svegliare di persona.
    Il maggiore mugugnò qualcosa, posando le labbra sulla guancia di Kìli e stringendolo possessivamente a sé.
    “ La prossima volta non esitare...”, sussurrò continuando a coccolarlo con leggeri baci che fecero sorridere il più giovane.
    “ Mh-mh...”, assentì in risposta, rigirandosi nell’abbraccio del fratello per poterlo ricambiare. Gli cinse il collo con le braccia, facendo scontrare i loro nasi quando tentò di baciarlo.
    Si concessero una bassa risata - non volevano di certo svegliare il resto dei loro compagni -, ed inclinando il capo riuscirono a far incontrare teneramente le loro labbra.
    Un familiare calore li avvolse e lasciarono che fosse quel bacio a parlare per loro, perché non avevano bisogno d’altro per esternare il loro amore.
    Solo dolci baci, carezze e sguardi carichi di quel sentimento così forte che a malapena riuscivano a nascondere - gli altri sicuramente sapevano, ma tacevano per non metterli a disagio.
    “ Ti amo...”, soffiò Fìli.
    “ Ti amo anche io, kidhuzel...”, rispose Kìli certo che in quella e nelle sue prossime vite non avrebbe mai potuto amare un altro Nano con la stessa intensità con la quale amava Fìli, e quest’ultimo era altrettanto convinto che nessuna parola - né nella loro lingua o in quella corrente, né in elfico o in qualsiasi altra lingua - sarebbe mai stata in grado di descrivere quella stessa emozione che gli faceva battere il cuore ogni singolo giorno sin dalla nascita del suo fratellino.
    “ Grazie per esserti svegliato...”, mormorò poi il più giovane, appoggiando di nuovo il capo sulla spalla di Fìli che gli carezzò gentilmente la nuca, intrecciando le dita sui suoi lunghi capelli scuri.
    “ Non potevo mica lasciarti solo tutta la notte, fratellino...”, rispose con un lieve tono di divertimento e, coccolati dallo scoppiettare del fuoco, continuarono a donarsi teneri baci e carezze... dimostrandosi con ogni singolo gesto quanto si amavano.


    Nota:
    Kidhuzel: Oro di tutti gli ori, letteralmente. Sarebbe l’oro più ricco di tutti, ovvero Fìli ed i suoi capelli :3


  10. .
    Titolo: King and Queen Under the Mountain
    Fandom: The Hobbit
    Personaggi: Fem!Bilbo Baggins (Bella Baggins), Thorin Oakenshield, Gandalf
    Genere: Introspettivo, Romantico, Fluff
    Rating: Verde
    Avvertimenti: Oneshot, Het, Genderbend, Post!Battaglia dei Cinque Eserciti (Tutti Vivono), What if? (E se…)
    Conteggio Parole: 795
    Note: 1. Scritta per un prompt su tumblr!
    2. Pensavo che il mio primo genderbend in questo fandom avrebbe riguardato Fìli e Kìli... e invece mi sono ritrovata con una Thilbo fluffosissima XD spero vi piaccia :3
    3. La fanart - alla quale ho cambiato leggermente i colori - appartiene a 芯蕊★ @Pixiv
    4. Ovviamente per il mio dolce uomo<3
    5. Non betata<3






    Bella Baggins non era assolutamente abituata ad indossare sontuosi abiti e ricchi gioielli. Per quanto la sua famiglia fosse sempre stata benestante, non aveva mai avuto modo - né l’interesse - di ostentare il suo elevato ceto sociale.
    I Baggins erano persone per bene e rispettate ma, come tutti gli Hobbit, Bella preferiva passare inosservata perché il ritrovarsi al centro dell’attenzione la faceva sentire... a disagio e, mai come quel momento, desiderava indossare il suo Anello magico e sparire dalla faccia della terra.
    Trattenne il fiato, stringendo i pugni sul ricco abito che le avevano fatto indossare - avevano scelto dei colori caldi, come l’oro ed il rosso, per esaltare la sua figura.
    Disperata guardò l’immenso portone chiuso dinnanzi a sé, temendo il momento in cui si sarebbe aperto.
    “ Bella, respira.”, la incoraggiò bonariamente Gandalf notando il viso rosso della giovane che si ostinava a non respirare.
    “ N-non posso!”, esclamò lei in risposta, gesticolando un poco. “ I... i capelli mi fanno male! Sento tirare dappertutto, Gandalf! Dappertutto! E... e questi v-vestiti sono pesanti e troppo ricchi! E i gioielli... t-tutto quest’oro! Mi... mi sento r-ridicola!”
    Lo stregone sorrise, sbuffando addirittura una mezza risata.
    “ Ridicola? Mhhh... fatti vedere bene...”, fece un passo indietro, osservando per l’ennesima volta la minuta figura dell’Hobbit.
    Non aveva bisogno di guardarla ancora per poter giudicare l’impeccabile lavoro che avevano fatto i Nani nell’acconciarle i lunghi capelli castani con trecce e gioielli, né per osservare quell’abito - degno di una Regina - che le stava d’incanto.
    Bella era perfetta, ma come suo solito era molto insicura.
    “ Sei davvero graziosa, amica mia.”, la rassicurò. “ Non vorrai mica fuggire e lasciare il tuo Re solo ad aspettarti...”, aggiunse con fare confidenziale.
    Bella si morse il labbro.
    “ No... certo che no...”, pigolò abbassando lo sguardo.
    Non sarebbe mai scappata. Non poteva lasciare Thorin.
    “ Allora fatti coraggio. Hai affrontato Smaug il Terribile, cosa sarà mai un’incoronazione?”
    L’Hobbit accennò finalmente un piccolo sorriso, ma ancor prima di poter rispondere il portone si aprì mostrandole la ricca sala del trono di Erebor gremita di Nani che attendevano solo lei.
    Solo la mano di Gandalf, posata sulla sua schiena, le permise di camminare attraversando la sala... alla fine della quale, fiero e solenne, la attendeva Thorin Oakenshield, Re Sotto la Montagna.
    Sembrava ancor più imponente del solito con indosso quegli abiti regali e la corona, e passo dopo passo - cercando di non inciampare in quelle lunghe e ricche vesti -, Bella si avvicinò al ‘suo destino’: l’incoronazione e la sua unione con Thorin.
    Deglutì una volta dinnanzi al Nano, cercandone gli occhi nella speranza di trarre un po’ di coraggio dalla sua rassicurante presenza.
    Thorin allora le prese delicatamente la mano - era calda e ruvida contro la sua fredda e molto più delicata - e, dopo averle donato un minuscolo sorriso, si rivolse al suo popolo.
    Bella quasi non sentì le sue parole. Sentiva le orecchie fischiare ed il cuore battere così forte da renderla sorda.
    Per qualche attimo dimenticò di essere davanti alla popolazione di Erebor, dimenticò di essere addirittura nella sala del trono.
    Era solo in grado di vedere Thorin e la sua espressione fiera mentre parlava, e come per magia il timore ed il disagio iniziarono a sparire.
    Tuttavia quell’incantesimo era destinato a spezzarsi quando le attenzioni del Re tornarono finalmente su di lei.
    Tremò non poco quando le venne rivolta una domanda in Khuzdul.
    Zirikhzu mahâysîth?
    Nono conosceva quella lingua ma... sapeva il significato di quella domanda, e lei voleva con tutto il suo cuore sposare Thorin.
    Prese un bel respiro trattenendo a stento le lacrime, balbettando la risposta che aveva studiato a memoria in quella lingua a lei sconosciuta e, nel timore di aver sbagliato, aggiungendo poi un: “ S-sì! Con t-tutto il mio cuore.”, che strappò una bassa risata a Fìli e Kìli che si erano avvicinati con in mano una corona.
    Brillava d’oro e d’argento, e quando Thorin la prese tra le mani l’Hobbit rimase quasi senza fiato.
    Il momento era giunto, e ironicamente Bella non avvertì più la paura e l’insicurezza... sentiva che quello era il suo posto.
    Delicato e al tempo stesso solenne, il Re Sotto la Montagna posò sulla sua testa la corona e mostrò con orgoglio la nuova Regina di Erebor, presentandola con una frase in Khuzdul che venne accolta da una forte ovazione.
    Bella non poté far altro che sorridere timidamente per salutare coloro che da quel momento erano diventati i suoi sudditi, cercando ancora la mano di Thorin che si strinse rassicurante sulla sua.
    “ Va meglio, mia Regina?”, domandò il Nano piano.
    “ S-sì...”, annuì l’Hobbit, voltandosi lievemente verso di lui. “ Forse... manca solo un bacio, mio Re.”
    “ Come desideri.”, rispose Thorin e, carezzandole la liscia guancia, posò le labbra sulle sue con delicatezza mentre qualcuno - non importava chi fosse in quell’istante - inneggiava il loro nome salutandoli come Re e Regina Sotto la Montagna.



    Nota:
    Zirikhzu mahâysîth?: Vuoi sposarmi?



  11. .
    Titolo: Out of sight, Out of mind
    Titolo del Capitolo: II. Don’t Run Away
    Fandom: The Hobbit
    Personaggi: Dwalin, Balin
    Genere: Introspettivo, Malinconico
    Rating: Rosso
    Avvertimenti: Slash, What if? (E se…), Incest, Lemon
    Conteggio Parole: 1305
    Note: 1. Scritta per questo prompt: “Dwalin si ricorda il vero motivo per il quale lui e Balin non si vedono spesso - che non è il lavoro ma i sentimenti che non dovrebbero provare l'uno nei confronti dell'altro. Possibilmente con un flashback smut.” ed io ne ho tirato su, beh... una cosa un po’ più lunga del previsto che ho deciso di dividere in tre (o quattro) parti. In questo capitolo si trovano a Gran Burrone<3
    2. Partecipa a 500 Themes Italia con il prompt: 357. Notte di fuoco
    3. Ovviamente per il mio dolce uomo che mi ha riempito di prompt ù_ù
    4. Non betata °A°






    Il letto - l'ultimo che probabilmente avrebbero visto fino alla fine del viaggio - gemette per l'improvviso gravare del loro peso quando Dwalin vi spinse sopra suo fratello.
    Era morbido ed accogliente, ma soprattutto grande abbastanza per entrambi - era un letto adatto ad un elfo adulto d'altro canto. Ovviamente non era stato preparato per accoglierli tutti e due - dall'altro lato della stanza c'era un secondo giaciglio -, tuttavia, dopo tutto quel tempo sia Balin che Dwalin sentivano la necessità di... di un po' di intimità.
    Era piacevole stare insieme in ogni singolo momento durante quel viaggio, perché era come essere tornati a quando erano ancora giovani e condividevano lo stesso tetto, quando ancora non capivano tutti i problemi che il loro legame poteva creare. Ma c'era qualcosa che mancava ed era il non poter stare vicini come desideravano davanti al resto della compagnia, potevano permettersi solo dei fugaci baci o delle timide carezze, con le mani che si sfioravano di nascosto.
    Quindi, non potevano assolutamente rifiutare l'opportunità di giacere insieme, senza essere disturbati, in un vero e proprio letto.
    A dirla tutta, la situazione di per sé era poteva anche essere comica, perché si stavano comportando alla stregua di quei due scavezzacollo di Fìli e Kìli con quella loro necessità di vicinanza sempre più forte e, talvolta, anche insopportabile. Il motivo era semplice: era l’effetto sortito dal loro legame che per anni era stato rifiutato; e, inconsciamente, cercavano quasi di recuperare tempo perso - era una cosa davvero stupida, lo ammettevano entrambi... ma nonostante la loro età ‘avanzata’ si sentivano bene.
    Quel viaggio era come una seconda opportunità per i due Nani, anche se ovviamente non si sarebbero mai comportati come una ‘novella coppietta’ - o da ‘idioti’, come li avrebbe definiti Dwalin. Dovevano sempre stare attenti a non attirare troppe attenzioni, ed anche se erano entrambi riservati, era più sicuro tenere un occhio sui loro compagni.
    Ma alla fin fine, non si erano mai sentiti meglio, e non avendo mai avuto l’occasione di godersi per davvero quel loro legame, potevano solamente fare tesoro di quei brevi momenti di libertà.
    Infatti si spogliarono velocemente, facendo scontrare le loro labbra quasi con violenza nel preludio di quello che per entrambi era fare 'l'amore'.
    Erano ben lontani dall'essere dolci e romantici, di fatti il loro rapporto era sempre stato molto fisico - più per scelta di Dwalin che per vera e propria predisposizione di entrambi -, ma era pur sempre intervallato da delle piccole attenzioni che, nonostante la foga di quell'atto, mostravano l’affetto reciproco. Come, ad esempio, i cuscini messi sotto i fianchi di Balin - perché il minore sapeva che la schiena di suo fratello non era più quello di una volta e non poteva permettersi di metterlo in una posizione ben poco confortevole -, o gli sguardi che si scambiavano carichi d'intesa e fiducia.
    Tentavano entrambi di mettere l'amante a proprio agio - il maggiore soprattutto, voleva che Dwalin pensasse solo a quanto stavano facendo e non ai vari problemi della loro relazione -, mentre i loro corpi, affamati, si cercavano muovendosi l'uno contro l'altro.
    La frizione creata da quel malizioso strusciare poté solo far crescere le loro erezioni e la necessità che sentivano l'uno per l'altro, spingendo il minore a cercare frettolosamente l'orifizio dell'altro.
    Dapprima fu la saliva ad aiutare Dwalin nella preparazione del fratello - rude ma non per questo meno attenta -, poi utilizzò una boccetta d'olio trovata sul piccolo comodino accanto al letto.
    Il profumo di quel liquido era vagamente famigliare ai due, tant'è che non faticarono a riconoscerlo anche se si trattava di una variante elfica della loro ricetta - un unguento che veniva utilizzato generalmente dopo le battaglie per donare sollievo ai muscoli indolenziti dal peso delle armature e delle armi. In ogni caso, Dwalin non esitò ad utilizzarlo e versandone una buona dose sulle dita le fece tornare subito all'interno del corpo del fratello.
    Mosse le falangi sui muscoli, allargandole e spingendole sempre più a fondo nell'orifizio. Balin lo incoraggiava stringendo le nani sulle sue spalle, mugugnando delle brevi e roche indicazioni per condurlo alla prostata.
    Il minore le seguì con attenzione, tremendamente eccitato dai versi che l'altro emetteva, e trovando poi impossibile non iniziare a riversare sul collo e sul petto dei violenti baci e morsi, volti a lasciare sulla pelle dei possessivi segni - Balin era il suo Thadulurel, e anche se non doveva scoprirlo nessuno, gli piaceva ‘marchiarlo’ come di sua proprietà.
    Quando Dwalin trovò finalmente la prostata, Balin iniziò a reagire alle sollecitazioni delle falangi quasi affamato, andando alla ricerca di quello stesso contatto che lo aveva scosso da capo a piedi. Ed il minore, soddisfatto da quella reazione, sostituì allora le dita con il suo sesso a sua volta ben lubrificato con l'unguento.
    Si mosse dapprima lentamente, attendendo che il corpo dell'altro si abituasse alla sua erezione prima di prenderlo con più decisione, penetrandolo con crescente forza fino a perdere il controllo dei suoi stessi movimenti - era quasi capace solo di entrare ed uscire dallo stretto orifizio di Balin e, qualche attimo dopo, di masturbarlo.
    Si concessero solo dei bassi gemiti durante quell'amplesso, non fiatarono né si persero in inutili svenevolezze.
    Era sesso. E anche se loro legame era ben più forte del 'semplice scopare', solo in quel modo erano in grado di trasmettere all'altro i propri sentimenti.
    Perché erano guerrieri, ed erano stati lontani per anni... ma anche se fossero stati vicini per tutta la vita, era chiaro non fossero assolutamente inclini a dolcezza e romanticherie.
    Infatti, anche con l'incedere dell'orgasmo, continuavano ad essere ben poche le tenerezze che riuscivano a scambiarsi - per non parlare di quelle al di fuori dell'appena ritrovata sfera sessuale.
    Tuttavia ad entrambi non era mai dispiaciuto l''amarsi' in quel modo - il farlo fino a perdere la cognizione del luogo e del tempo... fino a non ricordare nient'altro.
    Era il loro modo carnale di rafforzare quel legame inscindibile che li aveva uniti sin dall'inizio.
    Grugniti e versi ben più rochi costrinsero ben presto i loro corpi alla ricerca di un contatto sempre più deciso, mentre le loro labbra tornavano a scontrarsi in dei baci che sapevano quasi di sangue.
    Le spinte di Dwalin si fecero presto più profonde e veloci, così come i movimenti la sua mano ancora stretta sul sesso del maggiore. Il corpo di suo fratello tremava e sussultava, emetteva bassi gemiti nasali nel perenne tentativo di non fare troppo rumore, invitandolo al tempo stesso a continuare. Ed il guerriero non se lo fece neanche ripetere.
    Le sue spinte e le carezze, ormai mirate solo ed esclusivamente a portarli all'apice, li condussero all'orgasmo che travolse entrambi, con forza ed intensità.
    Dwalin non riuscì ad impedirsi di crollare sul corpo del fratello, senza fiato e con i muscoli che tremavano per il piacere appena provato, tant'è non riuscì ad impedire alle braccia di Balin di stringerlo quasi affettuose in un abbraccio.
    La mente del guerriero era vuota, tutti i suoi pensieri riguardavano suo fratello e quel rassicurante calore che si era negato per tanto tempo.
    Forse avevano sbagliato e non dovevano lasciarsi andare in quel modo, ma in quel momento non gli importava delle conseguenze.
    " Questa volta... non scapperai, vero?", chiese stanco Balin, attirando su di sé l'attenzione di Dwalin. " Quando mi sveglierò... sarai ancora qui, nadad?"
    Quelle domande, sincere e tristi - ed ovviamente più che legittime -, fatte in uno stato di semi incoscienza - suo fratello si stava per addormentarsi -, costrinsero il minore ad abbassare il capo carico di vergogna e sensi di colpa.
    Doveva essere stato doloroso per Balin risvegliarsi ogni volta senza Dwalin accanto a sé... cercava di proteggerlo, si diceva, ma alla fine era stato lui stesso a ferirlo più di qualsiasi altra persona.
    " Dove vuoi che vada?", ribatté con voce dura, afferrando le lenzuola per coprire entrambi.
    Balin parve sorridere davanti alla sua rude, ma al tempo stesso goffa, risposta, e senza controbattere si addormentò, certo che l'indomani Dwalin sarebbe stato lì con lui.



    Nota:
    Thadulurel: L’Unico tra tutti. Nella mia headcanon i Nani si possono innamorare una sola volta nella vita e visto che in italiano non rendeva bene “l’uno” ho deciso di ‘inventare’ la parola per definire quel legame. La parola è realmente in Khuzdul, ma l’idea di utilizzarla per lo scopo di definire il legame è mia.
    Nadad: Fratello.



  12. .
    Titolo: The Long Way Home
    Titolo del Capitolo: V. A House is not a Home
    Fandom: The Hobbit
    Personaggi: Bilbo Baggins, Fìlì, Kìli, Thorin Oakenshield
    Genere: Introspettivo
    Rating: Verde
    Avvertimenti: Slash, What if? (E se…)
    Conteggio Parole: 1830
    Note: 1. Ambientata alla fine del libro Lo Hobbit, dopo la Battaglia dei Cinque Eserciti.
    2. Aggiornamenti settimanali<3 ogni mercoledì vedrà la luce il nuovo capitolo!
    3. Dedicata all’amore della mia vita<3
    4. Non betata BWAH!






    Viaggiavano senza soste ormai da ore ed il sole, lentamente, iniziò ben presto a sparire dietro le alte fronde degli alberi.
    Da quando erano partiti, Thorin non aveva mai abbandonato la sua posizione di capo fila, silenzioso e fiero non si era mai concesso uno sguardo indietro, al contrario Bilbo - appoggiato al petto di Fìli - non poteva non tenere gli occhi fissi su di lui.
    Sapeva di non doversi aspettare niente dal Nano - era stato fin troppo chiaro mentre erano a Casa Baggins -, ma inconsciamente andava sempre a cercarlo con lo sguardo, in attesa di chissà quale segno che non sarebbe mai arrivato.
    Perché aveva intrapreso quel viaggio contro la volontà di Thorin e voleva in qualche modo essere ‘accettato’ - gli sembrava quasi di essere tornato indietro nel tempo a quando si erano conosciuti.
    Il Nano però non lo guardava - almeno prima gli rivolgeva degli sguardi carichi di rimprovero - e, sentendosi riempire dai sensi di colpa, si ritrovò più volte sull’orlo di pregare Fìli affinché gli permettesse scendere dal pony e di farlo poi tornare indietro nella Contea...
    Thorin sarebbe stato sicuramente più felice, ma a Bilbo bastava pensare alla solitudine di Casa Baggins per non riuscire ad aprir bocca.
    Non voleva restare ancora solo, di quello ne era certo, ma non poteva neanche smettere di pensare e ripensare alla sua scelta e al comportamento del Re dei Nani.
    “ Quanto sei silenzioso Bilbo...”, la voce di Fìli lo strappò dalle sue elucubrazioni, facendolo sussultare - sarebbe caduto se non fosse stato per le braccia del nano attorno al suo corpo.
    “ E-Eh?”, alzò lo sguardo stupito, incrociando anche le iridi curiose di Kìli che cavalcava accanto a loro. “ Scusate... mi ero perso nei miei pensieri.”, rispose sincero, e quando notò gli sguardi che si scambiarono i due fratelli si ritrovò a cercare il più velocemente possibile una scusa.
    Non voleva intraprendere una discussione riguardante Thorin, anche se era fin troppo palese che stesse pensando a lui.
    " E-ecco...", balbettò qualche attimo dopo. “ Mi chiedevo... c-come sono le Montagne Azzurre?”
    Ovviamente i due giovani Nani sapevano che si trattava di una scusa, ma accolsero ugualmente quella domanda ed il tentativo del loro piccolo compagno di distrarsi.
    " È... casa nostra.", rispose semplicemente Kìli. " Siamo nati e cresciuti lì, e prima di riconquistare Erebor, non avevamo nessun altro luogo che potessimo definire 'casa'.", spiegò.
    " Come ben sai, Thorin ha condotto la nostra gente in salvo fin lì, donando loro una nuova vita e speranza. Ora che Erebor è stata liberata, e l’opera di ricostruzione è ben avviata, è giunto il momento di farli tornare indietro nella loro terra.", aggiunse Fìli, con una leggera nota d'orgoglio nella sua voce, legata ovviamente ai lavori che stavano di nuovo rendendo la Montagna Solitaria ‘abitabile’.
    Bilbo era ovviamente felice per loro, ma non riuscì a trattene una domanda che aveva tenuto taciuta per tutto il viaggio verso Erebor - aveva sempre pensato fosse inopportuna, ma ormai aveva raggiunto una certa confidenza con i due.
    " Pensate davvero che... beh... non fraintendetemi, ma se le Montagne Azzurre sono come una casa per voi, e sicuramente lo sono anche per questi altri Nani che si sono ricreati una vita dopo aver perso tutto, perché tornare ad Erebor? Lì non hanno più niente..."
    Era una domanda più che legittima, si disse lo Hobbit. La Montagna Solitaria poteva anche essere la loro vecchia casa, ma grazie ai racconti di Balin sapeva anche quanti sacrifici fossero stati fatti per sopravvivere così lontani dalla propria terra natia - sapeva che Thorin aveva fatto tantissimi lavori come fabbro e anche minatore quando era stato necessario per permettere alla sua famiglia di avere sempre un tetto sulla testa e del pane caldo sul piatto.
    I due fratelli si scambiarono l'ennesima silenziosa occhiata. Sinceramente non sapevano che risposta dare a Bilbo e, a ben pensarci, non aveva neanche tutti i torti.
    Per quanto fossero felici di aver portato a buon fine la riconquista di Erebor guidata da Thorin, non potevano negare di sentire la mancanza di quei luoghi...
    " Chiedo scusa. Non dovevo parlare...", mormorò lo Hobbit.
    " No no.", Fìli scosse il capo. " È una domanda... normale, credo."
    " Non vogliamo costringere nessuno a raggiungere Erebor, ovviamente.", precisò Kìli anche se non riuscì a nascondere una punta di incertezza. " Si tratta di... un invito a ripopolare il Regno.", spiegò.
    " Quindi è una scelta..."
    " Esatto.", assentì il maggiore.
    " Peccato che io non possa scegliere dove vivere...", mormorò Bilbo, e come qualche minuto prima i suoi occhi andarono a cercare la solenne figura di Thorin.
    Lo Hobbit non aveva per davvero una scelta, perché non aveva più un posto dove stare. La Contea ed i suoi abitanti lo rifiutavano, ed era stato esiliato da Erebor.
    Tutti avevano una scelta, tranne lui.



    Thorin, ovviamente, non si era perso neanche una parola di quella breve discussione, ed anche se non riuscì ad afferrare l'ultima frase di Bilbo - troppo bassa -, il resto lo sentì fin troppo bene e non poté trattenersi dallo ‘sprecare’ qualche pensiero per quella domanda fatta dallo Hobbit.
    Così come i suoi nipoti si rese conto che si trattava di un interrogativo più che legittimo: perché la sua gente doveva abbandonare per la seconda volta tutto quello che avevano faticosamente ricostruito?
    Da una parte, il suo orgoglio ruggiva e gli ricordava che Erebor era casa loro e che era stata strappata via dalle loro vite con la forza... mentre dall'altra sentiva a sua volta la necessità di ‘scegliere’.
    Ma... tra cosa? Lasciare la Montagna Solitaria - il suo ruolo di Re Sotto la Montagna - e tornare lì?
    No. Non gli era permesso neanche pensarlo!
    " Neanche noi abbiamo una scelta.", la voce di Kìli, seria e confidenziale, diede in parte voce ai suoi pensieri. " Siamo i principi di Erebor, Fìli è l'erede al trono... e abbiamo dei doveri verso quel Regno."
    " Ed proprio per questi doveri che non possiamo scegliere di... beh, di mollare.", aggiunse Fìli. " Potremo farlo, nessuna legge ci impedisce di rinnegare il nostro ruolo, ma... non possiamo. Non è una scelta che possiamo prendere in considerazione, anche se ci manca la nostra ‘vecchia casa’."
    " Ma Erebor sta diventando un bel posto ora!", esclamò poi Kìli, cercando di riportare un poco di allegria in quella discussione intrisa di tristezza e nostalgia. " Presto potremo chiamarlo casa, poi verrà con noi nostra madre... sarà più familiare in questo modo."
    “ Ma piuttosto... Siamo sicuri di volere davvero nostra madre?!”, domandò a sua volta Fìli con tono scherzoso, ma Thorin smise letteralmente di ascoltarli dopo le loro precedenti affermazioni.
    Sinceramente parlando, non era stupito.
    Fìli e Kìli non erano legati alla Montagna Solitaria come poteva esserlo lui. Non avevano visto la ricchezza e la grandezza del Regno dei Nani né avevano provato il dolore di doverlo perdere tra le fiamme del drago.
    Erano troppo giovani, e se si erano uniti alla riconquista di Erebor anche per la voglia di vivere un’avventura, perché sin da bambini lì aveva riempiti di racconti riguardanti quelle terre, e lì aveva educati con la precisa intenzione di farli diventare un giorno i sovrani della Montagna Solitaria... ma erano ugualmente cresciuti lontani dai veri e propri obblighi 'regali'.
    Al contrario, Thorin era nato come Principe tra quelle mura, e la sua vita era stata sin dall'iniziò impostata su un unica via - perché sarebbe diventato Re Sotto la Montagna un giorno -, ma non Fìli e Kìli, che si stavano affacciando in quella vita solo recentemente.
    Avevano solo conosciuto la libertà delle Montagne Azzurre, e non sarebbe stato semplice accettare completamente una vita fatta di doveri per un Regno che apparteneva loro di diritto ma che... non sentivano per davvero loro.
    Inoltre, a ben pensarci, non riuscì ad impedirsi dal pensare che avessero addirittura intrapreso la pericolosa missione per la Riconquista di Erebor solo ed esclusivamente per compiacerlo e renderlo orgoglioso di loro...
    Forse sarebbe stato corretto dare ai suoi nipoti una scelta.
    Permettergli di scegliere la vita che preferivano... dare ad entrambi l'opportunità di essere felici, perché Thorin aveva compreso ormai da tempo che lui non avrebbe più assaggiato il sapore della felicità.
    Quel viaggio che aveva intrapreso solo per vedere Bilbo gli aveva dato semplicemente la conferma di quella triste impressione.
    Aveva passato un’intera vita a sognare Erebor, a progettare la sua ricostruzione dopo la morte del drago. Doveva essere felice, in fondo aveva ottenuto tutto ciò che aveva sempre desiderato... ma non lo era.
    Assurda quella sua tristezza e, trattenendo un sospiro, si disse che per un attimo poteva anche permettersi di pensare al motivo di quella certezza. Un qualcosa che alla fine di quel viaggio avrebbe dovuto dimenticare.
    Il perché era... Bilbo.
    Thorin era giunto da lui senza una casa, un Re senza un regno ed una corona. Portava con se solo rabbia ed il desiderio di vendetta e di riconquista, ma alla fin fine non era nessuno... ma lo Hobbit gli aveva fatto conoscere dei sentimenti che pensava di non poter provare.
    Si era innamorato - e lui non era neanche un tipo romantico! -, e durante il loro viaggio aveva fatto di quei sentimenti e di quella persona la sua 'casa'.
    E senza di lui, Thorin, era di nuovo solo e senza una ‘casa’.



    Bilbo sorrise appena nel sentire i due scherzare sul far venire o meno loro madre alla Montagna Solitaria, decidendo ovviamente di ignorare il precedente discorso per non farli di nuovo rattristare.
    " Non mi avete mai parlato di vostra madre.", fece notare ai due.
    " Conosci Smaug il Terribile. Conosci Dìs l'ancor più Terribile!", ribatté Kìli.
    " Non scherzare!", esclamò lo Hobbit. " Io sono stato faccia a faccia con il Drago e ‘voi’...", calcò sulla parola volutamente. " … voi non mi avete neanche voluto accompagnare! Se non ci fosse stato il buon Balin mi sarei avventurato da solo."
    I due ragazzi scoppiarono a ridere e con loro anche Bilbo.
    “ Preferirai sicuramente Smaug.”, ghignò Fìli.
    “ Se state cercando di spaventarmi... ci state riuscendo!”, ribatté lo Hobbit seriamente preoccupato.
    Non aveva mai pensato alla madre di Fìli e Kìli.
    Era davvero così ‘terribile’ come dicevano o stavano esagerando? Era bionda come il maggiore dei due? O somigliava a Thorin?
    Per un breve istante - brevissimo! - l’idea di trovarsi davanti un Thorin con un florido seno ed una sottata, lo costrinse a mettersi le mani davanti alla bocca pur di non ridere - dandosi poi dello stupido per quel pensiero così assurdo.
    “ Per essere uno spaventato, non starai ridendo un po’ troppo, Bilbo?”, domandò Kìli.
    “ Ho pensato una... cosa buffa.”, ammise, lanciando l’ennesima occhiata a Thorin che si guardava attorno come alla ricerca di qualcosa.
    “ E non ci rendi partecipi?!”
    “ A me pare che voi vi divertiate già un po’ troppo!”, ribatté, ma prima che il minore dei due potesse anche solo tentare di estorcere delle informazioni dallo Hobbit, Thorin si fermò voltandosi verso di loro.
    “ Ci accamperemo qui. Kìli occupati del fuoco. Fìli la cena.”, ordinò duro, ignorando volutamente Bilbo ed il suo sguardo, cosa che fece ovviamente sospirare lo Hobbit.
    I due giovani Nani assentirono e dopo essere smontati dai pony - ed averli legati - si occuparono dei compiti che erano stati loro assegnati.


  13. .
    Titolo: Teasing
    Fandom: The Hobbit
    Personaggi: Fili, Kili, Ori
    Genere: Introspettivo, Fluff
    Rating: Giallo
    Avvertimenti: Oneshot, Slash, What if? (E se…), Incest
    Conteggio Parole: 1305
    Note: 1. Ispirata ad un disegno di Kaciart**
    2. Julie disegnava ed io, a notte ormai inoltrata, scrivevo quello che disegnava XD
    3. Dedicata a tutte le care persone che ho conosciuto in questi mesi >ç< vi voglio taaanto bene! :3
    4. Non betata .w.




    7hZ66sF



    Capitava spesso che Ori si fermasse a mangiare a casa di Fìli e Kìli.
    Lui e Kìli erano quasi coetanei e Dìs aveva sempre trattato il giovane Nano quasi come un terzo figlio - soprattutto da quando la madre di questo era morta... non che non si fidasse di Dori, ma era certa che il ragazzo avesse bisogno di una figura femminile.
    La sua presenza in quella casa era inoltre giustificata dalle lezioni di Balin che tutti e tre seguivano - quelle noiose sulla scrittura e sulla storia, che Fìli e Kìli non sopportavano ma che invece Ori sembrava gradire particolarmente -, e per quel motivo spesso capitava che all'ora di pranzo Dìs preparasse la tavola anche per il più giovane dei Nani, e questo - dopo aver educatamente ringraziato - restasse con loro.
    Era diventata una sorta di routine quotidiana che andava avanti da così tanto tempo che i due fratelli non facevano quasi più caso al loro ospite - era diventato uno di casa d'altro canto - e, lentamente, anche Ori iniziò a rilassarsi. Infatti, una volta messa via la rigida educazione, il giovane si era più volte permesso di mangiare e di leggere al tempo stesso i preziosi appunti lasciati da Balin.
    Spesso Fìli e Kìli cercavano di coinvolgerlo nei loro discorsi, ma altrettante volte lo lasciavano fuori, certi che il loro amico non se la sarebbe presa da quanto era concentrato sulle noiose pagine del libro del loro maestro - pendeva letteralmente dalle parole messe in quegli imponenti tomi.
    In quei momenti era come se a tavola ci fossero solo loro due, tant'è che un giorno Kìli parve non volersi lasciar sfuggire quell'occasione.
    Perché non da poco lui e suo fratello erano riusciti a comprenderne il significato della loro attrazione reciproca e della loro cosiddetta 'relazione', che fino a quel momento si era basata sulla dolcezza e sull'affetto fraterno.
    Si erano scoperti innamorati l'uno dell'altro, e dopo aver superato la fase dell'iniziale rifiuto ed aver raggiunto fortunatamente quella dell'accettazione, tutto ciò che li circondava aveva iniziato a vertere sul sesso.
    Erano giovani in fondo, e stavano scoprendo i piaceri del corpo - le carezze, i loro corpi che si sfioravano, quella punta di dolore che lentamente diventava sempre più piacevole durante la penetrazione -, ma fin quando si chiudevano in camera ad esplorare la loro sessualità non c'era nulla di male in quello che facevano... tuttavia Fìli non aveva fatto i conti con suo fratello.
    Kìli era sicuramente quello meno assennato tra i due. Gli piaceva sperimentare e giocare, e forse proprio a causa di quella sua curiosità - che spesso rasentava la follia - riuscì a trovare interessante lo stuzzicare suo fratello con lo sguardo e con dei piccoli gesti mentre erano pacificamente seduti a tavola - istigandolo senza alcun pudore a reagire nonostante la presenza di Ori, ancora ignaro di tutto.
    Lo stava seducendo con maliziose occhiate che racchiudevano erotiche promesse ed allettanti proposte, ma Fìli sapeva di non poter cedere. Perché non erano soli, con loro c'era Ori - che mangiava lentamente un panino mentre leggeva - e non voleva che il loro segreto venisse scoperto.
    Fìli inizialmente tentò quindi di ignorare gli eloquenti sguardi di suo fratello, concentrandosi sulla sua minestra, ma nonostante tutti gli sforzi... non poteva davvero fare a meno di guardarlo. Era come se i suoi occhi fossero attratti da Kìli... era come se fosse quello il loro posto.
    E si ritrovava ad osservare il minore mangiare con lui, notando quanto fosse volutamente lento nel portare il cucchiaio alle labbra che venivano poi prontamente molestate dalla lingua. Fìli tremava, scosso e quasi eccitato da quei voluttuosi movimenti, e si ritrovava ovviamente ad abbassare lo sguardo sul proprio pranzo, immergendovi il cucchiaio nel tentativo di mangiare... ma puntualmente, in un circolo vizioso che rendeva vani tutti gli sforzi, i suoi occhi tornavano su Kìli e sui suoi sensuali gesti.
    Era un gioco eccitante, basato non solo sugli sguardi, ma anche sul rischio di essere doppiamente scoperti - anche se Ori continuava a leggere, prendendo di tanto il tanto degli appunti.
    Solo Fìli si premurava - e preoccupava - di controllare che il giovane Nano fosse ancora interessato al libro e non al loro gioco - loro?, si disse, ma se stava facendo tutto Kìli! -, prima di posare di nuovo gli occhi su suo fratello.
    " È deliziosa, non trovate?", domandò il minore, rigirando lentamente il cucchiaio nel piatto.
    " Mh-mh...", rispose distratto Ori, addentando un panino.
    Fìli non aprì bocca, tenendo gli occhi fissi su quelli del fratello - che andò ad appoggiarsi alla sedia con un braccio - fino a quando non riuscì più a sostenerli.
    E come qualche istante prima - e quello prima ancora - prese una buona porzione di minestra ma, al contrario delle altre volte non raggiunse la sua destinazione.
    Kìli aveva allontanato il cucchiaio sporco dal piatto, avvicinandolo lentamente alle labbra.
    Non era intenzionato a mangiare, voleva solo... torturarlo. Perché la rosea lingua che abbandonava le sue labbra per andare a raccogliere le gocce di minestra che scivolavano verso il basso e che leccava lasciva il cucchiaio per ripulirlo, beh... era un'allusione troppo chiara per lasciarlo indifferente!
    Gli sfuggì un mezzo gemito, ed il suo viso parve letteralmente prendere fuoco, ed in tutto quello Kìli - senza mai smettere di guardarlo malizioso - continuava a ripulire con la lingua il cucchiaio, costringendolo a stringere le gambe come se quello potesse impedirgli di eccitarsi ulteriormente.
    Lo insultò più volte mentalmente, quasi con rabbia per averlo fatto eccitare, ritrovandosi poi incoerentemente a desiderare con la stessa intensità di quell'ira di sentire le labbra di suo fratello - che in quel momento succhiavano in un modo quasi osceno la punta del cucchiaio - su di sé.
    Se solo non ci fosse stato Ori, lo avrebbe preso lì, piegandolo sul tavolo come la più volgare delle prostitute, tenendogli le gambe così larghe da fargli quasi male... ma non gli era permesso e quello suo fratello lo sapeva benissimo, per quel motivo continuava a stuzzicarlo.
    " Fìli? Va tutto bene?", e come se non ci fosse fine alla sua sfortuna Ori sollevò lo sguardo dal suo libro, trovando impossibile non notare il viso arrossato del Nano ad il piatto di minestra quasi intatto.
    " C-cosa?", biascicò confuso.
    " Non hai quasi mangiato.", constatò preoccupato il più piccolo dei tre.
    " Magari non gli va la minestra.", commentò maliziosamente divertito Kìli.
    " Ma è anche arrossato...", aggiunse Ori avvicinandosi all'amico come per sincerarsi delle sue condizioni. " Hai la febbre?"
    " No! Non ho la febbre!", esclamò Fìli, tirandosi indietro come per impedire al più giovane di scoprire lo stato nel quale versava il suo corpo - sarebbe stato troppo imbarazzante.
    " Hai bisogno di un letto, vero Fee?", ghignò Kìli, ed il maggiore ringraziò mentalmente 'l'ignoranza' di Ori che sicuramente gli impedì di sentire la malizia di quella domanda.
    " Sì, forse è meglio che tu vada a letto.", assentì il più piccolo. " Devo avvertire vostra madre?"
    " No, lascia fare a me, Ori.", dichiarò tranquillo Kìli, alzandosi e portandosi rapidamente alle spalle del fratello. " Non preoccuparti... è in ottime mani.", aggiunse con un ampio sorriso.
    " Mi fido.", rispose a sua volta Ori, osservando senza fiatare i suoi amici allontanarsi, ritrovandosi poi a sospirare quando sentì la porta della loro camera chiudersi quasi con violenza - come se fosse stata spinta da due corpi.
    Non ci voleva un genio per capire cosa stessero facendo - né per immaginare ciò che aveva spinto Fìli ad ignorare quasi del tutto il pranzo -, ed Ori era anche abbastanza sveglio per essersi reso conto già da tempo di quella relazione.
    Ovviamente aveva mantenuto il segreto - erano i suoi migliori amici -, ma giunti a quel punto, aveva preferito fare il finto tonto e donare ai due un po' di intimità prima che Fìli perdesse la testa lì sul tavolo e 'punisse' Kìli per la sua impudenza - sarebbe stato uno spettacolo decisamente interessante, ma di certo inopportuno.





    Edited by p r i n c e s s KURENAI ~ - 19/3/2013, 23:45
  14. .
    Titolo: Out of sight, Out of mind
    Titolo del Capitolo: I. I must to protect you
    Fandom: The Hobbit
    Personaggi: Dwalin, Balin
    Genere: Introspettivo, Malinconico
    Rating: Rosso
    Avvertimenti: Slash, What if? (E se…), Incest, Lime
    Conteggio Parole: 1355
    Note: 1. Scritta per questo prompt: “Dwalin si ricorda il vero motivo per il quale lui e Balin non si vedono spesso - che non è il lavoro ma i sentimenti che non dovrebbero provare l'uno nei confronti dell'altro. Possibilmente con un flashback smut.” ed io ne ho tirato su, beh... una cosa un po’ più lunga del previsto che ho deciso di dividere in tre (o quattro) parti. In questo capitolo si trovano a casa di Bilbo ù_ù<3
    2. Partecipa a 500 Themes Italia con il prompt: 101. Sofferenza volontaria
    3. Ovviamente per il mio dolce uomo che mi ha riempito di prompt ù_ù
    4. Non betata °A°






    Il fuoco scoppiettava debolmente, cullando con il suo rassicurante tepore i Nani addormentati in degli improvvisati giacigli sul pavimento.
    Dormivano tutti, godendosi quella meritata pace che tuttavia annunciava la tempesta.
    Tutti meno che Dwalin.
    Degli strani pensieri affollavano la mente del guerriero, e sfortunatamente non riguardavano il viaggio - forse suicida - al quale avrebbero preso parte.
    Ciò che gli impediva di dormire era... suo fratello e il fatto che non si fossero visti per anni a causa di quell'esilio forzato che si era imposto.
    Perché era pericoloso per lui stare accanto a Balin, ed anche in quell'istante stava facendo uno sforzo immenso per non distendersi accanto al maggiore e abbracciarlo come quando era bambino... ma soprattutto, per non destarlo con maliziosi baci che lo avrebbero poi portato a pretendere il suo corpo.
    Lo avrebbe fatto in passato, ed era proprio per non cadere in quella tentazione che si era costretto a fare viaggi su viaggi pur di non restare accanto a Balin.
    Non poteva più concedersi l’errore di amare suo fratello più di quanto gli fosse permesso.



    Affondò il viso nei capelli castani, striati di bianco, di Balin.
    Profumavano di libri e di inchiostro, forse anche un poco di terriccio, ma c’era anche qualcosa che Dwalin non riusciva a riconoscere ma che aveva un 'sapore' tanto piacevole quanto triste...
    Lo strinse a sé con fare possessivo, cercando inutilmente di ignorare quei sentimenti dolorosamente malinconici, e con una spinta più decisa entrò più a fondo nel corpo del suo amante. Balin gemette, inarcandosi e graffiando quasi il muro con le dita, senza però sottrarsi a quel trattamento.
    Non lo aveva mai fatto, nonostante avesse tutte le ragioni per allontanarsi da lui.
    Perché Balin era una persona gentile e ben voluta da tutti, per quel semplice motivo Dwalin lo avrebbe anche capito se avesse scelto di cacciarlo.
    Lui stesso si sarebbe allontanato per proteggere suo fratello dalle malelingue della loro società. Anche se le relazioni tra Nani dello stesso sesso non erano un tabù, non venivano viste di buon occhio quelle tra consanguinei, e per quanto fossero frequenti - i due figli di Fundin non erano i primi e non sarebbero stati gli ultimi -, tutti preferivano additare il prossimo e poi, di nascosto, scopare con le proprie sorelle ed i fratelli.
    Perché nella ricerca dei Nani del proprio ‘thadulurel’, spesso il cuore sceglieva la via più complicata... e Dwalin si era ritrovato legato a suo fratello.
    “ N-Nadad...”
    Il gemito di Balin lo spinse a muoversi con più decisione, stringendo le dita attorno ai suoi fianchi per costringerlo ad assecondare ogni singolo affondo. Grugnì a sua volta per il piacere, cercando di affogare in quelle sensazioni e di non pensare a quanto tutto quello fosse sbagliato a... a quanto suo fratello potesse soffrire nel venire additato dalle persone che aveva sempre aiutato.
    Balin era più importante di tutto e di tutti e non poteva neanche sopportare l’idea di vederlo star male. Doveva per forza mettere la parola fine a quella follia...




    Accese la sua pipa, sbuffando una nuvoletta di fumo verso il caminetto.
    In quegli anni si erano incontrati raramente e, ogni volta, cadevano nello stesso identico circolo vizioso.
    Si ‘amavano’ - a modo loro, ovviamente - con una tale intensità da farsi quasi male, poi Dwalin se ne andava con la coda tra le gambe ed i sensi di colpa - sia per non aver resistito alla tentazione, sia per aver abbandonato per l’ennesima volta suo fratello senza neanche salutarlo.
    Proprio per quel motivo era certo che quel viaggio sarebbe stato ancor più complicato del previsto... e non solo per i pericoli ai quali stavano andando incontro.
    Fumò ancora in silenzio, lanciando di tanto in tanto delle occhiate ai suoi compagni, soffermandosi dapprima su Fìli e Kìli che, ne aveva quasi la certezza, vivevano una situazione non dissimile dalla sua.
    Era impossibile non notare gli sguardi che si scambiavano ed i loro piccoli gesti d’affetto. Vivevano l’uno per l’altro, godendosi quei sentimenti così puri e forti senza curarsi del resto.
    Erano giovani ed ingenui, era quella la verità, e Dwalin non poté non provare un vago senso d’invidia, tant’è che i suoi occhi andarono a posarsi inevitabilmente su Balin, stupendosi non poco quando incrociò quelli del fratello che sembravano brillare davanti alla luce emessa dal caminetto.
    Si fissarono per qualche istante, poi fu proprio il maggiore a rompere il silenzio.
    “ Dovresti dormire.”
    Dwalin scosse il capo, continuando a fumare.
    “ Non fare il bambino.”, lo riprese bonariamente Balin, sollevandosi dal suo giaciglio per portare con sé la propria coperta. Il minore osservò i suoi momenti, permettendogli di sedersi accanto a lui e di coprire le loro spalle con la pesante e calda coperta.
    “ Sono felice che tu sia qui, Dwalin.”, ammise Balin senza alcuna vergogna, appoggiandosi al braccio del fratello con la spalla.
    “ Non potevo lasciare Thorin da solo...”, era vero, ma non del tutto.
    Sapeva che suo fratello avrebbe seguito ovunque il loro principe... e lui doveva essere accanto al suo compagno.
    Balin non rispose, ma le sue labbra erano piegare in un mezzo sorriso quasi intenerito, tant’è che Dwalin ebbe quasi l’impressione che l’altro avesse letto i suoi pensieri.
    “ Almeno...”, borbottò il guerriero qualche attimo dopo, come se si sentisse in dovere di precisare. “ Siamo insieme... come a Moria.”
    “ Avevi più capelli, in quel periodo.”, scherzò Balin.
    “ Tu eri più alto e magro.”, ribatté Dwalin con un sorriso - gli bastava la sua presenza per sentirsi meglio, era quello l’effetto del legame che li avrebbe uniti fino alla fine dei loro giorni -, porgendogli poi la propria pipa per farlo fumare con lui.
    Balin inspirò lentamente, godendosi quel breve momento di silenzio.
    “ Smetterai mai di fuggire?”, domandò poi con voce incredibilmente più bassa, sbuffando una nuvoletta di fumo.
    Non era semplice rivolgergli una simile domanda e non era neanche facile ottenere una vera e propria riposta.
    “ Non posso.”
    “ Perché?”
    “ Lo sai benissimo.”, ringhiò Dwalin.
    “ Scappavi sempre prima di darmi una spiegazione.”, rispose calmo Balin. Non era arrabbiato, era più che altro deluso dall’atteggiamento che suo fratello aveva assunto in quell’ultimo secolo.
    Poteva comprendere il motivo - non era uno stupido, anzi -, ma ormai Balin era ormai vecchio, e aveva avuto tanto e tanto tempo per fare i conti con quei sentimenti che agli occhi della società dei Nani apparivano ‘malati’.
    Non sapeva come avrebbe reagito se si fosse trovato ‘dall’altra parte’, ma quando aveva compreso che il suo ‘thadulurel’ era e sarebbe sempre stato suo fratello, si era convinto che non ci fosse niente di sbagliato - era l’ipocrisia di chi si nascondeva dietro un dito puntato contro il prossimo ad esserlo.
    Ai suoi occhi, un legame così forte - così ferreo da farlo stare male quando Dwalin si allontanava da lui - non poteva essere maligno.
    “ Dovevo proteggerti.”, ammise l’altro. “ Perché tu... tu sei troppo buono.”
    Detto in quel modo, il carattere gentile di Balin sembrava quasi un difetto, e forse lo era per davvero in un certo senso.
    “ Non credi che io sia in grado difendermi da solo?”, chiese il maggiore.
    “ Sei un abile guerriero.”, precisò Dwalin. “ Ma non sei capace di difenderti dalle persone che conosci, da quelle che frequenti tutti i giorni e che potrebbero... metterti in cattiva luce a causa mia.”
    E Balin comprendeva per davvero suo fratello perché, a dirla tutta, Dwalin non era neanche nel torto... tuttavia aveva ugualmente rinunciato ad una vita insieme - aveva rinunciato a ‘loro’ - per quella protezione che solo la sua costante presenza gli avrebbe potuto dare.
    Con Dwalin al suo fianco, poteva fare tutto... anche sconfiggere le malelingue ed i loro crudeli pettegolezzi.
    “ Quindi, intendi ignorarmi durante questo viaggio?”, domandò, scegliendo di non rinfacciargli la sua scelta - era certo che suo fratello avesse già abbastanza sensi di colpa e che avesse sofferto tanto quanto lui, soprattutto nel prendere la via della fuga.
    Il minore sospirò e scosse il capo quasi sconsolato, conscio che non sarebbe stato possibile ignorarlo.
    “ Pensi che ne sia capace?”, ribatté, allungando la mano sulla nuca dell’altro per far scontrare le loro fronti con delicatezza. Chiuse gli occhi, godendosi quel contatto più intimo del frettoloso saluto che si erano scambiati qualche ora prima, ed inspirando a fondo sentì ancora il familiare l’inchiostro e i libri, il terriccio e... niente, solo quel profumo che gli ricordava Balin e nessun’altro.




    Nota:
    Nadad: Fratello.
    Thadulurel: L’Unico tra tutti. Nella mia headcanon i Nani si possono innamorare una sola volta nella vita e visto che in italiano non rendeva bene “l’uno” ho deciso di ‘inventare’ la parola per definire quel legame. La parola è realmente in Khuzdul, ma l’idea di utilizzarla per lo scopo di definire il legame è mia.


  15. .
    Titolo: A Journey Gone Bad
    Fandom: Cast The Hobbit
    Personaggi: Jed Brophy, James Nesbitt
    Genere: Introspettivo, Erotico
    Rating: Rosso
    Avvertimenti: Oneshot, Slash, What if? (E se…), Lemon
    Conteggio Parole: 2635
    Note: 1. Ambientata random °ç° qualcuno - il mio uomo - voleva vederli scopare ed eccoli qui X°D
    2. Ovviamente per il sopracitato uomo ù_ù<3




    Sin dall'inizio quel viaggio si era rivelato una vera e propria congiura, tant'è che James - mentre osservava Jed cercare di far ripartire la macchina - non poté non chiedersi se gli altri avessero più o meno avuto un sesto senso quando avevano dato buca all'ultimo momento. Beh, più che 'buca' erano stati degli imprevisti per alcuni, come il raffreddore di Graham - e Adam che, come era ovvio, non se la sentiva di lasciarlo solo - e Dean che era stato chiamato per un servizio fotografico - nel quale si era portato dietro come aiutante Aidan 'Non-mi-muovo-senza-la-mia-metà-neozelandese’ Turner.
    Piccoli contrattempi che alla fine avevano spinto solo lui e Jed a mettersi in viaggio per andare a visitare alcuni dei luoghi più suggestivi della Nuova Zelanda, approfittando di quella giornata di riposo tra una sessione di riprese e l'altra.
    " Merda...", imprecò il suo collega.
    " Che dici? Chiamo il carro attrezzi?", domandò l'irlandese.
    " Sì...", ringhiò Jed, irritato, scendendo di nuovo dalla vettura per controllare - senza troppi risultati - il motore.
    Sospirando, Nesbitt si allontanò di qualche metro, ringraziando la sua buona stella per non averli fatti fermare in una zona d'ombra.
    Attese in linea dopo aver digitato il numero, e quando risposero non poté far altro che spiegare la loro posizione. Fu una chiamata relativamente corta e, una volta interrotta, James si avvicinò lentamente al suo compagno di sventura che, con un'espressione concentrata ed un po' arrabbiata, continuava a scrutare il motore.
    " Saranno qui tra un'ora.", lo avvertì intascando il cellulare, trattenendosi dal fare una battuta del tipo: “ Anche se continui a fissarlo, il motore non parlerà per darti la soluzione.
    " Nh... mi dispiace, James.", si scusò in risposta Jed, mortificato per quell'improvviso guasto che aveva rovinato la giornata di entrambi.
    " Non preoccuparti.", lo rassicurò con un sorriso cercando poi di alleggerire la situazione con un: " Almeno la macchina non è morta in un posto sperduto dove non funzionano i cellulari."
    " Già..."
    Ovviamente il suo tentativo non funzionò, e cercò subito un approccio diverso andando ad abbracciare da dietro il suo compagno - quale metodo migliore se non quello 'sporco'?
    " Beh... questo viaggio era maledetto fin dall'inizio. Ma questo non cambia il fatto che possiamo ugualmente divertirci."
    Jed parve rilassarsi tra le sue braccia.
    " Come?"
    " Ci sono tante cose che possiamo fare da soli...", posò le labbra sul suo collo, come a voler dare un peso ben preciso alle sue parole. " Prendiamo esempio da Adam e Graham, sicuramente ora staranno scopando come conigli."
    " Graham sta male.", gli ricordò con un sorriso Jed, rigirandosi nell'abbraccio.
    " È il modo migliore per stare bene.", tagliò corto l'irlandese. " E sono certo che anche i due 'lovebirds' ci staranno dando dentro."
    " Pensi sempre male di tutti, Jim?"
    " È pensare male? Li sto facendo scopare, dovrebbero ringraziarmi. E dovremo farlo anche noi."
    " Cosa? Ringraziare?", ghignò il neozelandese.
    " No. Scopare.", ribatté, facendo scontrare le loro labbra in un bacio che fece quasi dimenticare a Brophy il guasto che li aveva bloccati sul lato della strada.
    Il loro piccolo viaggio poteva anche essere stato rovinato, ma James aveva ragione: potevano fare qualcosa di ben più interessante e, ovviamente, appagante.
    Mugugnò contro la sua bocca, piegando poi le labbra in un sorriso quando, abbracciandolo, iniziò a strusciarsi contro di lui per far risvegliare le loro erezioni ancora nascoste dietro gli indumenti.
    James soffocò a sua volta un verso compiaciuto per quella frizione, andando poi a piazzare le mani sulle natiche dell'altro come per guidarlo nei movimenti.
    I loro bacini sfregavano l'uno sull'altro lentamente, incitati dai mugugni che sfuggivano dalle loro labbra. E quello non fece altro che aumentare la necessità di entrambi di sentire le loro pelli nude l'una contro l'altra: per quel motivo Jed non poté fare a meno di stringere le dita sulla camicia del suo amante, tirandola verso l'alto fino a quando non la sentì scivolare fuori dai pantaloni.
    Spostò le mani sul petto senza interrompere il bacio, andando alla cieca ricerca dei bottoni per poterli liberare velocemente dalle asole, ma il suo compagno lo fermò - aveva ancora un briciolo di buon senso nonostante tutto.
    " Macchina.", impose con voce roca.
    Per quanto la strada sembrasse ad entrambi poco trafficata - da quando si erano fermati non era passato nessuno -, preferiva evitare di dare spettacolo.
    Jed annuì e, aggirando la macchina, aprì la portiera posteriore della vettura e vi costrinse l'irlandese semi disteso sui sedili, prendendo poi posto sopra di lui una volta chiuso lo sportello.
    Non era di certo la posizione più comoda - c'era poco spazio -, ma in quell’istante ad entrambi sembrava non importare mentre si baciavano e spogliavano - le camicie furono i primi indumenti a finire sui sedili anteriori. In fondo dovevano solo farsi una scopata veloce.
    Una volta a petto nudo, James cercò di occuparsi dei pantaloni di Brophy, riuscendo a farglieli abbassare all’altezza delle ginocchia poi, muovendosi ed emettendo dei lamenti per via del poco spazio, riuscì ad aiutarlo a spingerli almeno fino alle caviglie insieme ai boxer - in quel modo non si sarebbero dovuti di nuovo trasformare in dei contorsionisti.
    " Ah... finalmente.", sospirò sollevato il neozelandese, tornando a sedersi sul bacino di James.
    “ Libero, eh?”, commentò Nesbitt, tirandosi leggermente su per poterlo baciare ed abbracciare, carezzandogli lentamente la schiena, fino a soffermarsi sulle natiche nude.
    Le palpò senza troppi complimenti, insinuandovi poi l’indice per andare a stuzzicarne l’apertura. Inizialmente Brophy si irrigidì e, mordicchiandogli il labbro inferiore andò a bloccargli il polso.
    “ Almeno un po’ di saliva, Mister Hyde.”, lo prese in giro, portando le dita dell’altro alla sua bocca.
    “ I like it rough~”, cantilenò James divertito, muovendo le falangi all’interno delle labbra del neozelandese.
    Jed lo punì mordendogli leggermente l’indice, aggiungendo poi un: “ Come se non lo sapessi.”, quando la sua bocca fu finalmente libera.
    Nesbitt ridacchiò ancora, riportando le dita ormai umide sulle natiche dell’altro.
    “ E per caso... ti dispiace?”, domandò.
    “ Se non ti muovi, e il carro attrezzi arriva prima del tempo, vedrai come dispiacerà a te.”, lo minacciò, alzando lievemente il bacino per accogliere le falangi di James.
    “ Cristo, Jed! Se fai così sembri una zoccola vogliosa!”, esclamò, penetrandolo con l’indice e ricevendo come ennesima punizione un nuovo morso sul mento - niente di tanto ‘violento’, era più che altro un avvertimento.
    “ Mhhh...”, mugugnò James compiaciuto, iniziando a muovere la falange dentro e fuori l’apertura, cercando di far rilassare il suo amante. “ Pensa a quando torneremo nelle nostre roulotte come ti concerò...”
    “ Jim...”
    “ Urlerai così tanto che dovremo incolpare Aidan e Dean per i ‘rumori molesti’...”, continuò l’irlandese, alzando il capo per andare a leccare l’orecchio dell’altro, succhiandone poi il lobo, malizioso.
    “ J-Jim cazzo...”, ringhiò Jed. Non che non gli piacesse sentirlo parlare in quel modo - anzi: era fottutamente eccitante -, ma detestava non essere nella posizione adatta per metterlo a tacere.
    Maledetta macchina. Maledetto spazio mancante. E maledetto James Nesbitt.
    Se solo fossero stati in un ben più comodo letto, ci avrebbe messo pochissimo a costringerlo con la faccia contro i cuscini e a restituirgli quelle eccitanti attenzioni, e soprattutto si sarebbe adoperato nel descrivergli minuziosamente tutto quello che gli avrebbe fatto - proprio come stava facendo l’irlandese.
    “ Lo so che ti piace.”, ghignò James, seviziandogli ancora l’orecchio e continuando a spingere l’indice dentro l’orifizio di Jed. “ E so che detesti non poter cercare di mettermi al mio posto.”, concluse, accompagnato da un mugugno da parte dell’altro.
    Il loro ‘rapporto’ era basato sugli scherzi e , soprattutto, su una continua battaglia per la supremazia - no, non era una cosa ‘infantile’, per entrambi era divertente ed eccitante battersi con ogni mezzo a loro disposizione.
    “ Stronzo...”, sibilò Brophy, irrigidendosi inconsciamente quando avvertì contro il suo orifizio anche una seconda falange. Cercò subito di rilassarsi, tentando di accogliere il più velocemente possibile quell’intrusione, sperando al tempo stesso che James non ci mettesse una vita a trovargli la prostata... spesso infatti gli sembrava che il suo amante lo facesse quasi apposta a ‘mancarla’ e, conoscendolo, la sua impressione forse non doveva essere poi così sbagliata.
    Difatti iniziò sin da subito a muovere le dita lentamente, allargando le pareti e carezzandone i muscoli tesi, senza però trovare quel particolare punto che avrebbe fatto letteralmente sciogliere il neozelandese. Ci girò attorno per dei minuti che parvero quasi interminabili, ignorando i chiari messaggi che il corpo di Jed gli stava lanciando, tant’è che quest’ultimo si ritrovò sul punto di ricordargli che il carro attrezzi sarebbe arrivato prima o poi, e che dovevano farsi trovare per forza vestiti e con almeno una ‘parvenza di normalità’.
    Mosse il bacino, cercando di indirizzare le piacevoli e, a tempo stesso, frustranti falangi dell’irlandese... ma il maledetto continuò ad ignorarlo.
    “ J-James...”, esordì mugugnando, e ancor prima di poter riaprire bocca e riprenderlo per quell’inutile perdita di tempo - ed anche insultarlo, perché no?! -, Nesbitt colpì con decisione la sua prostata facendolo gemere per lo stupore ed inarcarsi.
    Sbatté quasi la testa sul tettuccio per quell’improvviso movimento, e il suo amante lo attirò a sé con il braccio libero, come per impedirgli di farsi male.
    “ Indovina cosa abbiamo trovato?”, cantilenò malizioso James, colpendo di nuovo quello stesso punto ancor prima che Brophy potesse rispondergli per le rime. Andò avanti con quel ‘gioco’ per qualche minuto, donandogli il piacere che desiderava per poi allontanare le dita. Lo avrebbe fatto impazzire.
    " Hai i p-preservativi?", domandò Jed di punto in bianco, muovendo il bacino contro le dita del suo amante senza nascondere una certa urgenza nella sua voce.
    " Hai fretta?", ribatté James piegando le labbra verso l'alto in un sorrisetto compiaciuto.
    " Un'ora. Saranno qui tra meno di una fottuta ora, Nesbitt.", ribatté, e l'irlandese - per quanto adorasse torturarlo e portarlo sull’orlo della pazzia - non poté non dargli per l’ennesima volta ragione.
    " Sono nel portafoglio.", rispose quindi, allontanando la mano dalle natiche del collega - che emise un lamento frustrato - per andare ad alzare un poco i fianchi e permettergli così di prendere il suddetto portafoglio dalla tasca posteriore.
    Jed lo afferrò subito, donandogli anche una generosa strizzata alle natiche che fece ridacchiare Nesbitt.
    " Hai sempre la scorta, vedo.", commentò con il fiato leggermente corto, prendendo uno dei condom che trovò in un taschino, lanciando poi il portafoglio sui sedili anteriori.
    " È meglio essere preparati, no?", ribatté furbo James, costringendo l'altro ad abbassarsi per far unire di nuovo le loro labbra, aprendosi velocemente i pantaloni per liberare la sua erezione.
    Brophy non perse tempo, e una volta aperto il preservativo lo fece scivolare sul sesso ormai libero del suo amante, carezzandolo lentamente per farlo aderire il più possibile - riuscendo anche a strappare un gemito al suo collega.
    Una volta soddisfatto dal risultato ottenuto - era addirittura tentato dal stringere con forza il pugno, ma il tempo era quello che era -, cercò di alzarsi sulle ginocchia e, utilizzando uno dei sedili come appiglio per sorreggersi, guidò il membro di James sul suo orifizio.
    Prendendo un profondo respiro lo fece scivolare lentamente dentro di sé, fermandosi di tanto in tanto per abituarsi all’intrusione.
    “ Rilassati...”, mormorò qualche attimo dopo Nesbitt, allungando le mani sulle cosce del neozelandese per carezzarlo e rassicurarlo prima di dedicarsi alla sua erezione.
    La massaggiò con relativa calma e, celando un piccolo sorriso, Jed non poté non godersi quelle attenzioni, ben diverse da quelle giocose di qualche attimo prima - per quanto James sapesse essere irritante, era sempre in grado di capire quando era il momento di essere serio.
    Quasi più rilassato, Brophy riuscì lentamente ad accogliere tutto il sesso del suo amante dentro di sé, concedendosi poi un lungo sospiro prima di iniziare a muoversi aiutandosi con i sedili e le ginocchia.
    L'irlandese, nonostante il piacere provato nel trovarsi rinchiuso tra i muscoli dell'altro, riuscì solo a masturbarlo cercando al tempo stesso di rimanere fermo in paziente attesa di un cenno da parte di Jed, che fortunatamente non tardò ad arrivare.
    " Muoviti...", ordinò Brophy stringendo i denti, mugugnando quando sentì James spingere il bacino verso l'alto, facendosi strada tra i suoi muscoli che iniziavano a sciogliersi.
    Nesbitt ripeté ancora e ancora quello stesso movimento, venendo assecondato dal corpo del neozelandese dopo qualche affondo. I muscoli si rilassarono gradualmente e, senza curarsi di celare i loro crescenti gemiti, cercarono di trovare la posizione giusta - spazio permettendo - per muoversi più velocemente.
    Vista in quel modo - il fatto che non erano per niente comodi -, l'idea di scopare in macchina non poteva essere definita ‘geniale’, ma giunti a quel punto non avevano alcuna intenzione di fermarsi e di rimandare... anche perché, nonostante il disagio causato dallo spazio, entrambi avvertivano l’orgasmo ormai prossimo.
    I loro movimenti erano ben lontani dall’essere sincronizzati - non era così semplice come sembrava - ma sortivano ugualmente l’effetto desiderato, strappando ad entrambi dei versi particolarmente alti che li facevano tremare per l’eccitazione.
    Più di una volta la testa di Jed cozzò sul tetto della macchina e, addirittura, James iniziò a non sentire quasi più le gambe - erano piegate, perché in alcun modo sarebbe riuscito a stare completamente disteso nei sedili.
    Erano addormentate e iniziava addirittura ad essere doloroso.
    “ Cazzo...”, imprecò l’irlandese, cercando di sollevarsi un poco per andare ad appoggiarsi con la schiena alla portiera, tentando di allungare le gambe per ripristinare la circolazione.
    Brophy gemette per quell’improvviso movimento, differente dagli altri, e abbracciando il suo compagno con un braccio - aiutandolo anche nella sua ‘impresa’ - prese a far ondeggiare ancora il bacino fino a quando non sentì l’erezione colpire con una diversa angolazione la prostata.
    “ Ah!”
    Incoraggiato da quel verso, e dal lungo brivido che percorse il neozelandese, James si spinse con più energia dentro il suo corpo, cercandone le labbra per coinvolgerlo in un bacio - spezzato ben presto da gemiti e brevi imprecazioni. Spinta dopo spinta, la prostata di Jed veniva stimolata con crescente decisione dal suo amante e, ancor prima di poterlo avvertire, si ritrovò a riversare il suo seme tra i loro corpi irrigidendosi.
    L’irlandese, quasi stupito da quell’improvvisa reazione, non poté far altro che lasciarsi andare a sua volta spingendosi un’ultima volta dentro lo stretto orifizio di Brophy.
    L’orgasmo li lasciò come previsto senza fiato, non era stato intenso come tanti altri che avevano provato, ma non per questo era stato meno piacevole. Si concessero qualche momento per riprendersi almeno un poco, poi ripresero a muoversi per allontanarsi l’uno dall’altro, senza però troppi risultati.
    “ Dammi una... mano...”, sospirò debolmente Jed, quando si rese di avere le gambe dolorosamente addormentate - beh, in fondo erano rimaste nella stessa posizione da quando erano entrati nella macchina.
    Nesbitt gli carezzò allora la schiena, e lo fece sollevare lentamente prendendolo per i fianchi.
    “ Piano... p-piano...”, mugugnò, riuscendo ad aiutare Brophy a spostarsi del tutto e a far scivolare fuori dall’orifizio il suo sesso.
    “ Hn...”, il neozelandese si lasciò sfuggire solo un leggero lamento quando, tirandosi finalmente indietro, andò ad appoggiarsi alla portiera alle sue spalle distendendo le gambe.
    “ Tutto... okay?”, domandò James, imitandolo e cercando di recuperare il controllo del suo corpo.
    “ Cazzo... sì...”, rispose l’altro prendendo un profondo respiro, piegando le labbra in un sorriso vagamente soddisfatto nonostante tutto... e dinnanzi a quell’occhiata che si scambiarono si ritrovarono a cercare di non scoppiare a ridere per l’assurda situazione nella quale erano volutamente finiti - erano fatti così, nel loro rapporto c’erano più risate che coccole.
    “ Dovremo... darci una sistemata...”, commentò Nesbitt, togliendosi con attenzione il preservativo.
    “ Direi di sì.”, ribatté Jed e, piegandosi in avanti verso i sedili anteriori, prese con non poca fatica dei fazzoletti per aiutare il suo compagno a pulirsi prima di iniziare a rivestirsi.
    “ Mai più in macchina.”, mormorò il neozelandese qualche minuto dopo, uscendo dalla vettura per potersi stiracchiare e dare un’ultima sistemata.
    James lo seguì poco dopo ridendo e zoppicando leggermente per i muscoli ancora addormentati.
    “ A meno che non sia una limousine... il prossimo viaggio, lo facciamo indubbiamente in una limo!”
    “ In quel caso... un pensierino potrei anche farlo!”, ghignò Jed, dando una gomitata al collega che, ancora divertito, attese con lui l’arrivo del carro attrezzi che non tardò ad arrivare.



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